2 gennaio 2016

Lohengrin (9) - Ortruda, la vendetta

Scritto da Marisa

Il personaggio di Ortruda è molto importante e complesso, il vero motore di tutta la vicenda e il contraltare di Elsa, la sua parte-ombra speculare e simmetricamente contrapposta. Come Elsa è tutta ingenuità, candore, innocenza e fede, così Ortruda è ambigua, contorta, infida e malvagia. La divisione tra buoni e cattivi raggiunge in questa opera il massimo dell'evidenza e permette perciò meglio di riflettere sulla tendenza insita nell'animo umano di trovare sicurezza nella divisione della realtà, nella netta contrapposizione, credendo che sia possibile, magari mediante un processo o un duello, capire e stabilire una vera separazione tra bene e male, innocenza e colpevolezza.

Ovviamente lo sforzo di conoscere il bene e il male è insito nel fondamento stesso della coscienza umana e della sua evoluzione (il mitico albero del bene e del male piantato al centro del paradiso terrestre), ma questa conoscenza va perseguita dentro se stessi, conoscere cioè le proprie tendenze al bene e al male e non ipocritamente pensare che si è solo portatori di bene mentre il male è sempre dall'altra parte, cioè proiettivamente in quelli che di volta in volta sono i “cattivi” e i nemici. L'eccessiva purezza e persino l'incapacità di concepire il male (leggi: rimozione dell'ombra) porta a consegnarsi proprio nelle mani di chi quelle zone d'ombra le conosce bene e le sa usare, approfittando proprio dell'eccessiva ingenuità di chi “non farebbe male ad una mosca”. È quello che vediamo mirabilmente rappresentato in questa opera.

Ortruda vive totalmente nell'ombra, anche dal punto di vista religioso e culturale, ed è mossa da un risentimento profondo verso tutto il “nuovo” ordinamento perché il suo mondo è stato completamente vinto e sopraffatto, messo al bando e negato. Ultima discendente dagli antichi signori del luogo, è anche l'ultima custode dell'antica religione, quella di Odino (Wotan), ormai soppiantata dal cristianesimo. Ha sposato Federico, reggente del feudo di Brabante, non per amore, ma per poter compiere la sua vendetta da una posizione di potere, servendosi di lui.

La frustrazione e il non riconoscimento generano sempre rabbia e preparano la vendetta. Quando i motivi delle frustrazioni originarie sono troppo lontani o “dimenticati” non scompare però il loro effetto e si può parlare, seguendo la lezione freudiana, di “ritorno del rimosso”, cioè la ricomparsa incontrollata e violenta di quella parte che è stata spinta e ricacciata nell'inconscio perché ritenuta non idonea alla immagine che ci costruiamo e vogliamo dare di noi per vergogna o perché non adeguata ai principi imposti dal Super-io e dalla società. In quanto parte scissa della personalità, diventa in grado di lavorare senza che l'Io se ne accorga, fino ai risultati più disastrosi (siamo mossi da forze più grandi di noi che non conosciamo...). Tanto meno conosciamo i motivi originari della rabbia, tanto più essa tende a scaricarsi alla cieca, spostandosi su chi è più debole o ci capita casualmente a tiro.
Questo avviene sia a livello individuale che collettivo, e lo sforzo di eliminare religioni antiche con l'imposizione e la violenta soppressione ha sempre dato origine a fiumi di sangue e tentativi di ricomparsa dei vecchi riti sotto le modalità più impensate.
Ortruda non ha rimosso e sa benissimo come muoversi per perpetrare la propria vendetta. Agisce con un vantaggio sull'ingenua Elsa, che non osa nemmeno pensare che una donna possa agire autonomamente in un mondo dominato dal maschile.

Abbiamo detto che Ortruda è una creatura dell'ombra e si muove di conseguenza, quasi sempre manovrando alle spalle e facendo il doppio gioco. È stata lei che ha messo in moto la vicenda (ha trasformato il giovane principe in cigno con le sue arti magiche che le derivano dall'antica conoscenza), facendo credere a Federico che Elsa abbia ucciso il fratello per usurparne il trono da godere con un amante, utilizzando abilmente sia il desiderio di potere di Federico che la sua frustrazione per essere stato rifiutato da Elsa come marito.

Ortruda è quindi una donna molto motivata, che ha uno scopo da perseguire e utilizza tutta l'abilità di una mente scaltra che sa di muoversi in un terreno ormai ostile. La vittoria del cristianesimo ha imposto regole e costumi diversi da quelli che lei riconosceva dominanti e cova un rancore profondo. Apparentemente si è adeguata al nuovo regime, ma cerca di ribaltarne i termini. Dietro l'esteriore subordinazione al maschile, che invece Elsa accetta pienamente continuando a rimettersi completamente nelle sue mani, Ortruda manovra abilmente il proprio uomo, che ci appare come il suo burattino, mosso unicamente dalle sue parole, insinuazioni e incoraggiamenti. Non avviene così in fondo nelle culture più dichiaratamente patriarcali dove, dietro il potere maschile, scopriamo che in fondo sono le donne più scaltre ed abili a manovrare tutto per far fare agli uomini quello che in realtà esse vogliono – il famoso potere occulto delle madri, mogli e amanti?

Quando Federico, ormai sconfitto, sembra accettare passivamente la propria rovina, Ortruda abilmente riesce a capovolgere la situazione, convincendolo che il duello è stato perso non per il valore dell'avversario o per grazia divina, ma solo attraverso un trucco e un incantesimo, rimotivandolo quindi alla lotta e al perseguimento dei suoi scopi occulti.

Mi piace ricordare che già Eraclito, il filosofo più acuto e profondo dell'antichità, diceva: "La trama nascosta è più forte di quella manifesta". Duemila e cinquecento anni prima di Freud...

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(In der Burg von Antwerpen. In der Mitte des Hintergrundes der Palas [Ritterwohnung], links im Vordergrunde die Kemenate [Frauenwohnung]; rechts im Vordergrunde die Pforte des Münsters; ebenda im Hintergrunde das Turmtor. Es ist Nacht. Die Fenster des Palas sind hell erleuchtet; aus dem Palas hört man jubelnde Musik; Hörner und Posaunen klingen lustig daraus her. Auf den Stufen zur Münsterpforte sitzen Friedrich und Ortrud, beide in düsterer ärmlicher Kleidung. Ortrud, die Arme auf die Knie gestützt, heftet unverwandt ihr Auge auf die leuchtenden Fenster des Palas; Friedrich blickt finster zur Erde. Langes düstres Schweigen.)

FRIEDRICH
(erhebt sich rasch)
Erhebe dich, Genossin meiner Schmach!
Der junge Tag darf hier uns nicht mehr sehn.

ORTRUD
(ohne ihre Stellung zu ändern)
Ich kann nicht fort, hierher bin ich gebannt.
Aus diesem Glanz des Festes unsrer Feinde
lass saugen mich ein furchtbar tödlich Gift,
das unsre Schmach und ihre Freuden ende!

FRIEDRICH
(finster vor Ortrud
hintretend
)
Du fürchterliches Weib, was bannt mich noch
in deine Nähe?
(mit schnell wachsender Heftigkeit)
Warum lass ich dich nicht
allein, und fliehe fort, dahin, dahin,
(schmerzlich)
wo mein Gewissen Ruhe wieder fänd!
(im heftigsten Ausbruch schmerzlicher
Leidenschaft und Wut
)
Durch dich musst ich verlieren
mein Ehr, all meinen Ruhm;
nie soll mich Lob mehr zieren,
Schmach ist mein Heldentum!
Die Acht ist mir gesprochen,
zertrümmert liegt mein Schwert,
mein Wappen ward zerbrochen,
verflucht mein Vaterherd!
Wohin ich nun mich wende,
geflohn, gefemt bin ich,
dass ihn mein Blick nicht schände,
flieht selbst der Räuber mich!
O hätt ich Tod erkoren,
(fast weinend)
da ich so elend bin!
(in höchster Verzweiflung)
Mein Ehr hab ich verloren,
mein Ehr, mein Ehr ist hin!

(Er stürzt, von wütendem Schmerz überwältigt, zu Boden. - Musik aus dem Palas)

ORTRUD
(immer in ihrer ersten Stellung,
während Friedrich sich erhebt
)
Was macht dich in so wilder Klage doch
vergehn?

FRIEDRICH
Dass mir die Waffe selbst geraubt,
(mit einer heftigen Bewegung gegen Ortrud)
mit der ich dich erschlüg!

ORTRUD
(mit ruhigem Horn)
Friedreicher Graf
von Telramund! weshalb misstraust du mir?

FRIEDRICH
Du fragst? War's nicht dein Zeugnis, deine Kunde,
die mich bestrickt, die Reine zu verklagen?
Die du im düstren Wald zu Haus, logst du
mir nicht, von deinem wilden Schlosse aus
die Untat habest du verüben sehn? -
mit eignem Aug, wie Elsa selbst den Bruder
im Weiher dort ertränkt? - Umstricktest du
mein stolzes Herz durch die Weissagung nicht,
bald würde Radbods alter Fürstenstamm
von neuem grünen und herrschen in Brabant?
Bewogst du so mich nicht, von Elsas Hand,
der Reinen, abzustehn und dich zum Weib
zu nehmen, weil du Radbods letzter Spross?

ORTRUD
(leise, doch grimmig)
Ha, wie tödlich du mich kränkst! -
(laut)
Dies alles, ja, ich sagt und zeugt es dir!

FRIEDRICH
(sehr lebhaft)
Und machtest mich, des Name hochgeehrt,
des Leben aller höchsten Tugend Preis,
zu deiner Lüge schändlichem Genossen?

ORTRUD
(trotzig)
Wer log?

FRIEDRICH
Du! - Hat nicht durch sein Gericht
Gott mich dafür geschlagen?

ORTRUD
(mit fürchterlichem Hohne)
Gott?

FRIEDRICH
Entsetzlich!
Wie tönt aus deinem Munde furchtbar der Name!

ORTRUD
Ha, nennst du deine Feigheit Gott?

FRIEDRICH
Ortrud!

ORTRUD
Willst du mir drohn? Mir, einem Weibe, drohn?
O Feiger! Hättest du so grimmig ihm
gedroht, der jetzt dich in das Elend schickt,
wohl hättest Sieg für Schande du erkauft!
(langsam)
Ha, wer ihm zu entgegnen wüsst, der fänd
ihn schwächer als ein Kind!

FRIEDRICH
Je schwächer er,
desto gewalt'ger kämpfte Gottes Kraft!

ORTRUD
Gottes Kraft? Ha, ha!
Gib mir die Macht, und sicher zeig ich dir,
welch schwacher Gott es ist, der ihn beschützt.

FRIEDRICH
(von Schauer ergriffen, mit leiser,
bebender Stimme
)
Du wilde Seherin, wie willst du doch
geheimnisvoll den Geist mir neu berücken!

ORTRUD
(auf den Palas deutend, in dem
das Licht verlöscht ist
)
Die Schwelger streckten sich zur üpp'gen Ruh; -
setz dich zur Seite mir! Die Stund ist da,
wo dir mein Seherauge leuchten soll!
(Während des Folgenden nähert
sich Friedrich, wie unheimlich von
ihr angezogen, Ortrud immer mehr und neigt
sein Ohr aufmerksam zu ihr herab
)
Weisst du, wer dieser Held, den hier
ein Schwan gezogen an das Land?

FRIEDRICH
Nein!

ORTRUD
Was gäbst du doch, es zu erfahren,
wenn ich dir sag: ist er gezwungen,
zu nennen, wie sein Nam und Art,
all seine Macht zu Ende ist,
die mühvoll ihm ein Zauber leiht?

FRIEDRICH
Ha! Dann begriff ich sein Verbot!

ORTRUD
Nun hör! Niemand hier hat Gewalt,
ihm das Geheimnis zu entreissen,
als die, der er so streng verbot,
die Frage je an ihn zu tun.

FRIEDRICH
So gält es, Elsa zu verleiten,
dass sie die Frag ihm nicht erliess?

ORTRUD
Ha, wie begreifst du schnell und wohl!

FRIEDRICH
Doch wie soll das gelingen?

ORTRUD
Hör! -
Vor allem gilt's, von hinnen nicht
zu fliehn; drum schärfe deinen Witz!
Gerechten Argwohn ihr zu wecken,
tritt vor, (sehr bestimmt) klag ihn des Zaubers an,
mit dem er das Gericht getäuscht!

FRIEDRICH
(mit fürchterlich wachsender
innerer Wut
)
Ha! Trug und Zaubers List! -

ORTRUD
Missglückt's,
so bleibt ein Mittel der Gewalt!

FRIEDRICH
Gewalt?

ORTRUD
Umsonst nicht bin ich in
geheimsten Künsten tief erfahren;
drum achte wohl, was ich dir sage!
Jed Wesen, das durch Zauber stark, -
wird ihm des Leibes kleinstes Glied
entrissen nur, muss sich alsbald
ohnmächtig zeigen, wie es ist.

FRIEDRICH
(sehr rasch)
Ha, sprächst du wahr!

ORTRUD
(lebhaft)
O hättest du
im Kampf nur einen Finger ihm,
ja, eines Fingers Glied entschlagen,
der Held - er war in deiner Macht!

FRIEDRICH
(ausser sich)
Entsetzlich! Ha, was lässest du mich hören!
Durch Gott geschlagen wähnt ich mich: -
(mit furchtbarer Bitterkeit)
Nun liess durch Trug sich das Gericht betören,
durch Zaubers List verlor mein Ehre ich!
Doch meine Schande könnt ich rächen,
bezeugen könnt ich meine Treu?
Des Buhlen Trug, ich könnt ihn brechen,
und meine Ehr gewänn ich neu!
O Weib, das in der Nacht ich vor mir seh, -
betrügst du jetzt mich noch, dann weh dir! Weh!

ORTRUD
Ha, wie du rasest! Ruhig und besonnen!
So lehr ich dich der Rache süsse Wonnen!

(Friedrich setzt sich langsam an Ortruds Seite auf die Stufen nieder.)

ORTRUD UND FRIEDRICH
Der Rache Werk sei nun beschworen
aus meines Busens wilder Nacht!
Die ihr in süssem Schlaf verloren,
wisst, dass für euch das Unheil wacht!

(Nel castello di Anversa. In fondo, nel mezzo il "Palazzo" [appartamento dei Cavalieri]; a sinistra, sul proscenio, la "Caminata" [appartamento delle Dame]; a destra, sempre sul proscenio, la porta della chiesa; dalla stessa parte, in fondo, la porta turrita. È notte. Le finestre del Palazzo sono vivamente illuminate; dal Palazzo si sente musica festosa; corni e trombe echeggiano gaiamente dall'interno. Sui gradini che conducono alla porta della chiesa, seggono Federico e Ortruda, ambedue in veste scura e miserabile. Ortruda, le braccia appoggiate sui ginocchi, tiene fissi i suoi occhi sulle finestre illuminate del palazzo. Federico guarda cupamente a terra. Lungo, lugubre silenzio.)

FEDERICO
(si alza in fretta)
Lévati, compagna della mia onta!
Il nuovo giorno non deve più vederci qui.

ORTRUDA
(senza cambiare posizione)
Non posso andarmene: qui io sono avvinta.
Da questo splendore della festa dei nostri nemici
lascia che io mi sugga un veleno terribile, mortale,
che l'onta nostra finisca e le loro gioie!

FEDERICO
(ponendosi avanti ad Ortruda
d'un'aria cupa
)
Donna terribile, che cosa m'incanta ancora
vicino a te?
(con violenza sempre crescente)
Perché io non ti lascio
sola, e non me ne fuggo lontano, lontano,
(con dolore)
dove la mia coscienza trovi pace ancora?
(con violenta esplosione di
dolorosa passione e di rabbia
)
Per te io ho dovuto perdere
il mio onore, ogni mia gloria;
non più la lode dovrà ornarmi mai,
obbrobrio sarà il mio eroismo!
Il bando m'è intimato,
a pezzi giace la mia spada,
infranta fu la mia insegna,
maledetto il focolare dei miei padri!
Dovunque io ora mi volga,
fuggito, condannato io sono!
Affinché non lo contamini il mio sguardo,
lo stesso masnadiero mi fugge.
Oh! mi fosse toccata la morte,
(quasi piangendo)
da poi che così miserabile io sono!
(al colmo della disperazione)
Il mio onore io ho perduto;
il mio onore, il mio onore se n'è andato!

(Cade al suolo sopraffatto dalla furia del dolore. - Musica dal Palazzo)

ORTRUDA
(sempre nella sua primitiva posizione,
mentre Federico si leva
)
Che cos'è mai, che in così selvaggio lamento ti fa
smarrire?

FEDERICO
Che perfino l'arma m'han tolto,
(con gesto violento contro Ortruda)
con la quale io ti potessi uccidere!

ORTRUDA
(con tranquillo sarcasmo)
O pacifico conte
di Telramondo! Perché diffidi di me?

FEDERICO
Mi chiedi? Non fu la tua testimonianza, la tua scienza, / che m'irretì al punto d'accusare l'innocente? / Non dunque, abitando nell'oscura foresta, mentisti / a me, dal tuo selvaggio castello
d'avere visto consumare il delitto?...
Coi propri occhi, come Elsa stessa il fratello
affogò là nello stagno?... Non irretisti
il mio cuore superbo con la predizione,
che presto l'antico reale tronco di Radbod,
nuovamente avrebbe rinverdito e signoreggiato in Brabante? / Non mi persuadesti così, la mano d'Elsa,
dell'innocente, a rifiutare, e te per donna
a togliere, quale ultimo germoglio di Radbod?

ORTRUDA
(sommessa, ma con collera)
Ah! come a morte tu m'offendi!...
(a voce alta)
Tutto questo, sì, io dissi e ti provai!

FEDERICO
(con molta vivacità)
E facesti me, dal nome altamente onorato,
me, dalla vita fiore d'ogni alta virtù,
complice infame della tua menzogna?

ORTRUDA
(con aria di sfida)
Chi mentì?

FEDERICO
Tu!... Non m'ha col tuo giudizio
Dio per questo colpito?

ORTRUDA
(con terribile sarcasmo)
Dio?

FEDERICO
Orrore!
Come terribile suona nella tua bocca quel nome!

ORTRUDA
Ah! tu chiami Dio la tua viltà?

FEDERICO
Ortruda!

ORTRUDA
Vuoi minacciarmi? Minacciare me donna?
O vile! Avessi tu così furiosamente colui
minacciato, che ora alla rovina ti manda,
bene ti saresti conquistato vittoria in luogo dell'onta! / (lentamente) Ah! chi sapesse affrontarlo, lo troverebbe / più debole d'un fanciullo!

FEDERICO
Quant'egli più debole, / tanto più potente combatterebbe la forza del Signore.

ORTRUDA
La forza del Signore? Ah! Ah!
Lascia fare a me, e certo io ti mostrerò
quale debole Dio è colui che lo protegge.

FEDERICO
(preso da un brivido,
con voce sommessa, tremante
)
O veggente selvaggia, come vuoi tu dunque,
col tuo mistero turbarmi nuovamente lo spirito!

ORTRUDA
(accennando al Palazzo,
nel quale la luce si è spenta
)
I crapuloni si sono distesi in molle riposo;...
Mettiti vicino a me! È giunta l'ora,
in cui l'occhio mio veggente deve illuminarti.
(Durante il seguito della scena, Federico,
come attratto da un sinistro influsso,
si avvicina sempre più ad Ortruda e china
il suo orecchio, intento, su di lei
)
Sai tu, chi sia quest'eroe, che qui
un cigno ha condotto a terra?

FEDERICO
No.

ORTRUDA
Che cosa daresti mai per saperlo,
se io ti dicessi: costretto
a palesare e nome e stirpe,
finirà ogni sua potenza,
che un incantesimo gli procura a stento?

FEDERICO
Ah! Ora comprendo il suo divieto!

ORTRUDA
Odimi, dunque! Nessuno ha qui potere,
di strappargli il segreto,
se non colei, cui egli così severamente proibì,
che mai gli volgesse la domanda.

FEDERICO
Si tratterebbe dunque, di indurre Elsa,
a non risparmiargli la domanda?

ORTRUDA
Ah! come bene e presto comprendi!

FEDERICO
Ma come in questo riuscire?

ORTRUDA
Odi!...
Anzitutto occorre, che di qui non
fuggiamo; e perciò aguzza il tuo cervello!
Per destare in lei un giusto sospetto,
avánzati, (molto decisa) accusalo di quella magia,
onde il giudizio egli ha corrotto!

FEDERICO
(con interno furore crescente
in modo spaventevole
)
Ah! inganno e astuzia magica!...

ORTRUDA
Se non riesce,
ancora rimane un mezzo di violenza!

FEDERICO
Di violenza?

ORTRUDA
Non invano io sono nelle
più occulte arti a fondo esperta;
e perciò attento osserva a quel ch'io ti dico!
Ogni essere, che per magia è forte,...
se un minimo membro del corpo a lui
si svelle, subito egli deve
impotente mostrarsi, com'egli è.

FEDERICO
(molto in fretta)
Ah! dicessi tu il vero!

ORTRUDA
(vivamente)
Oh! avessi tu
nella tenzone, soltanto un dito a lui,
sì, la falange d'un dito a lui fatto saltare,
l'eroe... sarebbe stato in tuo potere!

FEDERICO
(fuori di sé)
Orribile! Ah! che mi faresti mai udire!
Colpito da Dio io mi credetti!...
(con spaventevole amarezza)
Dunque la Corte dalla frode s'è lasciata ingannare,
e per una magica astuzia io ho perduto il mio onore!
Pure potrei la mia vergogna vendicare;
potrei la mia lealtà provare?
Del seduttore l'inganno potrei io spezzare,
e riconquistare nuovamente il mio onore?
O donna, che nella notte innanzi a me io vedo,...
se in questo momento m'ingannassi ancora, guai a te! Guai!

ORTRUDA
Ah! come t'infurii! Calma e prudenza!
Ed io t'insegnerò la dolce voluttà della vendetta!

(Federico si siede lentamente sui gradini a fianco di Ortruda.)

ORTRUDA E FEDERICO
L'opera della vendetta sia dunque evocata
dalla selvaggia notte del mio cuore!
O voi perduti in dolce sonno,
sappiate che la sciagura veglia per voi!




dir: Claudio Abbado (1990)
Dunja Vejzovic (Ortrud), Hartmut Welker (Friedrich)


dir: Wolfgang Sawallisch
Astrid Varnay (Ortrud), Ramon Vinay (Friedrich)

"Du wilde Seherin, wie willst du doch"
C. Ludwig (Ortrud), D. Fischer-Dieskau (Friedrich)