19 dicembre 2019

19. Finale Secondo

Scritto da Daniele Ciccolo

È notte. Ciascuno dovrebbe essere nella propria stanza, ma nessuno sta dormendo veramente. Che si tratti dell'inizio della fine della vicenda è ormai chiaro. Nella storia dell'opera, infatti, l'applicazione delle cosiddette unità aristoteliche al dramma musicato aveva fatto sì che un'opera dovesse svilupparsi lungo un arco temporale non superiore ad una giornata, quindi dall'alba al tramonto (in realtà, le osservazioni di Aristotele furono malamente interpretate già nel teatro del XVI secolo quindi, a maggior ragione, tali errori si ripercossero nei testi delle opere, ma questa è un'altra storia).

Del resto, il finale che prende luogo durante la notte era già stato usato da Mozart (si pensi alle Nozze di Figaro) e sarà usato anche da Rossini (basta citare Il Barbiere di Siviglia), per limitarci giusto agli esempi più celebri. E Mozart e Rossini non sono qui stati citati a caso. È possibile affermare, infatti, che essi sono legati a Cimarosa – fra altri elementi che richiederebbero trattazioni specialistiche – proprio per quello che riguarda la struttura del finale: come nei due capolavori appena citati, anche nel caso del Matrimonio segreto ci troviamo di fronte ad una successione di brani musicati con l'accompagnamento orchestrale senza i recitativi; ciò crea un meccanismo di accumulazione, un climax emotivo per cui gli eventi, in un crescendo drammatico funzionale alla storia e al suo epilogo, vengono a costituire una sorta di "ministoria" all'interno della trama più estesa dell'opera nel suo complesso. Il tema è già stato sviluppato in occasione della trattazione del Finale primo, al quale rimando per approfondimenti. Ulteriori preziose informazioni sull'argomento sono rinvenibili in altri post di questo blog, in particolare quello relativo al finale del primo atto del Barbiere di Siviglia e quello relativo al finale del secondo atto delle Nozze di Figaro.

Tornando alla lunga sezione conclusiva del Matrimonio segreto, vediamone insieme le parti fondamentali.


a) "Deh, ti conforta, o cara"

Il finale prende le mosse da Paolino e Carolina mentre si trovano nella stanza di quest'ultima.
Per loro la fuga è inevitabile. Ecco, pertanto, che appaiono in scena nell'atto di partire. La musica di questa sezione è scritta in un delicato Do maggiore ed è stata chiaramente concepita in modo da assecondare l'intenzione di fuga dei due sposi. Considerando il significato che un gesto del genere poteva avere all'epoca, unito alla sua irreversibilità, i due giovani appaiono comprensibilmente preoccupati e cercano di farsi forza reciprocamente: "ma qui dobbiam far core, / ch'altro per noi non c'è". Ma un rumore li spaventa e li induce a rientrare: in fondo è meglio ritardare la partenza ed aspettare un po' di tempo a scopo precauzionale.  
In effetti, un uscio si è aperto. Come è facile immaginare, è Elisetta, che nella scena precedente ha augurato la buonanotte al Conte, ma questo non ha fatto desistere la donna dalla paranoia che questi potesse comunque tradirla con la sorella minore. Poiché sente dei bisbigli origliando nella porta di Carolina, è convinta che dentro vi sia anche il Conte. Invece di entrare per verificare la correttezza delle sue deduzioni, Elisetta cerca alleati, poiché lei li vuole "svergognar". Così bussa alla zia.

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(Paolino e Carolina dalla stanza di lei, indi Elisetta, Fidalma, poi Geronimo, ed infine il Conte, tutti dalle loro stanze.)

PAOLINO
Deh, ti conforta, o cara,
seguimi piano, piano.

CAROLINA
Stendimi pur la mano.
Che mi vacilla il pie'.

PAOLINO, CAROLINA
Oh, che momento è questo
d'affanno e di timore!
Ma qui dobbiam far core,
ch'altro per noi non c'è.
('avviano per partire)

PAOLINO
Zitto... mi par sentire...
Si sente un uscio aprir...

CAROLINA, PAOLINO
Potrebbe alcun venire;
si tardi un po' a partir.
(rientrano nella stanza)

ELISETTA
Sotto voce qua vicino
certo intesi a favellar.
Una porta pian pianino
ho sentito poi serrar...
Ho sospetto... Vo' scoprire...
(va ad ascoltar alla porta di Carolina)
A parlar pian pian si sente...
Vi sta il Conte certamente...
Io li voglio svergognar.



b) "Sortite, sortite"

E qui, è proprio il caso di dirlo, la musica cambia davvero. Dall'iniziale Do maggiore si passa ad un concitato Fa maggiore. Molto interessante l'onomatopea musicale del battito della porta: in particolare, la resa complessiva evidenzia l'impazienza di Elisetta. Fidalma non è l'unica ad essere convocata. Elisetta ha bisogno di affermare le sue ragioni anche nei confronti del padre, che giunge quindi a chiamare. Chiunque di noi fosse svegliato nel cuore della notte e fosse inoltre svegliato di soprassalto, sarebbe comprensibilmente irritato. E irritazione esprimono parole e musica di Geronimo e Fidalma, che vogliono giustamente sapere cosa succede. Elisetta così si spiega: "il Conte sta chiuso / con mia sorellina; / si faccia rovina / di quel traditor". I due credono alla ragazza senza battere ciglio, pertanto tutti e tre cominciano ad imprecare alla porta di Carolina apostrofando il Conte con le seguenti parole: "Conte perfido, malnato, /  Conte indegno, scellerato: / fuori, fuori vi vogliamo / che scoperto siete già". Immaginate adesso di essere non solo svegliati bruscamente, ma anche di sentire qualcuno che vi sta insultando senza apparenti ragioni. Come vi sentireste?
Il Conte non risponde pronunciando volgari improperi, ma è comunque abbastanza stizzito dal modo con cui è stato apostrofato: "Qui dal Conte che si vuole? / Quai indegnissime parole?" Ma la sorpresa è un'altra: il nobile esce dalla sua stanza, non da quella di Carolina.
Ai tre non resta che scusarsi sommessamente. Quando il Conte chiede se siano ubriachi, ecco uno sviluppo da segnalare. L'alleanza (anche musicale) in precedenza instaurata tra Geronimo, Fidalma ed Elisetta si sfalda: i primi due danno la colpa dell'accaduto alla terza. A questo punto, invece che tornare ciascuno nelle proprie stanze, gli interessi dei presenti sembrano collimare, sia pure per ragioni diverse: Elisetta sa quello che ha sentito, quindi anche se non si tratta del Conte qualcuno deve pur trovarsi in compagnia di Carolina. Elisetta e Geronimo vogliono rivoltare la situazione contro Elisetta: convinti che non avrebbero scoperto nulla di eclatante, vogliono "farla pagare" ad Elisetta ("ma confonderla bisogna / e rossor ne proverà") per la posizione in cui costei li ha messi nei confronti del Conte. Quest'ultimo, ormai sveglio, molto probabilmente vuole capirci di più, quindi rimane in scena.

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ELISETTA
(va a battere alla porta di Fidalma)
Sortite, sortite,
venite qua in fretta.

FIDALMA
Chi batte? chi chiama?

ELISETTA
Son io, Elisetta.
(va a battere alla porta di Geronimo)
Aprite! deh! aprite,
sortite, signore.

GERONIMO
(di dentro)
Chi picchia sì forte?
Chi fa tal rumore?

ELISETTA
Venite qua fuori,
si tratta d'onor.

(Sortono Fidalma e Geronimo con lume in mano)

FIDALMA
Che cosa è accaduto?

GERONIMO
Che cosa è mai nato?

FIDALMA
Io sono tremante.

GERONIMO
Io son sconcertato.

ELISETTA
Il Conte sta chiuso
con mia sorellina;
Si faccia rovina
di quel traditor.

GERONIMO, FIDALMA, ELISETTA
(gridando alla porta di Carolina)
Conte perfido, malnato,
Conte indegno, scellerato:
fuori, fuori vi vogliamo,
che scoperto siete già.

CONTE
(uscendo dalla sua stanza)
Qui dal Conte che si vuole?
Che indegnissime parole?
Ecco il Conte, eccolo qua.

I TRE SUDDETTI
Quale sbaglio, qual errore...
Perdonate, mio signore,
Qui un equivoco ci sta.

CONTE
Ubriachi voi sarete.

GERONIMO, FIDALMA
Io no certo: sarà lei.
(additando Elisetta)

ELISETTA
No, signor, lo giurerei:
qualcun altro vi starà.

CONTE, GERONIMO, FIDALMA
Stando in piedi, questa sogna:
ma confonderla bisogna
e rossor ne proverà.



c) "Carolina, fuori, fuori"

La precedente sezione si collega a questa mediante un percorso tonale caratterizzato da un breve ritorno al Do maggiore, cui fa seguito una transizione al Do minore, che esprime una crescente concitazione in corrispondenza della quale Carolina viene invocata a gran voce.
L'uscita di Carolina accompagnata da Paolino sbalordisce tutti. È un colpo di scena musicalmente affascinante in quanto segnalato con un significativo cambiamento di tonalità: si passa al Mi bemolle maggiore. Anche se è un concetto non immediatamente percepibile a chi non abbia rudimenti musicali, tengo comunque a precisare che si tratta di una tonalità lontana rispetto a quella in cui il finale è impostato (Do maggiore). Il che intende esprimere un netto distacco tra la situazione dei due giovani e del resto dei personaggi in questa parte del finale.
Ai due giovani non resta che farsi avanti ed implorare pietà ("Ah! Signore, ai vostri piedi / a implorar veniam pietà"). Alla incalzante richiesta di più chiare spiegazioni, la verità è finalmente svelata: "Vi supplichiamo di compatire / che, d'amor presi, – son già due mesi, / il matrimonio fra noi seguì". Dopo una breve alternanza di domanda e conferma ("Il matrimonio? / Signorì, sì"), Geronimo sbotta dando forse il peggio di sè: appella gli sventurati sposi come "disgraziati", invoca il tradimento, afferma di non provare alcuna pietà per la loro situazione; ancora, ricusa se stesso come padre e si proclama nemico della giovane coppia, che è deciso a cacciare via senza esitazione ("Io vi discaccio, vi maledico: / raminghi andate lontan da me"). A nulla sembrano valere considerazioni ovvie come quella per cui "rimedio al fatto più già non c'è".

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GERONIMO, FIDALMA, ELISETTA
Carolina, fuori, fuori...
Anche questa si vedrà.

CAROLINA, PAOLINO
Ah! Signore, ai vostri piedi
a implorar veniam pietà.

CONTE
(Oh che vedo! resto estatico.)

GERONIMO, ELISETTA
Quest'è un'altra novità.

FIDALMA, GERONIMO
Cosa s'intende?

FIDALMA
Cosa vuol dire?

CAROLINA, PAOLINO
Vi supplichiamo di compatire,
chè, d'amor presi, – son già due mesi,
il matrimonio fra noi seguì.

GERONIMO, FIDALMA
Il matrimonio!

CAROLINA, PAOLINO
Ah, signor sì.

GERONIMO
Ah, disgraziati! qual tradimento!
Andate, o tristi; pietà non sento:
Più non son padre: vi son nemico:
Io vi discaccio, vi maledico:
Raminghi andate lontan da me.

CAROLINA, PAOLINO
Pietà, perdono: colpa è d'amore.

FIDALMA
Pietà non s'abbia d'un traditore.

CONTE, ELISETTA
Deh! vi calmate: deh! vi placate:
rimedio al fatto più già non c'è.

FIDALMA
Sian discacciati, sian castigati:
azion sì nera punir si de'.



d) "Ascoltate un uom di mondo"

L'ultima sezione del Finale si apre con l'intervento del Conte. Deciso a salvare la situazione, ritiene di ottenere maggior attenzione da Geronimo poiché, come egli stesso si definisce, egli è "un uom di mondo" in grado per questo di cogliere l'opportunità di chiudere positivamente la vicenda. A suo giudizio, infatti, non già le urla, ma solo prudenza e buon senso possono sistemare la situazione. Ne segue una dichiarazione che lascerà esterrefatti: il nobile esterna platealmente il suo amore per Carolina, con lo scopo non di complicare la situazione, ma anzi di allentarne la tensione. Egli si dimostra pronto a pagare il prezzo dell'amore che prova: si offre di sposare Elisetta in cambio del perdono di Geronimo. Ad alcuni potrebbe apparire un sacrificio estremo, ad altri una forzatura per favorire il proverbiale lieto fine imposto dalle convenzioni dell'epoca per questo tipo di opera. Qualunque sia la conclusione che se ne può trarre, non sorprenderà sapere che le dichiarazioni del Conte sono rese nella tonalità di Mi bemolle maggiore, la stessa che poco prima ha accompagnato lo stupore dei presenti una volta appresa la verità sul "matrimonio segreto".
A questo punto si assiste ad un graduale mutamento di indirizzo degli altri personaggi. La prima è Elisetta, che, una volta saputo che otterrà ciò che vuole, non ha interesse a che la cosa continui: "m'interesso anch'io signore; / deh! lasciatevi placar".
Geronimo non è ancora convinto. Consulta più volte la sorella, però sembra ancora irremovibile. Qui si scorge per l'ultima volta il carattere comico del personaggio: dopo aver sentenziato di essere "offeso" e "sdegnato", assistiamo ad un repentino cambio di opinione ("ma vi voglio perdonar").
È questo il momento decisivo della catarsi dell'opera, poiché tutte le tensioni accumulate nel corso della giornata all'improvviso svaniscono, esattamente come la neve al sole. Ciò che resta è una generale manifestazione di giubilo acclamata da tutte e sei le voci. La stessa tonalità di Do maggiore che aveva aperto il Finale e che in quella occasione evidenziava cautela e circospezione, adesso si trasforma in un tripudio di felicità, sulla scia del quale l'opera si chiude.
Si suole dire che tutto è bene quel che finisce bene. Qui è proprio così.

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CONTE
Ascoltate un uom di mondo!
Qui il gridar non fa alcun frutto,
ma prudenza vuol che tutto
anzi s'abbia d'aggiustar.
Il mio amor per Carolina
m'interessa a suo favore:
perdonate a lor di core,
ch'io Elisetta vo' sposar.

ELISETTA
M'interesso anch'io, signore;
Deh! lasciatevi placar.

GERONIMO
(a Fidalma)
Voi che dite?

FIDALMA
Voi che fate?

PAOLINO, CAROLINA, ELISETTA
(tutti ginocchioni)
Perdonate, perdonate.

CONTE
Già che il caso è disperato,
ci dobbiamo contentar.

GERONIMO
Bricconacci... furfantacci...
Son offeso... son sdegnato...
Ma vi voglio perdonar.

PAOLINO, CAROLINA, CONTE, ELISETTA
Che trasporto d'allegrezza!
Che contento, che dolcezza!
Io mi sento giubilar.

TUTTI
Oh che gioia! oh che piacere!
Già contenti tutti siamo!
Queste nozze noi vogliamo
con gran festa celebrar.
Che si chiamino i parenti,
che s'invitino gli amici,
che vi siano gli stromenti,
che si suoni, che si canti;
Tutti quanti han da brillar!




Paolo Barbacini (Paolino), Antonella Bandelli (Carolina), Valeria Baiano (Elisetta),
Carmen Gonzales (Fidalma), Enrico Fissore (Geronimo), Roberto Coviello (Conte)



Vito Lassandro (Paolino), Edda Vincenzi (Carolina), Irene Calaway (Elisetta),
Giuseppina Salvi (Fidalma), Sesto Bruscantini (Geronimo), Franco Calabrese (Conte)



Ryland Davies, Arleen Augér, Julia Varady, Julia Hamari, Dietrich Fisher-Dieskau, Alberto Rinaldi

Giampaolo Franconi, Patrizia Cigna, Paola Cigna, Monica Minarelli, Paolo Pecchioli, Michele Pierleoni