Già dalla prima apparizione della Regina della Notte, la madre, ci accorgiamo di essere alla presenza di una dea. “La Regina siede su un trono, adornato di stelle trasparenti”, recita la didascalia della scena sesta, preceduta da “S'ode improvvisamente un violento, impressionante accordo di note”. Come non pensare a Maria incoronata di stelle, posta sulla falce di luna, e prima ancora a Iside, la grande dea egizia così come ce la presenta Apuleio nell'ultimo capitolo del suo capolavoro, colei a cui obbediscono le stelle? E proprio Iside rimane il punto di riferimento mitologico, il fine ideale verso cui converge tutta l'azione: “Trionfo, trionfo! Tu nobile coppia, tu hai vinto il pericolo! La consacrazione di Iside ora è tua!”.
Alla luce di questo finale possiamo rileggere tutta la problematica che ci presenta la figura del femminile. Nonostante l'innegabile fascino, la Regina della Notte si rivela nel corso dell'opera portatrice di un aspetto sempre più negativo, e la contrapposizione fra luce e tenebre, bene e male, si radicalizza in un conflitto fra padre e madre, maschile e femminile, in cui il polo positivo è appannaggio del padre e del maschile saggio e illuminato. Sembra di essere alla presenza di una visione misogina, ostile al femminile che, se vuole salvarsi, deve lasciarsi guidare da un uomo, “poiché senza di lui suole ogni donna deviare dalla via che le è propria”, come viene ricordato a Pamina, ancora molto legata alla madre, che invoca con dolcezza... Ma questo è solo un aspetto legato alla visione sociale e politica del tempo: siamo infatti ancora nel '700, in piena era illuministica, quando il primato del “Logos” è indiscutibile. In realtà, se sorvoliamo su questi innegabili, ma superficiali, aspetti misogini legati allo spirito del tempo ed esaminiamo i rapporti più profondi e sotterranei tra i due principi – le cui dinamiche risentono delle forze inconsce che sottendono da sempre i rapporti tra i sessi, come le strutture dei miti ci mostrano – troviamo nell'opera di Mozart piena conferma delle dinamiche archetipiche che sottendono la lotta per liberarsi dalla regressione rappresentata da un eccessivo legame con la madre, che assume l'aspetto del drago come Grande Madre divorante.
Nella Regina della Notte troviamo all'inizio la figura della madre tenera e protettrice, addolorata e in pena per la figlia rapita da un maschile prevaricatore e tiranno. Ma Pamina non è più una bambina, è già una fanciulla in età da marito, tanto che la madre stessa sceglie un giovane uomo per liberarla, promettendogliela in moglie! Quindi si prefigura un amore possessivo, un eccesso che vorrebbe tenere la figlia legata a sé oltre l'età consentita e che perciò ne preclude lo sviluppo. Un matrimonio in queste condizioni è del tutto inadeguato, e la fanciulla rischia di non crescere mai, di non conoscere la vita e di rimanere sempre e solo “la figlia di mammà”. Allontanarla dalla madre è l'unico modo per consentirle la crescita, anche se può sembrare traumatico e ingiusto. La madre che non riconosce la necessità di un distacco diventa sempre più furiosa e ostile, fino a maledire la figlia prima tanto amata e ora diventata nemica perché si oppone ai suoi piani di vendetta! Solo il sostegno paterno e l'innamoramento possono dare alla fanciulla la forza di sopportare la rabbia materna e i suoi ricatti, e avviarla, se pur con tanti pericoli, verso un'autentica crescita e al raggiungimento della forza d'animo per affrontare la vita da adulta. Ma la vera vittoria si prefigura nella conquista di una protezione materna superiore, diversa dalla prima madre possessiva che diventa con la sua pretesa di esclusività affettiva l'incarnazione della Grande Madre divorante, il drago da vincere con l'aiuto della parte eroica: la protezione di Iside, simbolo di un materno non egoisticamente attaccato alla figlia, un simbolo materno divino più vasto e universale, che assicura l'amore che può espandersi a tutte le creature...
Concludendo l'opera con l'iniziazione a Iside, ogni sospetto di misoginia cade e il trionfo della coppia viene consacrato proprio al principio femminile nel suo aspetto più alto e più sacro. Quello che viene condannato è il materno regressivo, la parte mortifera che, pur di tenere la figlia con sé, la consegnerebbe anche a Monostatos, il nero violentatore. Ma questa condanna non prevede la morte: la Regina della Notte viene fatta sprofondare, il che vuol dire che l'aspetto negativo viene ricacciato nell'inconscio, per ora... E nell'inconscio continuerà a lavorare, come ben ha immaginato Goethe nel suo lavoro sul seguito del “Flauto magico”. Infatti, nella psiche umana niente muore. Si possono solo superare i problemi che ostacolano il passaggio da uno stadio all'altro, ma essi ritornano in altra forma quando, in ulteriori momenti di passaggio e di crisi, essi si riattivano e costringono ad ulteriori confronti. Nessuna vittoria è in realtà definitiva, e i vecchi complessi e conflitti sono sempre in agguato, a volte proprio quando meno ce lo aspettiamo...
Ma la novità assoluta del “Flauto magico”, quella che sfata ogni accusa di misoginia, è il fatto che anche Pamina è ammessa all'iniziazione, processo di crescita e di consapevolezza non più riservato solo al maschile. Il cammino verso la parità e la stessa dignità tra i sessi è quindi aperto, non solo come pari responsabilità, ma soprattutto come riconoscimento di un analogo percorso spirituale e di saggezza.
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