30 novembre 2012

La Cenerentola (12) - "Zitto zitto, piano piano"

Scritto da Christian

Dandini torna dal principe Ramiro per metterlo al corrente delle sue “indagini” sul carattere e la personalità di Clorinda e Tisbe. Il responso non è certo favorevole: le due sorellastre di Cenerentola sono infatti, per usare le sue parole, “un misto d'insolenza, di capriccio e vanità”. Ramiro è perplesso: il saggio Alidoro gli aveva assicurato che una delle figlie del barone era buona, pura e innocente. Come può essersi sbagliato? Dandini, con la sua consueta e irriverente schiettezza, non si fa scrupoli a prendere il filosofo per i fondelli, spiegando al principe come Alidoro abbia “un gran testone” e che, secondo lui, “oca uguale non si dà”.

I due decidono di comune accordo di proseguire nella recita (ossia di continuare a vestire i panni l'uno dell'altro) per mettere ancora una volta le donne alla prova. Il duetto diventa un quartetto quando appunto Clorinda e Tisbe irrompono in scena in cerca del principe. Dandini, spiegando che non potrà certo sposare tutte e due, suggerisce per la dama scartata un matrimonio con il suo “scudiero”, ma entrambe rifiutano sdegnosamente di maritarsi con un servitore, disprezzando la sua “anima plebea” e la sua “aria dozzinale”. Ramiro e Dandini se la ridono, ma anche questo è un ulteriore indizio della pochezza d'animo delle due sorellastre: che differenza con Cenerentola quando, come vedremo in seguito, rifiuterà le avances di quello che crede essere il principe dichiarando di essere invece innamorata “del suo scudiero”!

Se il primo verso di questo vivace quartetto ricorda un celebre terzetto del “Barbiere di Siviglia” (“Zitti zitti, piano piano / non facciamo confusione”, nel finale del secondo atto), per il resto il brano mette in mostra la fortunata vena melodica e compositiva di Rossini, che fonde alla perfezione le quattro voci e l'accompagnamento strumentale. È solo un antipasto per il lungo e complesso finale del primo atto, che culminerà nell'arrivo di Cenerentola (mascherata) al ballo, preannunciato dalle trombe che risuonano proprio sulle ultime note del quartetto (impedendo di solito al pubblico, purtroppo, di applaudirne gli interpreti).

Piccola nota: nelle prime tre battute dell'accompagnamento, Rossini rende omaggio a una composizione giovanile di Mozart, il concerto per piano n. 3 K. 40.

Clicca qui per il testo del brano.

RAMIRO
Zitto zitto, piano, piano,
senza strepito e rumore:
delle due qual è l'umore?
Esattezza e verità.

DANDINI
Sotto voce, a mezzo tono,
in estrema confidenza:
sono un misto d'insolenza,
di capriccio e vanità.

RAMIRO
E Alidoro mi diceva
che una figlia del barone...

DANDINI
Ah, il maestro ha un gran testone,
oca eguale non si dà.

RAMIRO
Se le sposi pur chi vuole...
seguitiamo a recitar.

DANDINI
Son due vere banderuole
ma convien dissimular.

(Clorinda accorrendo da una parte, e Tisbe dall'altra.)

CLORINDA
Principino, dove siete?

TISBE
Principino, dove state?

CLORINDA E TISBE
Ah! Perché m'abbandonate?
Mi farete disperar.

TISBE
Io vi voglio.

CLORINDA
Vi vogl'io.

DANDINI
Ma non diamo in bagattelle!
Maritarmi a due sorelle
tutte insieme non si può.
Una sposo.

CLORINDA E TISBE
E l'altra?

DANDINI
E l'altra...
(accennando Ramiro)
...all'amico la darò.

CLORINDA E TISBE
No, no, no, no!
Un scudiero? Oibò, oibò!

RAMIRO
(ponendosi loro in mezzo, con dolcezza)
Sarò docile, amoroso,
tenerissimo di cuore.

CLORINDA E TISBE
(guardandolo con disprezzo)
Un scudiero! No, signore.
Un scudiero! Questo no.

CLORINDA
Con un'anima plebea!

TISBE
Con un'aria dozzinale!

CLORINDA E TISBE
(con affettazione)
Mi fa male, mi fa male
solamente a immaginar.

RAMIRO E DANDINI
(fra loro ridono)
La scenetta è originale:
veramente da contar.




Francisco Araiza, Claudio Desderi, Margherita Guglielmi e Laura Zannini (dir: Claudio Abbado)



Juan Diego Flórez, David Menéndez, Cristina Obregón e Itxaro Mentxaka (dir: Patrick Summers)



Juan Diego Flórez, Alessandro Corbelli,
Carla Di Censo e Larissa Schmidt
(dir: Bruno Campanella)


Luigi Alva, Renato Capecchi,
Margherita Guglielmi e Laura Zannini
(dir: Claudio Abbado)


Jose Manuel Zapata, Paolo Bordogna,
Patrizia Cigna e Martina Borst
(dir: Alberto Zedda)

Daniele Zanfardino, Marc Scoffoni,
Jeannette Ficher e Anna Steiger
(dir: Darrell Ang)

27 novembre 2012

La Cenerentola (11) - "Conciossiacosaché"

Scritto da Christian

La scena cambia: dalla villa di Don Magnifico si passa ora al palazzo estivo del principe, dove Dandini – sempre impegnato a vestire i panni dell'aristocratico – sta intrattenendo i suoi ospiti. Ramiro, il vero principe, prima di allontanarsi gli ordina di “esaminare” il cuore e il carattere delle due sorellastre, per fargli poi un rapporto. Il valletto si appresta dunque a solleticare l'orgoglio delle ragazze, continuando con i suoi elogi smodati (“Scommetterei che siete fatte al torno / e che il guercetto amore è stato il tornitore”: il “guercetto amore” è naturalmente Cupido, che lancia le sue frecce da bendato, ma Dandini gioca sul significato di guercio (orbo) per insinuare che le due dame non gli sono riuscite proprio bellissime!), suscitando i primi accenni di rivalità fra le due, che se lo “contendono” in maniera non certo elegante.

E Don Magnifico? Dandini se ne è liberato invitandolo a visitare le cantine e sollecitando la sua vanità con la proposta di nominarlo “cantiniere” (come se questa fosse una carica da nobile), vista la sua competenza su vini e vendemmie. Lo ritroviamo dunque, in una parentesi comica che anticipa il gran finale del primo atto, intento a degustare una smodata quantità di vino, attorniato dai cortigiani del principe che stanno al gioco, facendogli credere che le numerose cariche di cui è stato investito (“intendente dei bicchier”, “presidente a vendemmiar”, “direttor dell'evoè”) abbiano un reale valore. Nota: "Evoè" era il grido di giubilo delle baccanti in onore di Dioniso – ne abbiamo parlato qui – e dunque quest'ultimo titolo può essere interpretato come “direttore dei canti da ubriachi”.

Pur restando ancora in piedi dopo aver assaggiato ben trenta botti di vino, il patrigno è evidentemente ubriaco e, pavoneggiandosi dei suoi nuovi titoli (a cui aggiunge quelli vecchi, “Duca e barone di Montefiascone”: la scelta della località non è casuale, visto che la cittadina laziale di Montefiascone è celebre proprio per il vino, il famoso “Est! Est! Est!”; alcuni commentatori sottolineano inoltre come il nome contenga la parola “fiasco” che, oltre al significato enologico, ha in sé anche quello di “fallimento”, e che dunque sia perfetto per Don Magnifico!), si appresta a mettere subito all'opera la propria autorità, dettando un delirante proclama che vieta – pena lo strangolamento! – di mescolare al vino anche una sola goccia d'acqua.

Introdotto da fiati (corni e clarinetti) che sembrano provenire da uno spartito di Händel (viene alla mente, per esempio, la "Musica sull'acqua") e accompagnato dal coro maschile, il brano è spigliato e divertente. Soprattutto la dettatura del decreto è un crescendo di esilaranti trovate, che ne fanno quasi un antesignano di celebri dettature di lettere cinematografiche (da Groucho Marx a Totò e Peppino). Si comincia con l'ego di Don Magnifico che esige che il suo nome sia scritto in maiuscole – e riprende coloro che, fra i cortigiani, non lo fanno – e si prosegue con l'uso ancora una volta sgrammaticato (come in precedenza aveva fatto Dandini) del latino, “et stranguletur” al posto del corretto “et strangulator”, per non parlare dei continui “etcetera” che portano i vassalli a ribattezzare il trionfo cantiniere con il titolo “Barone etcetera”. Alcuni allestimenti sfruttano anche la ripetizione della frase “Ora affiggetelo per la città” per generare un ulteriore effetto comico, facendo in modo che Don Magnifico, a causa dell’ubriachezza, storpi ripetutamente la parola “affiggetelo” (trasformandola in “friggetelo”, “affliggetelo”, ecc., e imbroccando la versione giusta solo al terzo tentativo). L'incipit del brano, quel "Conciossiacosaché" declamato dai cortigiani, ricorda invece il "Conciossiacosaquandofosseché" di Leporello nel "Don Giovanni" di Da Ponte e Mozart.


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

DANDINI
Ma bravo, bravo, bravo,
caro il mio Don Magnifico!
Di vigne, di vendemmie e di vino
m'avete fatto una disertazione.
Lodo il vostro talento:
si vede che ha studiato.
(a Don Ramiro)
Si porti sul momento
dove sta il nostro vino conservato
e se sta saldo e intrepido
al trigesimo assaggio
lo promovo all'onor di cantiniero.
Io distinguo i talenti e premio il saggio.

DON MAGNIFICO
Prence! L'Altezza Vostra
è un pozzo di bontà.
Più se ne cava, più ne resta a cavar.
(piano alle figlie)
Figlie! Vedete?
Non regge al vostro merto;
N'è la mia promozion indizio certo.
(forte)
Clorinduccia, Tisbina,
tenete allegro il Re. Vado in cantina.
(parte)

RAMIRO
(piano a Dandini)
Esamina, disvela, e fedelmente
tutto mi narrerai. [Anch'io fra poco
il cor ne tenterò. Del volto i vezzi
svaniscon con l'età. Ma il core...]

DANDINI
[Il core
credo che sia un melon tagliato a fette,
un timballo l'ingegno,
e il cervello una casa spigionata.]
(forte, come seguendo il discorso fatto sottovoce)
[Il mio voler ha forza d'un editto.]
Eseguite trottando il cenno mio.
Udiste?

RAMIRO
Udii.

DANDINI
Fido vassallo, addio.
(Ramiro parte)
Ora sono da voi. Scommetterei
che siete fatte al torno
e che il guercetto amore
è stato il tornitore.

CLORINDA
(tirando a sé Dandini)
Con permesso:
la maggiore son io,
onde la prego darmi la preferenza.

TISBE
(come sopra)
Con sua buona licenza:
la minore son io,
m'invecchierò più tardi.

CLORINDA
Scusi.
Quella è fanciulla,
proprio non sa di nulla.

TISBE
Permetta.
Quella è un'acqua senza sale,
non fa né ben né male.

CLORINDA
Di grazia.
I dritti miei la prego bilanciar.

TISBE
Perdoni.
Veda, io non tengo rossetto.

CLORINDA
Ascolti.
Quel suo bianco è di bianchetto.

TISBE
Senta...

CLORINDA
Mi favorisca...

DANDINI
Anime belle! Mi volete spaccar?
Non dubitate:
ho due occhi reali e non adopro occhiali.
(a Tisbe)
Fidati pur di me, mio caro oggetto.
(a Clorinda)
Per te sola mi batte il core in petto.
(parte)

TISBE
M'inchino a Vostr'Altezza.

CLORINDA
Anzi all'Altezza Vostra.

TISBE
Verrò a portarle qualche memoriale.

CLORINDA
Lectum.

TISBE
Ce la vedremo.

CLORINDA
Forse sì, forse no.

TISBE
Poter del mondo!

CLORINDA
Le faccio riverenza!

TISBE
Oh! Mi sprofondo!

Clicca qui per il testo del brano.

(Don Magnifico a cui i cavalieri pongono un mantello color ponsò con ricami in argento di grappoli d'uva, e gli saltano intorno battendo i piedi in tempo di musica. Tavolini con recapito da scrivere.)

CORO
Conciossiacosaché
trenta botti già gustò!
E bevuto ha già per tre
e finor non barcollò!
È piaciuto a Sua Maestà
nominarlo cantinier,
intendente dei bicchier
con estesa autorità,
presidente al vendemmiar,
direttor dell'evoè.
Onde tutti intorno a te
s'affolliamo qui a ballar [saltar].

DON MAGNIFICO
Intendente! Direttor!
Presidente! Cantinier!
Grazie, grazie; che piacer!
Che girandola ho nel cor.

Si venga a scrivere
Quel che dettiamo.
Sei mila copie
Poi ne vogliamo.

CORO
Già pronti a scrivere
Tutti siam qui.

DON MAGNIFICO
Noi Don Magnifico...
Questo in maiuscole.
(osservando come scrivono)
Bestie! Maiuscole!
Bravi, così.

Noi Don Magnifico,
Duca e Barone
dell'antichissimo
Montefiascone,
Grand'intendente;
Gran presidente,
con gli altri titoli
con venti eccetera,
in splenitudine d’autorità,
riceva l'ordine
chi leggerà,
di più non mescere
per anni quindici
nel vino amabile
d'acqua una gocciola,
alias capietur
et stranguletur,
perché ita eccetera
laonde eccetera
nell'anno eccetera
Barone eccetera.

CORO
Barone eccetera,
è fatto già.

DON MAGNIFICO
Ora affiggetelo
per la città.

CORO
Il pranzo in ordine
andiamo a mettere.
Vino a diluvio
si beverà.

DON MAGNIFICO
Premio bellissimo
di piastre sedici
a chi più Malaga
si beverà [succhierà].




Paolo Montarsolo



Alfonso Antoniozzi



Luciano Miotto

Alessandro Corbelli

18 novembre 2012

La Cenerentola (10) - "Là del ciel nell'arcano profondo"

Scritto da Christian

A differenza della favola originale, qui non è la fata madrina a giungere in soccorso di Cenerentola ma il saggio Alidoro, che nel frattempo ha indossato nuovamente i panni del mendicante al quale, in precedenza, proprio Angelina aveva mostrato generosità. Alla ragazza, che si strugge disperata, l'anziano filosofo preannuncia un'occasione di riscatto: andrà alla festa del principe, e lì farà strage di cuori! Cenerentola inizialmente dubita di quanto le sta dicendo il suo interlocutore: che il mendicante voglia prendersi gioco di lei? Ma Alidoro svela la propria identità e richiama la sua carrozza, con la quale la ragazza – opportunamente abbigliata e mascherata – potrà giungere in gran stile al palazzo.

Questa grandiosa "aria morale" di Alidoro ha una travagliata storia alle spalle. In occasione della “prima”, nel 1817, l'intera scena era stata musicata da Luca Agolini, assistente di Rossini che lo aveva aiutato a rispettare le scadenze componendo alcuni brani minori (oltre a questo, anche l'aria finale di Clorinda “Sventurata! Mi credea” e il coro di apertura del secondo atto “Ah! Della bella incognita”). Ma evidentemente il compositore non era soddisfatto del risultato, visto che già al momento della pubblicazione a stampa del libretto il testo dell'aria, “Vasto teatro è il mondo”, era stato sostituito con uno differente, “Fa' silenzio, odo un rumore”. In occasione di una riproposta dell'opera nel 1820 a Roma, avendo a disposizione un ottimo basso per il ruolo di Alidoro (Gioacchino Moncada), Rossini decise infine di comporre un nuovo brano e scrisse la grande aria virtuosistica “Là nel ciel dell'arcano profondo”. Si tratta di un pezzo solenne e di ampio respiro, energico e ricco di passaggi assai impegnativi (nonché, dal punto di vista testuale, colmo di riferimenti trascendenti che senza dubbio saranno piaciuti ai censori vaticani dell'epoca): il suo inserimento – come precisa Wikipedia – “obbliga a scritturare una prima parte anche per il ruolo di Alidoro, che nella versione originale era poco più di un comprimario”. Anche per questo motivo, per lungo tempo la nuova aria ha fatto fatica a stabilirsi nella prassi esecutiva: oggi però, grazie alla diffusione delle edizioni critiche, viene utilizzata regolarmente.

Da notare, nel testo, una singolare rima costruita sulla stessa parola, “innocente”, usata con due significati differenti: “fanciulla innocente” (priva di malizia nell'animo) e “un lampo innocente” (“che non nuoce”, ossia incruento). Talvolta il secondo verso viene cambiato in "lampo fulgente" o "lampo splendente" per evitare all'orecchio la ripetizione. Parimenti, per accorciare la durata del brano, in alcune interpretazioni il "da capo" è talvolta omesso.

Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

(Dopo qualche momento di silenzio entra Alidoro, in abito da pellegrino, con gli abiti da filosofo sotto; indi Cenerentola.)

ALIDORO
Sì, tutto cangerà. Quel folle orgoglio
poca polve sarà, gioco del vento;
e al tenero lamento
succederà il sorriso.
(chiama verso la camera di Cenerentola)
Figlia... Figlia...

CENERENTOLA
(esce e rimane sorpresa)
Figlia voi mi chiamate? Oh questa è bella!
Il padrigno Barone
non vuole essermi padre; e voi...
Peraltro, guardando i stracci vostri
e i stracci miei,
degna d'un padre tal figlia sarei.

ALIDORO
Taci, figlia, e vien meco.

CENERENTOLA
Teco, e dove?

ALIDORO
Del Principe al festino.

CENERENTOLA
Ma dimmi, pellegrino:
perché t'ho data poca colazione,
tu mi vieni a burlar?
[Va' via... va' via!
Voglio serrar la porta...
Possono entrar de' ladri, e allora... e allora...
starei fresca davvero.]

ALIDORO
No! Sublima il pensiero!
Tutto cangiò per te!
Calpesterai men che fango i tesori,
rapirai tutti i cuori.
Vien meco e non temer:
per te dall'alto m'ispira un Nume
a cui non crolla il trono.
E se dubiti ancor, mira chi sono!

(Nel momento che si volge, Alidoro getta il manto.)

Clicca qui per il testo del brano.

ALIDORO
Là del ciel nell'arcano profondo,
del poter sull'altissimo trono
veglia un Nume, signore del mondo,
al cui piè basso mormora il tuono.
Tutto sa, tutto vede, e non lascia
nell'ambascia perir la bontà.

Fra la cenere, il pianto, l'affanno,
ei ti vede, o fanciulla innocente,
e cangiando il tuo stato tiranno,
fra l'orror vibra un lampo innocente.
Non temer, si è cambiata la scena:
la tua pena cangiando già va.

(S'ode avvicinarsi una carrozza.)

Un crescente mormorio
non ti sembra d'ascoltar?
Ah, sta' lieta: è il cocchio mio
su cui voli a trionfar.

Tu mi guardi, ti confondi...
Ehi, ragazza, non rispondi?!
Sconcertata è la tua testa
e rimbalza qua e là,
come nave in gran tempesta
che di sotto in su sen va.

Ma già il nembo è terminato,
scintillò serenità.
Il destino s'è cangiato,
l'innocenza brillerà.

(Aprono la porta; vedesi una carrozza. Cenerentola vi monta, Alidoro chiude la porta e sentesi la partenza della carrozza.)



Michele Pertusi


Alcune produzioni, favorite dai riferimenti trascendenti nel testo, cercano di reintegrare in qualche modo l'elemento soprannaturale nella vicenda a questo punto della rappresentazione (per esempio facendo comparire sulla schiena di Alidoro delle ali... da angelo custode!). Nel film con la direzione di Claudio Abbado, invece, il regista Jean-Pierre Ponnelle ha avuto la pensata di far intonare l'aria non ad Alidoro ma al medesimo Gioacchino Rossini, o meglio alla sua statua (quella presente nell'atrio del Teatro alla Scala), che prende vita. Con queste trovate, un pizzico di magia torna a farsi strada anche nella versione rossiniana della fiaba.



Paul Plishka



Christian Van Horn


Simón Orfila


Samuel Ramey


Luca Pisaroni


Ildebrando D'Arcangelo

Laurent Arcaro


L'aria originale scritta da Luca Agolini, "Vasto teatro è il mondo" (alcune fonti la citano come "Il mondo è un gran teatro"), oltre che più semplice musicalmente, era anche meno solenne a livello di testo. Anziché lirico e trascendente, il linguaggio è improntato a una più "quotidiana" metafora teatrale, il cui tema peraltro sopravvive in almeno un verso dell'aria sostitutiva ("Si è cambiata la scena"). Se un tempo era comune rappresentarla, solo in tempi recenti è stata definitivamente mandata in pensione da quella rossiniana. Eccone qui un'esecuzione (il cantante è Sergiy Kovnir).

Clicca qui per il testo del recitativo della scena originale.

ALIDORO
Grazie, vezzi, beltà scontrar potrai
ad ogni passo; ma bontà, innocenza,
se non si cerca, non si trova mai.
Gran ruota è il mondo...
(chiama verso la camera di Cenerentola)
Figlia!

CENERENTOLA
(esce e rimane sorpresa)
Figlia voi mi chiamate? O questa è bella!
Il padrigno Barone
non vuole essermi padre, e voi...

ALIDORO
Tacete.
Venite meco.

CENERENTOLA
E dove?

ALIDORO
Or ora un cocchio
s'appresserà. Del Principe
anderemo al festin.

CENERENTOLA
(guardando lui, e le accenna gli abiti)
Con questi stracci?
Come Paris e Vienna? Oh,
che bell'ambo.

(Nel momento che si volge, Alidoro gitta il manto)

ALIDORO
Osservate. Silenzio. Abiti, gioie,
tutto avrete da me. Fasto, ricchezza
non v'abbaglino il cor. Dama sarete;
scoprirvi non dovrete. Amor soltanto
tutto v'insegnerà.

CENERENTOLA
Ma questa è storia
oppure una commedia?

ALIDORO
Figlia mia,
l'allegrezza e la pena
son commedia e tragedia, e il mondo è scena.

Clicca qui per il testo del brano originale.

ALIDORO
Vasto teatro è il mondo,
siam tutti commedianti.
Si può fra brevi istanti
carattere cangiar.

Quel ch'oggi è un Arlecchino
battuto dal padrone,
domani è un signorone,
un uomo d'alto affar.

Tra misteriose nuvole
che l'occhio uman non penetra
sta scritto quel carattere
che devi recitar.

(S'ode avvicinare una carrozza)

Odo del cocchio crescere
il prossimo fragore...
Figlia, t'insegni il core,
colui che devi amar.

10 novembre 2012

La Cenerentola (9) - "Signor, una parola"

Scritto da Christian

Quartetto – e poi quintetto – di notevole ricchezza musicale: usciti di casa i cortigiani, il “principe” e le sorellastre, Angelina chiede al patrigno il permesso di recarsi alla festa, ma Don Magnifico rifiuta sdegnosamente (la sequenza degli improperi va in crescendo, passando dal complimento ironico – “la bella Venere” – all'insulto vero e proprio). Ramiro, che sperava di rivedere la ragazza, è rimasto da parte a osservare ed è presto raggiunto da Dandini, tornato sui suoi passi per vedere che cosa sta trattenendo il suo padrone (il valletto usa un'espressione, “Cos'è? Qui fa la statua?”, che ripeterà più tardi nel finale del primo atto, “Ma non facciam le statue”, nel senso di “non rimaniam qui immobili”: si ricordi il “Guarda Don Bartolo / sembra una statua” di Figaro).

Nel momento in cui Don Magnifico dalle parole sta per passare ai fatti (alzando cioè minacciosamente il bastone per colpire Cenerentola), ecco che Ramiro e Dandini intervengono. Naturalmente il barone non avrebbe avuto problemi a bastonare la figliastra se a frapporsi fra loro fosse stato soltanto lo “scudiero” Ramiro, ma di fronte al “principe” non può far altro che giustificarsi, alternando comicamente epiteteti ingiuriosi (rivolti ad Angelina) ed ossequiosi (a Dandini). La povera Cenerentola cerca timidamente di far sentire la propria voce, ma è zittita dal patrigno. A questo punto, il quartetto diventa un quintetto con il rientro di Alidoro, che nel frattempo ha smesso i cenci da mendicante e tornato momentaneamente nei panni del filosofo e del sapiente di corte.

Alidoro reca con sé il “codice delle zitelle” – grandiosa invenzione, comicamente rossiniana – ovvero il registro delle donne da maritare che mostra ai presenti nel tentativo di mettere in difficoltà Don Magnifico e costringerlo ad autorizzare la partecipazione di Cenerentola alla festa. Secondo il codice, infatti, nella casa risiederebbe una terza figlia. Il barone prova innanzitutto a negare (“Che terza figlia mi va figliando?”) ma poi, costretto dall'evidenza, cambia strategia e afferma che la terza figlia è morta. Come già detto, il suo scopo non è tanto impedire che Angelina vada alla festa (non la ritiene infatti una possibile rivale per Clorinda e Tisbe) quanto evitare che si scopra che si è impadronito del suo patrimonio.

A questo proposito, è interessante una nota di Giovanni Christen a proposito della battuta “Guardate qui” di Alidoro:

Nella prima stesura del libretto la battuta è detta da Don Magnifico, fra le minacce a Cenerentola. Ma cosa sta mostrando? Egli afferma che la figliastra è morta. Forse è la prima scusa che ha saputo trovare, forse freudianamente è ciò che si augura. Ma non si può escludere abbia addirittura dichiarato ufficialmente il decesso della figliastra per poterne disporre del capitale, e la battuta sembra significare l'esibizione di un certificato di morte. Infatti gli altri, pur non convinti, ora sembrano doversi arrendere all'evidenza. Rossini comunque nel mettere in musica ha passato la battuta ad Alidoro, che quindi richiama l'attenzione di Don Magnifico al proprio registro.
(Non è l'unico caso in cui il compositore, musicando il libretto, ha cambiato l'attribuzione di qualche frase. Un altro esempio, assai meno significativo, è il “Eh! niente niente”, all'inizio del secondo atto, che da Clorinda è passato a Tisbe.)

Il lungo numero musicale si sviluppa con un ulteriore quintetto, “Nel volto estatico”, in cui tutti i presenti, guardandosi vicendevolmente, indagano i rispettivi pensieri. Di fronte all'ira di Don Magnifico nei confronti della serva, anche Dandini, Ramiro ed Alidoro si rendono conto di non poter far nulla per costringerlo a cambiare opinione, e lasciano la casa. Cenerentola rimane così sola. Nella fiaba (e nel cartone animato di Walt Disney) questo sarebbe il momento giusto per l'ingresso in scena della fata... ma nell'opera di Rossini, come già ricordato, le cose vanno diversamente.

Clicca qui per il testo del brano.

CENERENTOLA
Signor, una parola:
in casa di quel Principe
un'ora, un'ora sola
portatemi a ballar.

DON MAGNIFICO
Ih! Ih! La bella Venere!
Vezzosa! Pomposetta!
Sguaiata! Cova-cenere!
Lasciami, deggio andar.

DANDINI
(tornando indietro, ed osservando Ramiro immobile)
Cos'è? Qui fa la statua?

RAMIRO
(sottovoce a Dandini)
Silenzio, ed osserviamo.

DANDINI
Ma andiamo o non andiamo?

RAMIRO
Mi sento lacerar.

CENERENTOLA
Ma una mezz'ora... un quarto...

DON MAGNIFICO
(alzando minaccioso il bastone)
Ma lasciami o ti stritolo.

RAMIRO E DANDINI
(accorrendo a trattenerlo)
Fermate!

DON MAGNIFICO
(sorpreso, curvandosi rispettoso a Dandini)
Serenissima!
(ora a Dandini ora a Cenerentola)
Ma vattene! – Altezzissima!
Servaccia ignorantissima!

RAMIRO E DANDINI
Serva?

CENERENTOLA
Cioè...

DON MAGNIFICO
(mettendole una mano sulla bocca e interrompendola)
Vilissima,
d'un'estrazion bassissima,
Vuol far la sufficiente,
la cara, l'avvenente,
e non è buona a niente.
(minacciando e trascinando)
Va' in camera, va' in camera
la polvere a spazzar.

DANDINI
(opponendosi con autorità)
Ma caro Don Magnifico,
via, non la strapazzar.

RAMIRO
(fra sé, con sdegno represso)
Or ora la mia collera
non posso più frenar.

CENERENTOLA
(con tuono d'ingenuità)
Signori, persuadetelo;
portatemi a ballar.
Ah! Sempre fra la cenere,
sempre dovrò restar?

(Nel momento che Don Magnifico staccasi da Cenerentola ed è tratto via da Dandini, entra Alidoro con taccuino aperto.)

ALIDORO
Qui nel mio codice
delle zitelle
con Don Magnifico
stan tre sorelle.
(a Don Magnifico con autorità)
Or che va il Principe
la sposa a scegliere,
la terza figlia
io vi domando.

DON MAGNIFICO
(confuso ed alterato)
Che terza figlia
mi va figliando?

ALIDORO
Terza sorella...

DON MAGNIFICO
(atterrito)
Ella... morì.

ALIDORO
Eppur nel codice
non v'è così.

CENERENTOLA
(Ah! Di me parlano.)
(ponendosi in mezzo con ingenuità)
No, non morì.

DON MAGNIFICO
Sta' zitta lì.

ALIDORO
Guardate qui!

DON MAGNIFICO
(balzando Cenerentola in un cantone)
Se tu respiri,
ti scanno qui.

RAMIRO, DANDINI E ALIDORO
Ella morì?

DON MAGNIFICO
Altezza, morì.

(Momento di silenzio.)

TUTTI
(guardandosi scambievolmente)
Nel volto estatico
di questo e quello
si legge il vortice
del lor cervello,
che ondeggia e dubita
e incerto sta.

DON MAGNIFICO
Se tu più mormori
solo una sillaba
un cimiterio
qui si farà.

CENERENTOLA
Deh soccorretemi,
deh non lasciatemi.
Ah! Di me, misera
che mai sarà?

RAMIRO
Via, consolatevi.
Signor, lasciatela.
(Già la mia furia
crescendo va.)

ALIDORO
Via, meno strepito,
fate silenzio,
o qualche scandalo
qui nascerà.

DANDINI
Io sono un Principe
o sono un cavolo?
Vi mando al diavolo:
venite qua.

(Dandini esce, tutti lo seguono. Cenerentola corre in camera.)




Frederica Von Stade (Cenerentola), Paolo Montarsolo (Don Magnifico), Francisco Araiza (Ramiro),
Claudio Desderi (Dandini), Paul Plishka (Alidoro), direttore: Claudio Abbado


Sonia Ganassi (Cenerentola), Alfonso Antoniozzi (Don Magnifico), Antonino Siragusa (Ramiro),
Marco Vinco (Dandini), Simon Orfila (Alidoro), direttore: Renato Palumbo


Elina Garanča (Cenerentola), Alessandro Corbelli (Don Magnifico), Lawrence Brownlee (Ramiro),
Simone Alberghini (Dandini), John Relyea (Alidoro), direttore: Maurizio Benini