C'è un poeta che è particolarmente affascinato dalle eroine d'amore, soprattutto da quelle non ricambiate, facendone un modello e uno dei motivi preferiti della sua poetica: Rainer Maria Rilke. Esse sono l'esempio più puro della superiorità del sentimento libero e gratuito, il canto fine a sé stesso, l'amare senza aspettarsi di essere riamati, e ancora la vera possibilità di affinare la capacità d'amare come espressione dell'espansione dell'anima. Nella prima Elegia duinese leggiamo:
(...) ”Ma se ti struggi così, canta le innamorate.
Certo, non è ancora abbastanza immortale il loro sentimento famoso.
Canta di loro, delle abbandonate, tu quasi le invidi,
che ti parvero tanto più amanti delle placate.
Riprendila sempre l'irraggiungibile celebrazione;
pensa: l'eroe perdura, financo la morte per lui
fu soltanto pretesto per essere: la sua ultima nascita.
Ma l'eroine d'amore se le riprende in sé l'esausta Natura
come se non ci fossero forze due volte, per compiere questo.
Hai cantato abbastanza di Gaspara Stampa, che una qualche fanciulla
cui sfugga l'amato, all'esempio esaltato di questa innamorata,
senta: posso essere anch'io come lei?
Tanto antichi dolori, non dovrebbero, ormai,
diventar più fecondi per noi? Non è tempo che amando,
ci liberiamo dall'essere amato, lo reggiamo fremendo:
come la freccia regge la corda, tutta raccolta nel balzo,
per superarsi? Ché non si può restare, in nessun dove.” (...)
(R. M. Rilke, Elegie duinesi, trad. Enrico e Igea De Portu, ed. Einaudi)
Certo conosciamo un canzoniere più perfetto, quello del Petrarca (a cui chiaramente si è ispirata Gaspara Stampa), anch'esso un canto d'amore irraggiungibile e impossibile, ma sembra che Rilke si commuovesse di più per la giovane donna morta a 31 anni, consumata da una febbre che non era solo quella del corpo. "L'eroine d'amore se le riprende in sé l'esausta natura...": la morte giovane, dunque, come suggello dello struggimento dell'anima.
Sicuramente l'amore di Liù è grande, e nel confronto con la potente principessa, quando le viene chiesto l'origine di tanta forza, non esita a riconoscerlo: "Tanto amore segreto, e inconfessato, grande così che questi strazi son dolcezze per me, perché ne faccio dono al mio Signore...". Turandot ne rimane molto turbata perché è la prima volta che il suo odio per l'uomo incontra un sentimento altrettanto forte, ma in chiave opposta: una donna che testimonia che si può amare quello che lei considera il nemico più crudele della donna, fino a morirne. Certo, lei ha visto uomini accettare la morte per il suo amore, ma la situazione era molto diversa: i giovani principi innamorati sfidavano consapevolmente la morte, correndo un rischio che per loro aveva almeno una chance, la speranza di vittoria, mentre l'amore di Liù è ormai senza speranza e fino ad ora del tutto "segreto e inconfessato". Ma paradossalmente, finché era segreto e inconfessato, quando accompagnava il vecchio re Timur nell'esilio, una speranza c'era; e questa speranza crolla proprio nel momento in cui rivela il suo amore, perché è ormai evidente che Calaf, perdutamente innamorato di Turandot pur vedendola così crudele, non potrà mai corrispondere e accettare il suo amore. Ed è questo il vero motivo del suicidio: il crollo della speranza. Liù ha dimostrato di essere abbastanza forte da saper resistere persino alle torture, e il non rivelare il nome le è anzi "suprema delizia", perché può "tenerlo segreto e possederlo io sola!". E quindi non è vero che muore per non rivelare il nome: muore per non assistere fino in fondo alla vittoria che pur sta concorrendo a preparare.
Lo dice chiaramente alla fine della seconda struggente aria: "(...) Io chiudo stanca gli occhi perché egli vinca ancora... per non... per non vederlo più!", e questo "per non vederlo più" viene ripetuto per ben due volte. Quindi Liù muore perché non regge di vedere la realizzazione dell'amore tra Calaf e Turandot, e questo la rende molto più umana e meno eroica. La ricollega inoltre al personaggio originario dell'opera di Carlo Gozzi, dove non c'è Liù ma Adelma, una principessa che dopo la sconfitta del padre è stata asservita e ora fa parte delle ancelle di Turandot; ne conquista anzi la fiducia e la sprona, lusingandone la coerenza e la fermezza, a non cedere al Principe che ha risolto gli enigmi, perché in lui ha riconosciuto proprio il giovane rifugiato nella reggia del padre, da lei amato segretamente perché ritenuto non nobile e quindi non degno. Vedendolo ora di nuovo e sapendolo principe, è presa da tale amore e gelosia da non esitare, pur di averlo, a ordire una serie di inganni che alla fine vengono smascherati; tenta di suicidarsi davanti a Turandot e Calaf, proprio come Liù, ma viene fermata in tempo, cosa che non avviene per Liù. La sostituzione di Adelma con Liù è il cambiamento più importante che Puccini ha richiesto nell'opera di Gozzi, evidentemente per introdurre un'eroina più romantica, in sintonia col suo sentire e più vicina alle altre sue creature. Ma una parte di Adelma rimane viva nella dichiarazione finale di Liù e nella scelta di sottrarsi al fallimento della speranza.
La morte di Liù è invece una resa alla disperazione: vedendo l'impossibilità di distogliere Calaf da Turandot, viene meno il senso stesso della vita che aveva interamente proiettato sull'uomo amato. Viene meno la parte "dipendente", la "schiava d'amore" che, se non c'è altro, un proprio centro autonomo, segna la fine della donna stessa, di tutta la persona. Quante profonde depressioni, vere e proprie morti psichiche, si sono perpetrate in nome di un amore deluso? Ma qui, per fortuna, c'è un contraltare: il sacrificio della parte che vive solo per amore dell'uomo attiva il sentimento dell'altra parte, quella verginale e chiusa, completamente autonoma dall'uomo. E così può avvenire un'integrazione risolutiva del profondo conflitto e della scissione finora in atto. Il sacrificio di Liù non è inutile, e vedremo come l'amore di Liù risorga in Turandot: ma non più come unilaterale dedizione all'altro, bensì come apertura e resa a una forza superiore che riconcilia gli opposti.
Clicca qui per il testo di "Tu che di gel sei cinta".
LIÙTu che di gel sei cinta,
da tanta fiamma vinta
l'amerai anche tu!
Prima di questa aurora,
io chiudo stanca gli occhi,
perché egli vinca ancora...
per non vederlo piu!
(Prende di sorpresa un pugnale a un soldato e si trafigge a morte. Barcolla in mezzo al terrore di tutti e va a cadere ai piedi del principe.)
Maria Callas | Renata Tebaldi |
Elisabeth Schwarzkopf | Montserrat Caballé |
sono davvero contento di aver scoperto il tuo blog, grazie
RispondiEliminaGrazie a te, torna a trovarci! ^^
RispondiEliminaDavvero interessanti queste analisi sull'opera. Grazie. Madia
RispondiEliminaGrazie anche a te! Presto ricominceremo con altre opere!
RispondiElimina