23 dicembre 2019

Il matrimonio segreto - Riepilogo

Scritto da Christian
19 dicembre 2019

19. Finale Secondo

Scritto da Daniele Ciccolo

È notte. Ciascuno dovrebbe essere nella propria stanza, ma nessuno sta dormendo veramente. Che si tratti dell'inizio della fine della vicenda è ormai chiaro. Nella storia dell'opera, infatti, l'applicazione delle cosiddette unità aristoteliche al dramma musicato aveva fatto sì che un'opera dovesse svilupparsi lungo un arco temporale non superiore ad una giornata, quindi dall'alba al tramonto (in realtà, le osservazioni di Aristotele furono malamente interpretate già nel teatro del XVI secolo quindi, a maggior ragione, tali errori si ripercossero nei testi delle opere, ma questa è un'altra storia).

Del resto, il finale che prende luogo durante la notte era già stato usato da Mozart (si pensi alle Nozze di Figaro) e sarà usato anche da Rossini (basta citare Il Barbiere di Siviglia), per limitarci giusto agli esempi più celebri. E Mozart e Rossini non sono qui stati citati a caso. È possibile affermare, infatti, che essi sono legati a Cimarosa – fra altri elementi che richiederebbero trattazioni specialistiche – proprio per quello che riguarda la struttura del finale: come nei due capolavori appena citati, anche nel caso del Matrimonio segreto ci troviamo di fronte ad una successione di brani musicati con l'accompagnamento orchestrale senza i recitativi; ciò crea un meccanismo di accumulazione, un climax emotivo per cui gli eventi, in un crescendo drammatico funzionale alla storia e al suo epilogo, vengono a costituire una sorta di "ministoria" all'interno della trama più estesa dell'opera nel suo complesso. Il tema è già stato sviluppato in occasione della trattazione del Finale primo, al quale rimando per approfondimenti. Ulteriori preziose informazioni sull'argomento sono rinvenibili in altri post di questo blog, in particolare quello relativo al finale del primo atto del Barbiere di Siviglia e quello relativo al finale del secondo atto delle Nozze di Figaro.

Tornando alla lunga sezione conclusiva del Matrimonio segreto, vediamone insieme le parti fondamentali.


a) "Deh, ti conforta, o cara"

Il finale prende le mosse da Paolino e Carolina mentre si trovano nella stanza di quest'ultima.
Per loro la fuga è inevitabile. Ecco, pertanto, che appaiono in scena nell'atto di partire. La musica di questa sezione è scritta in un delicato Do maggiore ed è stata chiaramente concepita in modo da assecondare l'intenzione di fuga dei due sposi. Considerando il significato che un gesto del genere poteva avere all'epoca, unito alla sua irreversibilità, i due giovani appaiono comprensibilmente preoccupati e cercano di farsi forza reciprocamente: "ma qui dobbiam far core, / ch'altro per noi non c'è". Ma un rumore li spaventa e li induce a rientrare: in fondo è meglio ritardare la partenza ed aspettare un po' di tempo a scopo precauzionale.  
In effetti, un uscio si è aperto. Come è facile immaginare, è Elisetta, che nella scena precedente ha augurato la buonanotte al Conte, ma questo non ha fatto desistere la donna dalla paranoia che questi potesse comunque tradirla con la sorella minore. Poiché sente dei bisbigli origliando nella porta di Carolina, è convinta che dentro vi sia anche il Conte. Invece di entrare per verificare la correttezza delle sue deduzioni, Elisetta cerca alleati, poiché lei li vuole "svergognar". Così bussa alla zia.

Clicca qui per il testo.

(Paolino e Carolina dalla stanza di lei, indi Elisetta, Fidalma, poi Geronimo, ed infine il Conte, tutti dalle loro stanze.)

PAOLINO
Deh, ti conforta, o cara,
seguimi piano, piano.

CAROLINA
Stendimi pur la mano.
Che mi vacilla il pie'.

PAOLINO, CAROLINA
Oh, che momento è questo
d'affanno e di timore!
Ma qui dobbiam far core,
ch'altro per noi non c'è.
('avviano per partire)

PAOLINO
Zitto... mi par sentire...
Si sente un uscio aprir...

CAROLINA, PAOLINO
Potrebbe alcun venire;
si tardi un po' a partir.
(rientrano nella stanza)

ELISETTA
Sotto voce qua vicino
certo intesi a favellar.
Una porta pian pianino
ho sentito poi serrar...
Ho sospetto... Vo' scoprire...
(va ad ascoltar alla porta di Carolina)
A parlar pian pian si sente...
Vi sta il Conte certamente...
Io li voglio svergognar.



b) "Sortite, sortite"

E qui, è proprio il caso di dirlo, la musica cambia davvero. Dall'iniziale Do maggiore si passa ad un concitato Fa maggiore. Molto interessante l'onomatopea musicale del battito della porta: in particolare, la resa complessiva evidenzia l'impazienza di Elisetta. Fidalma non è l'unica ad essere convocata. Elisetta ha bisogno di affermare le sue ragioni anche nei confronti del padre, che giunge quindi a chiamare. Chiunque di noi fosse svegliato nel cuore della notte e fosse inoltre svegliato di soprassalto, sarebbe comprensibilmente irritato. E irritazione esprimono parole e musica di Geronimo e Fidalma, che vogliono giustamente sapere cosa succede. Elisetta così si spiega: "il Conte sta chiuso / con mia sorellina; / si faccia rovina / di quel traditor". I due credono alla ragazza senza battere ciglio, pertanto tutti e tre cominciano ad imprecare alla porta di Carolina apostrofando il Conte con le seguenti parole: "Conte perfido, malnato, /  Conte indegno, scellerato: / fuori, fuori vi vogliamo / che scoperto siete già". Immaginate adesso di essere non solo svegliati bruscamente, ma anche di sentire qualcuno che vi sta insultando senza apparenti ragioni. Come vi sentireste?
Il Conte non risponde pronunciando volgari improperi, ma è comunque abbastanza stizzito dal modo con cui è stato apostrofato: "Qui dal Conte che si vuole? / Quai indegnissime parole?" Ma la sorpresa è un'altra: il nobile esce dalla sua stanza, non da quella di Carolina.
Ai tre non resta che scusarsi sommessamente. Quando il Conte chiede se siano ubriachi, ecco uno sviluppo da segnalare. L'alleanza (anche musicale) in precedenza instaurata tra Geronimo, Fidalma ed Elisetta si sfalda: i primi due danno la colpa dell'accaduto alla terza. A questo punto, invece che tornare ciascuno nelle proprie stanze, gli interessi dei presenti sembrano collimare, sia pure per ragioni diverse: Elisetta sa quello che ha sentito, quindi anche se non si tratta del Conte qualcuno deve pur trovarsi in compagnia di Carolina. Elisetta e Geronimo vogliono rivoltare la situazione contro Elisetta: convinti che non avrebbero scoperto nulla di eclatante, vogliono "farla pagare" ad Elisetta ("ma confonderla bisogna / e rossor ne proverà") per la posizione in cui costei li ha messi nei confronti del Conte. Quest'ultimo, ormai sveglio, molto probabilmente vuole capirci di più, quindi rimane in scena.

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ELISETTA
(va a battere alla porta di Fidalma)
Sortite, sortite,
venite qua in fretta.

FIDALMA
Chi batte? chi chiama?

ELISETTA
Son io, Elisetta.
(va a battere alla porta di Geronimo)
Aprite! deh! aprite,
sortite, signore.

GERONIMO
(di dentro)
Chi picchia sì forte?
Chi fa tal rumore?

ELISETTA
Venite qua fuori,
si tratta d'onor.

(Sortono Fidalma e Geronimo con lume in mano)

FIDALMA
Che cosa è accaduto?

GERONIMO
Che cosa è mai nato?

FIDALMA
Io sono tremante.

GERONIMO
Io son sconcertato.

ELISETTA
Il Conte sta chiuso
con mia sorellina;
Si faccia rovina
di quel traditor.

GERONIMO, FIDALMA, ELISETTA
(gridando alla porta di Carolina)
Conte perfido, malnato,
Conte indegno, scellerato:
fuori, fuori vi vogliamo,
che scoperto siete già.

CONTE
(uscendo dalla sua stanza)
Qui dal Conte che si vuole?
Che indegnissime parole?
Ecco il Conte, eccolo qua.

I TRE SUDDETTI
Quale sbaglio, qual errore...
Perdonate, mio signore,
Qui un equivoco ci sta.

CONTE
Ubriachi voi sarete.

GERONIMO, FIDALMA
Io no certo: sarà lei.
(additando Elisetta)

ELISETTA
No, signor, lo giurerei:
qualcun altro vi starà.

CONTE, GERONIMO, FIDALMA
Stando in piedi, questa sogna:
ma confonderla bisogna
e rossor ne proverà.



c) "Carolina, fuori, fuori"

La precedente sezione si collega a questa mediante un percorso tonale caratterizzato da un breve ritorno al Do maggiore, cui fa seguito una transizione al Do minore, che esprime una crescente concitazione in corrispondenza della quale Carolina viene invocata a gran voce.
L'uscita di Carolina accompagnata da Paolino sbalordisce tutti. È un colpo di scena musicalmente affascinante in quanto segnalato con un significativo cambiamento di tonalità: si passa al Mi bemolle maggiore. Anche se è un concetto non immediatamente percepibile a chi non abbia rudimenti musicali, tengo comunque a precisare che si tratta di una tonalità lontana rispetto a quella in cui il finale è impostato (Do maggiore). Il che intende esprimere un netto distacco tra la situazione dei due giovani e del resto dei personaggi in questa parte del finale.
Ai due giovani non resta che farsi avanti ed implorare pietà ("Ah! Signore, ai vostri piedi / a implorar veniam pietà"). Alla incalzante richiesta di più chiare spiegazioni, la verità è finalmente svelata: "Vi supplichiamo di compatire / che, d'amor presi, – son già due mesi, / il matrimonio fra noi seguì". Dopo una breve alternanza di domanda e conferma ("Il matrimonio? / Signorì, sì"), Geronimo sbotta dando forse il peggio di sè: appella gli sventurati sposi come "disgraziati", invoca il tradimento, afferma di non provare alcuna pietà per la loro situazione; ancora, ricusa se stesso come padre e si proclama nemico della giovane coppia, che è deciso a cacciare via senza esitazione ("Io vi discaccio, vi maledico: / raminghi andate lontan da me"). A nulla sembrano valere considerazioni ovvie come quella per cui "rimedio al fatto più già non c'è".

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GERONIMO, FIDALMA, ELISETTA
Carolina, fuori, fuori...
Anche questa si vedrà.

CAROLINA, PAOLINO
Ah! Signore, ai vostri piedi
a implorar veniam pietà.

CONTE
(Oh che vedo! resto estatico.)

GERONIMO, ELISETTA
Quest'è un'altra novità.

FIDALMA, GERONIMO
Cosa s'intende?

FIDALMA
Cosa vuol dire?

CAROLINA, PAOLINO
Vi supplichiamo di compatire,
chè, d'amor presi, – son già due mesi,
il matrimonio fra noi seguì.

GERONIMO, FIDALMA
Il matrimonio!

CAROLINA, PAOLINO
Ah, signor sì.

GERONIMO
Ah, disgraziati! qual tradimento!
Andate, o tristi; pietà non sento:
Più non son padre: vi son nemico:
Io vi discaccio, vi maledico:
Raminghi andate lontan da me.

CAROLINA, PAOLINO
Pietà, perdono: colpa è d'amore.

FIDALMA
Pietà non s'abbia d'un traditore.

CONTE, ELISETTA
Deh! vi calmate: deh! vi placate:
rimedio al fatto più già non c'è.

FIDALMA
Sian discacciati, sian castigati:
azion sì nera punir si de'.



d) "Ascoltate un uom di mondo"

L'ultima sezione del Finale si apre con l'intervento del Conte. Deciso a salvare la situazione, ritiene di ottenere maggior attenzione da Geronimo poiché, come egli stesso si definisce, egli è "un uom di mondo" in grado per questo di cogliere l'opportunità di chiudere positivamente la vicenda. A suo giudizio, infatti, non già le urla, ma solo prudenza e buon senso possono sistemare la situazione. Ne segue una dichiarazione che lascerà esterrefatti: il nobile esterna platealmente il suo amore per Carolina, con lo scopo non di complicare la situazione, ma anzi di allentarne la tensione. Egli si dimostra pronto a pagare il prezzo dell'amore che prova: si offre di sposare Elisetta in cambio del perdono di Geronimo. Ad alcuni potrebbe apparire un sacrificio estremo, ad altri una forzatura per favorire il proverbiale lieto fine imposto dalle convenzioni dell'epoca per questo tipo di opera. Qualunque sia la conclusione che se ne può trarre, non sorprenderà sapere che le dichiarazioni del Conte sono rese nella tonalità di Mi bemolle maggiore, la stessa che poco prima ha accompagnato lo stupore dei presenti una volta appresa la verità sul "matrimonio segreto".
A questo punto si assiste ad un graduale mutamento di indirizzo degli altri personaggi. La prima è Elisetta, che, una volta saputo che otterrà ciò che vuole, non ha interesse a che la cosa continui: "m'interesso anch'io signore; / deh! lasciatevi placar".
Geronimo non è ancora convinto. Consulta più volte la sorella, però sembra ancora irremovibile. Qui si scorge per l'ultima volta il carattere comico del personaggio: dopo aver sentenziato di essere "offeso" e "sdegnato", assistiamo ad un repentino cambio di opinione ("ma vi voglio perdonar").
È questo il momento decisivo della catarsi dell'opera, poiché tutte le tensioni accumulate nel corso della giornata all'improvviso svaniscono, esattamente come la neve al sole. Ciò che resta è una generale manifestazione di giubilo acclamata da tutte e sei le voci. La stessa tonalità di Do maggiore che aveva aperto il Finale e che in quella occasione evidenziava cautela e circospezione, adesso si trasforma in un tripudio di felicità, sulla scia del quale l'opera si chiude.
Si suole dire che tutto è bene quel che finisce bene. Qui è proprio così.

Clicca qui per il testo.

CONTE
Ascoltate un uom di mondo!
Qui il gridar non fa alcun frutto,
ma prudenza vuol che tutto
anzi s'abbia d'aggiustar.
Il mio amor per Carolina
m'interessa a suo favore:
perdonate a lor di core,
ch'io Elisetta vo' sposar.

ELISETTA
M'interesso anch'io, signore;
Deh! lasciatevi placar.

GERONIMO
(a Fidalma)
Voi che dite?

FIDALMA
Voi che fate?

PAOLINO, CAROLINA, ELISETTA
(tutti ginocchioni)
Perdonate, perdonate.

CONTE
Già che il caso è disperato,
ci dobbiamo contentar.

GERONIMO
Bricconacci... furfantacci...
Son offeso... son sdegnato...
Ma vi voglio perdonar.

PAOLINO, CAROLINA, CONTE, ELISETTA
Che trasporto d'allegrezza!
Che contento, che dolcezza!
Io mi sento giubilar.

TUTTI
Oh che gioia! oh che piacere!
Già contenti tutti siamo!
Queste nozze noi vogliamo
con gran festa celebrar.
Che si chiamino i parenti,
che s'invitino gli amici,
che vi siano gli stromenti,
che si suoni, che si canti;
Tutti quanti han da brillar!




Paolo Barbacini (Paolino), Antonella Bandelli (Carolina), Valeria Baiano (Elisetta),
Carmen Gonzales (Fidalma), Enrico Fissore (Geronimo), Roberto Coviello (Conte)



Vito Lassandro (Paolino), Edda Vincenzi (Carolina), Irene Calaway (Elisetta),
Giuseppina Salvi (Fidalma), Sesto Bruscantini (Geronimo), Franco Calabrese (Conte)



Ryland Davies, Arleen Augér, Julia Varady, Julia Hamari, Dietrich Fisher-Dieskau, Alberto Rinaldi

Giampaolo Franconi, Patrizia Cigna, Paola Cigna, Monica Minarelli, Paolo Pecchioli, Michele Pierleoni

14 dicembre 2019

18. Duetto: "Il parlar di Carolina"

Scritto da Daniele Ciccolo

L'ultimo tassello prima dell'epilogo finale prevede che vengano concretizzate le intenzioni manifestate in precedenza. È per questo motivo che Geronimo incarica Paolino di inviare nelle prime ore mattutine una lettera indirizzata alla "Madama Intendente" del ritiro in cui ha intenzione di spedire Carolina e, contestualmente, di predisporre una carrozza pronta alla partenza. Paolino si dichiara disposto ad eseguire gli ordini ricevuti, ma, una volta che Geronimo è uscito di scena, capisce che non c'è più tempo da perdere e che occorre dar seguito alla fuga che all'inizio dell'atto aveva pianificato con Carolina (mi riferisco all'aria "Pria che spunti in ciel l'aurora"): per tale motivo si reca nella sua stanza.


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

(Sala, tavolino con lumi accesi; Geronimo e Paolino.)

GERONIMO
Venite qua, Paolino. Questa lettera
spedite per espresso
a Madama Intendente del ritiro
che vedete qui scritto, acciò le arrivi
domani di buon'ora.
Sia cura vostra ancora,
prima di andar a letto
d'avvertire la posta, acciò non manchi
di qui mandarmi all'alba
quattro buoni cavalli... Eh? cosa dite?

PAOLINO
Io non parlo, signor.

GERONIMO
Bene, eseguite,
io mi ritiro adesso. Andate pure.
Stanco oggi son di tante seccature.
(prende un lume ed entra nella sua stanza)

PAOLINO
(solo)
E a risolversi adesso
ad una pronta fuga,
forse ancor tarderà la sposa mia?
Forse ancora potria
in queste circostanze
lusingarsi, e sperar favore, o aiuto?
Da chi? come? in qual modo? ... Io son perduto!
No, no, risolverà. Per affrettarnela,
vado nella sua stanza.
Non v'è più tempo: più non v'è speranza.
(prende un lume, ed entra nella stanza di Carolina)



L'ultima aria che precede il finale del'opera vede nuovamente il Conte in scena. Il brano si mostra costituito da tre parti. Nella prima, il Conte chiarisce a se stesso che le parole di Carolina hanno fatto breccia nel suo cuore ed egli si chiede quale potrebbe essere il segreto che la donna nasconde e che le causa tanto turbamento: se lo sapesse farebbe di tutto per trarla in salvo "dal domestico livor". La vicinanza del Conte è, ancora una volta, espressa dalla musica oltre che dalle parole. A tale riguardo, è interessante notare che la musica pensata da Cimarosa in corrispondenza delle parole "per sì amabile ragazza / io non so quel che farei " è melodicamente molto vicina ad una sezione della precedente aria di Carolina che abbiamo ascoltato nel primo atto, cioè "Perdonate signor mio" (in particolare, quando la donna pronuncia le parole "io meschina vo alla buona, / io cammino alla carlona"). Di questa prima parte dell'aria fa parte anche l'intervento "a parte" di Elisetta, che manifesta a se stessa preoccupazione per il fatto di ritrovare il Conte ancora in giro per la casa, piuttosto che nella sua stanza, soprattutto in considerazione dell'approssimarsi della notte. La parte si conclude con l'affermazione da parte del Conte del desiderio di andare a trovare Carolina direttamente nella sua stanza.

La seconda sezione dell'aria vede un confronto diretto tra Elisetta e il Conte. La donna chiede spiegazioni del suo trovarsi in giro a quell'ora, ma il Conte la liquida rapidamente concludendo che "tempo è già di riposar", cui consegue un reciproco scambio della buona notte.

La terza ed ultima parte vede le due voci esprimere le rispettive considerazioni: se da un lato è vero che si sovrappongono melodicamente, dall'altro lato non si può non notare che ciò avviene mediante interventi verbalmente tra loro scollegati, a indicare sia la non avvenuta conciliazione che la diffidenza reciproca ancora persistente.

Clicca qui per il testo del brano.

CONTE
Il parlar di Carolina
penetrato m'è nel seno;
Ah, saper potessi almeno
il segreto del suo cor!
Per sì amabile ragazza
io non so quel che farei;
E salvarla ben vorrei
dal domestico livor.

ELISETTA
(Ritirato io lo credeva
e lo trovo or qui vagante.
Un sospetto stravagante
mi fa nascere nel sen.)

CONTE
(A trovarla me ne andrei,
se credessi di far ben.)

ELISETTA
Signor Conte, serva a lei.
Che vuol dir che qui la trovo?

CONTE
Vuol dir questo, ch'io mi movo.

ELISETTA
Che stia solo non convien.

CONTE
Grazie, grazie, mia signora:
vada pur, ch'io vado ancora;
tempo è già di riposar.
(ciascuno si prende un lume)

ELISETTA
Buona notte, signor Conte.

CONTE
Dorma bene, Madamina.

ELISETTA
(Finchè venga la mattina
in sospetto devo star.)

CONTE
(Questa furba sopraffina,
non vo' farla sospettar.)

(Si ritirano nelle loro stanze; la scena resta oscura.)




Roberto Coviello, Valeria Baiano



Claudio Nicolai, Barbara Daniels

Alberto Rinaldi, Julia Varady

10 dicembre 2019

17. Aria: "Se son vendicata"

Scritto da Daniele Ciccolo

Il quintetto con cui si è concluso il post precedente ha segnato un momento di concitazione che è il momento di stemperare. Per questo motivo, usciti di scena il Conte, Geronimo e Carolina, Elisetta si sente a suo agio nel comunicare alla zia che sì, Carolina è invaghita del "suo" Conte, ma visto che ha ottenuto di allontanare la sorella, non ha che da tirare un sospiro di sollievo: "ma non ci penso più: sarà finita".


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

ELISETTA
Sarete or persuasa,
ch'è il Conte e non Paolino
quel di cui è invaghita?
Ma non ci penso più: sarà finita.

FIDALMA
Ed io credo benissimo
che sia una civettina:
o che piuttosto una di quelle sia
che s'innamoran sol per debolezza
di ciascun che le guarda e le accarezza.



L'aria successiva costituisce la rappresentazione musicale del sentimento di quella vittoria che Elisetta crede di aver conseguito sulla sorella. Da un punto di vista drammaturgico, quest'aria intenderebbe bilanciare il primato occupato da Carolina nella scena precedente.
Come è possibile constatare dal testo del brano qui sotto riportato, ci troviamo dinanzi a due quartine di senari, cui corrispondono due sezioni musicali, un allegro maestoso seguito da un andantino vivace. Da notare il trattamento frizzante della voce, che qui si confronta con un'invenzione melodica di difficile esecuzione.
Il testo dell'aria ribadisce che l'allontanamento di Carolina costituisce per Elisetta la giusta vendetta che può renderla contenta, giungendo persino a perdonare il Conte per le sue inclinazioni di infedeltà. Elisetta si manifesta consapevole che "se tolto è l'oggetto / che il cor gl'incatena" il nobile avrà mente e cuore liberi per farla sua sposa. Ma se ascoltiamo la resa musicale del testo con attenzione potremo avere un'idea più precisa sui profili caratteriali che il personaggio presenta. In particolare, vorrei attirare l'attenzione dei lettori sulle parole più frequentemente pronunciate da Elisetta: l'una è "infedeltà", l'altra è l'espressione "la man mi darà". Queste reiterazioni rivelano un universo semantico alquanto povero, nel quale la donna è disposta a perdonare i poco convenienti comportamenti del nobile promesso sposo - la sua infedeltà appunto - e a non considerare altro che il suo obiettivo: quello di sposare il proverbiale "buon partito". Il suo interesse è pertanto puramente egoistico, in quanto concentrato solo sul "matrimonio nobile" che per lei rappresenta un esclusivo mezzo di affermazione sociale. Questi tratti possono essere tali da affermare che Elisetta è davvero "figlia di suo padre", dal quale ha ereditato l'inclinazione tipicamente commerciale al calcolo utilitaristico.
L'ultimo rilievo che voglio fare è il seguente. Nella prima metà del brano, una ripetizione della parola "infedeltà" si presta per l'inserzione di una cadenza lunga e di non facile interpretazione, che da sola vale comunque l'ascolto dell'intera aria.

Clicca qui per il testo del brano.

ELISETTA
Se son vendicata,
contenta già sono.
Al Conte perdono
la sua infedeltà.
Se tolto è l'oggetto
che il cor gl'incatena,
con faccia serena
la man mi darà.




Valeria Baiano



Julia Varady

Efrat Ben-Nun

6 dicembre 2019

16. Quintetto: "Deh, lasciate ch'io respiri"

Scritto da Daniele Ciccolo

1) Recitativo (Geronimo, Carolina)

Lasciato solo, Geronimo, ancora stordito dalle voci femminili dell'aria precedente, cerca di razionalizzare la situazione. Non ha ancora compreso, infatti, il vero motivo per cui Elisetta e Fidalma vogliano mandare in un ritiro Carolina, quando anzi il suo interesse economico, cioè il risparmio che il Conte gli ha proposto all'inizio di questo secondo atto, gli suggerirebbe diversamente.
Ma, ancora una volta, sono ragioni prettamente egoistiche a guidare le scelte del vecchio mercante. Infatti, se Fidalma, come ha minacciato in precedenza, togliesse i suoi capitali dall'impresa del fratello, sarebbe un bel problema, una "scossa ch'oggi io non so se sostener la possa".

La decisione che ne consegue è scontata: "Dunque anderà in un ritiro".

Mentre Geronimo comincia a riflettere su un possibile modo per comunicare la notizia alla figlia, ecco che Carolina entra in scena. È turbata, agitata, ma vuole avere l'opportunità di spiegare al padre la sua difficile situazione.

Il padre non è tenero con lei: le intima di "ubbidire al genitore" e, infine, le comunica la notizia: dovrà andare in un ritiro, in convento. A nulla valgono le obiezioni della donna, tra cui il fatto che "fuor di tempo è un ritiro per me". Geronimo non ha, né può avere, argomenti convincenti da proporre, quindi, prima di uscire di scena, si impone d'autorità: "Signora fraschettina, / nel ritiro anderai doman mattina".

Clicca qui per il testo del recitativo.

GERONIMO
(solo)
In un ritiro! E perché in un ritiro
la devo far passar? Se l'interesse
anzi vuol ch'io permetta
che il Conte se la sposi?
No. Piano. E mia sorella,
se sdegnata perciò dal mio negozio
leva i suoi capitali? Ella è una scossa,
ch'oggi io non so se sostener la possa...
Dunque anderà in ritiro.
Pensiamo or dunque in qual miglior maniera
devo darle la nuova innanzi sera.

CAROLINA
(in disparte) Son risoluta io stessa
di vincer il rossor. Io sudo... io gelo...
Ma farlo, oh Dio! convien... M'aiuta, o cielo!
Ah, signore! A' pie' vostri ecco una figlia...

GERONIMO
Che cos'hai? Cosa c'è? Cos'è accaduto?
Alzati, e parla in piedi...

CAROLINA
Ah! no, signore...

GERONIMO
Alzati, ed ubbidisci al genitore.
Io però ti prevengo
In quello che vuoi dirmi.
Tua sorella e tua zia t'hanno già detto,
che devi in un ritiro
passar doman mattina; e tu ten vieni
tremante e sbigottita,
quasi ci avessi da restar in vita.

CAROLINA
Io in un ritiro? Ah! mio signor...

GERONIMO
Tu devi
far la mia volontà.

CAROLINA
Fuori di tempo
è un ritiro per me...

GERONIMO
Soli due mesi,
ci starai e non più.

CAROLINA
Deh! padre mio,
altro è quel che mi affanna...

GERONIMO
Il mio interesse
lo vuole, e la mia pace...

CAROLINA
Ah! permettete
che a' vostri pie' mi getti e che implorando
la pietade paterna...

GERONIMO
Orsù, mi secchi.
Signora fraschettina,
nel ritiro anderai doman mattina.
(parte)



2) Recitativo accompagnato (Carolina sola)

Rimasta sola, Carolina non può far altro che sfogare tutta la sua frustrazione e i suoi sentimenti negativi a se stessa e, ovviamente, al pubblico. È, questo, un momento drammaturgico di grande intensità. La forma che qui Cimarosa utilizza è quella del recitativo accompagnato, dove qui l'accompagnamento è dato dall'utilizzo dell'intera orchestra. Quando il recitativo è accompagnato, gli strumenti utilizzati servono a dar maggior rilievo emozionale alle parole; ma, non essendo un'aria, cioè un brano con voci e strumenti di più ampio respiro, il recitativo accompagnato ha durata generalmente limitata.
Mentre da un lato Carolina invoca il cielo per ritrovare un po' di speranza, nel suo intimo si sente sconfitta, abbandonata, disperata.

Clicca qui per il testo del recitativo accompagnato.

CAROLINA
E possono mai nascere
contrattempi peggiori!
Il padre mio sedotto,
mia sorella e mia zia con me alterate,
tutti in orgasmo. E come mai poss'io
svelar in tai momenti il fallo mio!

Come tacerlo poi, se in un ritiro
ad entrar son costretta!
Misera, in qual contrasto
di pensieri mi trovo; io son smarrita.
Cielo! deh! tu m'addita
il consiglio miglior; qualche speranza
rendi al cor mio; ma il core, oh Dio! mi dice:
Carolina infelice,
pietà di te non sente il ciel tiranno.
Ah! disperata io vo a morir d'affanno!



Antonella Bandelli

Edda Vincenzi


3) Recitativo (Conte, Carolina)

Rientra in scena il Conte. Coglie Carolina turbata e le chiede spiegazioni. Lei sembra volere raccontare al Conte la sua situazione, ma non ne è del tutto convinta. L'uomo, che le dichiara apertamente il suo amore, ne deduce che ci sia un rivale arrivato prima di lui.
Carolina, a questo punto, decide di far leva su questo sentimento per fare del Conte un alleato, dicendogli, press'a poco: se mi amate davvero potete, con una vostra azione eroica, procurarmi consolazione, io che vivo in una situazione del genere? La risposta del Conte è positiva, perché il suo amore è così forte che "d'ogni più bella azion sarà capace": chiede, quindi, alla donna di svelargli l'arcano.
Proprio in questo momento rientrano in scena gli altri personaggi, Elisetta, Fidalma, Geronimo. Leggono la situazione secondo il più banale degli equivoci: pensano sia la prova del tradimento di entrambi verso la famiglia: "colti vi abbiam sul fatto". Ciò finisce per convincere Geronimo della necessità che Carolina vada senza indugio in un ritiro. Naturalmente, a nulla servono le spiegazioni che entrambi cercano di dare. La situazione è in stallo: c'è imbarazzo, tensione, ira, mentre una conclusione positiva della vicenda sembra lontana dal realizzarsi.

Clicca qui per il testo del recitativo.

CONTE
Dove? dove, mia cara,
con tanta agitazione? Ohimè! parlate.
Che avete? che chiedete? Io son per voi
col cor, col sangue, colla vita istessa;
più di voi nulla al mondo or m'interessa,

CAROLINA
Ah, potessi parlar!

CONTE
Chi vi trattiene?

CAROLINA
Mi trattiene il decoro,
e quella diffidenza
che deggio aver nel caso mio importante:
d'uno che già mi si è scoperto amante.

CONTE
Diffidar d'un che v'ama!
Oh, questo caso esser non può che quello
di scoprirgli un rival. Ma udite, o cara:
un uom di mondo io sono:
s'egli è prima di me, ve lo perdono.
D'esser tardi arrivato incolperò
la sorte mia rubella.

CAROLINA
E dareste la mano a mia sorella?

CONTE
Questo poi no.

CAROLINA
Sposata pur l'avreste
senza contraddizion, s'io più di lei,
per un gioco del caso, in quel momento,
non vi fossi piaciuta?

CONTE
Sì, è ver; ma mi piaceste, ed il cor mio
or non vorria che voi.

CAROLINA
Ma però tutto quello che il cor vorrebbe
non è sempre possibil.

CONTE
Ve l'accordo anche questo.

CAROLINA
Dunque se l'ottenermi
impossibile fosse, ah! signor mio,
perché coltivereste un tal desio?
Perché, se voi m'amaste,
mi vorreste infelice,
quando potreste invece
rendermi voi con un'eroica azione
oggi la vita e la consolazione?

CONTE
In orgasmo mi mette
questo vostro parlar, che par d'incanto.
Però non mi confondo;
sì, v'amo; e questo amor, se a voi ciò piace,
d'ogni più bella azion sarà capace.

CAROLINA
Giuratemelo, Conte.

CONTE
Io ve lo giuro
(In questo compariscono Elisetta, Fidalma ed il signor Geronimo, che osservano)
Sull'onor mio, su questa bella mano,
ch'io vo' baciar. Sentiamo ora l'arcano.

ELISETTA
Côlti vi abbiam.

FIDALMA
Côlti vi abbiam sul fatto.

ELISETTA
(a Geronimo)
Vedete la sguaiata?

FIDALMA
Vedete la fraschetta?
Tutti gli uomini alletta;
e la mano si lascia
baciar da ognun che amore a lei protesta.

GERONIMO
Ora da dubitar più non mi resta.

CAROLINA
Ma signor...

GERONIMO
Taci là.

CONTE
Ma non sapete...

ELISETTA
Tacete voi, che ben vi sta.

FIDALMA
Tacete.

GERONIMO
Domani nel ritiro. E voi, signore,
o doman sposerete
quella cui prometteste, o dell'affronto
noi la vedrem se mi farò dar conto.

CONTE
Ma se...

GERONIMO
Non vi do ascolto.

CAROLINA
Ma io...

ELISETTA
Voi in un ritiro.

FIDALMA
In un ritiro.

CAROLINA
(Ah, ch'io pazza divento! Io già deliro.)



4) Quintetto (Carolina, Conte, Fidalma, Elisetta, Geronimo)

La stasi che paralizza la vicenda fornisce a Cimarosa il pretesto per scrivere un quintetto molto interessante. Ciò che è possibile ricavare è il carattere non paritario delle voci per quello che riguarda il loro trattamento musicale. Carolina è l'unica protagonista della prima parte del brano, in cui gli interventi delle altre voci sono alquanto limitati. Questa sezione, che in partitura è un Andante con moto, è caratterizzata dalla più sincera e commovente dichiarazione di innocenza di Carolina: di particolare rilevanza, a mio avviso, è il clarinetto che ne evidenzia più volte il tono malinconico, quasi rassegnato. La voce del Conte tenta inizialmente di difendere Carolina, ma poi si estranea musicalmente quando egli finisce per proclamare "Io divengo fuoribondo / s'anche un poco resto qua". Un terzo blocco è costituito dalle voci di Geronimo, Elisetta e Fidalma, che oppongono una ferma resistenza. Inizialmente Carolina cerca di prendere tempo, chiedendo tre giorni per avere l'opportunità di discolparsi. Ma, in un crescendo di drammaticità, il rifiuto è netto: in corrispondenza del cambio di indicazione agogica (si passa all'Allegro giusto), le tre voci si inseriscono prima separatamente a mo' di falso canone, per poi allearsi musicalmente nel proclama "il ritiro è preparato. / Se cadesse ancora il mondo / deve andarci e ci anderà". A Carolina non resta che sfogare la sua frustrazione, non curante di contribuire a rinvigorire l'alterco familiare. Non ha infatti alcun timore a definire i suoi familiari chiamandoli "cani", poiché non solo non hanno compreso la situazione, ma si ostinano a non volerla comprendere, rimanendo fermi nelle loro posizioni.

Concludo sottolineando che la struttura generale dei quattro episodi appena analizzati sembra essere stata concepita per esaltare il clima drammatico della situazione di impasse. Prova ne è la constatazione per cui al posto di avere l'usuale alternanza tra recitativo e brano qui si ha: un recitativo, un recitativo accompagnato, un altro recitativo e infine il quintetto. La sostituzione dell'aria con il recitativo accompagnato ha, quindi, un duplice scopo: rimarcare la posizione di primato di Carolina, il che giova ad esprimere tutta la sua liricità; accrescere la tensione in vista del successivo quintetto.

*Nota: una breve annotazione per chiarire un punto. Il libretto originario è molto lungo, motivo per cui alcune produzioni scelgono di effettuare dei tagli nei testi sia dei recitativi che dei brani. Poiché queste scelte sono discrezionali, può accadere, come si può notare ad esempio in questo quintetto, che tra il testo del libretto postato (originale) e quanto si può vedere e sentire dai video postati ci siano delle discrepanze dovute alle parti che si è scelto di tagliare.

Clicca qui per il testo del brano.

CAROLINA
Deh! lasciate ch'io respiri,
disgraziata, meschinella.
Io rival di mia sorella?
No, non sono, il ciel lo sa.
Incolpata sono a torto;
Deh! parlate voi, signore,
sincerate il genitore,
che a voi più si crederà.

CONTE
Quest'amabile ragazza...

FIDALMA ED ELISETTA
È un'astuta, una sguaiata.
Siete parte interessata.

GERONIMO
Nel ritiro andar dovrà.

CAROLINA
Sol tre giorni alla partenza
io vi chiedo per pietà.
Palesar la mia innocenza
qualche cosa vi potrà.

FIDALMA, ELISETTA, GERONIMO
No, il ritiro è preparato / destinato.
Se cadesse ancora il mondo
deve andarci e ci anderà.

CONTE
Io divengo furibondo
s'anche un poco resto qua.

CAROLINA
Ma voi siete tanti cani,
senza amor, né carità.
Ah, mi perdo, mi confondo,
il cervel da me sen va.
(Carolina, il Conte e Geronimo partono)




Antonella Bandelli (Carolina), Roberto Coviello (Conte Robinson), Carmen Gonzales (Fidalma),
Valeria Baiano (Elisetta), Enrico Fissore (Geronimo)



Georgine Resick, Claudio Nicolai, Marta Szirmay, Barbara Daniels, Carlos Feller

Arleen Augér, Alberto Rinaldi, Julia Hamari,
Julia Varady, Dietrich Fisher-Dieskau

2 dicembre 2019

15. Terzetto: "Cosa farete? Via, su, parlate"

Scritto da Daniele Ciccolo

Il secondo atto si è aperto con un accordo tra Geronimo e il Conte Robinson: il primo avrebbe acconsentito a dare in sposa al secondo Carolina al posto di Elisetta, ma in cambio Robinson si sarebbe impegnato ad accettare soltanto metà della dote inizialmente pattuita. Ma c'è di più: come ricorderete, infatti, Geronimo ha posto un'altra condizione, dicendo "ma col patto ch'Elisetta / ancor essa accorderà". Così, nell'aria precedente abbiamo assistito al tentativo del Conte di far desistere Elisetta dalle sue pretese, snocciolando una lista di suoi difetti (veri o presunti) in un climax ascendente di gravità. Uscito di scena, possiamo ben comprendere come lo stato d'animo di Elisetta sia di forte shock. Non è un caso che Fidalma si sia accorta del fatto che la nipote è "ben turbata".

Nel nuovo recitativo vediamo palesato un rapporto tra i personaggi che abbiamo già imparato a conoscere musicalmente. In un terzetto del primo atto, infatti, eravamo giunti alla conclusione che Cimarosa era riuscito a mostrarci il legame di solidarietà tra Fidalma ed Elisetta ben prima del libretto. Eccone la prova: solo adesso, ad oltre metà del secondo atto e ad un passo dall'epilogo, il libretto ci mostra una forte comunione d'intenti tra le due donne. Entrambe, infatti, convengono che la causa dei propri problemi sia Carolina. Dal punto di vista di Elisetta, Carolina "fomenta la passione del Conte", impedendogli di onorare l'impegno preso nei suoi confronti; dal punto di vista di Fidalma, invece, Carolina appare come innamorata di Paolino: qui, fra l'altro, Fidalma è costretta a mettere le carte in tavola e a svelare l'oggetto del suo desiderio amoroso, cioè Paolino, sebbene questa informazione ci fosse già nota.

Che fare dunque? Come "sbarazzarsi" di una persona che sembra ostacolare i progetti delle due donne? Ecco l'ingegno femminile all'opera: basta che vada temporaneamente in un ritiro, in un convento, "acciò non ci disturbi".  Solo quando "acchetati che sian tutti i rumori / allora poi, sì, allor tornerà fuori".

Ma bisogna pur sempre convincere Geronimo, che rientra in scena. Il vecchio mercante, forse pensando che il Conte sia riuscito a disimpegnarsi con Elisetta, chiede a quest'ultima se si è convinta a rinunciare al matrimonio, non nascondendo che si sarebbe trattato di un "baratto vantaggiosissimo".
La figlia risponde negativamente, quindi Geronimo non può far altro che cercare l'appoggio della sorella Fidalma che, perentoria, risponde: "anzi dico di no". Ed ecco che propone la soluzione appena concordata con la nipote: bisogna "far sparire" Carolina, "mandarla in un ritiro". E se Geronimo dovesse anche solo pensare di opporsi, ecco il ricatto: "Voi mi farete / de' capitali miei restituzione, / e così finiremo ogni questione". Da questo particolare intuiamo che la fortunata attività commerciale di Geronimo ha potuto avere inizio grazie all'apporto finanziario della sorella, che si era già presentata nel primo atto come "ricca pel primo marito".

Il recitativo si conclude con la promessa di Geronimo, ormai rassegnato: "Farò quanto conviene".


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

FIDALMA
Elisetta mia cara,
vi trovo ben turbata.

ELISETTA
Se dagli occhi del Conte
non si toglie ad un tratto Carolina,
qui nasce una rovina.
Convien togliergli affatto ogni speranza
di poterla sposar.

FIDALMA
Dite benissimo;
Ma se voi la credete
vaghita del Conte, io poi vi dico
che forse forse con ragion fondata
la credo di Paolino innamorata.

ELISETTA
Di quello non mi curo.

FIDALMA
Me ne curo ben io; nè più mi sento
di tenerlo celato.

ELISETTA
Dunque, facciam che debba
passar in un ritiro,
acciò non ci disturbi.

FIDALMA
Ottimamente.
Quest'è il pensier che anch'io volgeva in mente.
Lasciate fare a me; la fraschettina
mandata vi sarà doman mattina.

GERONIMO
Ebben? Sei persuasa
di rinunziare a questo matrimonio?

ELISETTA
Non sarà vero mai ch'io vi rinunzi,
perchè poi mia sorella
debba sposar il Conte.

GERONIMO
Si può fare un baratto
per te vantaggiosissimo.

FIDALMA
Non si fanno baratti.
Anzi, mi meraviglio
che un uomo come voi, prudente e saggio,
proponga adesso un altro maritaggio.

GERONIMO
Sì, un altro maritaggio. Ecco, tua zia
è della mia opinione.

FIDALMA
Anzi, dico di no. Si deve togliere
la causa del disordine.
Carolina fomenta
la passione del Conte; onde si deve
farla sparir, mandarla in un ritiro;
e acchetati che sian tutti i rumori,
allora poi, sì, allor tornerà fuori.

ELISETTA
Avete ben capito?

GERONIMO
Sì, sì: parlate pure.

FIDALMA
E se questo non fate, il mio decoro
non vuol che in questa casa
io me ne resti più. Voi mi farete
de' capitali miei restituzione,
e così finiremo ogni questione.

ELISETTA
Avete inteso bene?

GERONIMO
Sordo non son. Farò quanto conviene.



Il breve terzetto che segue è un piccolo gioiello in termini sia musicali che drammaturgici. Mi limito a segnalare pochi elementi, che possono trovare un più immediato riscontro nell'ascolto successivo.

– Anzitutto, questo brano amplifica l'alleanza tra le due donne, ormai coalizzate contro Geronimo: la sovrapposizione musicale delle voci di zia e nipote è ormai evidente e ben riconoscibile.
– La tonalità d'impianto prescelta (il Do maggiore), il ritmo, i versi del libretto metricamente corti nonché la felice invenzione melodica rendono il brano fresco e frizzante, al punto che è possibile ascoltarlo molte volte di fila senza annoiarsi.
– Da notare come all'incalzare delle frasi delle due donne si innalza progressivamente l'altezza melodica delle frasi.
– Il potere che le donne hanno assunto in questa scena è, in qualche modo, equilibrato dagli interventi di Geronimo, che sente, al posto delle voci femminili, strilli e timpani: le prime hanno una richiesta seria da fare, il secondo lamenta la solita debolezza d'udito; questo contrasto crea comicità.
– Infine, le frasi femminili sono trattate con l'utilizzo di diversi espedienti musicali e sono sempre più incalzanti ed insistenti: ciò risponde a una precisa logica, cioè quella di "far passare il messaggio" al povero vecchio, un po' come succede con le pubblicità televisive, in cui un determinato messaggio ci viene proposto in maniera martellante. In particolare, nella parte culminante del brano vengono ripetute e quasi esasperate le parole-chiave: "In un ritiro, la Carolina... mandar dovete doman mattina... la Carolina, la Carolina... in un ritiro, in un ritiro".

A Geronimo non resta quindi che invocare il silenzio e arrendersi, anche musicalmente, unendo la sua voce al duo zia-nipote. La resa non è motivata da reale convinzione, visto che più volte il povero mercante confessa di non aver capito nulla, ma è il risultato dell'insofferenza per le insistenze delle due donne.


Clicca qui per il testo del brano.

FIDALMA
Cosa farete?
Via, su, parlate.

ELISETTA
Via, risolvete.
Via, non tardate.

FIDALMA ED ELISETTA
Presto, anzi sùbito
si deve far.

GERONIMO
Ma non strillate
tutte due unite;
sento che il timpano
voi mi ferite.
Parlate piano,
senza gridar.

FIDALMA ED ELISETTA
Diremo dunque,
diremo piano,
che in un ritiro
di qua lontano,
per metter ordine
al gran disordine
la Carolina
si dee mandar.
Voi ci sentite?

GERONIMO
Che cosa dite?

FIDALMA ED ELISETTA
Abbiam parlato,
vi abbiamo detto...

GERONIMO
Sia maledetto
questo strillar!

ELISETTA
In un ritiro – la Carolina...

GERONIMO
Già l'ho capito, – cara signora...

FIDALMA
Mandar dovete – doman mattina...

GERONIMO
Già l'ho capito – ch'è un quarto d'ora.
Senza far chiasso,
senza fracasso
si può ben dire,
si può parlar.

ELISETTA E FIDALMA
Oh, che fracasso
di Satanasso!
Tutta la casa
farà tremar.

(Elisetta e Fidalma partono)





Enrico Fissore, Valeria Baiano, Carmen Gonzales



Carlo Torriani, Margherita Pieri, Evgenija Rakowa



Dietrich Fischer-Dieskau, Julia Varady, Julia Hamari

Allan Rizzetti, Paola Cacciatori, Caterina Rufo

1 dicembre 2019

Il matrimonio segreto - La conclusione

Scritto da Christian

Cari amici, da domani riprenderemo (per portarla a termine) la trattazione dell'opera "Il matrimonio segreto" di Cimarosa, che era rimasta ferma da un po' di tempo. Come vedete, non ce ne siamo dimenticati.
Buona lettura a tutti con gli ultimi cinque post!