26 gennaio 2016

Lohengrin (15) - La trasgressione

Scritto da Marisa

Da sempre sappiamo che quando una storia inizia con un divieto, prima o poi ci sarà la trasgressione. Non tutte le trasgressioni sono però uguali o hanno le stesse conseguenze. Alcune sono dettate – anche se inconsciamente – dal narcisismo, dal non voler sottostare a regole che vengono percepite come restrittive alla dignità dell'io, alla propria autodeterminazione e libertà, se non a un vero e proprio senso di onnipotenza. Il bisogno di distinguersi dal gregge attraverso la disobbedienza porta spesso a diventare un "bastian contrario”, l'elemento di disturbo che spesso coincide, quando si innestano elementi più profondi e antichi di rabbia repressa, con un vero e proprio disturbo della personalità, quella situazione ben nota in psicopatologia come caratteropatia o personalità borderline e che spesso sfocia in micro o macro criminalità. Ma a volte (anche se non è sempre facile distinguere i vari casi, perché la psiche è complessa e porta sempre in sé tutti gli elementi e le contraddizioni) prevalgono motivazioni e spinte pulsionali vitali che tendono ad opporsi a una situazione basata su un'organizzazione famigliare o sociale ormai stantia e retrograda, da superare e rinnovare. La contestazione giovanile, ad esempio, è mossa in gran parte proprio dal bisogno di scrollarsi di dosso un sistema vecchio e ormai obsoleto in nome della creatività e di un rinnovamento: il bisogno di una vera rinascita dunque! Tutte le autentiche rivoluzioni sono trasgressioni violente e irreversibili contro vecchi regimi in nome della speranza in un ordine migliore ("Liberté, égalité, fraternité!") e in una “nuova primavera”. Purtroppo poi le cose si complicano e i bagni di sangue a volta diventano inarrestabili (ybris o contraccolpi della fortuna?). Ma per quanto difficili siano a volte le conseguenze, pian piano il nuovo sviluppo prevale e lo slancio e la speranza del nuovo portano allo sviluppo della civiltà, anche se da ottenere a qualsiasi costo.

Il modello nascosto del bisogno e "necessità" di trasgredire per andare oltre è esemplificato dalle trasgressioni mitiche, che hanno una radice archetipica, disobbedienze che segnano una svolta della coscienza, veri e propri spartiacque degli stadi di maturazione. La Genesi inizia così, e significativamente il divieto è posto sul “gustare” i frutti dell'albero della conoscenza; “conoscenza” che porta a quell'acquisizione – tanto preziosa, ma anche tanto problematica e tragica – del bene e del male cui è legato il concetto di responsabilità, in definitiva alla coscienza etica che è la vera discriminante tra il bambino e l'adulto. Proprio di questa iniziale trasgressione possiamo cogliere il doppio significato: colpa e conoscenza, perdita dell'innocenza e nuovo sviluppo. Non si può cioè ottenere niente se non si sacrifica e si rinuncia a qualcosa (“se il granello non muore non dà frutto”!). Si esce dallo stadio infantile in cui tutto viene dato per scontato e si varca quella soglia irreversibile (gli angeli con la spada di fuoco a guardia del non ritorno) della coscienza adulta basata sullo sviluppo del sapere, ormai irrinunciabile ma sempre intrisa da un sotterraneo senso di colpa, colorata dalla scoperta della sessualità non più innocente e intimamente legata al desiderio di conquista di un altrove, un diverso, un lontano... ma che paradossalmente rimanda alla ricerca di sé stessi, dell'unità perduta, la completezza paradisiaca che si immagina di poter ritrovare nell'amore.

In tutte le mitologie campeggiano figure di eroi che infrangono le regole, l'ordine costituito, il vecchio sistema di valori e, con la loro impresa, inaugurano un novo regno, un nuovo corso, una nuova coscienza. La natura stessa dell'eroe è radicata nella trasgressione (nascita illegittima, espulsione dal gruppo sociale, scampato infanticidio...) e segnata da essa. Le sue vittorie, conquiste fondamentali per l'umanità, sono sentite dalla sensibilità mitica come veri e propri furti al divino. Prometeo ne rimane il prototipo e, rubando il fuoco agli dei per portarlo agli uomini, inaugura la lunga storia della tecnologia, sentita ambivalentemente come scoperta e furto carpito con violenza ai segreti della natura, grande possibilità e colpa da espiare. Ogni conquista scientifica conserva, agli occhi di chi vuol vedere, questa fondamentale bipolarità, con la sua possibilità di grande aiuto per il progresso e il contemporaneo e sempre presente pericolo di essere usata male e in definitiva accelerare la distruzione del genere umano, o almeno la sua degradazione a livello etico (la colpa, dunque!).

Ma torniamo alla trasgressione di Elsa. Come leggerla? A quale tipo appartiene? Nel primo atto abbiamo visto Elsa, all'apparire del cavaliere salvatore, completamente rapita da lui e in lui, già consegnata “anima e corpo”, tanto che la promessa di non chiedergli mai il nome e la stirpe sembra un dettaglio insignificante, quasi un'offesa a tanto amore e fede che non hanno di sicuro bisogno di conoscere alcun nome. La richiesta di compiere il giuramento le deve essere ripetuta ben due volte, tanto sembra che Elsa, totalmente in estasi, nemmeno comprenda bene di che si tratta. Che bisogno ha del nome una visione già di per sé così appagante e completamente corrispondente al proprio sogno? Nel secondo atto abbiamo però visto come Ortruda lavori insidiosamente su tale fede cieca. Ed ora, nel terzo atto, assistiamo al compimento ineluttabile del dramma.

Se alle parole orgogliose di Ortruda, che rivendicava la priorità di ingresso in chiesa in quanto donna che conosce bene il nome e il ruolo del marito, Elsa – pur turbata – aveva risposto difendendo il segreto del cavaliere e quindi aveva del tutto vinta la tentazione sul piano della dignità e dell'orgoglio, ora, nell'intimità, il veleno inculcato comincia a fare effetto e rivela il vero punto debole della ragazza: non l'orgoglio ma l'insicurezza di poter essere amata veramente, il senso di inferiorità rispetto a tanto amante.

La scena è mirabilmente costruita, sia musicalmente che letterariamente, su variazioni spettacolari che, dal dolcissimo inizio in cui lei ribadisce la propria completa felicità nella sottomissione e nel desiderio di liquefarsi di fronte a lui (“simile ad un ruscello intorno al tuo piede scorrere”), si passa progressivamente e quasi senza accorgersi ad un confronto sempre più serrato in cui prima Elsa cerca di ottenere la conoscenza del nome in virtù di una reciprocità amorosa (“Come dolce il mio nome sfugge alle tue labbra. / Non mi concederai il dolce suono del tuo? / Soltanto quando ci ritiriamo in amoroso silenzio”) e poi si fa strada il desiderio di essere veramente alla pari anche sul piano del pericolo e dell'eroismo... (“Ah! s'io potessi degna di te apparire / non soltanto dovessi io di fronte a te perdermi; / potesse un servigio a te congiungermi, / potessi io vedermi in angustie per te! / Come tu mi trovasti sotto grave accusa, / ah! così io sapessi anche te in pericolo; / per tollerare coraggiosamente un travaglio, / così io conoscessi un affanno che ti minaccia!“).

Stiamo assistendo ad una crescita vertiginosa della coscienza di Elsa, l'irrinunciabile diritto alla pari dignità e la rivendicazione di essere in grado di mostrare lo stesso coraggio! Non più la donna debole che deve essere sempre protetta e dalla fragile moralità che la rende inaffidabile a mantenere un segreto pericoloso (in fondo amata molto anche per queste debolezze, che destano tenerezza come di fronte a un bambino e che rinforzano il narcisismo maschile facendolo sentire sempre più forte e magnanimo...), ma la compagna che vuole veramente condividere gioie e dolori, estasi e sacrificio. Non si tratta per niente di un capriccio, e sbaglia chi vede in questa progressiva richiesta solo un indebolimento dell'amore di Elsa che non si affida più al sublime sentimento come le richiede Lohengrin, che invece conosce bene il nome dell'amata e tutta la sua situazione.

Il parossismo con la classica goccia che fa traboccare il vaso si raggiunge quando il cavaliere, credendo di rassicurare Elsa, scatena un'angoscia maggiore che rende non più rinviabile la richiesta. Alludere al mondo di assoluto splendore da cui proviene conferma la peggiore paura di Elsa: quella di perdere presto il proprio sposo perché quello che può offrirgli lei, una semplice donna, pur con tutto il suo amore smisurato, non potrà mai eguagliare tanto splendore e tanta sublime altezza! Presto lui, una volta saziato il desiderio di amore umano, verrà preso dalla nostalgia e desidererà ritornare al mondo da cui è venuto: quello della gloria. Come darle torto quando conosciamo benissimo come inevitabilmente qualsiasi amore, anche se inizia nel modo più appassionato e totalmente sincero, non può non uscire prima o poi dalla fase di innamoramento cieco e costruirsi – se vuol sopravvivere – su altre basi, sulla reciproca fiducia e conoscenza anche delle parti negative che bisogna imparare ad accettare e rispettare, proprio quello che Elsa sta chiedendo?

L'analogia della trasgressione di Psiche con quella di Elsa è palese. E proprio qui, dove le due storie si sovrappongono, si manifesta esemplarmente ancora una volta la sostanziale ed importantissima diversità nel comportamento delle due eroine. Mentre Psiche agisce in prima persona per scoprire l'identità dello sposo misterioso e, armata di coltello e lucerna, è decisa a tutto pur di raggiungere lo scopo, Elsa, pur uscendo dalla passività più assoluta, può solo chiedere a lui di rivelarsi. Ancora una volta si conferma l'impossibilità della donna all'azione, cosa riservata – nel mondo ormai cristianizzato – soltanto all'uomo. Bisognerà aspettare il diciannovesimo secolo perché, con la crescente laicizzazione della cultura, si risvegli la coscienza e il bisogno da parte della donna di rivendicare diritti e doveri pari a quelli dell'uomo!

Come vedremo, anche le conseguenze delle due modalità saranno ovviamente diverse.

Clicca qui per il testo.

LOHENGRIN
Das süsse Lied verhallt; wir sind allein,
zum erstenmal allein, seit wir uns sahn.
Nun sollen wir der Welt entronnen sein,
kein Lauscher darf des Herzens Grüssen nahn.
Elsa, mein Weib! Du süsse, reine Braut!
Ob glücklich du, das sei mir jetzt vertraut!

ELSA
Wie wär ich kalt, mich glücklich nur zu nennen,
besitz ich aller Himmel Seligkeit!
Fühl ich zu dir so süss mein Herz entbrennen,
atme ich Wonnen, die nur Gott verleiht.

LOHENGRIN
(feurig)
Vermagst du, Holde, glücklich dich zu nennen,
gibst du auch mir des Himmels Seligkeit!
(zärtlich)
Fühl ich zu dir so süss mein Herz entbrennen,
atme ich Wonnen, die nur Gott verleiht; -
Wie hehr erkenn ich unsrer Liebe Wesen!
Die nie sich sahn, wir hatten uns geahnt;
war ich zu deinem Streiter auserlesen,
hat Liebe mir zu dir den Weg gebahnt:
Dein Auge sagte mir dich rein von Schuld -
mich zwang dein Blick, zu dienen deiner Huld.

ELSA
Doch ich zuvor schon hatte dich gesehen,
in sel'gem Traume warst du mir genaht;
als ich nun wachend dich sah vor mir stehen,
erkannt ich, dass du kamst auf Gottes Rat.
Da wollte ich vor deinem Blick zerfliessen,
gleich einem Bach umwinden deinen Schritt,
gleich einer Blume duftend auf der Wiesen,
wollt ich entzückt mich beugen deinem Tritt.
Ist dies nur Liebe? - Wie soll ich es nennen,
dies Wort, so unaussprechlich wonnevoll,
wie ach! dein Name - den ich nie darf kennen,
bei dem ich nie mein Höchstes nennen soll!

LOHENGRIN
(schmeichelnd)
Elsa!

ELSA
Wie süss mein Name deinem Mund entgleitet!
(etwas zögernd)
Gönnst du des deinen holden Klang mir nicht?
Nur, wenn zur Liebesstille wir geleitet,
sollst du gestatten, dass mein Mund ihn spricht.

LOHENGRIN
Mein süsses Weib!

ELSA
- Einsam, wenn niemand wacht;
nie sei der Welt er zu Gehör gebracht!

LOHENGRIN
(sie freundlich umfassend und durch
das offene Fenster auf den
Blumengarten deutend
)
Atmest du nicht mit mir die süssen Düfte?
O wie so hold berauschen sie den Sinn!
Geheimnisvoll sie nahen durch die Lüfte,
fraglos geb ihrem Zauber ich mich hin. -
(mit erhobener Stimme)
So ist der Zauber, der mich dir verbunden,
da als ich zuerst, du Süsse, dich ersah;
nicht deine Art ich brauchte zu erkunden,
dich sah mein Aug, - mein Herz begriff dich da.
Wie mir die Düfte hold den Sinn berücken,
nahn sie mir gleich aus rätselvoller Nacht: -
(feurig)
So deine Reine musste mich entzücken,
traf ich dich auch in schwerer Schuld Verdacht.

(Elsa birgt ihre Beschämung, indem sie sich demütig an ihn schmiegt.)

ELSA
Ach, könnt ich deiner wert erscheinen,
müsst ich vor dir nicht bloss vergehn;
könnt ein Verdienst mich dir vereinen,
dürft ich in Pein für dich mich sehn!
Wie du mich trafst vor schwerer Klage,
o wüsste ich auch dich in Not;
dass mutvoll ich ein Mühen trage,
kennt ich ein Sorgen, das dir droht! -
Wär das Geheimnis so geartet,
das aller Welt verschweigt dein Mund?
(immer geheimnisvoller)
Vielleicht, dass Unheil dich erwartet,
würd aller Welt es offen kund?
Wär es so und dürft ich's wissen,
dürft ich in meiner Macht es sehn,
durch keines Droh'n sei mir's entrissen,
für dich wollt' ich zu Tode gehn!

LOHENGRIN
Geliebte!

ELSA
(immer leidenschaftlicher)
O, mach mich stolz durch dein Vertrauen,
dass ich in Unwert nicht vergeh!
Lass dein Geheimnis mich erschauen,
dass, wer du bist, ich offen seh!

LOHENGRIN
Ach, schweige, Elsa!

ELSA
(immer drängender)
Meiner Treue
enthülle deines Adels Wert!
Woher du kamst, sag ohne Reue, -
durch mich sei Schweigens Kraft bewährt!

LOHENGRIN
(streng und ernst einige Schritte
zurücktretend
)
Höchstes Vertraun hast du mir schon zu danken,
da deinem Schwur ich Glauben gern gewährt;
wirst nimmer du vor dem Gebote wanken,
hoch über alle Fraun dünkst du mich wert!
(er wendet sich schnell wieder
liebevoll zu Elsa
)
An meine Brust, du Süsse, Reine!
Sei meines Herzens Glühen nah,
dass mich dein Auge sanft bescheine,
in dem ich all mein Glück ersah!
(feurig)
O gönne mir, dass mit Entzücken
ich deinen Atem sauge ein:
lass fest, ach! fest an mich dich drücken,
dass ich in dir mög glücklich sein!
Dein Lieben muss mir hoch entgelten
für das, was ich um dich verliess;
kein Los in Gottes weiten Welten
wohl edler als das meine hiess.
Böt mir der König seine Krone,
ich dürfte sie mit Recht verschmähn.
Das einz'ge, was mein Opfer lohne,
muss ich in deiner Lieb ersehn!
Drum wolle stets den Zweifel meiden,
dein Lieben sei mein stolz Gewähr!
Denn nicht komm ich aus Nacht und Leiden,
aus Glanz und Wonne komm ich her!

ELSA
Hilf Gott, was muss ich hören!
Welch Zeugnis gab dein Mund!
Du wolltest mich betören,
nun wird mir Jammer kund!
Das Loos, dem du entronnen,
es war dein höchstes Glück;
du kamst zu mir aus Wonnen
und sehnest dich zurück!
Wie soll ich Ärmste glauben,
dir g'nüge meine Treu?
Ein Tag wird dich mir rauben
durch deiner Liebe Reu!

LOHENGRIN
Halt ein, dich so zu quälen!

ELSA
Was quälest du mich doch!
Soll ich die Tage zählen,
die du mir bleibest noch?
In Sorg um dein Verweilen
verblüht die Wange mir, -
dann wirst du mir enteilen,
im Elend bleib ich hier!

LOHENGRIN
(lebhaft)
Nie soll dein Reiz entschwinden,
bleibst du von Zweifel rein!

ELSA
Ach, dich an mich zu binden,
wie sollt ich mächtig sein?
Voll Zauber ist dein Wesen,
durch Wunder kamst du her; -
wie sollt ich da genesen,
wo fänd ich dein Gewähr? -
(Sie schreckt in heftigster Aufregung
zusammen und hält an,
wie um zu lauschen
)
Hörtest du nichts? Vernahmest du kein Kommen?

LOHENGRIN
Elsa!

ELSA
Ach nein!
(vor sich hinstarrend)
Doch dort, - der Schwan - der Schwan!
Dort kommt er auf der Wasserflut geschwommen, -
du rufest ihm, - er zieht herbei den Kahn!

LOHENGRIN
Elsa! Halt ein! Beruh'ge deinen Wahn!

ELSA
Nichts kann mir Ruhe geben,
dem Wahn mich nichts entreisst,
als - gelt es auch mein Leben, -
zu wissen - wer du sei'st!

LOHENGRIN
Elsa, was willst du wagen?

ELSA
Unselig holder Mann,
hör, was ich dich muss fragen!
Den Namen sag mir an!

LOHENGRIN
Halt ein!

ELSA
Woher der Fahrt!

LOHENGRIN
Weh dir!

ELSA
Wie deine Art?

LOHENGRIN
Weh uns, was tatest du!

(Elsa, die vor Lohengrin steht, welcher den Hintergrund im Rücken hat, gewahrt Friedrich und seine vier Genossen, welche mit gezückten Schwertern durch eine hintere Tür hereinbrechen.)

ELSA
(nach einem fürchterlichen Schrei)
Rette dich! Dein Schwert, dein Schwert!

(Sie reicht das am Ruhebett angelegte Schwert hastig Lohengrin, so dass dieser schnell es aus der Scheide, welche sie hält, ziehen kann. Lohengrin streckt Friedrich, welcher nach ihm ausholt, mit einem Streiche tot zu Boden; den entsetzten Edlen entfallen die Schwerter, sie stürzen zu Lohengrins Füssen auf die Knie. Elsa, die sich an Lohengrins Brust geworfen hatte, sinkt ohnmächtig langsam an ihm zu Boden. - Langes Stillschweigen.)

LOHENGRIN
(tief erschüttert,
steht allein aufrecht
)
Weh, nun ist all unser Glück dahin!
(Er neigt sich zu Elsa hinab,
erhebt sie sanft und lehnt
sie auf das Ruhebett
)

ELSA
(matt, die Augen aufschlagend)
Allewiger, erbarm dich mein!

(Der Tag ist in allmählichem Anbruche begriffen; die tiefer herabgebrannten Kerzen drohen zu verlöschen. Auf Lohengrins Zeichen erheben sich die vier Edlen.)

LOHENGRIN
Tragt den Erschlagnen vor des Königs Gericht!

(Die Edlen nehmen die Leiche Friedrichs auf und entfernen sich mit ihr durch eine Tür des Hintergrundes. Lohengrin läutet an einem Glockenzuge; vier Frauen treten von links ein.)

LOHENGRIN
(zu den Frauen)
Sie vor den König zu geleiten,
schmückt Elsa, meine süsse Frau!
Dort will ich Antwort ihr bereiten,
dass sie des Gatten Art erschau.

(Er entfernt sich mit traurig feierlicher Haltung durch die Tür rechts. - Die Frauen geleiten Elsa, die keiner Bewegung mächtig ist, nach links ab. Der Tag hat langsam begonnen zu grauen; die Kerzen sind verloschen. Ein zusammenfallender Vorhang schliesst im Vordergrunde die ganze Szene. Wie aus dem Burghofe herauf hört man Heerhörner einen Aufruf blasen.)

LOHENGRIN
Il dolce canto muore; noi siamo soli,
la prima volta soli, da poi che ci vedemmo.
Ora noi siamo lontani dal mondo,
né alcuno può spiare le effusioni del cuore.
Elsa, mia donna! O dolce e pura sposa!
Se tu sei felice, ora confida a me!

ELSA
Fredda parola sarebbe chiamarmi soltanto felice,
da poi ch'io posseggo ogni beatitudine celeste!
Sento così dolcemente il mio cuore per te ardere,
e gioia respiro, che soltanto Dio concede.

LOHENGRIN
(con fuoco)
Se tu puoi, mia cara, chiamarti felice,
anche tu mi doni la beatitudine celeste!
(con tenerezza)
Anch'io sento dolcemente il cuore per te ardere,
anch'io gioia respiro, che soltanto Dio concede...
Come nobile riconosco la natura del nostro amore!
Noi che non c'eravamo mai visti, di noi avemmo presagio; / appena fui per tuo campione scelto,
Amore mi spianò la via a te:
Il tuo occhio mi ti mostrò monda d'ogni colpa,...
m'obbligò il tuo sguardo al servizio della tua grazia.

ELSA
Pure io t'avevo prima già veduto,
in dolcissimo sogno tu già m'eri apparso;
ed ecco che quando, sveglia, io ti vidi innanzi a me,
io riconobbi che venivi per divino consiglio.
Allora avrei voluto davanti al tuo sguardo perdermi,
simile ad un ruscello intorno al tuo piede scorrere,
simile ad un fiore odorante sui prati,
curvarmi in rapimento avrei voluto al tuo passo.
È soltanto amore questo? Come debbo pronunziarla,
questa parola, così piena di gioia ineffabile,
ahimè, come il tuo nome! che mai dovrò conoscere;
col quale mai potrò chiamare il sommo mio bene!

LOHENGRIN
(carezzevole)
Elsa!

ELSA
Come dolce il mio nome sfugge alle tue labbra!
(un poco peritosa)
Non mi concederai il dolce suono del tuo?
Soltanto quando ci ritiriamo in amoroso silenzio,
permetti almeno, che la mia bocca lo esprima...

LOHENGRIN
Mia dolce donna!

ELSA
... soli, quando nessuno veglia;
che non giunga mai all'orecchio del mondo!

LOHENGRIN
(abbracciandola amorosamente ed
accennando, attraverso la finestra
aperta, al giardino fiorito
)
Non respiri tu con me i dolci profumi?
Oh! come grati essi inebriano il senso!
Misteriosamente essi s'appressano attraverso l'aria,
al loro incanto io mi concedo senza domandare...
(elevando la voce)
Tale è l'incanto, che a te m'ha congiunto,
quand'io, o mia dolce, primamente ti vidi;
non io della tua schiatta sentii di dover chiedere;
te vide il mio occhio... te comprese il mio cuore.
Come i profumi quetamente m'inebriano il senso,
se pure m'accostino come da misteriosa notte:...
(con calore)
così la tua purezza doveva inebriarmi
se pure io ti trovassi in sospetto di grave colpa.

(Elsa nasconde la propria vergogna, stringendosi a lui umilmente.)

ELSA
Ah! s'io potessi degna di te apparire
non soltanto dovessi io di fronte a te perdermi;
potesse un servigio a te congiungermi,
potessi io vedermi in angustie per te!
Come tu mi trovasti sotto grave accusa,
ah! così io sapessi anche te in pericolo;
per tollerare coraggiosamente un travaglio,
così io conoscessi un affanno che ti minaccia!...
Di tal natura sarebbe mai il segreto,
che la tua bocca a tutto il mondo tace?
(sempre più misteriosamente)
Forse che ti attenderebbe sciagura,
se a tutto il mondo fosse manifesto?
Se così fosse, ed io lo potessi sapere,
se mi fosse lecito averlo in mio potere,
nessuna minaccia certo me lo strapperebbe,
per te la morte io vorrei affrontare!

LOHENGRIN
Mia cara!

ELSA
(sempre più appassionatamente)
Oh rendimi superba della tua fiducia,
così che nella mia piccolezza io non mi perda!
Fa' ch'io penetri nel tuo segreto,
ch'io, chi tu sei, aperto veda!

LOHENGRIN
Ah! Elsa, taci!

ELSA
(sempre più incalzante)
Alla mia fede
scopri il valore della tua nobiltà!
Donde venisti, dimmi senza rimpianto...
La forza del tacere sia da me provata!

LOHENGRIN
(severo e grave,
arretrando di alcuni passi
)
D'altissima fiducia già mi devi essere grata,
perché volentieri ho creduto al tuo giuramento;
se non vacillerai di fronte al mio comandamento,
degna tu mi sembrerai sopra ogni altra donna!
(rapido si volge nuovamente
con tenerezza ad Elsa
)
Al mio petto, o dolce, o pura!
Accostati all'ardore del mio cuore;
che il tuo occhio dolcemente m'illumini,
in cui io scoprii ogni mio bene!
(con fuoco)
Oh concedimi, che in estasi,
il tuo respiro io sugga;
fa' che a me io ti stringa salda, ah! come salda;
fa' ch'io possa esser felice in te!
Il tuo amore mi sarà alto compenso
per ciò ch'io per te abbandonai;
nessun destino nella distesa dei mondi di Dio,
fu mai chiamato più nobile del mio.
Se il re m'offrisse la sua corona,
con buon diritto io la potrei sdegnare.
Il solo compenso al mio sacrifizio
nel tuo amore io debbo trovare!
E perciò fa' d'evitar sempre il dubbio,
e sia il tuo amore a me superba sicurezza!
Perché io già non venni da una notte di dilori,
ma da luce e beatitudine io qui ne venni!

ELSA
Dio m'aiuti, quel che mi tocca udire!
Quale testimonianza la tua bocca m'ha dato!
Tu volesti calmarmi con belle parole,
ed ora la mia sventura mi si fa manifesta!
La sorte, cui tu sei sfuggito
era il tuo bene supremo;
dalla beatitudine tu a me venisti
ed aspiri a tornarvi!
Come posso mai credere, infelicissima,
che a te basti la mia fede?
Un giorno mi ti rapirà,
quando ti pentirai del tuo amore!

LOHENGRIN
Cessa di tormentarti così!

ELSA
Perché, dunque, tu mi tormenti!
Debbo io contare i giorni,
che rimarrai ancora con me?
Nell'angoscia del tuo restare
mi si appassirà la guancia,...
poi nuovamente tu mi sfuggirai,
ed io rimarrò qui misera!

LOHENGRIN
(vivamente)
Mai sparirà il tuo incanto,
fin che rimarrai monda di dubbio!

ELSA
Ah! di legarti a me,
come avrei io potere?
Il tuo essere è tutto incantamento,
per miracolo tu ne venisti;...
come potrei io qui ricuperare salute,
dove trovare garanzia di te?
(Ella, al sommo dell'agitazione,
trasale di spavento, e s'interrompe
come per prestare ascolto
)
Non hai udito nulla? Non senti che alcuno viene?

LOHENGRIN
Elsa!

ELSA
Ah no!
(con gli occhi sbarrati)
Eppure là... il cigno... il cigno!
Ei se ne viene nuotando sull'onda del fiume...
tu lo chiami,... egli accosta la navicella...

LOHENGRIN
Elsa! Trattieniti! Calma il tuo delirio!

ELSA
Niente mi può dar pace,
niente al delirio sottrarmi,
se non che.. n'andasse della mia vita...
il sapere... chi tu sei!

LOHENGRIN
Elsa, che vuoi tu osare?

ELSA
O uomo fatalmente caro,
odi, quel ch'io ti devo domandare!
Dimmi il tuo nome!

LOHENGRIN
Fermati!

ELSA
Donde venisti?

LOHENGRIN
Guai a te!

ELSA
Quale la tua stirpe?

LOHENGRIN
Guai a noi! Che facesti mai?

(Elsa, stando avanti a Lohengrin, il quale volge le spalle al fondo, scorge Federico e quattro suoi compagni, che irrompono, le spade sguainate, da una porta di fondo.)

ELSA
(dopo un grido terribile)
Sálvati! La tua spada, la tua spada!

(Ella porge rapidamente a Lohengrin la spada appoggiata al divano, così che egli può rapidamente estrarla dal fodero che la contiene. Lohengrin, con un sol colpo, stende a terra morto Federico, che vibra contro di lui. Ai Nobili atterriti cadono le spade. Essi si precipitano in ginocchio, ai piedi di Lohengrin. Elsa che si è gettata al petto di Lohengrin, cade lentamente al suolo, svenuta, presso di lui. - Lungo silenzio.)

LOHENGRIN
(profondamente turbato,
rimane solo in piedi
)
Ahimè! Perduto è ormai ogni nostro bene!
(Egli si curva su di Elsa,
la solleva dolcemente,
e l'appoggia sul divano
)

ELSA
(sfinita, aprendo gli occhi)
Onnipotente, abbi pietà di me!

(Il giorno comincia a poco a poco a spuntare; i ceri consumati fino in fondo, minacciano di spegnersi. Ad un cenno di Lohengrin, i quattro Nobili si alzano.)

LOHENGRIN
Portate l'ucciso davanti al tribunale del Re!

(I Nobili prendono il cadavere di Federico e si allontanano con esso per una porta di fondo. Lohengrin tira il cordone d'un campanello; quattro Donne entrano da sinistra.)

LOHENGRIN
(alle Donne)
Per accompagnarla avanti al Re,
ornate Elsa, la dolce mia donna!
Colà io le darò risposta,
affinché ella conosca la stirpe del suo sposo!

(Egli si allontana in atteggiamento di solenne tristezza, dalla porta di destra. - Le Donne accompagnano via dalla parte di sinistra Elsa, la quale è incapace di un movimento qualsiasi. Il giorno ha lentamente cominciato il suo crepuscolo; i ceri si sono spenti. Una cortina cade sul davanti chiudendo tutta la scena. Si odono trombe che suonano l'appello, come se il suono salisse dal cortile d'un castello.)



dir: Claudio Abbado (1990)
Placido Domingo (Lohengrin), Cheryl Studer (Elsa)


"Das süsse Lied verhallt"
dir: Rudolf Kempe (1963)
Jess Thomas (Lohengrin), Elisabeht Grümmer (Elsa)

"Das süsse Lied verhallt"
dir: Heinz Tietjen (1936)
Franz Völker (Lohengrin), Maria Müller (Elsa)

22 gennaio 2016

Lohengrin (14) - Il momento paradisiaco

Scritto da Marisa

Il magnifico e indimenticabile (anche perchè ormai riproposto in ogni matrimonio) coro nuziale dell'inizio del terzo atto segna il breve momento “paradisiaco” della coppia, situazione tanto più struggente quanto più breve. Il matrimonio infatti non verrà mai consumato, e si passa dall'estasi ineffabile del primo momento in cui gli amanti possono finalmente rimanere soli alla drammatica e sempre più disperata angoscia di Elsa che si rende progressivamente conto dell'enorme asimmetria che ha ingenuamente accettato.

Ma godiamoci anche noi questo sublime momento, perché Wagner qui ha colto un aspetto importantissimo dei meccanismi psichici dello stato di felicità: la pregustazione! I poeti, che di queste cose s'intendono bene, hanno sempre capito che la massima gioia è nel momento iniziale, in quella magica atmosfera che si forma quando tutto è pronto per raggiungere la pienezza. Essa è appena ad un passo e la intravediamo senza ancora “consumarla”, parola che ha già in sé il tarlo del passato e forse della noia, del disincanto e persino della distruzione!

Romeo e Giulietta sono rimasti per sempre nell'immaginario collettivo come modello dell'incanto dell'amore perché sono morti giovanissimi e il loro amore non vissuto è rimasto eternamente giovane e continua promessa di felicità: gli amanti perfetti. La nostalgia dell'inizio! Leopardi ha fissato una volta per tutte il momento della gioia dell'amore nella prima giovinezza e nella sua speranza, al primo apparire dell'incanto. Risentiamolo in alcuni versi della lirica “La vita solitaria”:

...Mi sovvien del tempo
che mi scendesti in seno. Era quel dolce
e irrevocabil tempo, allor che s'apre
al guardo giovanil questa infelice
scena del mondo, e gli sorride in vista
di paradiso...
Anche Rilke insiste sulla priorità del momento iniziale e sulla felicità legata ad esso, quando nulla è stato ancora sciupato e la inevitabile delusione è lontana... La raccolta di sonetti dedicata ad Orfeo, il dio del canto, è la summa della sua poetica sulla caducità e sulla superiorità della beatitudine legata alla promessa iniziale, quando tutto è ancora in boccio. L'intero poemetto è significativamente dedicato a Wera Ouckama Knoop, una giovane danzatrice morta a 19 anni, che Rilke non conosceva nemmeno bene!
Te, proprio te, ora, che conobbi come un fiore
di cui mi è ignoto il nome, voglio ancora
una volta ricordare, mostrarti ad essi, svanita,
bella nel gioco del grido insormontabile.
Bisognerebbe infine scomodare Denis de Rougemont e pescare dal suo coltissimo ed appassionato saggio “L'amore e l'occidente” per ripercorrere l'iter della scoperta, nei secoli più bui del medioevo, dell'enorme forza dell'eros: rimosso dal cristianesimo e convogliato solo in parte nell'istituzione del matrimonio, trova una via assolutamente nuova nelle corti attraverso i poeti provenzali e in quella incredibile fioritura dell'amor cortese e nelle eresie serpeggianti in Europa che mescolano l'amor profano con l'amore sacro in una sconvolgente trasformazione che cambierà per sempre il sentire sia erotico che religioso di tutta la cultura successiva, dai "Fedeli d'amore" (vedi Dante, Petrarca...) al romanticismo. Si tratta della liberazione dell'eros dai vincoli del matrimonio e della procreazione a favore di uno sviluppo spirituale in cui l'amore per la donna è solo l'accensione iniziale, e l'anima infiammata scopre attraverso i sensi la via per l'iniziazione agli altri livelli dell'amore, fino all'estasi mistica!
Va da sé che la rinuncia all'atto sessuale prima o poi s'impone, e il modello diventa quello dei grandi amanti (Tristano e Isotta su tutti) che devono rinunciare ad esso e perseguire una via di castità, una tensione che sfocia verso l'infinito, l'irraggiungibile, cioè – alla fine – verso la morte.

Clicca qui per il testo.

(Die einleitende Musik schildert das prächtige Rauschen des Hochzeitsfestes. Als der Vorhang aufgeht, stellt die Bühne das Brautgemach dar, in der Mitte des Hintergrundes das reich geschmückte Brautbett; an einem offenen Erkerfenster ein niedriges Ruhebett. Musik hinter der Bühne; der Gesang ist erst sntfernt, dann näher kommend. In der Mitte des Liedes werden rechts und links im Hintergrunde Türen geöffnet; rechts treten Frauen auf, welche Elsa, links die Männer mit dem Könige, welche Lohengrin geleiten. Edelknaben mit Lichtern voraus.)

BRAUTLIED
(der Männer und Frauen)
Treulich geführt ziehet dahin,
wo euch der Segen der Liebe bewahr!
Siegreicher Mut, Minnegewinn
eint euch in Treue zum seligsten Paar.
Streiter der Jugend, schreite voran!
Rauschen des Festes seid nun entronnen,
Wonne des Herzens sei euch gewonnen!
(Hier werden die Türen geöffnet)
Duftender Raum, zur Liebe geschmückt,
nahm euch nun auf, dem Glanze entrückt.
Treulich geführt ziehet nun ein,
wo euch der Segen der Liebe bewahr!
Siegreicher Mut, Minne so rein
eint euch in Treue zum seligsten Paar.

(Als die beiden Züge in der Mitte der Bühne sich begegneten, ist Elsa von den Frauen Lohengrin zugeführt worden; sie umfassen sich und bleiben in der Mitte stehen. Edelknaben entkleiden Lohengrin des reichen Obergewandes, gürten ihm das Schwert ab und legen dieses am Ruhebette nieder; Frauen entkleiden Elsa ebenfalls ihres kostbaren Obergewandes. Acht Frauen umschreiten währenddessen langsam Lohengrin und Elsa.)

ACHT FRAUEN
(nach dem Umschreiten)
Wie Gott euch selig weihte,
zu Freuden weih'n euch wir.
(Sie halten einen zweiten Umgang)
In Liebesglücks Geleite
denkt lang der Stunde hier!

(Der König umarmt und segnet Lohengrin und Elsa. Die Edelknaben mahnen zum Aufbruch. Die Züge ordnen sich wieder, und während des Folgenden schreiten sie an den Neuvermählten vorüber, so dass die Männer rechts, die Frauen links das Gemach verlassen.)

BRAUTLIED
(gesungen während des Fortgehens)
Treulich bewacht bleibet zurück,
wo euch der Segen der Liebe bewahr!
Siegreicher Mut, Minne und Glück
eint euch in Treue zum seligsten Paar.
Streiter der Jugend, bleibe daheim!
Zierde der Jugend, bleibe daheim!
Rauschen des Festes seid nun entronnen,
Wonne des Herzens sei euch gewonnen!
Duftender Raum, zur Liebe geschmückt,
nahm euch nun auf, dem Glanze entrückt.
(Hier haben die Züge die Bühne gänzlich
verlassen; die Türen werden von den letzten
Knaben geschlossen. In immer weiterer
Ferne verhallt der Gesang
)
Treulich bewacht bleibet zurück,
wo euch der Segen der Liebe bewahr!
Siegreicher Mut, Minne und Glück
eint euch in Treue zum seligsten Paar.

(Elsa ist, als die Züge das Gemach verlassen haben; wie überselig Lohengrin an die Brust gesunken. Lohengrin setzt sich, während der Gesang verhallt, auf einem Ruhebett am Erkerfenster nieder, indem er Elsa sanft nach sich zieht.)
(Il preludio rappresenta il magnifico tumulto della festa nuziale. Quando s'alza il sipario, la scena rappresenta la camera degli sposi; nel mezzo, al tondo, il talamo riccamente ornato; presso una finestra con terrazzo, aperta, un basso divano. Musica dietro la scena; il canto da principio è lontano, poi via via sempre più vicino. Alla metà dell'inno, si aprono le porte di destra e di sinistra, nel fondo. Dalla destra, entrano le Donne che accompagnano Elsa; dalla sinistra, gli Uomini, che insieme col Re, accompagnano Lohengrin. Precedono Paggi con fiaccole.)

INNO NUZIALE
(degli Uomini e delle Donne)
Fedelmente guidati, colà traete,
dove vi protegga la benedizione d'amore!
Vittorioso coraggio e premio d'amore
vi uniscono con fede in felicissima coppia.
Campione di virtù, a noi precedi!
Al tumulto di festa siate ora sottratti,
gioia del cuore sia il vostro premio!
(a questo punto vengono aperte le porte)
Spazio odoroso, ornato per l'amore,
ora v'accolga, lontani dalla pompa.
Fedelmente guidati, dunque entrate,
dove vi protegga la benedizione d'amore!
Vittorioso coraggio e purissimo amore
vi uniscono con fede in felicissima coppia.

(Quando i due cortei si sono incontrati al mezzo della scena, ed Elsa è condotta dalle Donne a Lohengrin, essi si abbracciano e rimangono colà in piedi. I Paggi svestono Lohengrin della ricca sopravveste, gli slacciano la spada, e la depongono presso il divano. Le Donne svestono a loro volta Elsa della sua preziosa sopravveste. Otto Donne, nel frattempo, girano lentamente intorno a Lohengrin ed Elsa.)

OTTO DONNE
(dopo il [primo] giro)
Come Dio vi consacrò alla beatitudine,
così noi vi consacriamo alla gioia.
(Fanno un altro giro)
Sotto la scorta d'un amore felice,
ricordatevi a lungo di quest'ora!

(Il Re abbraccia e benedice Lohengrin ed Elsa. I Paggi invitano alla partenza. I cortei si ordinano nuovamente, e, durante quel che segue, sfilano davanti ai nuovi sposi in modo, che gli Uomini abbandonano la camera dalla parte di destra e le Donne dalla parte di sinistra.)

INNO NUZIALE
(cantato durante l'uscita)
Fedelmente guardati, qui rimanete,
dove vi protegga la benedizione d'amore!
Vittorioso coraggio, amore e felicità
vi uniscono con fede in felicissima coppia.
Campione di virtù, qui rimani!
Ornamento di giovinezza, qui rimani!
Al tumulto di festa siate ora sottratti,
Voluttà del cuore sia il vostro premio!
Spazio odoroso, ornato per l'amore,
ecco vi ha accolto, lontani dalla pompa.
(A questo punto i cortei hanno abbandonato
interamente la scena; le porte vengono
chiuse dagli ultimi paggi. Il canto muore
in sempre maggiore lontananza
)
Fedelmente guardati, qui rimanete,
dove vi protegga la benedizione d'amore!
Vittorioso coraggio, amore e felicità
vi uniscono con fede in felicissima coppia.

(Elsa, appena i cortei hanno abbandonato la camera, si è abbandonata sul petto di Lohengrin, come sopraffatta dalla gioia. Lohengrin, mentre il canto va morendo, si siede su un divano presso la finestra a balcone, traendo a sé dolcemente Elsa.)




Preludio e coro nuziale "Treulich geführt"
dir: Claudio Abbado (1990)


Coro nuziale
dir: Otmar Suitner (1974)


Preludio e coro nuziale
dir: Peter Schneider (1990)


Preludio e coro nuziale
dir: Rudolf Kempe (1964)

Preludio e coro nuziale
dir: Heinz Tietjen (1936)


Come già detto, il coro "Treulich geführt" – che nell'opera è preceduto da un preludio che, citando il libretto, "rappresenta il magnifico tumulto della festa nuziale" – è diventato uno dei brani più utilizzati in occasione dei matrimoni, solitamente nel momento dell'ingresso della sposa. L'unico altro brano in grado di tenergli testa come popolarità è la marcia nuziale di Felix Mendelssohn. La seguente scena dal film "Il padre della sposa" (1991) li presenta tutti e due, nella tradizionale versione per organo: all'inizio il brano di Wagner e, alla fine, quello di Mendelssohn (in mezzo c'è il canone in re maggiore di Pachelbel).


18 gennaio 2016

Lohengrin (13) - Il dubbio

Scritto da Christian

Dopo Ortruda, anche Federico sfida apertamente Lohengrin, alla presenza sua e del re. L'accusa è quella di aver "profanato e corrotto" il giudizio di Dio con gli "artifici di un incantatore". Insomma, di aver vinto grazie alla stregoneria. E domanda di conoscere la sua identità e la sua provenienza, facendo notare come sia insolito il suo desiderio di celare l'una e l'altra.
Lohengrin però rifiuta ancora di rivelare il proprio nome, persino se glielo chiedesse il Re in persona. L'unica persona alla quale potrebbe rispondere, afferma, è Elsa, alla quale ha però chiesto di non domandarglielo mai. Eppure, è evidente che la stessa Elsa è ora "in selvaggia lotta interiore", come recita il libretto. Le parole di Ortruda prima e di Federico poi hanno cominciato a scuotere la sua "fede purissima". Mentre tutti i presenti si domandano "Quale segreto mai deve l'eroe custodire?", lo stesso cavaliere la incalza: "La potenza del dubbio non ti dà tregua? / Vuoi tu volgermi la domanda?", ma per ora la ragazza resiste ancora, e ribadisce la sua fede incondizionata: "Alto sulla forza di ogni dubbio / s'alzerà il mio amore!". I due entrano in chiesa, pronti per la cerimonia e per il celebre coro nuziale che aprirà il terzo atto.

Le citazioni che riporto qui di seguito mettono in luce il parallelo fra Lohengrin e Wagner stesso in quanto artista, dando un altro significato al contrasto fra "sentimento" (l'amore puro e incondizionato) e "riflessione" (la spiegazione razionale delle cose) che tormenta Elsa in questa scena:

Il bisogno più urgente e naturale di [un] artista è quello di essere accolto e compreso tramite il sentimento; ma il mondo artistico moderno gli rende impossibile trovare la immediatezza e la stabile costanza di sentimento di cui ha bisogno per essere compreso – cosicché egli è costretto ad affidarsi quasi completamente alla spiegazione critica piuttosto che al sentimento. Il rimuginare di Elsa circa il nome e l'origine di Lohengrin, che sfocia nella catastrofe del terzo atto quando ella gli rivolge la domanda fatale, rappresenta sia l'espressione di ciò che per Wagner era la natura distruttiva della riflessione sia l'emergere della tragica dialettica di Elsa – ella deve fare quella domanda perché ama Lohengrin (ed è significativo anche il fatto che [...] ciò avvenga già durante la prima notte di matrimonio).
(Maurizio Tagliabue)
Il giovane Wagner si sente prigioniero di un mondo che odia, oppresso all’idea di dover vivere una pacifica vita borghese dominata dalle convenzioni e dal conformismo. Al temperamento ribelle e dissoluto di Wagner non basta il piccolo mondo affettivo in cui i suoi contemporanei aspirano di vivere: la fuga continua diventa allora la constante della sua esistenza, come scrive nella sua autobiografia: “Mi sentii spinto a chiedere: da dove vieni, perché? E per lungo tempo la mia arte sparì davanti a queste domande”. Il conflitto tra artista e società raggiunge in Wagner uno dei suoi punti culminanti, tant’è che egli si identifica con il personaggio di Lohengrin, spinto dal vano desiderio di essere accettato, in un momento di debolezza della sua vita di uomo e di artista. Nel suo scritto "L’arte e la rivoluzione", il compositore esprime questo malessere: “Il bisogno più urgente e più forte dell’uomo perfetto e artista è di comunicare se stesso - in tutta la pienezza della sua natura - all’intera comunità. E non può arrivare a tanto se non nel dramma”.
(Jacopo Guarneri)

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(Der König, Lohengrin und die sächsischen Grafen und Edlen sind in feierlichem Zuge aus dem Palas getreten; durch die Verwirrung im Vordergrunde wird der Zug unterbrochen. Der König und Lohengrin dringen durch die verwirrten Haufen des Vordergrundes lebhaft vor.)

DIE BRABANTER
Heil! Heil dem König!
Heil dem Schützer von Brabant!

DER KÖNIG
Was für ein Streit?

ELSA
(sehr aufgeregt an Lohengrins
Brust stürzend
)
Mein Herr! O mein Gebieter!

LOHENGRIN
Was ist?

DER KÖNIG
Wer wagt es hier, den Kirchengang
zu stören?

DES KÖNIGS GEFOLGE
Welcher Streit, den wir vernahmen?

LOHENGRIN
(Ortrud erblickend)
Was seh ich! Das unsel'ge Weib bei dir?

ELSA
Mein Retter! Schütze mich vor dieser Frau!
Schilt mich, wenn ich dir ungehorsam war!
In Jammer sah ich sie vor dieser Pforte,
aus ihrer Not nahm ich sie bei mir auf: -
Nun sieh, wie furchtbar sie mir lohnt die Güte,
(etwas zurückhaltend)
Sie schilt mich, dass ich dir zu sehr vertrau!

LOHENGRIN
(den Blick fest und bannend auf
Ortrud heftend, welche vor ihm sich
nicht zu regen vermag
)
Du fürchterliches Weib, steh ab von ihr!
Hier wird dir nimmer Sieg! -
(Er wendet sich freundlich zu Elsa)
Sag, Elsa, mir,
vermocht ihr Gift sie in dein Herz zu giessen?

(Elsa birgt ihr Gesicht weinend an seiner Brust)

LOHENGRIN
(sie aufrichtend und nach
dem Münster deutend
)
Komm, lass in Freude dort diese Tränen fliessen!

(Er wendet sich mit Elsa und dem König dem Zuge voran nach dem Münster; alle lassen sich an, wohlgeordnet zu folgen.)

(Friedrich tritt auf der Treppe des Münsters hervor; die Frauen und Edelknaben, als sie ihn erkennen, weichen entsetzt aus seiner Nähe.)

FRIEDRICH
O König! Trugbetörte Fürsten! Haltet ein!

DER KÖNIG
Was will der hier?

DIE MÄNNER
Was will der hier? Verfluchter, weich von dannen!

FRIEDRICH
O hört mich an!

KÖNIG
Zurück! Weiche von dannen!

DIE MÄNNER
Hinweg! Du bist des Todes, Mann!

FRIEDRICH
Hört mich, dem grimmes Unrecht ihr getan!

KÖNIG
Hinweg!

DIE MÄNNER
Hinweg! Weich von dannen!

FRIEDRICH
Gottes Gericht, es ward entehrt, betrogen!
Durch eines Zaubrers List seid ihr belogen!

DIE MÄNNER
Greift den Verruchten!

KÖNIG
Greift den Verruchten!

DIE MÄNNER
Hört! er lästert Gott!
(Sie dringen von allen
Seiten auf ihn ein
)

FRIEDRICH
(mit der fürchterlichsten Anstrengung,
um gehört zu werden, seinen Blick
nur auf Lohengrin geheftet und der
Andringenden nicht achtend
)
Den dort im Glanz ich vor mir sehe,
den klage ich des Zaubers an!
(Die Andringenden schrecken vor Friedrichs,
von höchster Kraft der Verzweiflung
erbebender Stimme zurück und hören
endlich aufmerksam zu
)
Wie Staub vor Gottes Hauch verwehe
die Macht, die er durch List gewann!
Wie schlecht ihr des Gerichtes wahrtet,
das doch die Ehre mir benahm, -
da eine Frag ihr ihm erspartet,
als er zum Gotteskampfe kam!
Die Frage nun sollt ihr nicht wehren,
dass sie ihm jetzt von mir gestellt: -
(in gebieterischer Stellung)
Nach Namen, Stand und Ehren
frag ich ihn laut vor aller Welt!
(Bewegung grosser Betroffenheit unter allen)
Wer ist er, der ans Land geschwommen,
gezogen von einem wilden Schwan?
Wem solche Zaubertiere frommen,
des Reinheit achte ich für Wahn!
Nun soll der Klag er Rede stehn;
vermag er's, so geschah mir recht, -
wo nicht, so sollet ihr ersehn,
um seine Reine steh es schlecht!

(Alle blicken bestürzt und erwartungsvoll auf Lohengrin.)

DER KÖNIG, DIE MÄNNER,
FRAUEN UND KNABEN
Welch harte Klagen! Was wird er ihm entgegnen?

LOHENGRIN
Nicht dir, der so vergass der Ehren,
hab not ich Rede hier zu stehn!
Des Bösen Zweifel darf ich wehren,
vor ihm wird Reine nie vergehn!

FRIEDRICH
Darf ich ihm nicht als würdig gelten,
dich ruf ich, König, hoch geehrt!
Wird er auch dich unadlig schelten,
dass er die Frage dir verwehrt?

LOHENGRIN
Ja, selbst dem König darf ich wehren,
und aller Fürsten höchstem Rat!
Nicht darf sie Zweifels Last beschweren,
sie sahen meine gute Tat!
Nur Eine ist's, der muss ich Antwort geben:
Elsa...

(Lohengrin hält betroffen an, als er, sich zu Elsa wendend, diese mit heftig wogender Brust in wildem innerem Kampfe vor sich hinstarren sieht.)

LOHENGRIN
Elsa! - wie seh ich sie erbeben!
In wildem Brüten muss ich sie gewahren!
Hat sie betört des Hasses Lügenmund?
O Himmel! schirm ihr Herz vor den Gefahren!
Nie werde Zweifel dieser Reinen kund!

FRIEDRICH UND ORTRUD
In wildem Brüten darf ich sie gewahren,
der Zweifel keimt in ihres Herzens Grund!
der mir zur Not in dieses Land gefahren,
er ist besiegt, wird ihm die Frage kund!

DER KÖNIG UND ALLE MÄNNER
Welch ein Geheimnis muss der Held bewahren?
Bringt es ihm Not, so wahr es treu sein Mund!
Wir schirmen ihn, den Edlen, vor Gefahren;
durch seine Tat ward uns sein Adel kund!

ELSA
(der Umgebung entrückt
vor sich hinblickend
)
Was er verbirgt, wohl brächt es ihm Gefahren,
vor aller Welt spräch es hier aus sein Mund;
die er errettet, weh mir Undankbaren,
verriet ich ihn, dass hier es werde kund. -
Wüsst ich sein Los, ich wollt es treu bewahren!
Im Zweifel doch erbebt des Herzens Grund!


DER KÖNIG
Mein Held, entgegne kühn dem Ungetreuen!
Du bist zu hehr, um, was er klagt, zu scheuen!

DIE MÄNNER
(sich an Lohengrin drängend)
Wir stehn zu dir, es soll uns nicht gereuen,
dass wir der Helden Preis in dir erkannt!
Reich uns die Hand! Wir glauben dir in Treuen,
dass hehr dein Nam, wenn er auch nicht genannt!

LOHENGRIN
Euch Helden soll der Glaube nicht gereuen,
werd euch mein Nam und Art auch nie genannt!


(Während Lohengrin, von den Männern, in deren dargereichte Hand er jedem einschlägt, umringt, etwas tiefer im Hintergrund verweilt - drängt sich Friedrich unbeachtet an Elsa, welche bisher vor Unruhe, Verwirrung und Scham noch nicht vermocht hat, auf Lohengrin zu blicken, und so, mit sich kämpfend, noch einsam im Vordergrunde steht.)

FRIEDRICH
(leisa mit leidenschaftlicher
Unterbrechung sich zu Elsa neigend
)
Vertraue mir! Lass dir ein Mittel heissen,
das dir Gewissheit schafft!

ELSA
(erschrocken, doch leise)
Hinweg von mir!

FRIEDRICH
Lass mich das kleinste Glied ihm nur entreissen,
des Fingers Spitze, und ich schwöre dir,
was er dir hehlt, sollst frei du vor dir sehn,
dir treu, soll nie er dir von hinnen gehn!

ELSA
Ha! Nimmermehr!

FRIEDRICH
Ich bin dir nah zur Nacht, -
rufst du, ohn Schaden ist es schnell vollbracht.

LOHENGRIN
(schnell in den Vordergrund tretend)
Elsa, mit wem verkehrst du da?

(Elsa wendet sich mit einem zweifelvoll schmerzlichen Blick von Friedrich ab, und sinkt tief erschüttert zu Lohengrins Füssen.)

LOHENGRIN
(mit fürchterlicher Stimme
zu Friedrich und Ortrud
)
Zurück von ihr, Verfluchte!
Dass nie mein Auge je
euch wieder bei ihr seh!
(Friedrich macht eine Gebärde
der schmerzlichsten Wut
)
Elsa, erhebe dich! - In deiner Hand,
in deiner Treu liegt alles Glückes Pfand!
Lässt nicht des Zweifels Macht dich ruhn?
Willst du die Frage an mich tun?

ELSA
(in heftigster innerer Aufregung
und in schamvoller Verwirrung
)
Mein Retter, der mir Heil gebracht!
Mein Held, in dem ich muss vergehn, -
(mit Bedeutung und Entschluss)
hoch über alles Zweifels Macht
soll meine Liebe stehn.
(Sie sinkt an seine Brust)

(Die Orgel ertönt aus dem Münster; Glockengeläute.)

LOHENGRIN
Heil dir, Elsa! Nun lass vor Gott uns gehn!

DIE MÄNNER
(in begeisterter Rührung)
Seht, er ist von Gott gesandt!

DIE FRAUEN UND KNABEN
Heil! Heil!

(Lohengrin führt Elsa feierlich an den Edlen vorüber zum König. Wo Lohengrin mit Elsa vorbeikommt, machen die Männer ehrerbietig Platz.)

DIE MÄNNER
Heil euch! Heil Elsa von Brabant!
(Von dem König geleitet,
schreiten Lohengrin und Elsa
langsam dem Münster zu
)
Gesegnet sollst du schreiten!
Gott möge dich geleiten!

DIE MÄNNER, FRAUEN UND KNABEN
Heil dir, Tugendreiche!
Heil Elsa von Brabant!

(Als der König mit dem Brautpaare die höchste Stufe erreicht, wendet sich Elsa in grosser Ergriffenheit zu Lohengrin, dieser empfängt sie in seinen Armen. Aus dieser Umarmung blickt sie mit scheuer Besorgnis rechts von der Treppe hinab und gewahrt Ortrud, welche den Arm gegen sie erhebt, als halte sie sich des Sieges gewiss; Elsa wendet erschreckt ihr Gesicht ab. Als Elsa und Lohengrin, wieder vom König geführt, dem Eingange des Münsters weiter zuschreiten, fällt der Vorhang.)

(Il Re, Lohengrin, i Conti e Nobili sassoni sono usciti dal Palazzo in corteo solenne; il corteo viene interrotto dalla ressa sul proscenio. Il Re e Lohengrin avanzano con vivacità facendosi strada tra i gruppi confusi del proscenio.)


I BRABANTINI
Salute! Salute al Re!
Salute al Protettore di Brabante!

IL RE
Quale contrasto?

ELSA
(molto eccitata, gettandosi
tra le braccia di Lohengrin
)
O mio signore, o mio sovrano!

LOHENGRIN
Che c'è?

IL RE
Chi osa qui l'accesso alla chiesa turbare?

IL SEGUITO DEL RE
Quale è mai la lotta, di cui abbiamo inteso?

LOHENGRIN
(scorgendo Ortruda)
Che vedo? La sciagurata donna vicino a te?

ELSA
Mio salvatore! Proteggimi da questa donna!
Rimproverami, se io t'ho disubbidito!
In dolore io la vidi avanti a questa porta,
tocca dalla sua miseria, l'accolsi presso di me:...
Ora vedi, come spaventevolmente mi compensa della mia bontà. / (un poco trattenendosi)
Ella m'accusa di troppo fidare in te!

LOHENGRIN
(tenendo Ortruda ferma e come inchiodata
sotto il suo sguardo, in modo che ella
non osa più muoversi innanzi a lui
)
Esecrabile donna, scóstati dal lei!
Qui non avrai mai vittoria!...
(Si volge affettuosamente ad Elsa)
Dimmi, Elsa,
il suo veleno ha potuto penetrare nel tuo cuore?

(Elsa nasconde il viso sul suo petto, piangendo)

LOHENGRIN
(rialzandola ed accennando alla chiesa)
Vieni, lascia che in letizia colà queste lacrime scorrano!

(Egli si pone, insieme con Elsa e col Re, a capo del corteo, dirigendosi verso la chiesa; tutti si dispongono a seguire ordinatamente.)

(Federico balza sulla gradinata della chiesa; le donne ed i Paggi, nel riconoscerlo, si allontanano da lui con terrore.)

FEDERICO
O Re! O principi ingannati! Fermate!

IL RE
Che vuole qui costui?

GLI UOMINI
Che vuole qui costui? Maledetto, vattene!

FEDERICO
Oh, uditemi!

IL RE
Indietro! Vattene!

GLI UOMINI
Via! Uomo, tu appartieni alla morte!

FEDERICO
Udite me, cui faceste crudele ingiustizia!

IL RE
Via!

GLI UOMINI
Via! Vattene!

FEDERICO
Il giudizio di Dio fu profanato e corrotto!
Dall'artifizio d'un incantatore siete stati tratti in inganno!

GLI UOMINI
Afferrate l'infame!

IL RE
Afferrate l'infame!

GLI UOMINI
Udite, egli bestemmia Iddio!
(Fanno impeto contro di lui
da tutte le parti
)

FEDERICO
(forzando terribilmente la voce per farsi udire, fisso lo sguardo solo su Lohengrin, senza badare agli assalitori)
Colui che radioso io vedo innanzi a me,
d'incantamento io l'accuso!
(Gli assalitori arretrano spaventati
innanzi alla voce di Federico, tremante
per l'estrema forza della disperazione,
ed ascoltano infine attentamente
)
Che davanti al soffio divino si sperda come polvere
il potere che per inganno egli acquistò!
Come male avete tutelato il giudizio,
che pure mi privò dell'onore,...
perché una domanda a lui risparmiaste,
quand'egli venne al giudizio di Dio!
La domanda non vorrete ora impedire,
che a lui da me sia qui rivolta:...
(in atteggiamento imperioso)
Del suo nome, e condizione e onore,
io, ad alta voce, gli domando davanti a tutti!
(movimento generale di grande stupore)
Chi è costui, che per via d'acqua a questa terra,
[è venuto] tratto da un selvaggio cigno?
Colui, cui giovano simili animali incantati,
di lui credo illusoria la purezza!
Ora egli deve rispondere all'accusa;
s'egli lo può, giusto è quel che m'ha colpito;
se no, voi ben comprenderete,
come a mal partito si trovi la sua purezza!

(Tutti guardano a Lohengrin perplessi e pieni d'attesa.)

IL RE, GLI UOMINI,
DONNE E FANCIULLI
Quali dure accuse! Che gli risponderà?

LOHENGRIN
Non di fronte a te, così dimentico dell'onore,
ho io necessità qui di rispondere!
M'è lecito respingere il dubbio del malvagio;
la purezza non si perderà mai di fronte a lui!

FEDERICO
Se non posso valere come degno innanzi a lui,
a te m'appello, o Re altamente onorato!
Oltraggerà anche te quale ignobile,
così da impedire anche a te la domanda?

LOHENGRIN
Sì, anche al Re io la devo impedire,
ed all'alto consesso di tutti i príncipi!
Non è permesso che il peso del dubbio li gravi:
essi hanno ben visto la mia leale impresa!
Una sola persona v'è, cui io debbo rispondere:
Elsa...

(Lohengrin s'arresta sorpreso, poiché, volgendosi verso Elsa, la vede avanti a sé irrigidita ed anelante il petto in selvaggia lotta interiore.)

LOHENGRIN
Elsa!... come la vedo tremare!
In dilaniante sospetto io debbo scorgerla!
La bocca mendace dell'odio l'ha forse sedotta?
O cielo! Proteggi dal pericolo il suo cuore!
Che questa donna pura non conosca mai dubbio!

FEDERICO E ORTRUDA
In dilaniante sospetto m'è concesso di scorgerla,
spunta il germe del dubbio nel fondo del suo cuore;
colui ch'è venuto in questa terra per la mia sciagura
sarà vinto, se gli si rivolgerà la domanda!

IL RE E TUTTI GLI UOMINI
Quale segreto mai deve l'eroe custodire?
se [il palesarlo] gli deve portar sciagura, fedele lo chiuda la sua bocca!
Noi lo proteggeremo, lui nobile, contro il pericolo;
per la sua impresa la sua nobiltà ci fu manifesta.

ELSA
(estranea a ciò che la circonda,
guardando fissa innanzi a sé
)
Se quel ch'egli nasconde, dovesse portarlo in pericolo, / quando davanti a tutti, di sua bocca fosse proclamato; / guai a me sconoscente, ch'egli ha salvato! / Io lo tradirei, se qui fosse svelato...
Se io conoscessi la sua sorte, oh come fedele ne custodirei il segreto!
Ma intanto trema nel dubbio il fondo del mio cuore!

IL RE
Mio eroe, rispondi ardito allo sleale!
Troppo tu sei nobile per temere della sua accusa!

GLI UOMINI
(facendo ressa intorno a Lohengrin)
Noi garantiamo per te, né ce ne pentiremo,
d'avere riconosciuto in te il fiore degli eroi!
Qui la mano! Noi a te lealmente crediamo,
che nobile sia il tuo nome, anche se non palesato.

LOHENGRIN
Né voi eroi, vi pentirete della vostra fede,
se anche il mio nome e la mia schiatta vi sarà palesata!

(Mentre Lohengrin, circondato dagli uomini, a cui stringe le mani che ciascuno gli porge, indugia un poco più lontano nel fondo - Federico s'accosta inosservato ad Elsa, che fino a questo momento, tra l'angoscia, la confusione e la vergogna, non ha ancora potuto volgere lo sguardo a Lohengrin, e così, in contrasto con sé stessa, è rimasta sola sul davanti della scena.)

FEDERICO
(chinandosi su Elsa, a voce bassa,
rotta dalla passione
)
Fidati di me! Lascia ch'io t'insegni un mezzo,
che ti darà la certezza!

ELSA
(spaventata, ma a bassa voce)
Via da me!

FEDERICO
Lascia ch'io gli strappi solo una parte minima del suo corpo, / la punta d'un dito, ed io ti giuro,
che quel ch'egli nasconde, lo vedrai chiaro avanti a te; / e a te fedele, mai non ti fuggirà di qui!

ELSA
Ah! giammai!

FEDERICO
Sarò vicino a te questa notte... / Se appena tu chiami, senza pericolo, tutto è presto compiuto.

LOHENGRIN
(avanzando in fretta verso il proscenio)
Elsa, con chi tratti costà?

(Elsa si ritrae da Federico con uno sguardo pieno di dubbio doloroso, e cade profondamente commossa ai piedi di Lohengrin.)

LOHENGRIN
(con voce terribile
a Federico ed Ortruda
)
Lontani da lei maledetti!
Che mai il mio occhio
vi veda ancora presso di lei!
(Federico fa un gesto
di disperato furore
)
Elsa, alzati!... Nella tua mano,
nella tua fede, è il pegno d'ogni felicità!
La potenza del dubbio non ti dà tregua?
Vuoi tu volgermi la domanda?

ELSA
(in preda alla più violenta commozione
dello spirito, ed in vereconda confusione
)
Mio salvatore, che a me portasti salute!
Mio eroe, in cui tutta io debbo disciogliermi,...
(con solennità e decisione)
alto sulla forza di ogni dubbio
s'alzerà il mio amore!
(S'abbandona sul suo petto)

(L'organo suona dalla chiesa; suono di campane.)

LOHENGRIN
Salute a te, Elsa! Ed ora fa' che andiamo avanti al Signore!

GLI UOMINI
(con commosso entusiasmo)
Vedete, egli è il messo del Signore!

LE DONNE E I FANCIULLI
Salve! Salve!

(Lohengrin conduce solennemente Elsa al Re, passando davanti ai Nobili; via via che passano, gli Uomini fan largo rispettosamente.)

GLI UOMINI
Salute a voi! Salute ad Elsa di Brabante!
(Accompagnati dal Re,
Lohengrin ed Elsa s'avviano
lentamente verso la chiesa
)
Benedetta tu avanzi,
Che Dio t'accompagni!

GLI UOMINI, DONNE E FANCIULLI
Salute a te, virtuosissima!
Salute ad Elsa di Brabante!

(Quando il Re raggiunge il gradino più alto insieme con la coppia dei fidanzati, Elsa si volge con commozione profonda a Lohengrin, che la stringe tra le sue braccia. Nell'atto stesso dell'abbraccio, ella guarda con timida angoscia a destra giù dalla gradinata, e scorge Ortruda che alza il braccio contro di lei, come se si tenesse già certa della vittoria. Elsa spaventata distoglie il capo. Quando Elsa e Lohengrin, nuovamente condotti dal Re, avanzano ancora verso l'ingresso della chiesa, cala la tela.)



dir: Claudio Abbado (1990)
Placido Domingo (Lohengrin), Cheryl Studer (Elsa), Hartmut Welker (Friedrich), Dunja Vejzovic (Ortrud), Robert Lloyd (König Heinrich)


dir: Wolfgang Sawallisch
Jess Thomas (Lohengrin), Ramon Vinay (Friedrich), Anja Silja (Elsa), Astrid Varnay (Ortrud),
Franz Crass (König Heinrich)


"O König! Trugbetörte Fürsten! Haltet ein!"
Bela Perencz (Friedrich)




"Heil! Heil dem König!"
dir: Rudolf Kempe
Jess Thomas (Lohengrin), Gottlob Frick (König),
Dietrich Fischer-Dieskau (Friedrich),
Elisabeth Grummer (Elsa), Christa Ludwig (Ortrud)

"Welch ein Geheimnis muss der Held bewahren?"
dir: Rudolf Kempe
Jess Thomas (Lohengrin), Gottlob Frick (König),
Dietrich Fischer-Dieskau (Friedrich),
Elisabeth Grummer (Elsa), Christa Ludwig (Ortrud)

14 gennaio 2016

Lohengrin (12) - La processione

Scritto da Marisa

Durante la processione che conduce Elsa verso la cattedrale (una delle pagine musicali più mirabili dell'opera di Wagner), Ortruda – contraddicendo il suo precedente atteggiamento di apparente sottomissione, e rivelando la sua vera natura – sfida apertamente la ragazza, ponendosi di fronte a lei davanti alla porta della chiesa. Orgogliosa di conoscere bene il nome e la stirpe del marito, mentre Elsa non può fare lo stesso, comincia a instillare in lei l'angoscia di un possibile abbandono:

Puoi tu nomarlo? Puoi tu dirci
se incontaminata è la sua schiatta, provata la sua nobiltà?
Donde le onde l'hanno portato a te,
quando e verso dove egli nuovamente partirà da te?
Questa scena è altamente drammatica e rivela in pieno l'odio accumulato dalla donna, che finalmente può riversarsi sull'unica persona inerme e vulnerabile. Infatti Ortruda non si rivolgerebbe mai con questi toni ad un uomo, consapevole che in pieno patriarcato agli uomini è opportuno rivolgersi con deferenza (anche se nel suo caso simulata), mentre non ha nessun riguardo verso Elsa che diventa il bersaglio privilegiato, una vera e propria vittima, il capro espiatorio classico quando la violenza deve essere deviata e scaricata su chi si mostra più debole ed indifeso.

Elsa, coraggiosamente (anche se il dubbio sta ormai lavorando già dentro di lei), riconferma la sua fede nel cavaliere (“Così pura e nobile è la sua natura, / così ricco di virtù quell'uomo augusto, / che mai potrà recuperar salute, / chiunque dubiti della sua missione!"). Ma subito dopo, all'arrivo degli uomini, la vediamo chiedere aiuto e protezione (“Mio salvatore! Proteggimi da questa donna! / Rimproverami, se io t'ho disubbidito!”). Si rimette così, ancora una volta, esclusivamente alla protezione del suo campione.

La figura di Ortruda può essere paragonata a quella delle sorelle di Psiche, anch'esse figure d'ombra rispetto alla luminosa e bellissima giovane sorella, che nella favola di Apuleio hanno il compito di instigare Psiche contro il marito sconosciuto inducendola ad infrangere la promessa di non osare conoscerne l'aspetto e l'identità. Esse infatti, dietro l'apparente amore di sorella, covano invidie e gelosie che trovano il loro bersaglio quando la fanciulla sembra ormai felice e il pericolo passato. Psiche non solo non è stata divorata dal mostro a cui si pensava essere stata abbandonata in sacrificio, ma è felice in un mondo paradisiaco, come è felice ora Elsa che, finalmente riabilitata, sta per sposare con tutti gli onori il suo meraviglioso cavaliere-salvatore. Ma, quanto più alto è il livello di felicità, tanto più il pericolo che l'ombra possa agire e distruggerla è reale e mai la coscienza è tanto inerme e vulnerabile come quando si crede al sicuro dentro una felicità ormai raggiunta... (quando mai?). Il momento è dunque propizio, perché quando si è felici si abbassa la guardia!

Oltre che dall'invidia, motore sempre molto potente per distruggere la felicità degli altri, le sorelle di Psiche sono mosse – secondo la profonda e dettagliata interpretazione psicoanalitica di Neumann – da un bisogno inconscio, ma non per questo meno valido, di ostacolare il nuovo sviluppo che la relazione di Psiche con Eros sta determinando al posto del vecchio sistema relazionale in cui, secondo il mondo archetipico della Grande Madre rappresentato da Afrodite, la donna è solo uno strumento per la fecondità. Il piacere femminile, nonostante la grande enfasi data all'amore dalla dea, in realtà non ha niente a che fare con una relazione personale anche psicologica, e quindi non si può legittimamente parlare di vero amore ma solo di sessualità. In realtà, paradossalmente, proprio l'intervento delle sorelle spingerà Psiche ad una ricerca personale e alla scoperta della potenza di un amore diverso dal piacere dei sensi e si avvierà il bisogno di una relazione amorosa reciproca basata sulla “conoscenza” dell'altro e sull'innamoramento che nasce dalla visione e non alla cieca.

Ortruda, a differenza delle sorelle di Psiche, agisce in piena consapevolezza anche rispetto al bisogno di vendicare il vecchio sistema di valori e la religione ormai bandita e repressa, e questa motivazione è forse maggiore anche rispetto alla frustrazione personale di vedere l'innocente Elsa trionfare. Elsa rimane solo uno strumento nelle sue mani, così come lo è Federico, verso cui non prova nessun amore, tant'è vero che non la vedremo provare alcun dolore per la sua morte.

Clicca qui per il testo.

(Ein langer Zug von Frauen in prächtigen Gewändern schreitet langsam aus der Pforte der Kemenate auf den Söller; er wendet sich links auf dem Hauptwege am Palas vorbei und von da wieder nach vorn dem Münster zu, auf dessen Stufen die zuerst Gekommenen sich aufstellen.)

DIE EDLEN UND MANNEN
(während des Aufzugs)
Gesegnet soll sie schreiten,
die lang in Demut litt!
Gott möge sie geleiten,
Gott hüte ihren Schritt! -

(Die Edlen, die unwillkürlich die Gasse wieder vertreten hatten, weichen hier vor den Edelknaben aufs neue zurück, welche dem Zuge, da er bereits vor dem Palas angekommen ist, Bahn machen. Elsa ist, prächtig geschmückt, im Zuge aufgetreten und hier auf der Erhöhung vor dem Palas angelangt; die Gasse ist wieder offen, alle können Elsa sehen, welche eine Zeitlang verweilt.)


DIE EDLEN UND MANNEN
Sie naht, die Engelgleiche,
von keuscher Glut entbrannt!
(Elsa schreitet aus dem Hintergrunde
langsam nach vorn durch die Gasse
der Männer
)
Heil dir, o Tugendreiche!
Heil Elsa von Brabant!

(Hier sind ausser den Edelknaben auch die vordersten Frauen bereits auf der Treppe des Münsters angelangt, wo sie sich aufstellen, um Elsa den Vortritt in die Kirche zu lassen; unter den Frauen, welche ihr noch folgen und den Zug schliessen, geht Ortrud, ebenfalls reich gekleidet; die Frauen, die dieser zunächst gehen, halten sich voll Scheu und wenig verhaltenem Unwillen von ihr entfernt, so dass sie sehr einzeln erscheint: in ihren Mienen drückt sich immer steigender Ingrimm aus. Als Elsa unter dem lauten Zurufe des Volkes eben den Fuss auf die erste Stufe zum Münster setzen will, tritt Ortrud, welche bisher unter den letzten Frauen des Zuges gegangen heftig hervor, schreitet auf Elsa zu, stellt sich auf derselben Stufe ihr entgegen und zwingt sie so, vor ihr wieder zurückzutreten.)

ORTRUD
Zurück, Elsa! Nicht länger will ich dulden,
dass ich gleich einer Magd dir folgen soll!
Den Vortritt sollst du überall mir schulden,
vor mir dich beugen sollst du demutsvoll!

DIE EDELKNABEN UND DIE MÄNNER
Was will das Weib?

ELSA
(heftig erschrocken)
Um Gott! Was muss ich sehn?
Welch jäher Wechsel ist mit dir geschehn?

(Ortrud wird von den Edelknaben nach der Mitte der Bühne zurückgedrängt.)

ORTRUD
Weil eine Stund ich meines Werts vergessen,
glaubst du, ich müsste dir nur kriechend nahn?
Mein Leid zu rächen will ich mich vermessen,
was mir gebührt, das will ich nun empfahn!

(Lebhaftes Staunen und Bewegung aller)

ELSA
Weh, liess ich durch dein Heucheln mich verleiten!
Die diese Nacht sich jammernd zu mir stahl:
wie willst du nun in Hochmut vor mir schreiten, -
du, eines Gottgerichteten Gemahl!

ORTRUD
(mit dem Anschein tiefer
Gekränktheit und stolz
)
Wenn falsch Gericht mir den Gemahl verbannte,
war doch sein Nam im Lande hoch geehrt;
als aller Tugend Preis man ihn nur nannte,
gekannt, gefürchtet war sein tapfres Schwert.
Der deine, sag, wer sollte hier ihn kennen,
vermagst du selbst den Namen nicht zu nennen!

MÄNNER, FRAUEN UND KNABEN
(in grosser Bewegung)
Was sagt sie? Ha, was tut sie kund?
Sie lästert! Wehret ihrem Mund!

ORTRUD
Kannst du ihn nennen, kannst du uns es sagen,
ob sein Geschlecht, sein Adel wohl bewährt?
Woher die Fluten ihn zu dir getragen,
wann und wohin er wieder von dir fährt?
Ha, nein!
(mit grosser Kraft)
Wohl brächte es ihm schlimme Not, -
der kluge Held
(etwas gedehnt)
die Frage drum verbot!

MÄNNER, FRAUEN UND KNABEN
Ha, spricht sie wahr? Welch schwere Klagen! -
Sie schmähet ihn! Darf sie es wagen? -

ELSA
(nach grosser Betroffenheit sich ermannend)
Du Lästerin! Ruchlose Frau!
Hör, ob ich Antwort mir getrau!
(mit grosser Wärme)
So rein und edel ist sein Wesen,
so tugendreich der hehre Mann,
dass nie des Unheils soll genesen,
wer seiner Sendung zweifeln kann!

DIE MÄNNER
Gewiss! Gewiss!

ELSA
Hat nicht durch Gott im Kampf geschlagen
mein teurer Held den Gatten dein?
(zum Volke)
Nun sollt nach Recht ihr alle sagen,
wer kann da nur der Reine sein?

MÄNNER, FRAUEN UND KNABEN
Nur er! nur er! Dein Held allein!

ORTRUD
(Elsa verspottend)
Ha, diese Reine deines Helden,
wie wäre sie so bald getrübt,
müsst er des Zaubers Wesen melden,
durch den hier solche Macht er übt!
Wagst du ihn nicht darum zu fragen,
(sehr bestimmt)
so glauben alle wir mit Recht,
du müsstest selbst in Sorge zagen,
um seine Reine steh es schlecht!

DIE FRAUEN
(Elsa unterstützend)
Helft ihr vor der Verruchten Hass!

(Der Palas wird geöffnet, die vier Heerhornbläser des Königs schreiten heraus und blasen.)

DIE MÄNNER
(dem Hintergrunde zu blickend)
Macht Platz! Macht Platz! Der König naht!

(Un lungo corteo di Donne in abiti sfarzosi esce lentamente dalla parte della Caminata sul balcone; si volge quindi a sinistra sulla principale strada d'accesso davanti al Palazzo, e di là nuovamente avanza verso la chiesa, sui gradini della quale si dispongono le prime arrivate.)

I NOBILI ED I VASSALLI
(durante il corteo)
Avanzi benedetta,
colei che lungamente sofferse in umiltà!
Che Dio l'accompagni,
Che Dio protegga il suo passo!...

(I Nobili, che involontariamente hanno invaso lo spazio riservato al corteo, nuovamente si ritraggono davanti ai Paggi, i quali, poiché il corteo è già arrivato davanti al Palazzo, fan largo. Elsa, magnificamente vestita, è apparsa nel corteo, ed a questo punto ha raggiunto l'altana davanti al Palazzo. La strada d'accesso è nuovamente aperta; tutti possono vedere Elsa, che indugia qualche istante.)

I NOBILI ED I VASSALLI
Ella s'appressa, la simile agli angeli,
accesa d'un casto ardore!
(Da questo momento, ella avanza
lentamente dal fondo sulla strada,
tra gli uomini che fanno ala
)
Salute a te, o virtuosissima!
Salute ad Elsa di Brabante!

(A questo punto, non solo i Paggi, ma anche le Donne che sono in testa al corteo, sono già arrivate sulla gradinata della chiesa, ed ivi fanno ala per lasciare ad Elsa libero accesso in chiesa. Tra le Donne che ancora la seguono e chiudono il corteo, si trova Ortruda anch'essa riccamente vestita. Le Donne che camminano a lei vicine, si tengono discoste da lei, piene d'orrore e di mal dissimulato dispetto. Nei loro visi si esprime uno sdegno sempre crescente. Quando Elsa tra le alte acclamazioni del popolo sta appunto per mettere il piede sul primo gradino verso la chiesa, Ortruda, che fino ad ora ha camminato fra le ultime Donne del corteo, esce impetuosamente, s'avanza verso Elsa, le si pone di contro sullo stesso gradino, e così la costringe nuovamente a ritirarsi davanti a lei.)

ORTRUDA
Indietro Elsa! Non più io voglio soffrire,
che simile ad ancella io ti debba seguire!
Il passo ovunque a me devi cedere,
avanti a me curvarti umilmente tu devi!

I PAGGI E GLI UOMINI
Che vuole questa donna?

ELSA
(fortemente spaventata)
Mio Dio! Che debbo vedere?
Quale mutamento improvviso in te è avvenuto?

(Ortruda viene respinta dai Paggi verso il mezzo della scena.)

ORTRUDA
Perché io fui dimentica un'ora della mia dignità,
credi tu, che solo strisciando io dovrei accostarti?
Osare io voglio la vendetta della mia offesa;
quel che mi spetta, ora io voglio ricevere!

(Grande stupore e commozione di tutti)

ELSA
Ahimè! Dalla tua ipocrisia mi son lasciata sedurre!
La quale stanotte, coi lamenti a me s'insinuò!
Come vuoi tu ora orgogliosamente precedermi,...
tu, la moglie d'un condannato da Dio?

ORTRUDA
(con l'aspetto di persona profondamente
offesa, e superbamente
)
Se un falso giudizio m'ha bandito il consorte,
pure fu il suo nome in questa terra onorato;
fiore di tutte le virtù, così soltanto era chiamato:
conosciuto, temuto fu il suo valoroso brando.
Il tuo, dimmi, chi dovrebbe qui conoscerlo,
se tu stessa non puoi dire il suo nome!

UOMINI, DONNE E FANCIULLI
(in grande commozione)
Che disce mai? Ah! che cosa svela?
Ella insulta? Chiudetele la bocca!

ORTRUDA
Puoi tu nomarlo? Puoi tu dirci / se incontaminata è la sua schiatta, provata la sua nobiltà?
Donde le onde l'hanno portato a te, / quando e verso dove egli nuovamente partirà da te?
Ah, no!
(con gran forza)
Tutto questo a mal partito lo metterebbe,...
e perciò il prudente eroe
(strascicando un poco)
proibì la domanda!

UOMINI, DONNE E FANCIULLI
Ah! Dice ella il vero? Quali gravi accuse!
Ella lo accusa! Gli è permesso d'osarlo?...

ELSA
(rimettendosi dal grave sbalordimento)
Calunniatrice! Scellerata donna,
odi, com'io oso risponderti!
(con gran calore)
Così pura e nobile è la sua natura,
così ricco di virtù quell'uomo augusto,
che mai potrà recuperar salute,
chiunque dubiti della sua missione!

GLI UOMINI
Certo! Certo!

ELSA
Non ha forse, con l'aiuto di Dio, battuto in campo
l'amato mio eroe il tuo consorte?
(al popolo)
Ora voi tutti, secondo giustizia, voi dovete dire,
chi può essere qui il solo puro?

UOMINI, DONNE E FANCIULLI
Egli soltanto! Egli soltanto! Solo il tuo eroe!

ORTRUDA
(schernendo Elsa)
Ah! questa purezza del tuo eroe,
come d'un subito si turberebbe,
dovesse egli palesare la natura della magia,
ond'egli esercita il suo potere!
Se tu non osi di questo interrogarlo,
(molto decisa)
noi tutti di buon diritto crederemo,
che tu stessa tremi dall'apprensione,
che la sua purezza si trovi a mal partito!

LE DONNE
(sorreggendo Elsa)
Soccorretela contro l'odio dell'infame!

(Il Palazzo s'apre, i quattro Trombettieri del Re escono e suonano)

GLI UOMINI
(guardando verso il fondo)
Fate largo! Fate largo! Viene il Re!




dir: Claudio Abbado (1990)
Dunja Vejzovic (Ortrud), Cheryl Studer (Elsa)


Processione di Elsa
(orchestra e coro)

Processione di Elsa
(versione per banda musicale)

11 gennaio 2016

Lohengrin (11) - Federico e i suoi fedeli

Scritto da Christian

La notte è trascorsa, giungono i primi albori. La scena di sposta davanti alla chiesa dove saranno celebrate le nozze di Lohengrin e di Elsa. Federico è lì presente, nascosto. Mentre i trombettieri del re suonano i loro strumenti, i nobili e i vassalli cominciano a radunarsi per accogliere gli sposi. L'araldo del re rende nota a tutti la "scomunica" di Federico di Telramondo, che il re ha bandito dall'impero per aver "slealmente osato il giudizio di Dio". Il suo ducato è ora affidato al misterioso cavaliere del cigno, che pure non intende farsi chiamare Duca ma semplicemente "Protettore di Brabante". Eppure non tutti i nobili brabantini sono a lui favorevoli: quattro di essi, già vassalli di Federico, palesano fra sé la loro scontentezza per il nuovo stato di cose e si dimostrano ancora fedeli al precedente duca, che può così manifestarsi a loro e anticipare la sua intenzione di accusare Lohengrin di "empio sortilegio" (perché questo è ciò che gli ha fatto credere Ortruda: che il cavaliere lo ha battuto non perché era nel giusto, ma solo grazie alle sue arti magiche).

Questo piccolo episodio (i quattro nobili "reazionari" e fedeli a Telramondo torneranno brevemente, ancora al suo fianco, nel terzo atto) è il segnale di un contrasto che nonostante tutto permane fra i brabantini e i sassoni: essi rappresentano le forze che si oppongono, per motivi personali, all'unificazione dei popoli germanici, quell'unificazione cui Wagner anelava negli anni in cui scriveveva l'opera. Eppure questo elemento (l'episodio, di poche battute, viene addirittura tagliato a volte dagli allestimenti teatrali) è spesso trascurato in scena, per esempio uniformando nei costumi e nella posizione sul palco i vassalli del Brabante e quelli al seguito del re Enrico, come se si trattasse di un'unica massa indistinta.

Il contrasto fra il mondo dei sassoni e quello dei brabantini è [...] un fattore drammatico che merita di esser reso il più chiaro possibile allo spettatore. A quanto pare, ciò non è mai stato realizzato prima delle rappresentazioni bayreuthiane del 1894, che in molte cose furono modello all'impressionante allestimento del 1936. Nella prima e nell'ultima scena dell'opera vi dovrebbe essere la più netta differenziazione visiva tra i costumi e le armi dei sassoni e quelli dei brabantini. [...] Che debba esserci una distinzione evidente, e percepibile dallo spettatore nel corso di tutta l'opera, è condizione indispensabile alla vera comprensione della cornice [storica] del dramma. Molti piccoli particolari provano l'importanza che Wagner stesso annetteva a tale questione.
(Ernest Newman)

Clicca qui per il testo.

(Allmählicher Tagesanbruch. Zwei Wächter blasen vom Turm das Morgenlied; von einem entfernteren Turme hört man antworten. Während die Türmer herabsteigen und das Tor erschliessen, treten aus verschiedenen Richtungen der Burg Dienstmannen auf, begrüssen sich, gehen ruhen an ihre Verrichtungen usw. Einige schöpfen am Brunnen in metallenen Gefässen Wasser, klopfen an die Pforte des Palas und werden damit eingelassen. Die Pforte des Palas öffnet sich von neuem, die vier Heerhornbläser des Königs schreiten heraus und blasen den Ruf. Die Heerhornbläser treten in den Palas zurück. Die Dienstmannen haben die Bühne verlassen. Aus dem Burghofe und durch das Turmtor kommen nun immer zahlreicher brabantische Edle und Mannen vor dem Münster zusammen; sie begrüssen sich in heiterer Erregtheit.)

DIE EDLEN UND MANNEN
In Frühn versammelt uns der Ruf,
gar viel verheisset wohl der Tag!
Der hier so hehre Wunder schuf,
manch neue Tat vollbringen mag.

(Der Heerrufer schreitet aus dem Palas auf die Erhöhung, vor dessen Pforte heraus, die vier Heerhornbläser ihm voran. Der Königsruf wird wiederum geblasen; alle wenden sich in lebhafter Erwartung dem Hintergrunde zu.)

DER HEERRUFER
(auf der Höhe vor
der Pforte des Palas
)
Des Königs Wort und Will tu ich euch kund;
drum achtet wohl, was euch durch mich er sagt! -
In Bann und Acht ist Friedrich Telramund,
weil untreu er den Gotteskampf gewagt; -
Wer sein noch pflegt, wer sich zu ihm gesellt,
nach Reiches Recht derselben Acht verfällt.

DIE MÄNNER
Fluch ihm, dem Ungetreuen,
den Gottes Urteil traf!
Ihn soll der Reine scheuen,
es flieh' ihn Ruh und Schlaf!

(Beim Rufe der Heerhörner sammelt sich das Volk schnell wieder zur Aufmerksamkeit.)

DER HEERRUFER
Und weiter kündet euch der König an,
dass er den fremden, gottgesandten Mann,
den Elsa zum Gemahle sich ersehnt,
mit Land und Krone von Brabant belehnt;
doch will der Held nicht Herzog sein genannt, -
ihr sollt ihn heissen: Schützer von Brabant!

DIE MÄNNER
Hoch der ersehnte Mann!
Heil ihm, den Gott gesandt!
Treu sind wir untertan
dem Schützer von Brabant!

(Neuer Ruf der Heerhornbläser)

DER HEERRUFER
Nun hört, was Er durch mich euch sagen lässt: -
Heut feiert er mit euch sein Hochzeitfest; -
doch morgen sollt ihr kampfgerüstet nahn,
zur Heeresfolg dem König untertan;
er selbst verschmäht der süssen Ruh zu pflegen,
er führt euch an zu hehren Ruhmes Segen!

(Der Heerrufer geht nach einiger Zeit mit den vier Heerhornbläsern in den Palas zurück.)

DIE MÄNNER
(mit Begeisterung)
Zum Streite säumet nicht,
führt euch der Hehre an!
Wer mutig mit ihm ficht,
dem lacht des Ruhmes Bahn!
Von Gott ist er gesandt
zur Grösse von Brabant!

(Während das Volk freudig durcheinander wogt, treten im Vordergrunde vier Edle, Friedrichs sonstige Lehensmannen, zusammen.)

DER ERSTE EDLE
Nun hört, dem Lande will er uns entführen!

DER ZWEITE
Gen einen Feind, der uns noch nie bedroht?

DER DRITTE
Solch kühn Beginnen solle ihm nicht gebühren!

DER VIERTE
Wer wehret ihm, wenn er die Fahrt gebot?

FRIEDRICH
(ist unbemerkt unter sie getreten)
Ich!
(Er enthüllt sein Haupt;
sie fahren entsetzt zurück
)

DIE VIER EDLEN
Ha! Wer bist du? - Friedrich! Seh' ich recht?
Du wagst dich her, zur Beute jedem Knecht?

FRIEDRICH
Gar bald will ich wohl weiter noch mich wagen,
vor euren Augen soll es leuchtend tagen!
Der euch so kühn die Heerfahrt angesagt,
der sei von mir des Gottestrugs beklagt!

DIE VIER EDLEN
War hör' ich? Rasender! Was hast du vor?
Verlorner du, hört dich des Volkes Ohr!

(Sie drängen Friedrich nach dem Münster, wo sie ihn vor dem Blicke des Volkes zu verbergen suchen. - Vier Edelknaben treten aus der Tür der Kemenate auf den Söller, laufen munter den Hauptweg hinab und stellen sich vor dem Palas auf der Höhe auf. Das Volk, das die Knaben gewahrt, drängt sich mehr nach dem Vordergrunde.)

EDELKNABEN
Macht Platz für Elsa, unsre Frau:
Die will in Gott zum Münster gehn.

(Sie schreiten nach vorn, indem sie durch die willig zurückweichenden Edlen eine breite Gasse bis zu den Stufen des Münsters bilden, wo sie dann sich selbst aufstellen. Vier andere Edelknaben treten gemessen und feierlich aus der Tür der Kemenate auf den Söller und stellen sich daselbst auf, um den Zug der Frauen, den sie erwarten, zu geleiten.)

(Lento sorgere del giorno. Due guardiani suonano la diana della torre; si sente rispondere da una torre più lontana. Mentre i guardiani della torre discendono e aprono la porta, entrano dei servitori da diverse parti del castello; si salutano, e se ne vanno tranquillamente per le loro faccende ecc. Alcuni attingono acqua alla fonte in brocche di metallo, battono alla porta del Palazzo, ed in seguito a ciò, vengono introdotti. La porta del palazzo s'apre di nuovo, ed i quattro Trombettieri del Re escono e suonano l'appello. I trombettieri rientrano nel palazzo. I servi hanno abbandonato la scena. Dal cortile del castello ed attraverso la porta della torre, entrano ora Nobili e Vassalli brabantini in numero sempre maggiore, raccogliendosi davanti alla chiesa; essi si salutano con gaiezza commossa.)

NOBILI E VASSALLI
Per tempo ci raccoglie l'appello,
molto in verità promette il nuovo giorno.
Colui che qui sì alti miracoli produsse
può compiere più d'una nuova impresa.

(L'Araldo di guerra esce dal Palazzo, sull'altana davanti al portone, preceduto dai quattro Trombettieri. Si suona nuovamente l'appello reale. Tutti si volgono verso il fondo con viva aspettazione.)

L'ARALDO DI GUERRA
(sull'altana davanti al portone del Palazzo)
Il volere e la parola del Re io vi faccio manifesti;
e perciò ponete bene attenzione a quel ch'egli vi dice per mio mezzo!...
Federico di Telramondo è al bando dell'impero,
perché slealmente egli ha osato il giudizio di Dio:...
chi di lui ancora si cura, chi a lui s'accompagna,
cade secondo il diritto dell'impero sotto lo stesso bando.

GLI UOMINI
Maledizione a lui, lo sleale,
che il giudizio di Dio ha colpito!
Di lui senta orrore l'innocente,
fuggano da lui sonno e riposo!

(All'appello delle trombe, il popolo presto si raccoglie nuovamente in ascolto.)

L'ARALDO DI GUERRA
E inoltre a voi il Re fa manifesto,
che l'eroe straniero inviato da Dio,
cui Elsa desidera per consorte,
egli della terra e della corona investe.
Pure non vuol l'eroe esser chiamato duca,...
voi dovrete chiamarlo Protettore del Brabante!

GLI UOMINI
Viva l'uomo dei nostri voti!
Salute a lui, che Dio ha mandato!
Fedeli sudditi saremo
al Protettore di Brabante!

(Nuovo appello dei Trombettieri)

L'ARALDO DI GUERRA
Ed ora udite quel ch'egli vi fa dire per mio mezzo:...
Egli celebra oggi con voi la festa delle sue nozze;...
ma domani voi vi raccoglierete armati in guerra,
ubbidienti a formare scorta armata al Re;
egli stesso disdegna di darsi al dolce riposo,
e vi conduce a messe alta di gloria!

(Dopo un poco di tempo, l'Araldo di guerra rientra nel Palazzo insieme ai quattro Trombettieri.)

GLI UOMINI
(con entusiasmo)
Non indugiate alla battaglia
l'eroe si mette alla vostra testa!
Chi animosamente con lui combatterà,
a lui la via della gloria sorriderà.
Da Dio egli è mandato
per la grandezza del Brabante!

(Mentre il popolo ondeggia in gaio brulichìo, quattro Nobili, già vassalli di Federico, si raccolgono sul davanti della scena.)

IL PRIMO NOBILE
Udite, lontano dal nostro paese ci vuol trascinare!

IL SECONDO
Contro un nemico, che non ci ha mai minacciato?

IL TERZO
Un così temerario principio non dovrebbe essergli permesso!

IL QUARTO
Chi gli si opporrà, quando comanderà il viaggio?

FEDERICO
(s'è avanzato, senz'esser visto, in mezzo a loro)
Io!
(scopre il capo; essi arretrano inorriditi)

I QUATTRO NOBILI
Ah! Chi sei?... Federico? Vedo io bene?
Tu osi venir qui, preda ad ogni servo?

FEDERICO
Ben presto oserò io ben altro ancora: / come apparirà ai vostri occhi nella piena luce del giorno!
Colui che così ardito comanda, che l'oste si muova,
sarà da me accusato d'empio sortilegio!

I QUATTRO NOBILI
Che odo? Folle, che ti proponi?
Te perduto, se ti ascolta orecchio di popolo!

(Essi spingono Federico verso la chiesa, dove cercano di nasconderlo davanti agli sguardi del popolo. Quattro Paggi escono dalla porta della Caminata sul balcone, corrono gaiamente giù per la via principale d'accesso e si dispongono davanti al Palazzo, sull'altana. Il popolo che ha scorto i ragazzi, fa maggior ressa verso il proscenio.)

PAGGI
Fate largo ad Elsa, la nostra signora:
ella vuole andare in chiesa, al suo Dio!

(Essi s'avanzano, formando attraverso i Nobili che volenterosi fan largo, una larga via d'accesso ai gradini della chiesa, sui quali si dispongono. Quattro altri Paggi escono con contegno e solennità sul balcone, dalla porta della Caminata, e si dispongono colà stesso, per accompagnare il corteo delle Donne, ch'essi attendono.)




dir: Claudio Abbado (1990)
Georg Tichy (Der Heerrufer), Hartmut Welker (Friedrich)


"In Frühn versammelt uns der Ruf"
dir: Rudolf Kempe


"Des Königs Wort und Will tu ich euch kund"
dir: Georg Solti
Dietrich Fischer-Dieskau (Der Heerrufer)

7 gennaio 2016

Lohengrin (10) - Gli dèi pagani

Scritto da Christian

Dopo aver riattivato i propositi di vendetta di Federico, Ortruda si rivolge a Elsa, gettandosi ai suoi piedi, simulando pentimento e invocando il suo perdono. L'ingenua ragazza, credendo alle sue parole, la accoglie sulla propria soglia e le promette di intercedere presso colui che l'indomani diventerà suo sposo, ovvero Lohengrin, affinché conceda la grazia a Federico, che dopo la sconfitta in duello è destinato a essere bandito dal ducato.

Fingendo riconoscenza, Ortruda comincia però a porre il seme del dubbio nella mente di Elsa, ammonendola "a non fidarsi ciecamente della sua fortuna", e a comprendere "quanto è misteriosa la stirpe" del suo cavaliere salvatore. Elsa, sdegnata, risponde magnificando il valore della sua pura fede, che non ha bisogno di conoscere per credere. Evidenti i riferimenti al cristianesimo, cui peraltro Lohengrin – come vedremo – è legato. E proprio al cristianesimo si oppongono gli antichi dei pagani che Ortruda, poco prima, aveva invocato, ovvero Wotan (Odino) e Freia. Il conflitto fra le due religioni, oltre che simbolico, ha anche radici storiche, visto che nel periodo in cui si svolge l'opera erano ancora in molti a considerare il nuovo cristianesimo come un'eresia e a sperare in un ritorno delle vecchie credenze soprannaturali.

O Dei profanati! Aiutate ora la mia vendetta!
Punite l'oltraggio, che qui vi si arreca!
Fortificatemi nel servigio della vostra santa causa!
Annientate la turpe illusione dei rinnegati!
Wotan! Te, forte, io chiamo!
Freia! o Augusta, ascoltami!
Benedite in me l'inganno e l'ipocrisia,
affinché felice sia la mia vendetta!
Da notare che i brani cantati da Ortruda e Federico, le due figure che dominano quasi interamente il secondo atto, sono stati composti da Wagner in tonalità minori, dunque basse, "cupe" e oscure, per meglio contrapporli anche sul piano musicale (oltre che su quello narrativo e psicologico) ai personaggi alti, positivi e "luminosi" di Lohengrin ed Elsa, che invece cantano in tonalità maggiori.

Clicca qui per il testo.

(Elsa, in weissem Gewande, erscheint auf dem Söller; sie tritt an die Brüstung und lehnt den Kopf auf die Hand. - Friedrich und Ortrud ihr gegenüber auf den Stufen des Münsters sitzend.)

ELSA
Euch Lüften, die mein Klagen
so traurig oft erfüllt,
euch muss ich dankend sagen,
wie sich mein Glück enthüllt!
Durch euch kam er gezogen,
ihr lächeltet der Fahrt;
auf wilden Meereswogen
habt ihr ihn treu bewahrt.
Zu trocknen meine Zähren
hab ich euch oft gemüht;
wollt Kühlung nur gewähren
der Wang, in Lieb erglüht!

ORTRUD
Sie ist es!

FRIEDRICH
Elsa!

ORTRUD
Der Stunde soll sie fluchen,
in der sie jetzt mein Blick gewahrt - Hinweg!
Entfern ein kleines dich von hier!

FRIEDRICH
Warum?

ORTRUD
Sie ist für mich, - ihr Held gehöre dir!

(Friedrich entfernt sich und verschwindet im Hintergrunde.)

ORTRUD
(in ihrer bisherigen Stellung verbleibend,
laut, mit klagendem Ausdruck
)
Elsa!

ELSA
(nach einem Schweigen)
Wer ruft? - Wie schauerlich und klagend
ertönt mein Name durch die Nacht?

ORTRUD
Elsa!
Ist meine Stimme dir so fremd?
Willst du die Ärmste ganz verleugnen,
die du ins fernste Elend schickst?

ELSA
Ortrud! - Bist du's? Was machst du hier,
unglücklich Weib?

ORTRUD
..."Unglücklich Weib!" -
Wohl hast du recht mich so zu nennen!
In ferner Einsamkeit des Waldes,
wo still und friedsam ich gelebt, -
was tat ich dir? was tat ich dir?
Freudlos, das Unglück nur beweinend,
das lang belastet meinen Stamm, -
was tat ich dir? was tat ich dir?

ELSA
Um Gott, was klagest du mich an?
War ich es, die dir Leid gebracht?

ORTRUD
Wie könntest du fürwahr mir neiden
das Glück, dass mich zum Weib erwählt
der Mann, den du so gern verschmäht?

ELSA
Allgüt'ger Gott! Was soll mir das?

ORTRUD
Musst ihn unsel'ger Wahn betören,
dich Reine einer Schuld zu zeihn -
von Reu ist nun sein Herz zerrissen,
zu grimmer Buss ist er verdammt.

ELSA
Gerechter Gott!

ORTRUD
Oh, du bist glücklich! -
Nach kurzem, unschuldsüssem Leiden
siehst lächeln du das Leben nur;
von mir darfst selig du dich scheiden,
mich schickst du auf des Todes Spur, -
dass meines Jammers trüber Schein
nie kehr in deine Feste ein!

ELSA
(sehr bewegt)
Wie schlecht ich deine Güte priese,
Allmächt'ger, der mich so beglückt,
wenn ich das Unglück von mir stiesse,
das sich im Staube vor mir bückt!
O nimmer! Ortrud! Harre mein!
Ich selber lass dich zu mir ein!

(Sie eilt in die Kemenate zurück. - Ortrud springt in wilder Begeisterung von den Stufen auf.)

ORTRUD
Entweihte Götter! Helft jetzt meiner Rache!
Bestraft die Schmach, die hier euch angetan!
Stärkt mich im Dienste eurer heil'gen Sache!
Vernichtet der Abtrünn'gen schnöden Wahn!
Wodan! Dich Starken rufe ich!
Freia! Erhabne, höre mich!
Segnet mir Trug und Heuchelei,
dass glücklich meine Rache sei!

ELSA
(noch ausserhalb)
Ortrud, wo bist du?

(Elsa und zwei Mägde mit Lichtern treten aus der unteren Tür der Kemenate auf.)

ORTRUD
(sich demütigend vor Elsa niederwerfend)
Hier, zu deinen Füssen.

ELSA
(bei Ortruds Anblick
erschreckt zurücktretend
)
Hilf Gott! So muss ich dich erblicken,
die ich in Stolz und Pracht nur sah!
Es will das Herze mir ersticken,
seh ich so niedrig dich mir nah!
Steh auf! O, spare mir dein Bitten!
Trugst du mir Hass, verzieh ich dir;
was du schon jetzt durch mich gelitten,
das, bitte ich, verzeih auch mir!

ORTRUD
O habe Dank für so viel Güte!

ELSA
Der morgen nun mein Gatte heisst,
anfleh ich sein liebreich Gemüte,
dass Friedrich auch er Gnad erweist.

ORTRUD
Du fesselst mich in Dankes Banden!

ELSA
(mit immer gesteigerter
heiterer Erregtheit
)
In Früh'n lass mich bereit dich sehn, -
geschmückt mit prächtigen Gewanden
sollst du mit mir zum Münster gehn:
Dort harre ich des Helden mein,
(freudig stolz)
vor Gott sein Eh'gemahl zu sein.

ORTRUD
Wie kann ich solche Huld dir lohnen,
da machtlos ich und elend bin?
Soll ich in Gnaden bei dir wohnen,
stets bleibe ich die Bettlerin!
(immer näher zu Elsa tretend)
Nur eine Kraft ist mir gegeben,
sie raubte mir kein Machtgebot; -
durch sie vielleicht schütz ich dein Leben,
bewahr es vor der Reue Not!

ELSA
(unbefangen und freundlich)
Wie meinst du?

ORTRUD
(heftig)
Wohl, dass ich dich warne,
(sich mässigend)
zu blind nicht deinem Glück zu traun;
dass nicht ein Unheil dich umgarne,
lass mich für dich zur Zukunft schaun.

ELSA
(mit heimlichem Grauen)
Welch Unheil?

ORTRUD
(sehr geheimnisvoll)
Könntest du erfassen,
wie dessen Art so wundersam,
der nie dich möge so verlassen,
wie er durch Zauber zu dir kam!

ELSA
(von Grausen erfasst, wendet sich
unwillig ab; - voll Trauer und Mitleid
wendet sie sich dann wieder zu Ortrud
)
Du Ärmste kannst wohl nie ermessen,
wie zweifellos ein Herze liebt?
Du hast wohl nie das Glück besessen,
das sich uns nur durch Glauben gibt?
(freundlich)
Kehr bei mir ein! Lass mich dich lehren,
wie süss die Wonne reinster Treu!
Lass zu dem Glauben dich bekehren:
Es gibt ein Glück, das ohne Reu!

ORTRUD
(für sich)
Ha! Dieser Stolz, er soll mich lehren,
wie ich bekämpfe ihre Treu!
Gen ihn will ich die Waffen kehren,
durch ihren Hochmut werd ihr Reu!

(Ortrud, von Elsa geleitet, tritt mit heuchlerischem Zögern durch die kleine Pforte ein; die Mägde leuchten voran und schliessen, nachdem alle eingetreten. - Erstes Tagesgrauen.)

FRIEDRICH
(tritt aus dem Hintergrunde vor)
So zieht das Unheil in dies Haus! -
Vollführe, Weib, was deine List ersonnen;
dein Werk zu hemmen fühl ich keine Macht!
Das Unheil hat mit meinem Fall begonnen, -
nun stürzet nach, die mich dahin gebracht!
Nur eines seh ich mahnend vor mir stehn:
Der Räuber meiner Ehre soll vergehn!

(Friedrich, Nachdem er den Ort erspäht, der ihn vor dem Zulaufe des Volkes am günstigsten verbergen könnte, tritt er hinter einen Mauervorsprung des Münsters.)

(Elsa in abito bianco, appare sul balcone; ella s'accosta alla balaustra e appoggia il capo sulle mani. - Federico e Ortruda seggono di fronte a lei sui gradini della chiesa.)

ELSA
A voi arie, che il mio lamento
così tristemente spesso riempì,
a voi debbo con riconoscenza dire,
come la felicità mi si svelò!
Ei vi traversò nella sua venuta,
e voi sorrideste al suo viaggio;
sulle onde selvagge del mare
fedelmente l'avete protetto.
Ad asciugare le mie lagrime,
io v'ho spesso affaticate;
vogliate ora concedere frescura
alla guancia che arde d'amore!

ORTRUDA
È lei!

FEDERICO
Elsa!

ORTRUDA
L'ora ella dovrà maledire,
in cui il mio sguardo ora la scopre!... Via!
Allontánati di qui un istante!

FEDERICO
Perché?

ORTRUDA
Ella è per me... a te appartenga il suo campione!

(Federico si allontana e scompare nel fondo.)

ORTRUDA
(rimanendo nella posizione precedente,
ad alta voce, con espressione lamentosa
)
Elsa!

ELSA
(dopo un certo silenzio)
Chi mi chiama?... Come sinistro e lamentoso
suona il mio nome nella notte?

ORTRUDA
Elsa!
La mia voce t'è così straniera?
Vuoi tu la meschina del tutto rinnegare,
che tu mandi a rovina in lontano paese?

ELSA
Ortruda!... Sei tu? Che fai tu qui,
sciagurata donna?

ORTRUDA
"Sciagurata donna"!...
Bene hai tu diritto di chiamarmi così!
Nella lontana solitudine della foresta,
dove tranquilla e in pace io vivevo...
Che cosa ti ho fatto? Che cosa ti ho fatto?
Senza gioia, piangendo solo la sventura,
che lungamente gravò sulla mia stirpe,...
Che cosa ti ho fatto? Che cosa ti ho fatto?

ELSA
In nome di Dio, perché mi accusi?
Fui io forse, che ti portai dolore?

ORTRUDA
Come potresti davvero invidiarmi
la fortuna, che per donna mi scegliesse
l'uomo, che così volentieri sdegnavi?

ELSA
Onnipotente Iddio! Che vuol dir mai questo?

ORTRUDA
Se sciagurata follia lo indusse,
ad incolparti innocente d'un delitto,...
ora dal pentimento il suo cuore è straziato,
e condannato a crudele penitenza.

ELSA
Giusto Dio!

ORTRUDA
Oh! tu sei felice!...
Dopo un breve soffrire raddolcito dall'innocenza,
non puoi più guardare alla vita, se non sorridendo;
tu puoi, felice, separarti da me,
e mandarmi sulla via della morte...
Che la torbida fiamma del mio dolore
non entri mai nelle tue feste!

ELSA
(molto commossa)
Come male io risponderei alla tua bontà,
Onnipotente, che così mi favoristi,
se la sventura da me io respingessi,
che avanti a me si prosterna nella polvere!
Oh! giammai! Ortruda! Attendimi!
Io stessa ti farò entrar da me!

(Ella s'affretta a rientrare nella Caminata. - Ortruda balza su dai gradini con selvaggia esaltazione.)

ORTRUDA
O Dei profanati! Aiutate ora la mia vendetta!
Punite l'oltraggio, che qui vi si arreca!
Fortificatemi nel servigio della vostra santa causa!
Annientate la turpe illusione dei rinnegati!
Wotan! Te, forte, io chiamo!
Freia! o Augusta, ascoltami!
Benedite in me l'inganno e l'ipocrisia,
affinché felice sia la mia vendetta!

ELSA
(ancora dal di fuori)
Ortruda, dove sei?

(Elsa e due ancelle con fiaccole escono dalla porta inferiore della Caminata.)

ORTRUDA
(gettandosi umilmente ai piedi di Elsa)
Qui ai tuoi piedi.

ELSA
(arretrando spaventata
alla vista di Ortruda
)
Dio mi aiuti! Così debbo io vederti,
te che io vedevo solo nel fasto dell'orgoglio!
Il cuore sembra che mi voglia soffocare,
s'io ti vedo così umiliata vicino a me!
Alzati! Oh! risparmiami il tuo pregare!
Se mi portasti odio, già t'ho perdonata;
e quel che per causa mia tu ora hai già sofferto,
questo stesso, ti prego, perdona anche me!

ORTRUDA
Mercé di tanta bontà!

ELSA
Colui che domani ormai si chiamerà mio sposo,
io pregherò per l'animo suo generoso,
che anche a Federico egli conceda grazia.

ORTRUDA
Tu mi vincoli nei legami della gratitudine!

ELSA
(esaltandosi, con sempre
maggiore gaiezza
)
Fa' che per tempo io ti veda pronta,...
ornata d'abiti sfarzosi;
verrai con me alla chiesa:
colà io attendo il mio eroe,
(con gioioso orgoglio)
per essere sua sposa innanzi a Dio.

ORTRUDA
Come ti posso compensare di tanta grazia,
poiché nulla io posso e miserabile sono?
se io a te per grazia dimorerò vicina,
la mendicante sempre io resterò!
(avvicinandosi sempre più ad Elsa)
Solo una forza a me è concessa,
nessuna forza d'impero a me la potrebbe rapire,...
con essa forse io proteggerò la tua vita,
la guarderò dall'angoscia del pentimento.

ELSA
(ingenuamente ed amichevolmente)
Che intendi dire?

ORTRUDA
(con impeto)
Bene ch'io t'ammonisco,
(moderandosi)
a non fidarti ciecamente della tua fortuna;
affinché la sciagura non t'irretisca,
lascia che io guardi per te nell'avvenire.

ELSA
(con segreto orrore)
Quale sciagura?

ORTRUDA
(con aria di grande mistero)
Potessi tu comprendere
quanto misteriosa è la stirpe di colui,
il quale t'abbia mai così a lasciare,
come a te è venuto, per forza d'incantesimo!

ELSA
(presa dall'orrore, si ritrae suo malgrado;
ma poi, piena di tristezza e di compassione,
si volge nuovamente a Ortruda
)
Potrai tu mai, sciaguratissima, misurare
come il mio cuore ami fuori d'ogni dubbio?
Non hai tu mai provato la felicità,
che solo ci viene dalla fede?
(affettuosamente)
Vieni da me! Lascia ch'io t'insegni
quant'è dolce la gioia d'una purissima fede!
Lascia ch'io ti converta al credere:
c'è una felicità, che non ammette pentimento!

ORTRUDA
(tra sè)
Ah! quest'orgoglio m'insegnerà
come combattere la sua fede!
Contro di lui voglio le mie armi portare;
dalla sua alterigia sgorgherà il suo pentimento!

(Ortruda, guidata da Elsa, entra con ipocrita esitanza per la piccola porta; le ancelle fanno strada illuminando, e, dopo che tutti sono entrati, chiudono. - Primi albori.)

FEDERICO
(s'avanza dal fondo)
Così entra la sciagura in questa casa!... / Compi, o donna, quel che la tua astuzia ha tramato;
nessun potere io mi sento d'impedire la tua opera!
La sciagura è cominciata con la mia caduta...
dietro me precipitante, voi che a questo m'avete condotto! / Un solo ammonimento sta fisso innanzi a me: / perisca il rapitore del mio onore!

(Federico dopo avere adocchiato il luogo che meglio lo può nascondere di fronte al concorso del popolo, si nasconde dietro la sporgenza d'un muro della chiesa.)




dir: Claudio Abbado (1990)
Cheryl Studer (Elsa), Dunja Vejzovic (Ortrud), Hartmut Welker (Friedrich)


dir: Wolfgang Sawallisch
Anja Silja (Elsa), Astrid Varnay (Ortrud),
Ramon Vinay (Friedrich)


"Entweihte Götter! Helft jetzt meiner Rache!"
dir: Rudolf Kempe
Christa Ludwig (Ortrud)


"Entweihte Götter! Helft jetzt meiner Rache!"
dir: James Levine
Leonie Rysanek (Ortrud)


"Wie kann ich solche Huld dir lohnen"
dir: Heinz Wallberg
Christa Ludwig (Ortrud),
Elizabeth Schwarzkopf (Elsa)