Ogni vero conflitto, termine guerresco per eccellenza, vede lo scontro in campo di due forze determinate a prendere il sopravvento con la sopraffazione e forse la distruzione dell'altro. E qui il terreno di scontro è il proprio cuore e la posta in gioco altissima: il cuore stesso. A chi darlo, al Dio che ci eleva nella sua pura sfera, ma che rimane pur sempre lontano dai sensi e dall'esperienza erotica diretta, o all'uomo che ci parla con voce così suadente promettendo e facendo già provare i brividi del piacere? Adalgisa sa di aver già perso una parte del cuore e di non essere più innocente: vuole e non vuole cedere a Pollione, vuole e non vuole dedicarsi solo al servizio del Dio... Sa bene che andando da sola nel bosco, apparentemente per pregare all'altare, sarà raggiunta dall'uomo che desidera e che teme di vedere, e naturalmente ci va... Infatti non è la prima volta che lo ha incontrato davanti all'altare, anzi sembra che sedurre le vergini consacrate al Dio proprio vicino al suo altare sia per Pollione un piacere raddoppiato!
Vedremo tuttavia che Adalgisa si era veramente proposta, senza alcuna coercizione, di dedicare tutta la sua vita e il suo amore al Dio, e che prima dell'incontro col “fatal romano” che risveglia i primi impulsi erotici era perfettamente serena, come dirà poco più tardi lei stessa (“All'altar che oltraggiai, / lieta andava ed innocente...”) Non è raro, infatti, soprattutto nelle società dove il religioso permea tutta la vita, che nella prima adolescenza e spesso già nell'infanzia si senta molto forte il desiderio di purezza e il richiamo alla trascendenza, uniti anche ad una naturale sessuofobia difensiva, prima dello scatenamento delle pulsioni sessuali favorite dalle “tempeste ormonali” imminenti... Per questo in Grecia esisteva una particolare istituzione che metteva le ragazze di famiglie nobili sui 12-13 anni (all'apparire del menarca quindi) sotto la protezione di Artemide, la dea vergine custode della natura incontaminata e selvaggia. Erano le “Orse” di Artemide, libere di correre nei boschi e di praticare sport fino ai 18 anni, età in cui potevano finalmente incontrare Afrodite ed aprirsi ai primi rapporti sessuali.
Adalgisa rimpiange quella serenità che ha perso e che sa di non poter più ritrovare, ed ora chiede solo protezione (da Pollione o da sé stessa?), inginocchiata davanti a quell'altare, simbolo della presenza divina ma anche luogo d'incontro con l'amato... (“Deh! Proteggimi, o Dio! / Perduta io son! / Gran Dio, abbi pietà, / Perduta io son!”). Quale ambivalenza! Ma è proprio così che si presentano i conflitti, con la compresenza di due forti sentimenti che si contendono lo stesso terreno. Per Adalgisa è la prima grande prova ed è questo che la rende così commovente.
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ADALGISASgombra è la sacra selva,
Compiuto il rito.
Sospirar non vista alfin poss'io,
Qui… dove a me s'offerse
La prima volta quel fatal Romano,
Che mi rende rubella
Al tempio, al Dio…
Fosse l'ultima almen!
Vano desio!
Irresistibil forza qui mi trascina,
E di quel caro aspetto
Il cor si pasce,
E di sua cara voce
L'aura che spira mi ripete il suono.
(Corre a prostrarsi sulla pietra d'Irminsul.)
Deh! Proteggimi, o Dio!
Perduta io son!
Gran Dio, abbi pietà,
Perduta io son!
Kate Aldrich (Adalgisa)
dir: Evelino Pidò (2008)
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