Ci potrebbe essere una vena di malinconia nella constatazione di quanto breve sia la stagione dell'amore, ma per ora l'invito è solo al piacere e alla festa. Il canto di Zerlina riecheggia “Il trionfo di Bacco e Arianna” di Lorenzo De' Medici ("Quant'è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol essere lieto sia, del doman non c'è certezza...") col suo richiamo a godere l'attimo; ma mentre per Lorenzo è solo ricorrendo a Dioniso e alla sua ebbrezza che si può scongiurare la depressione incombente di un domani che avanza col suo carico di vecchiaia e di malanni, per Zerlina siamo in un vero momento di grazia. La sua è la leggerezza di chi si affaccia alla vita senza aver ancora subito delusioni e frustrazioni e che, pur sapendo che tutto può cambiare, si abbandona allo slancio del cuore (non dell'alcol): “se nel seno vi bulica il core, il rimedio vedetelo qua...”.
(scena da "Il pranzo di Babette")
Il disinganno che porta Donna Elvira apre immediatamente gli occhi a Zerlina ed è da qui che comincia a rivelarsi l'altro aspetto della giovane contadina: la sua capacità di leggere la realtà distinguendo i moti passeggeri del desiderio e della fantasticheria dal fondo più duraturo ed ancorato alla vita del sentimento, magari più prosaico ma più solido, che la lega a Masetto. La leggerezza permane, perché è una dote fondante del suo carattere, ma viene utilizzata per sdrammatizzare le situazioni e per recuperare il rapporto con l'inferocito marito. Quanta grazia e femminilità nel recupero che fa, offrendosi alla rabbia di Masetto (“Batti, batti, o bel Masetto...”), per condurlo in breve alla pace, capovolgendo la situazione! Siamo di fronte ad una vera e squisita arte femminile, che in realtà sempre meno donne sanno maneggiare. Invece di affrontare la situazione di petto con pianti o scenate, Zerlina intuitivamente asseconda Masetto per condurlo poi al suo vero scopo: ristabilire l'armonia tra loro e offrirgli il suo amore.
È la stessa strategia che, in modo più consapevole e articolato, vediamo utilizzare da Shahrazàd nelle "Mille e una notte", quando per interrompere la catena di delitti del sultano arrabbiato per essere stato tradito dalla moglie e che ha deciso di vendicarsi sulle altre donne facendole uccidere dopo una notte di lussuria, non lo affronta direttamente cercando di ottenere giustizia con ragionamenti o scenate, ma lo ferma irretendolo nell'incanto di fiabe così belle, che costringono il sovrano ad aspettare la prossima in un progressivo gioco di rimando della pena capitale, fino a quando, dopo mille e una notte e mille e una fiaba, l'animo del sultano è così cambiato non solo da non ricordare nemmeno l'originario proposito di vendetta, ma, ormai innamorato, da chiedere alla saggia Shahrazàd di sposarlo... Non si tratta di ipocrisia o di imbroglio, perché realmente Zerlina ha riconosciuto l'inconsistenza del suo trasporto per Don Giovanni (una specie di fastasticheria ad occhi aperti e un effimero momento di esaltazione) e ne esce più consapevole del valore di una relazione stabile con Masetto, ma ha trovato istintivamente il modo migliore e più femminile per riconquistarlo, cosa che persino lui le riconosce (“Guarda un po' come seppe questa strega sedurmi!”...)
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