Questo non vuol dire che i contenuti non siano importanti. Sappiamo bene quanta ricerca e quanto impegno abbiano messo i maggiori compositori nell'individuare argomenti affini alla loro sensibilità e librettisti in grado di rendere i testi adatti ad essere rappresentati musicalmente, intervenendo anche personalmente nel guidare la stesura e nel modificare le parole. Wagner, che non ne ha trovati di soddisfacenti, ha scritto da solo i testi delle proprie opere proprio per creare una perfetta unione tra parole e musica, un mondo perfettamente circolare e autonomo. Non possiamo ignorare infatti che l'opera lirica nasce e deve la sua peculiare grandezza proprio al fatto di essere una forma d'arte unica e complessa in cui il testo, la teatralità e la musica devono fondersi per creare spettacolo, un'atmosfera in grado di catturare tutti i sensi dello spettatore e fornire, come già il teatro greco, un modello su cui poter anche rispecchiarsi, formarsi ed educarsi emotivamente.
Alcune collaborazioni sono in questo particolarmente felici, e sicuramente la coppia Mozart–Da Ponte è tra le più riuscite. Ma nel caso di “Così fan tutte”, il libretto si è rivelato già all'inizio fonte di imbarazzo e vero e proprio intralcio al successo dell'opera. Sicuramente la lunga dimenticanza di questo capolavoro è dovuta al fatto di essersi fermati a una lettura superficiale e letterale di un testo catalogato frettolosamente “vanesio e frivolo”. E con esso, anche la musica di Mozart è stata sottovalutata in un'epoca dove il moralismo ha fatto il suo ritorno cercando di cancellare la libertà e la leggerezza dell'epoca dei lumi.
Ma finalmente anche “Così fan tutte” ha avuto il suo giusto riconoscimento perché, come abbiamo già detto, è solo il tempo che alla lunga seleziona i veri capolavori. Ed ora possiamo godere sempre di più della sua particolare “grazia” e scoprirne i significati più profondi nascosti dietro tanta leggerezza.
La lezione della musica di Mozart è apparentemente molto semplice, ma si tratta di una falsa semplicità, o meglio di quella semplicità che è aderenza alla vita e che è la cosa più ardua da conquistare perché comporta il difficile lavoro di mettersi davanti alla vita come è nella sua essenza, uscendo dalle sovrastrutture, dai pregiudizi, dalle illusioni, idealizzazioni e da tutte quelle proiezioni che deformano la realtà e ci rendono ciechi ed infelici perché prima o poi la vita irrompe con la sua realtà che, se ignorata per troppo tempo, finisce per travolgerci in un mare di delusioni e risentimenti.
Con infinita grazia e simpatia Mozart ci accompagna ad accettare gli altri per quello che sono, ad amarli senza cadere nella trappola dell'idealizzazione che, lungi dall'aumentarne il valore, li imprigiona in un ruolo stereotipato e li deforma e immobilizza ad “icona” da venerare imponendo loro la perfezione pur di assicurarci il diritto infantile di non venire mai traditi.
Ed è proprio la musica a condurci alla pacificazione con la serenità e la leggerezza piena di benevolenza con cui Mozart accompagna i quattro giovani inesperti e persino i due mentori nel sostenere le varie tesi, anche quando le parole di Don Alfonso o di Despina possono sembrare crudeli e svalutative rispetto al sesso opposto. La musica non svaluta mai e non prende in giro, scherza con grazia e sdrammatizza ogni eccesso isterico di sentimentalismo e ogni pretesa narcisistica di amore incondizionato. Uomini e donne sono fondamentalmente uguali, soggetti alle stesse debolezze e alle stesse illusioni; come non esiste la donna angelicata, la dea, così non può esistere il principe azzurro, il cavaliere perfetto sempre al servizio e in adorazione della sua dama. Per tutti poi c'è un punto di rottura che è meglio non provocare...
Don Alfonso, l'anziano e bonario filosofo, istruisce Ferrando e Guglielmo impartendo loro una lezione di vita pratica, facendoli passare attraverso un'esperienza, un'accelerazione di vita che nessuna lezione teorica può sostituire. E solo alla fine arriva l'insegnamento verbale, a significare la necessità, dopo ogni esperienza, di prenderne coscienza e di riconoscerne la validità, integrandola come nuovo orientamento della coscienza. Despina, depositaria della saggezza popolare, si incarica invece di aprire gli occhi a Fiordiligi e Dorabella, ingenue ragazze prigioniere di un mondo dorato e illusorio. Tra i due mentori, nobile e colto il primo, giovane e ignorante la seconda, c'è una profonda complicità e corrispondenza, a significare che la saggezza si può ottenere con l'esperienza e lo studio, ma anche con la semplice osservazione della vita e l'intelligenza naturale. Il “Vecchio Saggio” e l'”Anima” popolana, per dirla con termini junghiani.
La presa in giro è invece riservata non alle persone e ai sentimenti, ma ai ruoli ufficiali (notaio e medico), alla gonfia prosopopea di chi si identifica con il proprio ruolo con ottusità fino a diventare una vera e propria caricatura. E quanti di questi falsi saggi ci sono tuttora sempre in giro...
Parafrasando la celebre frase di Kennedy nel suo discorso di insediamento (“Non chiederti cosa lo Stato può fare per te, ma cosa tu puoi fare per lo Stato”), direi che Mozart ci suggerisce: “Non chiederti quanto l'altro ti ama e ti è fedele, ma quanto tu sei disposto ad amare ed investire nel sentimento”. E questa è autentica saggezza!
Il valore individuale nel riconoscimento della fragilità e dell'unicità inizia solo quando si rinuncia all'idealizzazione propria e dell'altro che, lungi dal garantire l'autenticità, uniforma tutti nello stereotipo. E la musica di Mozart rende benissimo questa trasformazione perché fin quando Ferrando e Guglielmo, ma ancor di più Fiordiligi e Dorabella, sono prigionieri del falso innamoramento basato sull'idealizzazione, le loro voci si confondono e cantano all'unisono. E solo nella prova e nel dolore cominciano a differenziarsi e rendersi riconoscibili in melodie con accenti più personali. La generalizzazione presente nel titolo “Così fan tutte” e che ritroviamo nell'aria di Figaro “Aprite un po' quegli occhi”, quando si crede tradito, o ancora ne “La donna è mobile” del Duca di Mantova del “Rigoletto” di Verdi, con la facile filosofia che nasce solo dalla proiezione della propria leggerezza, è sempre segno di immaturità, di risentimento svalutativo o di incapacità di assumersi una responsabilità personale nei confronti del sentimento; ma Mozart parte da lì per condurci ben oltre. Con infinita pazienza e amorevolezza, attraverso una musica che parla all'anima, ci conduce alla scoperta del sentimento che nasce dal superamento della frustrazione, un vero e proprio percorso iniziatico, la “scuola degli amanti”, come indica il sottotitolo. E non sarebbe male proporre nei corsi di preparazione al matrimonio di lavorare intensamente, magari con l'aiuto di qualche esperto della musica di Mozart, proprio su quest'opera... Quante tragedie si eviterebbero!
L'invito a non giudicare, a non condannare e a perdonare agisce in profondità su tutti gli ascoltatori attenti, perché è la musica che non giudica, non condanna e perdona, e scende nelle nostre anime pacificando e purificando proprio come avveniva con il sublime perdono della Contessa nelle “Nozze di Figaro”. Ed è questa vibrazione profonda, carica di benedizione, che consacra Mozart come un vero “angelo consolatore” e lo rende dispensatore di autentico balsamo per le ferite dell'anima.
Grazie, ho appena letto questa sua presentazione perché volevo studiare il significato dell'opera e l'ho trovata molto chiara, mi ha fatto capire molto e mi approccerò all'ascolto con maggior comprensione. Insieme trovo molto interessante il non giudizio e lo sguardo alto della musica. Grazie
RispondiEliminaBarbarah Guglielmana
Sì, l'opera di Mozart è sempre straordinariamente profonda e ricca di "insegnamenti", anche quando sembra un semplice divertimento! E' la musica che fa volare alto qualsiasi assunto...
RispondiEliminaGrazie per la visita!
Grazie del prezioso contenuto
RispondiEliminaCommento profondo e coinvolgente. Grazie
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