28 aprile 2011

La traviata (6) - "Ah, fors'è lui – Sempre libera"

Scritto da Christian

Il primo atto si conclude con una lunga sequenza di cui è di scena soltanto Violetta (con l'eccezione di un breve momento in cui alla sua voce si intreccia quella di Alfredo, che si ode cantare dall'esterno). La festa è finita, gli ospiti se ne sono andati, e la ragazza è rimasta sola nelle sue stanze a riflettere sulle parole del giovane appena conosciuto. Soltanto ora ("È strano! È strano!") si rende conto che la sua dichiarazione d'amore l'ha commossa più di quanto non le fosse sembrato inizialmente: per un attimo si domanda se non possa essere anche lei capace di donarsi in modo puro e disinteressato a un sol uomo, riconoscendo la superficialità della propria vita improntata al godimento. Nell'aria "Ah, fors'è lui" rivela così il suo intimo desiderio di amare e di essere amata veramente, e la speranza che Alfredo sia colui che da tempo attendeva, il salvatore venuto a riportarle pace e serenità. Ma subito cerca di scacciare queste idee ("Follie!") e si propone di rivolgere nuovamente il proprio pensiero alle feste, al piacere e alla vita mondana ("Sempre libera degg'io / folleggiar di gioia in gioia"). Per un attimo la voce di Alfredo, che canta da sotto il balcone il brano già intonato in precedenza ("Di quell'amor ch'è palpito..."), torna a turbarla: ma rapidamente manifesta nuovamente l'intenzione di rifiutare, almeno per ora, la sua offerta d'amore.

L'intera sequenza, fondamentale per la caratterizzazione del personaggio, è un susseguirsi di brani toccanti e vivaci, diversissimi fra loro come sono diversi gli stati d'animo che la protagonista attraversa: lo stupore, la speranza, l'illusione, la tenerezza, il rifiuto, il desiderio, la decisione. Se durante la festa Violetta aveva dovuto dissimulare le proprie condizioni di salute e nascondere ogni incertezza per continuare ad apparire felice come al solito, e come tutti si attendono da lei, ora che è sola nell'intimità può finalmente mostrare tutta la propria inquietudine e ammettere di sentirsi "abbandonata in questo popoloso deserto che appellano Parigi": riconoscendo cioè che quella dei compagni di baldoria che la circondano ("L'amistà qui s'intreccia al diletto") è un'amicizia fin troppo facile e priva di solide basi, e dunque di valore; anche per questo è rimasta colpita dall'affetto di Alfredo, che invece pare sincero, così diverso dal Barone o dagli altri suoi amanti, ed è forse in grado di riempire il vuoto che l'attanaglia. Momento irrinunciabile nella carriera di ogni soprano verista, la cabaletta "Sempre libera degg'io" è stata resa celebre da cantanti come Maria Callas e Renata Tebaldi.

Clicca qui per il testo del brano.

VIOLETTA
È strano! È strano!
In core scolpiti ho quegli accenti!
Sarìa per me sventura un serio amore?
Che risolvi, o turbata anima mia?
Null'uomo ancora t'accendeva,
o gioia ch'io non conobbi,
essere amata amando!
E sdegnarla poss'io
per l'aride follie del viver mio?

Ah, fors'è lui che l'anima
solinga ne' tumulti
godea sovente pingere
de' suoi colori occulti!
Lui che modesto e vigile
all'egre soglie ascese,
e nuova febbre accese,
destandomi all'amor!
A quell'amor ch'è palpito
dell'universo intero,
misterioso, altero,
croce e delizia al cor.

Follie! Follie!
Delirio vano è questo!
Povera donna, sola, abbandonata
in questo popoloso deserto
che appellano Parigi.
Che spero or più?
Che far degg'io?
Gioire!
Di voluttà nei vortici perir!
Gioir!

Sempre libera degg'io
folleggiar di gioia in gioia,
vo' che scorra il viver mio
pei sentieri del piacer.
Nasca il giorno, o il giorno muoia,
sempre lieta ne' ritrovi,
a diletti sempre nuovi
dee volare il mio pensier.

ALFREDO
(sotto al balcone)
Amor ch'è palpito...

VIOLETTA
Oh!

ALFREDO
...dell'universo intero...

VIOLETTA
Oh! Amore!

ALFREDO
...misterioso, altero,
croce e delizia al cor.

VIOLETTA
Follie!
Gioir!
Sempre libera degg'io...
(ecc.)


Anna Moffo (da "Follie!")


Maria Callas


Renata Scotto


Renata Tebaldi (da "Follie!")


Montserrat Caballé (da "Ah, fors'è lui")


Joan Sutherland

Anna Netrebko


Frequente anche l'uso che ne è stato fatto al cinema. Cito qui i due esempi più famosi. La memorabile sequenza de "I pugni in tasca" (1965), il film d'esordio di Marco Bellocchio:



E la pellicola australiana "Priscilla, la regina del deserto" (1994) di Stephan Elliott:

15 aprile 2011

La traviata (5) - "Un dì felice, eterea"

Scritto da Christian

Terminato il brindisi, la festa continua: da un altro salone si ode la musica delle danze. Tutti si trasferiscono di là, tranne Violetta che, colta da improvvisa debolezza e sull'orlo di uno svenimento, preferisce fermarsi un attimo a riposare. Mentre osserva allo specchio il proprio pallore, si rende conto che nella stanza è rimasto anche Alfredo, preoccupato, che la prega di avere maggior cura di sé: il suo stile di vita potrebbe costarle caro. Il giovane coglie l'occasione per dichiararle il proprio amore. Stupita, lei se ne prende gioco: come può amarla se la conosce appena? Ma Alfredo le spiega di essere ormai invaghito di lei già da un anno, da quando cioè l'ha vista per la prima volta ("Un dì felice, eterea"). Il tema musicale che accompagna le sue parole ("Di quell'amor ch'è palpito") ritornerà più volte nel resto dell'atto e in tutta l'opera. Violetta, pur toccata dai suoi sentimenti, insiste nel voler rifiutare il suo amore ma non la sua amicizia, e lo invita a tornare da lei il giorno dopo (quando il fiore – ancora fiori! – che lei gli dona sarà appassito). Alfredo se ne va felice, mentre gli altri ospiti fanno ritorno dal salone delle danze e si accomiatano cantando ("Si ridesta in sen l'aurora").

Dal testo del duetto si nota subito quanto Alfredo tenda a idealizzare il proprio sentimento e l'oggetto di questo, al punto da farne il centro di tutto l'universo e dimenticare ogni altra cosa, come vedremo anche nell'aria che apre il secondo atto ("De' miei bollenti spiriti"). Di contro, Violetta appare più pragmatica e realista (e sembra quasi prenderlo in giro, definendo il suo un "così eroico amor"). Anche quando in seguito cederà a sua volta alla forza dell'amore, manterrà sempre i piedi piantati per terra (si preoccuperà, per esempio, del denaro necessario a conservare il proprio tenore di vita, cosa che ad Alfredo – perso nella passione – non passerà nemmeno per la testa).

Clicca qui per il testo del brano.

ALFREDO
Un dì felice, eterea,
mi balenaste innante,
e da quel dì, tremante,
vissi d'ignoto amor.
Di quell'amor ch'è palpito
dell'universo intero,
misterioso, altero,
croce e delizia al cor.

VIOLETTA
Ah, se ciò è ver, fuggitemi,
solo amistade io v'offro:
amar non so, né soffro
un così eroico amor.
Io sono franca, ingenua;
altra cercar dovete;
non arduo troverete
dimenticarmi allor.


Frank Lopardo e Angela Gheorghiu


Luciano Pavarotti e Joan Sutherland

Giuseppe Di Stefano e Maria Callas


Rolando Villazón e Anna Netrebko


Al cinema il brano è stato usato da Woody Allen (in "Match Point") e da Rainer Werner Fassbinder ne "Le lacrime amare di Petra Von Kant".

9 aprile 2011

La traviata (4) - "Libiamo ne' lieti calici"

Scritto da Christian

Lo spettacolare primo atto de "La traviata" si apre nella casa parigina della protagonista, la gaudente cortigiana Violetta Valèry, che attende gli ospiti per un grande ricevimento mondano per festeggiare la sua guarigione dopo una breve indisposizione (da notare, dunque, che il tema della malattia di Violetta viene introdotto sin dall'inizio, persino in questo primo atto di gioia e di feste). Fra gli invitati – che giungono con un leggero ritardo ("Dell'invito trascorsa è già l'ora") – c'è Flora Bervoix, la più cara amica di Violetta, con il suo amante, il Marchese d'Obigny; a loro si unisce Gastone, Visconte de Létorières, che ha condotto con sé un caro amico, il giovane Alfredo Germont. Gastone presenta Alfredo a Violetta, spiegandole che è un suo ammiratore segreto e che si è recato ogni giorno a chiedere notizie sul suo stato di salute: molto più di quanto non abbia fatto l'attuale "protettore" e amante ufficiale di Violetta, il Barone Douphol. La ragazza scherza e mostra di apprezzare le attenzioni e la galanteria di Alfredo, che invece infastidiscono non poco lo scostante barone. Questi, invitato ad aprire i brindisi con un canto, rifiuta. Gastone chiede allora di farlo ad Alfredo, che inizialmente si mostra riluttante. Ma poi, supplicato anche da Violetta, intona un inno alle gioie del vino e del piacere: "Libiamo ne' lieti calici". Durante il canto, c'è anche un rapido scambio di battute fra Alfredo e Violetta sulla supremazia dell'amore fra le delizie della vita. Da notare, poi, le parole di Violetta che richiamano il tema della fugacità, come al solito associato ai fiori: "Godiam, fugace e rapido / è il gaudio dell'amore; / è un fior che nasce e muore / né più si può goder".

Clicca qui per il testo del brano.

ALFREDO
Libiamo, libiamo ne' lieti calici,
che la bellezza infiora;
e la fuggevol'ora
s'inebrii a voluttà.
Libiam ne' dolci fremiti
che suscita l'amore,
poiché quell'occhio al core
onnipotente va.
Libiamo, amore fra i calici
più caldi baci avrà.

TUTTI
Ah! Libiam, amor fra i calici
Più caldi baci avrà.

VIOLETTA
Tra voi saprò dividere
il tempo mio giocondo;
tutto è follia nel mondo
ciò che non è piacer.
Godiam, fugace e rapido
è il gaudio dell'amore;
è un fior che nasce e muore,
né più si può goder.
Godiam, c'invita un fervido
accento lusighier.

TUTTI
Ah! Godiamo, la tazza e il cantico
la notte abbella e il riso,
in questo paradiso
ne scopra il nuovo dì.

VIOLETTA
La vita è nel tripudio...

ALFREDO
Quando non s'ami ancora...

VIOLETTA
Nol dite a chi l'ignora...

ALFREDO
È il mio destin così...

TUTTI
Ah! Godiamo, la tazza e il cantico
la notte abbella e il riso,
in questo paradiso
ne scopra il nuovo dì.


Juan Diego Flórez (Alfredo), Diana Damrau (Violetta)
dir: Yannick Nézet-Séguin (2018)


Scott Piper (Alfredo), Stefania Bonfadelli (Violetta)
dir: Placido Domingo (2002)


Rolando Villazón e Anna Netrebko

Giuseppe di Stefano e Maria Callas


Brano celeberrimo e conosciutissimo, il vivace e beccheggiante canto del brindisi a tempo di valzer è ormai entrato in pianta stabile nel repertorio lirico e viene spesso eseguito nei recital. Anche al cinema è stato usato con notevole frequenza: ecco, per esempio, una scena di "Giorni perduti" (The Lost Weekend, 1945) di Billy Wilder (film che narra la storia di un alcolizzato, e dunque il brano è più che mai appropriato!); e una de "Il pescatore della Louisiana" (The toast of New Orleans, 1950) di Norman Taurog, in cui il pezzo è interpretato da Mario Lanza e Kathryn Grayson.


Giorni perduti

Il pescatore della Louisiana


Talvolta il brindisi viene addirittura utilizzato nei cosiddetti flash mob event, esecuzioni a sorpresa in pubblico a scopi promozionali. Un esempio è il video che segue, in cui una trentina di membri dell'Opera Company di Philadelphia cominciano all'improvviso a cantare il brano fra la folla di un supermercato all'interno del terminal di un aereoporto.

7 aprile 2011

La traviata (3) - Preludio dell'atto I

Scritto da Christian

L'opera si apre con "un toccante preludio che stabilisce un senso di tragedia imminente", e il cui struggente tema iniziale verrà ripreso al principio dell'atto conclusivo: ma presto la musica, all'inizio così sofferente, si scioglie nella melodia cantabile di "Amami, Alfredo", inno dell'amore appassionato e disinteressato di Violetta (la ragazza lo intonerà al termine della prima scena del secondo atto, quando avrà già deciso di farsi da parte su richiesta del vecchio Germont). Proseguendo, il brano si fa leggero e frivolo, come a evocare (attraverso i movimenti degli archi) le gioie della vita mondana: giusto in tempo per la festa che apre l'azione sul palco.

Verdi compose la musica del preludio, così come il resto dell'opera, nella sua casa di Sant'Agata, nei pressi di Busseto, dove si era ritirato con la compagna Giuseppina Strepponi sin dal 1851, dopo aver lasciato la dimora cittadina di Palazzo Orlandi per evitare la crescente curiosità degli abitanti del paese (era ormai una celebrità, e la sua relazione con Giuseppina – il cui passato a sua volta non era privo di macchie – era fonte di chiacchiere e pettegolezzi: i due si sarebbero sposati solo nel 1859). Qualche biografo ha addirittura suggerito che fu proprio l'amore per Giuseppina a spingere il compositore a scegliere "La signora delle camelie" come soggetto della nuova opera. Da notare che anni prima, nel 1844, aveva invece rifiutato di adattare in musica un testo di Victor Hugo ("Marion Delorme") dai temi simili, spiegando che "la protagonista è d'un carattere che non mi piace. Le donne puttane non mi piacciono in scene". Che avesse cambiato opinione lo testimonia una lettera scritta a un amico nel gennaio 1853, nella quale comunicava che "A Venezia faccio La Dame aux camélias che avrà per titolo, forse, Traviata. Un soggetto dell'epoca. Un altro forse non l'avrebbe fatto per i costumi, per tempi e per altri mille goffi scrupoli. Io lo faccio con tutto il piacere".


Georg Solti

3 aprile 2011

La traviata (2) - Camelie e altri fiori

Scritto da Marisa

L'osservazione di Christian sulla prevalenza di nomi floreali in quest'opera mi ha attivato delle riflessioni che desidero ampliare perché, se ogni dettaglio può racchiudere un prezioso significato, i nomi hanno sicuramente un'indicazione privilegiata, portandoci al cuore dell'identità più segreta di ognuno. Gli artisti, anche se non se ne rendono conto razionalmente, lo intuiscono; e spesso la scelta si impone inconsciamente e quindi direttamente dallo spirito del profondo, che non sbaglia mai. Sappiamo quale importanza cruciale abbiano i nomi per i primitivi, tanto da tenerli a volte segreti proprio per non disperdere la loro identità o farsela rubare; spesso, come per gli Indiani d'America, ai bambini veniva dato un nome provvisorio perché il vero nome doveva essere rivelato più tardi, per mezzo di una visione nel momento dell'iniziazione. E così il guerriero più temerario e indomito diventava "Cavallo Pazzo", il capo più riflessivo e saggio "Toro Seduto", ecc...

Ma torniamo alla Traviata, alias Margherita, Violetta, Signora delle Camelie, Rosa Plessis... Persino la sua amica ha a che fare con i fiori, chiamandosi addirittura "Flora", la ninfa stessa della primavera e madre di tutti i fiori. Ebbene, in queste ripetute conferme non posso non vedere il nucleo più originale e più autentico di questa eroina: il suo essere soprattutto un fiore, e per analogia condividerne la grazia e il destino. E noto che si tratta di fiori di inizio primavera (margherite, violette, camelie), al massimo di maggio (la rosa), a sottolinearne la breve stagione di splendore e fioritura.

Due sono le strade simboliche che riguardano i fiori: la caducità e la sessualità. E qui le troviamo tutte e due intrecciate tra di loro, come a dare più risalto e drammaticità alla vicenda, che infatti ne esce esaltata, anche per il potere evocativo e sublime delle note. Raramente abbiamo ascoltato una musica così intimamente pertinente e rivelatrice di un'anima femminile in piena fioritura, eppure già così vicina alla morte e nell'ebbrezza di un amore a cui ci si abbandona ma si sa già perso, con tutte le sfumature che il compositore riesce a infondere! Sappiamo che Verdi avrebbe voluto chiamare la sua opera "Amore e morte", titolo fin troppo rivelatore ed esplicito, e forse è meglio che questo profondo e indissolubile legame non sia stato buttato in pasto al pubblico così brutalmente sin dal titolo, ma che venga protetto dalla musica e si apra alla rivelazione man mano...

Sulla caducità e lo struggimento per la bellezza e l'effimero che la visione dei fiori ci procura, hanno lavorato tutti i poeti e in particolare Rainer Maria Rilke, che ha dedicato a questo tema l'intero ciclo dei "Sonetti ad Orfeo", facendo della figura della giovane danzatrice Wera Knoop, novella Euridice morta a 19 anni, l'eroina della morte in piena fioritura:

"Te, proprio te ora, che conobbi come un fiore
di cui mi è ignoto il nome, voglio ancora
una volta ricordare, mostrarti ad essi, svanita,
bella nel gioco del grido insormontabile (...)"
Per quanto riguarda il rapporto con la sessualità, oltre a ricordare che effettivamente i fiori rappresentano la sessualità delle piante, che affidano alla loro bellezza e al profumo la possibilità di riprodursi attraverso lo spargimento del polline ad opera degli insetti così attirati, non si può non ricorrere a Freud, che ha richiamato l'attenzione sul linguaggio sessuale dei fiori in modo esplicito citando proprio "La signora delle camelie". Nel suo libro "L'interpretazione dei sogni", a proposito del sogno di una giovane donna che si vede scendere una scala con un ramo fiorito in mano che perde progressivamente i fiori, leggiamo infatti:
"Dato che per questa immagine le viene in mente il modo in cui, nei quadri dell'Annunciazione, l'angelo porta un giglio in mano, insieme al modo in cui le bambine bianco-vestite seguono la processione del Corpus Domini mentre le strade sono adorne di rami verdi, il ramo fiorito del sogno è certamente un'allusione all'innocenza sessuale. Il ramo però è fittamente cosparso di fiori rossi, ognuno dei quali somiglia a una camelia. Alla fine del suo cammino – è detto inoltre nel sogno – i fiori sono già in buona parte caduti; seguono quindi evidenti allusioni al ciclo mestruale. Così lo stesso ramo che viene portato come un giglio da una fanciulla innocente è allo stesso tempo un'allusione alla "Signora delle camelie" che, come è noto, portava sempre una camelia bianca, tranne nel periodo mestruale, in cui portava una camelia rossa."
Ricordo che Kama, il dio dell'amore nella mitologia indiana, ha sulla punta del suo arco proprio un fiore... Violetta dunque ci commuove così tanto perché incarna, già col suo nome, la bellezza della nostra primavera che svanisce così presto, e inesorabilmente la nostra innocenza perduta, il piacere della sessualità e dell'amore così fugaci nel loro apparire e sparire... Ma non solo questo. Vedremo poi come il suo sacrificio si collochi e come porti a maturazione un passaggio evolutivo di consapevolezza.