31 agosto 2017

Così fan tutte (33) - "Sani e salvi"

Scritto da Christian

Dismessi i panni dei gentiluomini albanesi, e cantando all'unisono, Guglielmo e Ferrando rientrano in casa dalle loro "fidissime amanti", "per dar premio alla lor fedeltà": le allusioni sarcastiche, come si vede, non mancano. Ricordiamo che i due ufficiali hanno perso la scommessa con Don Alfonso, e dunque la rivalsa che stanno per prendersi sulle loro dame è velata di rabbia e di amarezza. In ogni caso, fedeli al gioco della finzione, i due si premurano anche di spiegare il motivo di questo subitaneo ritorno dal campo di battaglia: sono stati "richiamati da regio contrordine".
Fiordiligi e Dorabella restano paralizzate dal terrore, e non riescono a spiccicare parola. Per loro interviene Don Alfonso, che accoglie gli amici con ampi moti di gioia (ipocritamente, diremmo, se non sapessimo che anch'egli fa parte del complotto), giustificando anche il mutismo delle due ragazze come espressione di troppa felicità.

Con la scusa di far riporre un baule nella stanza in cui si è nascosta Despina, i due uomini "scoprono" con stupore la presenza del notaio. Ma la cameriera, a questo punto, svela il proprio travestimento, affermando con prontezza di spirito di essere appena tornata da un ballo in maschera. La rivelazione sconvolge soprattutto le due dame (anche se non è sufficiente ancora a farle sospettare che il matrimonio che hanno appena contratto fosse solo una burla: beata ingenuità!). In ogni caso, Don Alfonso ha già pronta la contromisura: fa cadere per terra il contratto nuziale e sussurra a Guglielmo e Ferrando di raccoglierlo. Prima con comica distrazione, poi con calcolata sorpresa, i due ufficiali trasecolano di fronte alla visione delle firme delle loro promesse spose su questo documento: è la prova del tradimento ("Giusto ciel! Voi qui scriveste, / Contraddirci omai non vale!"). Le donne ammettono la loro colpa ("Il mio fallo tardi vedo") e si offrono di espiare addirittura con la morte, tornando ai modi teatrali di un tempo. Ma in un moto d'orgoglio, accusano Alfonso e Despina di aver fatto di tutto per farle cadere nella trappola dei nuovi amanti ("Per noi favelli / il crudel, la seduttrice!").

A questo punto, è Don Alfonso stesso che indirizza i due amici verso la stanza dove si sarebbero celati i misteriosi sposi. Dorabella e Fiordiligi si domandano il perché di questa mossa, ma il loro stupore è ancora maggiore quando Ferrando e Guglielmo, entrati nella stanza, ne escono indossando in parte i travestimenti da albanesi. La rivelazione dell'inganno è accompagnata dalla musica di Mozart che richiama due momenti precedenti dell'opera. O meglio, dovrebbe richiamarli... Perché se le parole che Guglielmo rivolge a Dorabella, restituendole il ritratto dell'amico ("Il ritrattino / pel coricino / ecco, io le rendo, signora mia!") ci ricordano la melodia del loro duetto d'amore ("Il core vi dono"), il tema con cui Ferrando si presenta a Fiordiligi ("A voi s'inchina, / bella damina, / il cavaliere dell'Albania!") è del tutto nuovo. È la dimostrazione che gli autori avevano previsto per i due finti nobili una presentazione formale già durante il primo atto, poi eliminata per qualche motivo, ma di cui è sopravvissuta questa traccia musicale. (Da notare che un rimando melodico c'è anche per Despina: "Ed al magnetico signor dottore / rendo l'onore / che meritò!").

La meraviglia delle tre donne è tanta (anche Despina si stupisce, perché anche lei viene a conoscenza solo ora della vera identità dei due albanesi; ma la cameriera fa presto a consolarsi: "Manco mal, se a me l'han fatta, / ch'a molt'altri anch'io la fo"). Ovviamente Fiordiligi e Dorabella si scagliano contro Don Alfonso, il responsabile dell'inganno. Al che questi, da buon filosofo illuminista, spiega a tutti l'intento – a fin di bene – che lo ha spinto a organizzare la mascherata (dalla quale, ricordiamo, ci ha anche guadagnato novanta zecchini: dei cento vinti con la scommessa, dieci andranno infatti a Despina).

V'ingannai, ma fu l'inganno
disinganno ai vostri amanti
che più saggi omai saranno,
che faran quel ch'io vorrò.
Qua le destre: siete sposi.
Abbracciatevi e tacete.
Tutti quattro ora ridete,
ch'io già risi e riderò.
E qui, quasi miracolosamente (come nel finale de "Le nozze di Figaro"), c'è spazio per il perdono e il ricongiungimento (anche se il libretto, facendo cantare praticamente all'unisono sia le due donne che i due uomini, lascia un certo margine di ambiguità – e di libertà agli allestitori – su quali siano le coppie che si riformano). Fiordiligi e Dorabella (premettendo prudenzialmente "Idol mio, se questo è vero": dopo tutto quello che è successo, e gli inganni di cui sono state vittime, anche per loro fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio!), si dichiarano pentite e promettono nuova fede ed amore agli sposi. Che dal canto loro, dimostrando di aver appreso la lezione, rispondono: "Te lo credo, gioia bella, / ma la prova far non vo'".
Lo stesso Don Alfonso sembra suggerire (beninteso, dal suo punto di vista) nelle pieghe di un terzetto, quella che potremmo utilizzare a buon diritto come epigrafe di «Così fan tutte»:
O pazzo desire
Cercar di scoprire
Quel mal che trovato
Meschini ci fa.
Una conclusione, questa, che non sarebbe spiaciuta al volterriano Candide, e che mette a fuoco, definitivamente, il senso del razionalismo e dell'ironia di quest'opera buffa, che buffa non è poi tanto; e insieme ne qualifica, all'interno dell'estrema stagione creativa di Mozart, il carattere raccolto, meditativo, sublimamente crepuscolare. Una pausa di ripiegamento interiore (non diciamo di smarrimento) dopo il tumulto troppo umano delle passioni di «Don Giovanni» e lo scatenato ritmo della folle journée; immediatamente prima, sappiamo, del «Flauto magico», della suprema rivelazione, nella prospettiva della morte, di una verità inattingibile dalla logica – splendente e miserabile – della raison settecentesca.
(Francesco Degrada)
C'è chi ha visto in questo finale un altro aspetto del "maschilismo" dell'opera, accusando le due donne di non aver imparato – a differenza dei due uomini – alcuna lezione: tant'è vero che si lanciano in nuove e solenni promesse di fede eterna (mentre i loro sposi, giustamente, affermano di non voler più mettere tale fede alla prova). In realtà, in un'opera che tanto ha fatto discutere nel corso dei secoli, proprio la conclusione è la parte che più ha diviso, e continua a dividere, critici e spettatori. Molti avrebbero preferito le nuove coppie a quelle vecchie:
Si può ben comprendere la perplessità dei critici di fronte al ritorno della briosa Fiordiligi fra le braccia del lagnoso Guglielmo. Ma a parte l'incompatibilità caratteriale che emerge dal libretto, è la musica stessa a segnalare in modo inequivocabile che il secondo assortimento coniugale è di gran lunga preferibile a quello di partenza. Se è vera – per non dire disposta dal Cielo – la legge secondo cui in un'opera le voci più acute devono essere appaiate, allora il soprano Fiordiligi è senza dubbio destinato al tenore Ferrando. In altri casi un precetto simile avrebbe forse avuto minor peso, ma in un'opera sull'opera ci si aspetta che la prima donna dia il meglio di sé in ispirati duetti d'amore, accompagnata però da un tenore, non da un basso.
(Daniel Heartz)
Alcuni ci vedono un finale amaro:
Poteva essere un imbarco per Citera, "Così fan tutte", ma quell'isola non sarà mai raggiunta. Il farsesco finale, con Despina travestita da notaio, il finto ritorno dei due amanti rivestiti della propria identità originaria, la ricombinazione delle coppie secondo convenzione sociale e non secondo natura, lascerà a tutti un lungo amaro in bocca. Si può supporre che vissero poi infelici e scontenti. Fissando di lontano le rive dell'isola sognata per un momento.
(Luca Fontana)
E altri, il trionfo dell'amore:
La morale della favola è evidente: l'amore femminile è superficiale. Ma – e qui alla frivolezza subentra l'equità – è anche vero che Ferrando e Guglielmo (gettando i rispettivi travestimenti) sconfiggono il filosofo e perdonano alle loro fidanzate, colte in flagrante adulterio formale, vale a dire in atto di sposare gli apparentemente nuovi fidanzati; le virtù dell'amore trionfano col ricomporsi delle coppie così come erano in origine. Né il cinismo del vecchio Don Alfonso né le malizie femminili della sua complice, la servetta Despina, riescono a snaturare la passione amorosa, che ha subìto una semplice prova, vittoriosamente superata. In altre parole, l'amore è intangibile e inattaccabile dagli assalti che vengono portati contro di esso tanto dal razionalismo filosofico quanto dai vizi mondani; e se il valore dell'amore sta più nel perdono dei maschi che nell'umana debolezza delle donne, ciò corrisponde perfettamente al maschilismo corrente all'epoca.
(Claudio Casini)
Personalmente ritengo che il "Così fan tutte" sia un viaggio verso la maturità (sentimentale) assolutamente simmetrico ed equilibrato, certo intriso della cultura dell'epoca (ma abbiamo già visto più volte come la musica di Mozart spesso vada oltre il significato testuale del libretto) ma comunque un percorso verso un rapporto di coppia reale e non idealizzato, basato sulla conoscenza reciproca e non sulle proiezioni. E "conoscenza" (attraverso anche il dolore) è la parola chiave:
"Così fan tutte" è un viaggio verso la conoscenza e l'individuazione, verso un'umanizzazione utopicamente sognata: un giorno saremo esseri umani interi, non più amputati, tutti, uomini e donne, e non soffriremo più. E in un certo senso è un'utopia, o la verifica della sua impossibilità – in musica. Per gran parte del primo atto le due coppie si esprimono a due a due separati per sessi. Sarà il ricombinamento delle coppie d'amanti che permetterà ai caratteri di rivelarsi, come già si è detto.
(Luca Fontana)
Un articolo di Philip Hensher apparso sul "Guardian" prova a spiegare perché molti, ancora oggi, rimangono con un senso di fastidio o di rammarico alla conclusione del "Così fan tutte":
Pochi direttori moderni hanno resistito alla tentazione di dimostrare che l'esperimento in "Così fan tutte" porta ineluttabilmente a un disastro emotivo. Sospetto che un buon numero di spettatori non sappia dire con assoluta certezza chi dovrebbe finire con chi al sipario finale, così come è frequente la conclusione in cui Fiordiligi scoppia impotente in lacrime. Mozart non ignora il terribile dolore emozionale causato dall'esperimento di Don Alfonso, ma, come suggeriscono i nomi improbabili e artificiali dei personaggi, siamo prima di tutto di fronte a una versione intricata e tangenziale della vita reale. Le fonti delle passioni vengono esaminate e messe a nudo, non solo al pubblico, ma agli stessi amanti. Non sembra esserci motivo per dubitare che Mozart e Da Ponte ritenessero che questa non fosse una storia di vite rovinate, ma piuttosto di vite sottoposte a una prova grottesca ed estrema da cui emergono purificate, più tristi e più sagge. Se la maggior parte degli spettatori moderni non riesce a superare l'idea del "Così" come di una storia e di sofferenze e di crudeltà immotivate, può essere perché, a differenza dei pensatori dell'Illuminismo, non abbiamo più il senso delle passioni come cose che possono essere esaminate, studiate e controllate.
(Philip Hensher)
Infine, concludiamo con il solito Heartz, che ci commenta il concertato finale:
Il lieto fine di "Così fan tutte", col ritorno delle due sorelle ai fidanzati d'origine, è anche la parte dell'opera che più ha fatto discutere in assoluto. Pure in esso si rinnova la tradizione che già aveva indotto Goldoni a concludere "Le pescatrici" con un perdono finale altrettanto repentino e assoluto. Non è escluso che Mozart e Da Ponte siano stati fortemente tentati di ricorrere a un epilogo del tutto diverso: che bella coppia avrebbero potuto formare due splendidi amanti d'opera seria come Ferrando e Fiordiligi! [...] Forse è proprio su questo punto che poeta e librettista finirono per trovarsi in disaccordo. Nel qual caso gli argomenti di Da Ponte-Don Alfonso ebbero sicuramente la meglio. L'ensemble finale è infatti interamente permeato della filosofia razionale e ottimistica dapontiana:
Fortunato l'uom che prende
ogni cosa pel buon verso,
e tra i casi e le vicende
da ragion guida si fa.
Non ci si può ormai più stupire che anche dietro questi sentimenti si celi l'ennesimo monumento letterario del passato, "Le misanthrope" di Molière; termini analoghi erano già stati usati dal saggio e mondano Philinte per rimproverare il protagonista, capace di vedere solo il lato negativo della realtà:
Je prends tout doucement les hommes comme ils sont,
j'accoutume mon âme à souffrir ce qu'ils font;
et je crois qu'à la cour, de même qu'à la ville,
mon flegme est philosophe autant que votre bile.
Neanche il flemmatico Don Alfonso avrebbe potuto esser più eloquente. Forse Da Ponte si sarebbe accontentato di finir lì e fu Mozart a esigere un'altra quartina per poter conferire all'ensemble finale il necessario contrasto musicale oltre che il carattere di un vero e proprio commiato.
Quel che suole altrui far piangere
fia per lui cagion di riso,
e del mondo in mezzo ai turbini
bella calma troverà.
Nella sua perfetta semplicità l'espressione "bella calma" riassume meglio di ogni altra lo stato d'animo in cui si trova alla fine dell'opera. Ma lasciamo che sia Dent a emettere il giudizio definitivo: "Così fan tutte è il miglior libretto di Da Ponte e la più raffinata opera di Mozart".
(Daniel Heartz)

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FERRANDO E GUGLIELMO
(entrano con mantelli e cappelli militari)
Sani e salvi, agli amplessi amorosi
Delle nostre fidissime amanti
Ritorniamo di gioia esultanti
Per dar premio alla lor fedeltà!

DON ALFONSO
Giusti Numi! Guglielmo! Ferrando!
Oh, che giubilo! Qui? Come e quando?

FERRANDO E GUGLIELMO
Richiamati da regio contrordine,
Pieno il cor di contento e di gaudio,
Ritorniamo alle spose adorabili,
Ritorniamo alla vostra amistà.

GUGLIELMO
(a Fiordiligi)
Ma cos'è quel pallor, quel silenzio?

FERRANDO
(a Dorabella)
L'idol mio perchè mesto si sta?

DON ALFONSO
Dal diletto confuse ed attonite
Mute mute si restano là.

FIORDILIGI E DORABELLA
(Ah, che al labbro le voci mi mancano;
Se non moro un prodigio sarà.)

(I servi portano un baule.)

GUGLIELMO
Permettete che sia posto
Quel baul in quella stanza.
Dei, che veggio!
Un uom nascosto!
Un notaio! Qui che fa?

DESPINA
(esce senza cappello)
No, signor, non è un notaio;
È Despina mascherata
Che dal ballo or è tornata
E a spogliarsi venne qua.

FERRANDO E GUGLIELMO
(da sè)
Una furba uguale a questa
Dove mai si troverà?

DESPINA
Una furba che m'agguagli
Dove mai si troverà?

FIORDILIGI E DORABELLA
La Despina? La Despina?
Non capisco come va.

(Don Alfonso lascia cadere accortamente il contratto sottoscritto dalle donne.)

DON ALFONSO
(piano agli amanti)
Già cader lasciai le carte;
Raccoglietele con arte.

FERRANDO (raccogliendo il contratto)
Ma che carte sono queste?

GUGLIELMO
Un contratto nuziale!

FERRANDO E GUGLIELMO
Giusto ciel! Voi qui scriveste,
Contraddirci omai non vale!
Tradimento, tradimento!
Ah, si faccia il scoprimento
E a torrenti, a fiumi, a mari
Indi il sangue scorrerà!

FIORDILIGI E DORABELLA
Ah, signor, son rea di morte
E la morte io sol vi chiedo;
Il mio fallo tardi vedo;
Con quel ferro un sen ferite
Che non merita pietà!

FERRANDO E GUGLIELMO
Cosa fu?

FIORDILIGI E DORABELLA
(additando Despina e Don Alfonso)
Per noi favelli
Il crudel, la seduttrice!

DON ALFONSO
Troppo vero è quel che dice
E la prova è chiusa lì!
(Accenna la camera dov'erano entrati prima gli amanti. Ferrando e Guglielmo entrano in camera.)

FIORDILIGI E DORABELLA
Dal timor io gelo, io palpito,
Perchè mai li discoprì?

(Ferrando e Guglielmo escono dalla camera, senza cappelli, senza mantelli e senza mustacchi, ma coll'abito finto e burlano in modo ridicolo le amanti e Despina.)

FERRANDO
(a Fiordiligi)
A voi s'inchina,
Bella damina,
Il cavaliere dell'Albania!

GUGLIELMO
(a Dorabella)
Il ritrattino
Pel coricino
Ecco, io le rendo, signora mia!

FERRANDO E GUGLIELMO
(a Despina)
Ed al magnetico signor dottore
Rendo l'onore
Che meritò!

FIORDILIGI, DORABELLA E DESPINA
Stelle, che veggo!

FERRANDO, GUGLIELMO E DON ALFONSO
Son stupefatte!

FIORDILIGI, DORABELLA E DESPINA
Al duol non reggo!

FERRANDO, GUGLIELMO E DON ALFONSO
Son mezze matte!

FIORDILIGI E DORABELLA
(accennando Don Alfonso)
Ecco là il barbaro
Che c'ingannò!

DON ALFONSO
V'ingannai, ma fu l'inganno
Disinganno ai vostri amanti,
Che più saggi omai saranno,
Che faran quel ch'io vorrò.
(li unisce e li fa abbracciare)
Qua le destre, siete sposi,
Abbracciatevi e tacete,
Tutti quattro ora ridete,
Ch'io già risi e riderò.

FIORDILIGI E DORABELLA
Idol mio, se questo è vero,
Colla fede e coll'amore
Compensar saprò il tuo core,
Adorarti ognor saprò.

FERRANDO E GUGLIELMO
Te lo credo, gioia bella,
Ma la prova far non vo'.

DESPINA
Io non so se veglio o sogno,
Mi confondo, mi vergogno;
Manco mal, se a me l'han fatta,
Ch'a molt'altri anch'io la fo.

TUTTI
Fortunato l'uom che prende
Ogni cosa per buon verso
E tra i casi e le vicende
Da ragion guidar si fa.
Quel che suole altrui far piangere
Fia per lui cagion di riso
E del mondo in mezzo ai turbini
Bella calma troverà.




Josef Kundlak (Ferrando), Alessandro Corbelli (Guglielmo), Claudio Desderi (Don Alfonso),
Daniela Dessì (Fiordiligi), Delores Ziegler (Dorabella), Adelina Scarabelli (Despina)
dir: Riccardo Muti (1989)


Luigi Alva (Ferrando), Hermann Prey (Guglielmo), Walter Berry (Don Alfonso),
Gundula Janowitz (Fiordiligi), Christa Ludwig (Dorabella), Olivera Miljaković (Despina)
dir: Karl Böhm (1970)


Werner Güra (Ferrando), Hanno Müller-Brachmann (Guglielmo), Roman Trekel (Don Alfonso),
Dorothea Röschmann (Fiordiligi), Katharina Kammerloher (Dorabella), Daniela Bruera (Despina)
dir: Daniel Barenboim (2002)


Luis Lima (Ferrando), Ferruccio Furlanetto (Guglielmo), Paolo Montarsolo (Don Alfonso),
Edita Gruberova (Fiordiligi), Delores Ziegler (Dorabella), Teresa Stratas (Despina)
dir: Nikolaus Harnoncourt (1988)

28 agosto 2017

Così fan tutte (32) - "Miei signori, tutto è fatto"

Scritto da Christian

(Foto da qui)

L'ingresso di Despina travestita, come detto, riporta all'improvviso tutto sul piano dell'opera buffa o della farsa. Il finto "notaio Beccavivi", che parla con voce nasale e che "coll'usata a voi sen viene / notariale dignità" è una macchietta ancora più parodistica del medico che la cameriera aveva interpretato nel finale del primo atto (a proposito: rimane un mistero come mai Despina stavolta si presti al gioco: che motivo ha la cameriera di "falsificare" il matrimonio, visto che – a quanto ne sa – i due "nobili albanesi" sono davvero tali, e davvero hanno intenzione di sposare le due dame?). Solo in questa scena, fra l'altro, noi spettatori veniamo messi finalmente al corrente della nazionalità dei due forestieri (albanesi, appunto) e dei loro nomi (gli "originalissimi" Tizio e Sempronio): come ho già avuto modo di scrivere, è probabile che Da Ponte e Mozart avessero inizialmente programmato di fornire almeno la prima dei queste informazioni al momento dell'introduzione dei personaggi, forse durante il sestetto "Alla bella Despinetta", e che tali versi, anche già musicati, siano stati espunti durante la lavorazione (ma ne riparleremo nel prossimo post). Quanto alla caricatura del notaio, nel 2013 Paolo Isotta così scriveva sul "Corriere della Sera":
Chi scrive ha esperienza solo dei notai dell’Italia meridionale e in particolare di Napoli. Non sa se nel Settentrione viga una sorta di deformazione professionale com’è a Napoli, ove i notai stipulano con particolare velocità, all’uopo adottando una sorta di salmodia recto tono e un timbro, per conseguenza, nasale; soprattutto quelli della generazione di mio padre. [...] I notai del teatro musicale sono caratterizzati proprio da quanto abbiamo descritto, quasi quelli veri si conformassero alla tradizione caricaturale operistica. In essa salmodiano, soffiano, nasalizzano. Nel II atto di "Così fan tutte" di Mozart, Despina è travestita e declama: [...] «Per contratto — da me fatto / si congiunge in matrimonio — Fiordiligi con Sempronio / e con Tizio Dorabella, — sua legittima sorella; / quelle, dame ferraresi, — questi, nobili albanesi / e per dote e controdote...». A questo punto, ma si ponga attenzione alla «controdote», tutti dicono: «Vi crediamo — ci fidiamo; soscriviam, date pur qua». Quindi, con un’insofferenza verso il formalismo che rappresenta un elemento comico della caratterizzazione.
(Paolo Isotta)
A margine, è da sottolineare come quello che va in scena è un (finto) matrimonio civile, non religioso: va bene tutto, ma farsi gioco dell'istituzione cattolica era forse troppo (anche nel "Barbiere di Siviglia", per esempio, è un notaio – e non un prete – a sigillare l'unione clandestina fra Lindoro/Almaviva e Rosina).

Non appena il contratto nuziale è stato firmato, dall'esterno si odono suoni di tamburi e riecheggia il canto "Bella vita militar", lo stesso che aveva accompagnato la partenza dei due ufficiali nel primo atto. È naturalmente il segnale del loro ritorno, quanto mai tempestivo. Don Alfonso, affacciatosi alla finestra, lo conferma alle sventurate ragazze: "Gli sposi vostri... / In questo istante / tornaro, oh Dio! / Ed alla riva / sbarcano già!". Sconvolte e preoccupate, Fiordiligi e Dorabella ordinano ai servitori di portare via la tavola con il banchetto, e ai suonatori di andarsene. Quanto al "notaio" e ai due "albanesi", vengono fatti nascondere in due diverse camere (i due uomini ne approfittano per sgattaiolare via alla chetichella, pronti a togliersi di dosso il travestimento per fare ritorno nei loro consueti abiti). La tensione è palpabile, e a poco valgono le rassicurazioni di Don Alfonso (nelle cui mani è rimasto il contratto firmato) alle fanciulle: "Rasserenatevi, ritranquillatevi; / In me fidatevi, ben tutto andrà".

Clicca qui per il testo.

DON ALFONSO
Miei signori, tutto è fatto;
Col contratto nuziale
Il notaio è sulle scale
Ipso facto qui verrà.

FIORDILIGI, DORABELLA, FERRANDO E GUGLIELMO
Bravo, bravo. Passi subito!

DON ALFONSO
Vo a chiamarlo. Eccolo qua.

DESPINA
(vestita da notaio, con voce nasale)
Augurandovi ogni bene,
Il notaio Beccavivi
Coll'usata a voi sen viene
Notariale dignità,
E il contratto stipulato
Colle regole ordinarie
Nelle forme giudiziarie,
Pria tossendo, poi sedendo
Clara voce leggerà.

FIORDILIGI, DORABELLA, FERRANDO E GUGLIELMO
Bravo, bravo in verità!

DESPINA
Per contratto da me fatto,
Si congiunge in matrimonio
Fiordiligi con Sempronio
E con Tizio Dorabella,
Sua legittima sorella;
Quelle, dame ferraresi,
Questi, nobili albanesi.
E per dote e contradote...

FIORDILIGI, DORABELLA, FERRANDO E GUGLIELMO
Cose note, cose note!
Vi crediamo, ci fidiamo,
Soscriviam, date pur qua.

DESPINA E DON ALFONSO
Bravi, bravi in verità!

(La carta resta in mano di Don Alfonso. Si sente un gran suono di tamburo.)

CORO
(di dentro)
Bella vita militar!
Ogni dì si cangia loco;
Oggi molto e doman poco,
Ora in terra ed or sul mar.

FIORDILIGI, DORABELLA, DESPINA, FERRANDO E GUGLIELMO
Che rumor, che canto è questo?

DON ALFONSO
State cheti; io vo a guardar.
(va alla finestra)
Misericordia!
Numi del cielo!
Che caso orribile!
Io tremo! Io gelo!
Gli sposi vostri...

FIORDILIGI E DORABELLA
Lo sposo mio...

DON ALFONSO
In questo istante
Tornaro, oh Dio!
Ed alla riva
Sbarcano già!

FIORDILIGI, DORABELLA, FERRANDO E GUGLIELMO
Cosa mai sento!
Barbare stelle!
In tal momento
Che si farà?

FIORDILIGI E DORABELLA
Presto partite,
Presto fuggite:
(I servi portano via la tavola e i suonatori partono in furia.)
Là, là celatevi,
Per carità!

DESPINA, FERRANDO, GUGLIELMO E DON ALFONSO
Ma se ci (li) veggono?
Ma se ci (li) incontrano?

(Don Alfonso conduce Despina in una camera; Fiordiligi e Dorabella conducono gli amanti in un'altra. Gli amanti escono non veduti e partono.)

FIORDILIGI E DORABELLA
Numi, soccorso!
Numi, consiglio!
Chi dal periglio
Ci salverà?

DON ALFONSO
Rasserenatevi,
Ritranquillatevi;
In me fidatevi,
Ben tutto andrà.

FIORDILIGI E DORABELLA
Mille barbari pensieri
Tormentando il cor mi vanno;
Se discoprono l'inganno
Ah, di noi che mai sarà?




Claudio Desderi (Don Alfonso), Adelina Scarabelli (Despina), Josef Kundlak (Ferrando),
Alessandro Corbelli (Guglielmo), Daniela Dessì (Fiordiligi), Delores Ziegler (Dorabella)
dir: Riccardo Muti (1989)


Nicolas Rivenq (Don Alfonso), Ainhoa Garmendia (Despina), Topi Lehtipuu (Ferrando),
Luca Pisaroni (Guglielmo), Miah Persson (Fiordiligi), Anke Vondung (Dorabella)
dir: Iván Fischer (2006)


Walter Berry (Don Alfonso), Olivera Miljaković (Despina), Luigi Alva (Ferrando),
Hermann Prey (Guglielmo), Gundula Janowitz (Fiordiligi), Christa Ludwig (Dorabella)
dir: Karl Böhm (1970)


Roman Trekel, Daniela Bruera,
Werner Güra, Hanno Müller-Brachmann,
Dorothea Röschmann, Katharina Kammerloher
dir: Daniel Barenboim

Paolo Montarsolo, Teresa Stratas,
Luis Lima, Ferruccio Furlanetto,
Edita Gruberova, Delores Ziegler,
dir: Nikolaus Harnoncourt

25 agosto 2017

Così fan tutte (31) - "Fate presto, o cari amici"

Scritto da Christian

Siamo dunque giunti al finale. Anche se la morale dell'opera è già stata espressa nella scena precedente, infatti, il meccanismo narrativo richiede ancora una risoluzione adeguata, con lo svelamento definitivo dell'inganno anche alle due ignare fanciulle. Dorabella e Fiordiligi, come ha già preannunciato Despina, sono infatti disposte a contrarre matrimonio con i nobili forestieri, ignorando che si tratta dei loro vecchi amanti travestiti. Per portare ancora avanti la farsa, è dunque necessario un altro travestimento: sarà ancora Despina, la cameriera, a presentarsi sotto le false vesti di notaio, dimostrando se non altro la sua incredibile versatilità (già nel finale del primo atto si era fatta passare per un medico!).

Prima del suo ingresso, che sancisce un ritorno esplicito agli stilemi dell'opera buffa, Mozart si prende però ancora un po' di tempo per ammantare musicalmente le doppie nozze (o meglio, i loro preparativi) di un'aura seria e quasi sacrale. La scena, che inizia con Don Alfonso e Despina che si compiacciono con i servi e i suonatori per i preparativi per il lauto banchetto nuziale ("Fate presto, o cari amici"), e prosegue con un coro che augura felicità alle due coppie ("Benedetti i doppi coniugi"), ha il suo culmine in un brindisi ("E nel tuo, nel mio bicchiero") che il compositore salisburghese trasforma in un sublime canone a quattro voci. Le parole del libretto sono altrettanto significative, visto che richiamano un desiderio di oblio: dimenticare il passato, dimenticare tutto, per perdersi nel nuovo amore, forse perché consapevoli di commettere (tutti quanti, non solo le due donne) un tradimento. Il solo Guglielmo, a parte, canta parole diverse dagli altri tre, cariche di livore e amarezza.

[...] il discorso non verte tanto sulla fedeltà e l'infedeltà femminili, ma sul principio dell'innamoramento e del suo contrario, lo spegnersi improvviso della passione. L'opera ha quindi a che fare col lutto e con la dimenticanza necessaria a sopravvivere. Turba che essa sia così improvvisa, ma in fondo turberebbe di più se fosse dilatata nel tempo, se avvenisse un po' per volta, come accade nella vita reale: la morte dell'altro si vive giorno per giorno, secondo per secondo. "Così fan tutte" è quindi un'opera sul lutto dell'amore e sul lutto in generale. È proprio insopportabile, dopo tanto dolore esibito (furie, smanie, minacce di suicidio), vedere che si è sostituiti: non importa il tempo che l'altro impiega. I due uomini, che mettono in scena l'abbandono e prefigurano una probabile morte in battaglia, possono vedere di persona quanto è naturale che succeda sempre, dopo: la straziante perdita del ricordo. C'è un momento preciso che suggella tutto questo, ed è il brindisi, durante la finta cerimonia di nozze del secondo atto: "E nel tuo, nel mio bicchiero / si sommerga ogni pensiero / e non resti più memoria / del passato ai nostri cor". Il brindisi rappresenta l'attimo preciso della fine di un lutto (la finta perdita dei promessi sposi) e della sostituzione dell'oggetto amato scomparso. Mozart lo intona con un effetto al rallentatore, fermando il tempo. Una frase cantabile e distesa viene intonata da Fiordiligi, alla quale si aggiungono Ferrando e Dorabella, a mo' di canone, che potrebbe continuare all'infinito. E Guglielmo commenta: "Ah, bevessero del tossico", consapevole della propria morte ormai consumata.
(Marco Emanuele)

Clicca qui per il testo di "Fate presto, o cari amici".

(Sala ricchissima illuminata. Orchestra in fondo; tavola per quattro persone con doppieri d'argento. Quattro servi riccamente vestiti.)

DESPINA
Fate presto, o cari amici,
Alle faci il foco date
E la mensa preparate
Con ricchezza e nobiltà.
Delle nostre padroncine
Gli imenei son già disposti
E voi gite ai vostri posti
Finchè i sposi vengon qua.

CORO DI SERVI E SUONATORI
Facciam presto, o cari amici
Alle faci il foco diamo
E la mensa prepariamo
Con ricchezza e nobiltà.

DON ALFONSO
Bravi, bravi! Ottimamente!
Che abbondanza! Che eleganza!
Una mancia conveniente
L'un e l'altro a voi darà.
(Mentre Don Alfonso canta, i suonatori accordono.)
Le due coppie omai s'avanzano;
Fate plauso al loro arrivo:
Lieto canto e suon giulivo
Empia il ciel d'ilarità.

DESPINA E DON ALFONSO
(piano, partendo per diverse porte)
La più bella commediola
Non s'è vista, o si vedrà!

Clicca qui per il testo di "Benedetti i doppi coniugi".

CORO
Benedetti i doppi coniugi
E le amabili sposine!
Splenda lor il ciel benefico,
Ed a guisa di galline
Sien di figli ognor prolifiche
Che le agguaglino in beltà.

FIORDILIGI, DORABELLA, FERRANDO E GUGLIELMO
Come par che qui prometta
Tutto gioia e tutto amore!
Della cara Despinetta
Certo il merito sarà.
Raddoppiate il lieto suono,
Replicate il dolce canto
E noi qui seggiamo intanto
In maggior giovialità.

(Il coro parte; restano quattro servitori per servire gli sposi che si mettono alla tavola.)

FERRANDO E GUGLIELMO
Tutto, tutto, o vita mia,
Al mio foco or ben risponde.

FIORDILIGI E DORABELLA
Pel mio sangue l'allegria
Cresce, cresce e si diffonde.

FERRANDO E GUGLIELMO
Sei pur bella!

FIORDILIGI E DORABELLA
Sei pur vago!

FERRANDO E GUGLIELMO
Che bei rai!

FIORDILIGI E DORABELLA
Che bella bocca!

FERRANDO E GUGLIELMO
Tocca e bevi!

FIORDILIGI E DORABELLA
Bevi e tocca!
(Toccando i bicchieri.)

FIORDILIGI, DORABELLA E FERRANDO
E nel tuo, nel mio bicchiero
Si sommerga ogni pensiero
E non resti più memoria
Del passato ai nostri cor.
(bevono)

GUGLIELMO
(da sè)
Ah, bevessero del tossico,
Queste volpi senza onor!




Adelina Scarabelli (Despina), Claudio Desderi (Don Alfonso), Josef Kundlak (Ferrando),
Alessandro Corbelli (Guglielmo), Daniela Dessì (Fiordiligi), Delores Ziegler (Dorabella)
dir: Riccardo Muti (1989)


Ainhoa Garmendia (Despina), Nicolas Rivenq (Don Alfonso), Topi Lehtipuu (Ferrando),
Luca Pisaroni (Guglielmo), Miah Persson (Fiordiligi), Anke Vondung (Dorabella)
dir: Iván Fischer (2006)


Olivera Miljaković (Despina), Walter Berry (Don Alfonso), Luigi Alva (Ferrando),
Hermann Prey (Guglielmo), Gundula Janowitz (Fiordiligi), Christa Ludwig (Dorabella)
dir: Karl Böhm (1970)


Daniela Bruera, Roman Trekel,
Werner Güra, Hanno Müller-Brachmann,
Dorothea Röschmann, Katharina Kammerloher
dir: Daniel Barenboim

"Benedetti i doppi coniugi"
Rainer Trost, Bo Skovhus,
Soile Isokoski, Helene Schneiderman
dir: John Eliot Gardiner

22 agosto 2017

Così fan tutte (30) - "Tutti accusan le donne"

Scritto da Christian

Nascosto dietro le quinte insieme a Don Alfonso, Guglielmo ha assistito alla "capitolazione" della sua Fiordiligi fra le braccia dell'amico Ferrando. In preda alla rabbia, inveisce contro la ragazza (storpiandone anche il nome in "Fior di diavolo"), e deve anche rimangiarsi le parole che in precedenza aveva rivolto all'amico, e che questi gli ritorce ironicamente contro ("V'han delle differenze in ogni cosa. / Un poco di più merto..."). Entrambi hanno dunque perso la scommessa: loro malgrado, sono riusciti a sedurre l'uno la fidanzata dell'altro, confermando così la teoria di Don Alfonso sull'illusione della fedeltà femminile.

Eppure, è soltanto ora che il filosofo completa il suo insegnamento, un vero e proprio percorso di maturazione e di educazione al sentimento: ai due giovani furibondi, che vorrebbero studiare un modo "di castigarle sonoramente", ne suggerisce uno davvero inaspettato: sposarle. E il motivo è presto detto, in perfetta coerenza con tutto quello che ha predicato finora: se l'errore precedente era stato quello di idealizzare le loro dame, considerandole divinità senza macchia e senza peccato, ora dovranno imparare ad accettarle in quanto esseri umani con pregi e difetti. "Pigliatele com'elle son", dice Alfonso. Non delle icone (o dei ritratti da ammirare a distanza), ma persone in carne e ossa, soggette a sbalzi d'umore e a sentimenti che dipendono dalla relazione e dal rapporto con l'amato. Un amore vero e non idealizzato, insomma, anche perché "In ogni cosa ci vuol filosofia". E visto che l'amore di Ferrando e Guglielmo per Dorabella e Fiordiligi è innegabile, come ammettono loro stessi, il consiglio del vecchio filosofo è quello di goderselo senza elevarlo su un piedistallo, perché più si va in cielo più ci si fa male quando si cade.

Che Don Alfonso non sia veramente un misogino lo conferma la breve arietta "Tutti accusan le donne", dove pare giustificare il comportamento leggero delle ragazze (un comportamento, sia chiaro, che mai aveva giudicato in termini negativi, a differenza dei due soldati) e fa ricadere tutta la colpa delle incomprensioni e dell'infelicità sugli uomini, incapaci – per orgoglio o per illusione – di rendersi conto della natura femminile. In quello che è una sorta di pre-finale, Ferrando e Guglielmo sono persino invitati a intonare insieme a lui la morale (e il titolo) dell'opera, "Così fan tutte", riprendendo le note dell'ouverture. E forse, quel "ripetete con me" è rivolto un po' anche agli spettatori.

Ancora una volta, come sottolinea Daniel Heartz, il debito di Da Ponte verso Carlo Goldoni è notevole:

Nella scena finale de "Le pescatrici", Goldoni chiude bruscamente la mascherata messa in atto dai due giovani pescatori, Burloto e Frisellino, travestiti da gentiluomini per mettere alla prova la fedeltà delle loro fidanzate, Nerina e Lesbina (tutte parti buffe). Dopo che i due si fanno riconoscere – provocando la sorpresa, ma anche la rabbia delle due fanciulle – Mastriccio li sgrida severamente per aver pur solo osato pensare a una simile messinscena. Anch'egli, come il Don Alfonso dapontiano, è convinto che la colpa sia tutta degli uomini. Identica è anche la soluzione proposta da entrambi i vecchi per rimediare al danno. "Sposarle", risponde Don Alfonso dopo che Guglielmo, indignato per il cedimento di Fiordiligi, gli chiede quale possa essere la punizione più adeguata. Mastriccio avrebbe potuto essere altrettanto conciso se Goldoni non si fosse divertito a mettergli in bocca un proverbio popolare dietro l'altro:
MASTRICCIO
E chi, pazzi, v'insegna
le femmine tentare? In caso tale
che avreste fatto voi,
sciocchi che siete?
Se bene a lor volete,
sposatele, tacete, e non parlate:
si strapperà se troppo la tirate.

BURLOTO
Amico, il giuramento.

FRISELLINO
Sì, sì, me lo rammento.
E voi?

BURLOTO
Ed io pentito
son della trista prova.

MASTRICCIO
Chi va il mal cercando, il mal ritrova.
Prima del gran finale, anche Despina fa la sua ricomparsa per rallegrarsi con i due nobili albanesi (ricordiamo che la cameriera ignora che si tratta di travestimenti), annunciando loro che le sue padrone sono disposte a unirsi immediatamente con loro in matrimonio. Non avvedendosi della reazione sarcastica dei due uomini, si vanta delle proprie capacità: "Non è mai senz'effetto / quand'entra la Despina in un progetto".


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

GUGLIELMO
Oh poveretto me, cosa ho veduto!
Cosa ho sentito mai!

DON ALFONSO
Per carità, silenzio!

GUGLIELMO
Mi pelerei la barba,
Mi grafferei la pelle
E darei colle corna entro le stelle.
Fu quella Fiordiligi, la Penelope,
L'Artemisia del secolo! Briccona,
Assassina, furfante, ladra, cagna!

DON ALFONSO
Lasciamolo sfogar.

FERRANDO
(entrando)
Ebben!

GUGLIELMO
Dov'è?

FERRANDO
Chi? La tua Fiordiligi?

GUGLIELMO
La mia Fior, fior di diavolo,
Che strozzi lei prima e dopo me!

FERRANDO
Tu vedi bene:
V'han delle differenze in ogni cosa;
(ironicamente)
Un poco di più merto...

GUGLIELMO
Ah, cessa, cessa di tormentarmi
Ed una via piuttosto studiam
Di castigarle sonoramente.

DON ALFONSO
Io so qual'è: sposarle.

GUGLIELMO
Vorrei sposar piuttosto
La barca di Caronte!

FERRANDO
La grotta di Vulcano.

GUGLIELMO
La porta dell'inferno.

DON ALFONSO
Dunque restate celibi in eterno.

FERRANDO
Mancheran forse donne
Ad uomin come noi?

DON ALFONSO
Non c'è abbondanza d'altro.
Ma l'altre che faran,
Se ciò fer queste?
In fondo, voi le amate
Queste vostre cornacchie spennacchiate.

GUGLIELMO
Ah, purtroppo!

FERRANDO
Purtroppo!

DON ALFONSO
Ebben, pigliatele
Com'elle son; natura non potea
Fare l'eccezione, il privilegio
Di creare due donne d'altra pasta
Per i vostri bei musi; in ogni cosa
Ci vuol filosofia. Venite meco;
Di combinar le cose
Studierem la maniera.
Vo' che ancor questa sera
Doppie nozze si facciano;
Frattanto un'ottava ascoltate:
Felicissimi voi, se la imparate.

Clicca qui per il testo di "Tutti accusan le donne".

DON ALFONSO
Tutti accusan le donne, ed io le scuso
Se mille volte al dì cangiano amore;
Altri un vizio lo chiama, ed altri un uso,
Ed a me par necessità del core.
L'amante che si trova alfin deluso,
Non condanni l'altrui, ma il proprio errore.
Giacchè giovani, vecchie e belle e brutte,
Ripetete con me: "Così fan tutte"!

FERRANDO, GUGLIELMO E DON ALFONSO
Così fan tutte!

Clicca qui per il testo del recitativo che segue.

DESPINA
Vittoria, padroncini!
A sposarvi disposte
Son le care madame; a nome vostro
Loro io promisi che in tre giorni circa
Partiranno con voi; l'ordin mi diero
Di trovar un notaio
Che stipuli il contratto; alla lor camera
Attendendo vi stanno.
Siete così contenti?

FERRANDO, GUGLIELMO E DON ALFONSO
Contentissimi.

DESPINA
Non è mai senz'effetto
Quand'entra la Despina in un progetto.




Claudio Desderi (Don Alfonso), Josef Kundlak (Ferrando), Alessandro Corbelli (Guglielmo)
dir: Riccardo Muti (1989)


Paolo Montarsolo (Don Alfonso), Luis Lima (Ferrando), Ferruccio Furlanetto (Guglielmo)
dir: Nikolaus Harnoncourt (1988)


Dietrich Fischer Dieskau

Bruno Praticò

18 agosto 2017

Così fan tutte (29) - "Fra gli amplessi in pochi istanti"

Scritto da Christian

Nonostante i consigli di Dorabella, che si sono aggiunti a quelli di Despina, la tormentata Fiordiligi rimane ancora intenzionata a mostrarsi fedele al suo antico fidanzato Guglielmo e a sopprimere i sentimenti che sente nascere per il nuovo e misterioso corteggiatore, costi quel che costi ("Ma no! Si mora, e non si ceda!"). Rimasta sola, per sfuggire a ogni possibile tentazione pianifica un progetto decisamente audace: vestirsi da uomo, con una delle uniformi militari di Guglielmo e Ferrando che sono rimaste in casa, e raggiungere il suo amato al campo di battaglia! Per di più, spera che anche la sorella aderisca a questo piano ("Al campo, al campo! / Altra strada non resta per serbarci innocenti"). Qui il libretto di Da Ponte raggiunge vette di sottigliezza inarrivabili: Fiordiligi commenta infatti che l'abito più adatto a lei è quello di Ferrando, mentre Dorabella potrà indossare quello di Guglielmo. Lo scambio di coppie pare davvero voluto dal destino! Il tema del travestimento (un classico luogo comune dell'opera buffa, che evoca ovviamente il "teatro nel teatro", e che in "Così fan tutte" è davvero ubiquo, come ci ricordano anche le mascherate degli stessi Guglielmo, Ferrando nonché quelle di Despina) viene così sfruttato per suggerire nuovi e possibili sviluppi, il tutto senza parlare dei sottotesti legati al gioco e all'attrazione sessuale: è un "sublime atto di chissà quanto inconsapevole feticismo, [con cui Fiordiligi] si impossessa del corpo del nuovo amante attraverso l'abito, un ulteriore e simbolico scambio".

Mentre ha appena cominciato a intonare quella che sembra in tutto e per tutto un'aria "a solo", la voce di Ferrando – giunto alle sue spalle senza farsi notare – la interrompe, dando vita a un meraviglioso duetto dalla struttura lunga e complessa, nel corso del quale anche gli ultimi sforzi di Fiordiligi di resistere al nuovo amore finiscono con l'esaurirsi. Il suo cedimento, a differenza di quello della sorella, è ammantato di toni da eroina tragica ("Crudel, hai vinto; fa' di me quel che ti par"). A osservare tutta la scena, di nascosto, ci sono anche Guglielmo e Don Alfonso: il primo, inizialmente tutto fiero di udire gli arditi propositi della sua dama ("Bravissima, la mia casta Artemisia; la sentite?", commenta agli amici, facendo riferimento all'antica regina greca Artemisia II, citata anche nell'Orlando Furioso come esempio di fedeltà al marito, per il quale fece costruire il leggendario Mausoleo). Ma dovrà ricredersi quando assisterà all'abbraccio dei due amanti, al punto che Don Alfonso dovrà quasi trattenerlo per impedirgli di uscire dal nascondiglio.

Una volta travestita, [Fiordiligi] si volta, si guarda nello specchio, si trova bella e lancia il duetto – "Tra gli amplessi in pochi istanti" – una complessa struttura musicale in cinque movimenti in rapida successione, che sembra però iniziare come un'aria. Non fosse che nel frattempo Ferrando silenzioso le si avvicina da dietro – mentre Guglielmo sempre più furioso e amareggiato contempla il tutto in quinta – e l'interrompe trasformando la situazione in duetto e privandola di una possibile seconda quartina che avrebbe concluso l'aria – straordinario come qui il teatro dissolva vecchie forme musicali per crearne di nuove – poi, grido di stupore di Fiordiligi – "Cosa veggio! Son tradita" – e su un frammento melodico ingiunge a Ferrando: "Deh, Partite!". Ferrando le ruba quel frammento di bocca e lo sviluppa in un arioso agitato in cui le chiede di ucciderlo con la spada. Il gesto melodico di ripulsa le si ritorce contro, è lei che ha fornito a Ferrando il pretesto per rovesciare la situazione prendendo lui l'iniziativa. Segue una seconda sezione dell'Allegro in cui Fiordiligi tenta di chiudere la bocca a Ferrando con un "Taci, ahimè!", il tempo sembra rallentare col passar da semicrome a crome (violini); attraverso una serie di microepisodi si giunge al duetto vero e proprio in cui le due voci si allacciano. "Ah, non son, non son più forte ...", implora lei sospirosa, e il cedimento definitivo avverrà su una straziante cadenza dell'oboe: "Fa' di me quel che ti par". Come distinguere in questo duetto l'elemento teatrale da quello musicale? Si noti che non è un tradizionale duetto d'amore puramente contemplativo, ma un duetto d'azione, azione che si svolge nel presente immediato teatrale. Ferma decisione, scambio d'iniziativa tra i due personaggi, abbandono d'ogni resistenza e cedimento tutto avviene lì in quel momento, espresso da pure forme musicali, ciascuna delle quali appare trasfigurazione di un gesto fisico del corpo, di un moto interiore dell'anima. Il momento contemplativo si ha nell'Andante finale, dove le due voci si rincorrono a fiorire all'infinito la parola "sospirar". Pur nel complesso travestimento, da albanese-turchesco lui, da soldato lei, mai si è vista coppia più nuda, l'una di fronte all'altro nella loro fragile, creaturale verità.
(Luca Fontana)
Se il precedente duetto "Il core vi dono" aveva segnato l'amore fra Dorabella e Guglielmo, questo fa dunque lo stesso – in maniera molto più intensa e sofferta, certo – per Fiordiligi e Ferrando. Ora finalmente le due coppie, smontate, mescolate e rimontate, hanno raggiunto un nuovo equilibrio: e se non si trattasse solo di un inganno, saremmo pronti per il lieto fine. In questo duetto, in particolare, le emozioni sono così forti e in rapida evoluzione che l'avvicinarsi del momento della verità, quello in cui la finzione sarà rivelata, ci pare davvero crudele nei confronti di Fiordiligi. Senza dubbio questo Mozart lo percepiva, e con la sua musica fa davvero di tutto per rimandare l'amara rivelazione al più tardi possibile.
Sembra esserci una leggera, ma non per questo meno ben definita divergenza di intenti fra il testo di Da Ponte e la musica di Mozart. Il compositore, che, diversamente da Da Ponte, non era precisamente un cinico, si immedesima, più di quanto il testo non giustifichi, nelle sorti delle dame quando i ruoli sono rovesciati. Questo è dovuto in parte al fatto che Mozart ha sempre dimostrato una speciale attenzione per i problemi, le aspirazioni e le motivazioni delle donne, e in parte al fatto che si è spinto molto in là nel convincere il pubblico del nuovo stato delle cose, finendo forse col convincere se stesso della verità della falsa situazione. Pertanto ritengo che la particolare intensità di «Così fan tutte» stia nel fatto che la necessità del perdono è presente non solo alla fine dell'opera, ma in tutte le scene di inganno, in cui il pubblico sa – benché le protagoniste non sappiano ancora – che le loro azioni richiedono più perdono di quanto forse sia stato mai richiesto da qualsiasi altra azione in un'opera di Mozart. Le emozioni che l'opera genera sono quindi doppiamente intense e il cinismo del libretto è in parte mitigato.
(H.C. Robbins Landon)
Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

(Fiordiligi sola, poi Guglielmo, Ferrando e Don Alfonso, che stanno in un'altra camera, che si vede per la porta della prima, poi Despina.)

FIORDILIGI
Come tutto congiura
A sedurre il mio cor! Ma no! Si mora,
E non si ceda! Errai quando alla suora
Io mi scopersi ed alla serva mia;
Esse a lui diran tutto, ed ei più audace
Fia di tutto capace; agli occhi miei
Mai più non comparisca! A tutti i servi
Minaccerò il congedo
Se lo lascian passar; veder nol voglio,
Quel seduttor.

GUGLIELMO
Bravissima,
La mia casta Artemisia; la sentite?

FIORDILIGI
Ma potria Dorabella
Senza saputa mia... piano, un pensiero
Per la mente mi passa; in casa mia
Restar molte uniformi
Di Guglielmo e Ferrando: ardir!
Despina! Despina!

DESPINA
(entrando)
Cosa c'è?

FIORDILIGI
Tieni un po' questa chiave e senza replica,
Senza replica alcuna,
Prendi nel guardaroba, e qui mi porta
Due spade, due cappelli e due vestiti
De' nostri sposi.

DESPINA
E che volete fare?

FIORDILIGI
Vanne, non replicare.

DESPINA
(da sè)
Comanda in abregè donna Arroganza.
(parte)

FIORDILIGI
Non c'è altro; ho speranza
Che Dorabella stessa
Seguirà il bell'esempio;
Al campo, al campo!
Altra strada non resta
Per serbarci innocenti.

DON ALFONSO
(da sè)
Ho capito abbastanza.
(a Despina, che ritorna)
Vanne pur, non temer.

DESPINA
Eccomi.

FIORDILIGI
Vanne
Sei cavalli di posta
Voli un servo a ordinar; di' a Dorabella
Che parlarle vorrei.

DESPINA
Sarà servita.
(da sè)
Questa donna mi par di senno uscita.
(parte)

FIORDILIGI
L'abito di Ferrando
Sarà buono per me; può Dorabella
Prender quel di Guglielmo. In questi arnesi
Raggiungerem gli sposi nostri.
Al loro fianco pugnar potremo
E morir, se fa d'uopo.
(si cava quello che tiene in testa)
Ite in malora
Ornamenti fatali, io vi detesto.

GUGLIELMO
(da sè)
Si può dar un amor simile a questo?

FIORDILIGI
Di tornar non sperate alla mia fronte
Pria ch'io qui torni col mio ben;
In vostro loco porrò questo cappello.
Oh, come ei mi trasforma le sembianze e il viso!
Come appena io medesma or mi ravviso!

Clicca qui per il testo di "Fra gli amplessi in pochi istanti".

FIORDILIGI
Fra gli amplessi in pochi istanti
Giungerò del fido sposo;
Sconosciuta a lui davanti
In quest'abito verrò.
Oh, che gioia il suo bel core
Proverà nel ravvisarmi!

FERRANDO
(entra, mentre Guglielmo e Don Alfonso restano nell'altra camera)
Ed intanto di dolore
Meschinello io mi morrò.

FIORDILIGI
Cosa veggio? Son tradita!
Deh, partite!

FERRANDO
Ah no, mia vita!
Con quel ferro di tua mano
Questo cor tu ferirai,
E se forza, oh Dio, non hai,
Io la man ti reggerò.
(prende la spada dal tavolino, la sfodera)

FIORDILIGI
Taci, ahimè! Son abbastanza
Tormentata ed infelice!
Ah, che omai la mia costanza
A quei sguardi, a quel che dice,
Incomincia a vacillar!

FERRANDO
Ah, che omai la sua costanza
A quei sguardi, a quel che dice,
Incomincia a vacillar.

FIORDILIGI
Sorgi, sorgi!

FERRANDO
Invan lo credi.

FIORDILIGI
Per pietà, da me che chiedi?

FERRANDO
Il tuo cor o la mia morte.

FIORDILIGI
Ah, non son, non son più forte!

FERRANDO
(le prende la mano e gliela bacia)
Cedi, cara!

FIORDILIGI
Dei, consiglio!

FERRANDO
(tenerissimamente)
Volgi a me pietoso il ciglio:
In me sol trovar tu puoi
Sposo, amante e più, se vuoi;
Idol mio, più non tardar.

FIORDILIGI
(tremando)
Giusto ciel! Crudel, hai vinto;
Fa' di me quel che ti par.
(Don Alfonso trattiene Guglielmo che vorrebbe uscire.)

FERRANDO E FIORDILIGI
Abbracciamci, o caro bene,
E un conforto a tante pene
Sia languir di dolce affetto,
Di diletto sospirar!
(partono)




Daniela Dessì (Fiordiligi), Josef Kundlak (Ferrando)
dir: Riccardo Muti (1989)


Miah Persson (Fiordiligi), Topi Lehtipuu (Ferrando)
dir: Iván Fischer (2006)


Gundula Janowitz (Fiordiligi), Luigi Alva (Ferrando)
dir: Karl Böhm (1970)


Margaret Marshall, Francisco Araiza


Edita Gruberova, Luis Lima


Soile Isokoski, Rainer Trost

Maria Bengtsson, Rolando Villazón

15 agosto 2017

Così fan tutte (28) - "È amore un ladroncello"

Scritto da Christian

Rientrate in camera, le due sorelle mostrano umori contrapposti. Se Dorabella, di fronte a una compiaciuta Despina, racconta di aver ceduto con piacere al nuovo corteggiatore, Fiordiligi è invece furibonda (con sé stessa, con tutti) e in preda allo sconforto: ammette di essere attratta dal "galante biondino" ("Inorridisci: io amo, e l'amor mio / non è sol per Guglielmo"), ma lo ritiene una vergogna. In uno scambio significativo di battute, Dorabella prova a convincerla di accettare con pragmatismo l'amore dello straniero.

DORABELLA
Odimi: sei tu certa
Che non muoiano in guerra
I nostri vecchi amanti? E allora entrambe
Resterem colle man piene di mosche
Tra un ben certo e un incerto
C'è sempre un gran divario!


FIORDILIGI
E se poi torneranno?

DORABELLA
Se torneran, lor danno!
Noi saremo allor mogli,
Noi saremo lontane mille miglia.


FIORDILIGI
Ma non so come mai
Si può cangiar in un sol giorno un core.


DORABELLA
Che domanda ridicola! Siam donne!
Qui Dorabella sembra quasi voler dare ragione all'assunto di Don Alfonso ("Così fan tutte"). In realtà, come abbiamo visto, esso può essere cinicamente giustificato da un altro, al maschile, propugnato da Despina: "Uno val l'altro, perché nessun val nulla".
In questa prospettiva si comprende il senso della fuga di Mozart nei cieli di cristallo della musica più pura e sublime; si chiariscono le motivazioni segrete di certe aperture su paesaggi edenici di bellezza incontaminata, la risoluzione di tanti momenti della vicenda in apparizioni splendide, in accensioni di bellezza assoluta. Qui Mozart non è più all'interno del gioco divertito di coinvolgimento e di distacco ironico rispetto al teatro ed alle sue cangianti ed effimere parvenze. Si pone in un'altra dimensione: diversa da quella di Da Ponte, della corte absburgica, del pubblico aristocratico che affollava il Teatro Imperiale, e via dicendo. Da altezze immense guarda alle miserie della commedia umana, dandoci davvero il senso di «quel vuoto che fa male», di «quel rimpianto che non viene mai appagato» di cui parla nelle ultime lettere alla moglie; che è rimpianto di un mondo perduto, o forse mai posseduto, nel quale i valori hanno ben altra consistenza di quanto non ne assegni o ne possa assegnare loro una ragione sterile e negativa, generata da un assetto sociale giunto al culmine del suo possibile sviluppo e già condannato dalla storia.
(Francesco Degrada)
L'arietta giocosa con cui Dorabella ribadisce il concetto alla sorella, invitandola ad accogliere il richiamo dell'amore senza più resistergli, serve innanzitutto a scoprire il vero volto della ragazza. È un'aria leggera, di certo più simile a quelle di Despina che non alla precedente della stessa Dorabella ("Smanie implacabili"). E in effetti, quando afferma che l'amore "porta dolcezza e gusto se tu lo lasci far, ma t'empie di disgusto se tenti di pugnar", sembra proprio sentir parlare la cameriera ("Non è più amore / se incomodo diventa, / se invece di piacer nuoce e tormenta"). Certo, a differenza di quella di Despina, l'aria di Dorabella è priva di ogni conflittualità verso il genere maschile. Libera finalmente dalla teatralità che la opprimeva e la soffocava con le sue convenzioni morali, la ragazza si mostra ora "maliziosamente sentimentale e spensierata". Anche nel canto, che richiama come metafora le creature della natura ("un serpentello", o magari – con il musicale "s'egli ti becca qui... qui, qui, qui..." – un fringuellino). D'altronde, quasi un secolo più tardi, una zingara di nome Carmen affermerà a sua volta che "L'amore è un uccello ribelle".


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

(Camera con diverse porte, specchio e tavolini.
Dorabella e Despina, poi Fiordiligi.
)

DESPINA
Ora vedo che siete
Una donna di garbo.

DORABELLA
Invan, Despina,
Di resister tentai: quel demonietto
Ha un artifizio, un eloquenza, un tratto,
Che ti fa cader giù se sei di sasso.

DESPINA
Corpo di satanasso!
Questo vuol dir saper! Tanto di raro
Noi povere ragazze
Abbiamo un po' di bene,
Che bisogna pigliarlo allor ch'ei viene.
Ma ecco la sorella.
Che ceffo!

FIORDILIGI
Sciagurate!
Ecco per colpa vostra
In che stato mi trovo!

DESPINA
Cosa è nato,
Cara madamigella?

DORABELLA
Hai qualche mal, sorella?

FIORDILIGI
Ho il diavolo, che porti me,
Te, lei, Don Alfonso, i forestieri
E quanti pazzi ha il mondo.

DORABELLA
Hai perduto il giudizio?

FIORDILIGI
Peggio, peggio,
Inorridisci: io amo, e l'amor mio
Non è sol per Guglielmo.

DESPINA
Meglio, meglio!

DORABELLA
È che forse anche tu se' innamorata
Del galante biondino?

FIORDILIGI
(sospirando)
Ah, purtroppo per noi!

DESPINA
Ma brava!

DORABELLA
Tieni
Settantamila baci:
Tu il biondino, io il brunetto,
Eccoci entrambe spose!

FIORDILIGI
Cosa dici?
Non pensi agli infelici
Che stamane partir?
Ai loro pianti?
Alla lor fedeltà tu più non pensi?
Così barbari sensi
Dove, dove apprendesti?
Sì diversa da te come ti festi?

DORABELLA
Odimi: sei tu certa
Che non muoiano in guerra
I nostri vecchi amanti? E allora? Entrambe
Resterem colle man piene di mosche.
Tra un ben certo, e un incerto
C'è sempre gran divario.

FIORDILIGI
E se poi torneranno?

DORABELLA
Se torneran, lor danno!
Noi saremo allor mogli,
Noi saremo lontane mille miglia.

FIORDILIGI
Ma non so, come mai
Si può cangiar in un sol giorno un core.

DORABELLA
Che domanda ridicola!
Siam donne!
E poi, tu com'hai fatto?

FIORDILIGI
Io saprò vincermi.

DESPINA
Voi non saprete nulla.

FIORDILIGI
Farò che tu lo veda.

DORABELLA
Credi, sorella, è meglio che tu ceda.

Clicca qui per il testo di "È amore un ladroncello".

DORABELLA
È amore un ladroncello,
Un serpentello è amor.
Ei toglie e dà la pace,
Come gli piace ai cor.
Per gli occhi al seno appena
Un varco aprir si fa
Che l'anima incatena
E toglie libertà.
Porta dolcezza e gusto,
Se tu lo lasci far,
Ma t'empie di disgusto
Se tenti di pugnar.
Se nel tuo petto ei siede,
S'egli ti becca qui,
Fa' tutto quel ch'ei chiede,
Che anch'io farò così.




Delores Ziegler (Dorabella)
dir: Riccardo Muti (1989)


Anna Caterina Antonacci (Dorabella)
dir: Claudio Abbado (2000)


Christa Ludwig


Tatiana Troyanos


Elina Garanča

Frederica von Stade

12 agosto 2017

Così fan tutte (27) - "Tradito, schernito"

Scritto da Christian

Rimasto solo, Ferrando – ancora scosso dalla scoperta dell'infedeltà della sua Dorabella – cerca di mettere ordine nelle sue emozioni ("In qual fiero contrasto, in qual disordine di pensieri e di affetti io mi ritrovo!"). Da un lato è furioso per il tradimento subito (anche se rispetto allo scatto d'ira che aveva esibito nella scena precedente, sembra aver ritrovato un po' di compostezza: non parla più di "trarle il cor dal scellerato petto", ma semplicemente di volerla dimenticare: "saprò dal seno cancellar quell'iniqua"). Dall'altro, però, sente di amare ancora la sua donna ("Io sento che ancora / quest'alma l'adora"). La situazione non può non ricordarci Donna Elvira, che nell'aria "Mi tradì quell'alma ingrata" del "Don Giovanni" esprimeva concetti del tutto simili. L'aria di Ferrando è parimenti intensa e drammatica.

Ma la maestria di Mozart si rivela in particolare nelle due arie di Ferrando nelle quali ancora una volta si chiarisce uno degli aspetti del complesso rapporto che il musicista instaura con il proprio linguaggio. Nella sua prima aria («Ah, lo veggio, quell'anima bella»), Ferrando recita la sua suprema scena di seduzione dinanzi alla recalcitrante Fiordiligi fingendo una passione che non ha (o che comunque non dovrebbe avere). Qui il riferimento all'opera seria, cioè a un contesto in qualche misura abnorme e, appunto, fittizio all'interno della "burletta", connota la doppia finzione della situazione scenica. Nella seconda («Tradito, schernito») il rapporto della musica con il personaggio è immediato. Ferrando sente sulla propria pelle il bruciare del tradimento di Dorabella; ma proprio per questo i moduli linguistici si mantengono entro un orizzonte stilistico medio (rettoricamente parlando: "comico"), che è quello proprio di «Così fan tutte» (con l'eccezione, se si vuole, del ruolo «brillante caricato» di Despina). I residui stilemi «seri» (rettoricamente: "tragici") di quest'aria saranno da intendere allora come un amabile sorriso di Mozart alle spalle del proprio personaggio, irrimediabilmente coinvolto in quella inestricabile commedia della finzione e dell'inganno nella quale si risolveva tanta parte della vita di relazione nella società cortigiana settecentesca. Non sarà inopportuno ricordare – dato che in genere non vi si fa caso – che «Così fan tutte» fu rappresentata nel Teatro di Corte di Vienna il 20 febbraio 1790, grosso modo sette mesi dopo la presa della Bastiglia.
(Francesco Degrada)
Durante l'accorato lamento di Ferrando, Guglielmo e Don Alfonso sono rientrati sulla scena, osservandolo da lontano. Ora intervengono, con il filosofo che addirittura lo loda per il fatto di amare ancora Dorabella ("Bravo, questa è costanza"). L'amico Guglielmo, forse anche per sdrammatizzare la situazione (ma anche per innegabile sbruffoneria), non resiste invece alla tentazione di sottolineare come la sua Fiordiligi si sia dimostrata ben più fedele. Ma le sue parole ("Bisogna far delle differenze in ogni cosa...") gli si ritorceranno presto contro! Nel frattempo Don Alfonso gli spiega che la giornata non è ancora finita, e che dunque c'è tempo per un altro tentativo: non bisogna vendere la pelle dell'orso prima di averlo ucciso (o meglio, con un altro dei suoi detti proverbiali, "folle è quel cervello / che sulla frasca ancor vende l'uccello").


Clicca qui per il testo di "In qual fiero contrasto... Tradito, schernito".

FERRANDO
In qual fiero contrasto,
In qual disordine
Di pensieri e di affetti io mi ritrovo!
Tanto insolito e novo è il caso mio,
Che non altri, non io
Basto per consigliarmi...
Alfonso, Alfonso,
Quanto rider vorrai della mia stupidezza!
Ma mi vendicherò! Saprò dal seno cancellar quell'iniqua...
Cancellarla?
Troppo, oh Dio, questo cor per lei mi parla.

Tradito, schernito
Dal perfido cor,
Io sento che ancora
Quest'alma l'adora,
Io sento per essa
Le voci d'amor.

Clicca qui per il testo del recitativo che segue ("Bravo, questa è costanza").

DON ALFONSO
Bravo, questa è costanza.

FERRANDO
Andate, o barbaro;
Per voi misero sono.

DON ALFONSO
Via, se sarete buono
Vi tornerò l'antica calma.
Udite:
(mostrando Guglielmo)
Fiordiligi a Guglielmo
Si conserva fedel,
E Dorabella infedel a voi fu.

FERRANDO
Per mia vergogna.

GUGLIELMO
Caro amico, bisogna
Far delle differenze in ogni cosa;
Ti pare che una sposa
Mancar posse a un Guglielmo?
Un picciol calcolo,
Non parlo per lodarmi,
Se facciamo tra noi...
Te vedi, amico,
Che un poco più di merto...

DON ALFONSO
Eh, anch'io lo dico.

GUGLIELMO
Intanto mi darete
Cinquanta zecchinetti.

DON ALFONSO
Volentieri;
Pria però di pagar, vo' che facciamo
Qualche altra esperienza.

GUGLIELMO
Come?

DON ALFONSO
Abbiate pazienza, infin domani
Siete entrambi miei schiavi;
A me voi deste parola da soldati,
Di far quel ch'io dirò. Venite, io spero
Mostrargli ben, che folle è quel cervello
Che sulla frasca ancor vende l'uccello.




Josef Kundlak (Ferrando)
dir: Riccardo Muti (1989)


Rolando Villazón (Ferrando)
dir: Daniel Barenboim (2014)


Nicolai Gedda

Alfredo Kraus

9 agosto 2017

Così fan tutte (26) - "Donne mie, la fate a tanti"

Scritto da Christian

Terminato l'appuntamento incrociato, i due soldati si ritrovano in scena per fare il punto della situazione. Con un riferimento al gioco della tombola, nato proprio a Napoli ("Amico, abbiamo vinto!" – "Un ambo o un terno?" – "Una cinquina!"), Ferrando comunica a Guglielmo che la sua Fiordiligi "è la modestia in carne" e ha resistito strenuamente a ogni tentativo di seduzione (naturalmente Ferrando ignora i dilemmi interiori della ragazza!). Guglielmo se ne rallegra, ma quando l'amico gli chiede come si è comportata la sua Dorabella, l'atmosfera cambia subito. Dapprima con qualche giro di parole ("Eppur un dubbio, parlandoti a quattr'occhi, non saria mal, se tu l'avessi", "È sempre bene il sospettare un poco in questo mondo"), e poi mostrandogli apertamente il suo ritratto che lei gli ha lasciato, Guglielmo comunica al compagno l'amara verità: Dorabella ha ceduto alle sue lusinghe.

Per Ferrando è uno shock. Messo all'improvviso di fronte alla verità, per la prima volta sembra scendere (o meglio, cadere giù alquanto rovinosamente) da quel piedistallo di amore idealizzato su cui si era fieramente mantenuto fino ad ora, al punto da "dare fogo alla sua rabbia con gesti melodici tanto brevi e disarticolati quanto esplosivi" e voler subito correre da Dorabella a "trarle il cor dal scellerato petto". L'amico lo trattiene, ma alla sua richiesta di aiuto ammette di non avere nulla da offrirgli ("Amico, non saprei qual consiglio a te dar"). Mentre Ferrando si strugge in preda alla rabbia e all'incredulità ("Barbara! Ingrata! In un giorno! In poch'ore!"), Guglielmo cessa per un attimo di rivolgersi a lui e, orientato verso gli spettatori, indirizza all'intero genere femminile l'aria che più di ogni altra, all'interno dell'opera, sembra una parafrasi del titolo "Così fan tutte".

"Donne mie, la fate a tanti" evoca molte similitudini con la celebre aria di Figaro "Aprite un po' quegli occhi" (ricordiamo che il basso buffo Francesco Benucci fu il primo interprete di entrambi i personaggi, e senza dubbio Mozart e Da Ponte pensarono i due brani apposta per lui). In entrambi i casi siamo di fronte a una facile generalizzazione, frutto dell'improvvisa constatazione di un vero o supposto tradimento. In un certo senso, la rapidità con cui Ferrando e Guglielmo passano da un estremo all'altro, dal definire Dorabella un modello di fedeltà assoluta a "una donna che non val due soldi", indica che non sono ancora maturati. La consapevolezza del tradimento non è servita a superare le idealizzazioni e i luoghi comuni, questi hanno semplicemente cambiato verso. E l'aria di Guglielmo, senza dubbio vivace e divertente, ne è un esempio. L'errore, come sempre, sta nel guardare le donne come proiezioni delle proprie idee od oggetti a sé stanti, senza tenere in considerazione la relazione di coppia, il coinvolgimento e la responsabilità personale. Sarà soltanto più avanti, quando – con l'aiuto ancora di Don Alfonso – i due uomini supereranno queste generalizzazioni, che coglieranno finalmente qual è il vero significato dell'amore e del sentimento. Ma di tutto questo si occuperà meglio Marisa nel post conclusivo.

Faccio infine notare come Guglielmo parli qui "per procura". Quello che è stato tradito non è lui, ma l'amico Ferrando. Ecco perché, a differenza della citata aria di Figaro, i toni sono meno accesi e violenti, e fra le righe l'uomo conferma la sua stima per il genere femminile, limitandosi a rammaricarsi per il "vizietto seccator" che le porta ad essere propense al tradimento. Ma alla fine, in nome della solidarietà maschile, non può che prendere le parti degli uomini traditi: "La fate a tanti e tanti che, se gridano gli amanti, hanno certo un gran perché".


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

FERRANDO
(lietissimo)
Amico, abbiamo vinto!

GUGLIELMO
Un ambo o un terno?

FERRANDO
Una cinquina, amico; Fiordiligi
È la modestia in carne.

GUGLIELMO
Nientemeno?

FERRANDO
Nientissimo; sta attento
E ascolta come fu.

GUGLIELMO
T'ascolto, di' pur su.

FERRANDO
Pel giardinetto,
Come eravam d'accordo,
A passeggiar mi metto;
Le do il braccio, si parla
Di mille cose indifferenti, alfine
Viensi all'amor.

GUGLIELMO
Avanti.

FERRANDO
Fingo labbra tremanti,
Fingo di pianger, fingo
Di morir al suo piè.

GUGLIELMO
Bravo assai per mia fè!
Ed ella?

FERRANDO
Ella da prima ride, scherza,
Mi burla.

GUGLIELMO
E poi?

FERRANDO
E poi
Finge di impietosirsi.

GUGLIELMO
Oh cospettaccio!

FERRANDO
Alfin scoppia la bomba,
Pura come colomba
Al suo caro Guglielmo ella si serba.
Mi discaccia superba,
Mi maltratta, mi fugge,
Testimonio rendendomi e messaggio
Che una femmina ell'è senza paraggio.

GUGLIELMO
Bravo tu, bravo io,
Brava la mia Penelope!
Lascia un po' ch'io ti abbracci
Per sì felice augurio,
O mio fido Mercurio!

FERRANDO
E la mia Dorabella?
Come s'è diportata?
Ah, non ci ho neppur dubbio.
(con trasporto)
Assai conosco
Quella sensibil alma.

GUGLIELMO
Eppur un dubbio,
Parlandoti a quattr'occhi,
Non saria mal, se tu l'avessi.

FERRANDO
Come?

GUGLIELMO
Dico così per dir!
(da sè)
Avrei piacere d'indorargli la pillola.

FERRANDO
Stelle! Cesse ella forse
Alle lusinghe tue? Ah, s'io potessi
Sospettarlo soltanto!

GUGLIELMO
È sempre bene
Il sospettare un poco in questo mondo.

FERRANDO
Eterni dei! Favella! A foco lento
Non mi far qui morir: ma no, tu vuoi
Prenderti meco spasso; ella non ama,
Non adora che me.

GUGLIELMO
Certo! Anzi in prova
Di suo amor, di sua fede,
Questo bel ritrattino ella mi diede.

FERRANDO
(furente)
Il mio ritratto! Ah, perfida!
(vuol partire)

GUGLIELMO
Ove vai?

FERRANDO
A trarle il cor dal scellerato petto
E a vendicar il mio tradito affetto.

GUGLIELMO
Fermati!

FERRANDO
(risoluto)
No, mi lascia!

GUGLIELMO
Sei tu pazzo?
Vuoi precipitarti
Per una donna che non val due soldi?
(da sè)
Non vorrei che facesse
Qualche corbelleria!

FERRANDO
Numi! Tante promesse,
E lagrime, e sospiri, e giuramenti,
In sì pochi momenti
Come l'empia obliò?

GUGLIELMO
Perbacco, io non lo so.

FERRANDO
Che fare or deggio?
A qual partito,
A qual idea m'appiglio?
Abbi di me pietà, dammi consiglio.

GUGLIELMO
Amico, non saprei
Qual consiglio a te dar.

FERRANDO
Barbara! Ingrata!
In un giorno! In poch'ore!

GUGLIELMO
Certo un caso quest'è da far stupore.

Clicca qui per il testo di "Donne mie, la fate a tanti".

GUGLIELMO
Donne mie, la fate a tanti,
Che, se il ver vi deggio dir,
Se si lagnano gli amanti
Li comincio a compatir.
Io vo' bene al sesso vostro,
Lo sapete, ognun lo sa;
Ogni giorno ve lo mostro,
Vi do segno d'amistà.
Ma quel farla a tanti e tanti,
M'avvilisce in verità.
Mille volte il brando presi
Per salvar il vostro onor;
Mille volte vi difesi
Colla bocca e più col cor.
Ma quel farla a tanti e tanti
È un vizietto seccator.
Siete vaghe, siete amabili,
Più tesori il ciel vi diè,
E le grazie vi circondano
Dalla testa fino ai piè.
Ma la fate a tanti e tanti
Che credibile non è,
Che, se gridano gli amanti,
Hanno certo un gran perché.




Alessandro Corbelli (Guglielmo)
dir: Riccardo Muti (1989)


Luca Pisaroni (Guglielmo)
dir: Iván Fischer (2006)


Thomas Allen (Guglielmo)
dir: John Pritchard (1975)


Ildebrando D'Arcangelo

Thomas Hampson

6 agosto 2017

Così fan tutte (25) - "Per pietà, ben mio, perdona"

Scritto da Christian

Ben più tormentata della sorella, Fiordiligi intima al corteggiatore straniero di lasciarla da sola. Ma nell'istante stesso in cui Ferrando ubbidisce e l'abbandona, la ragazza già sembra cambiare idea e ha la tentazione di richiamarlo a sé ("Ei parte... Senti... Ah no! Partir si lasci"). Nel recitativo accompagnato che precede la sua aria, Fiordiligi esprime tutto il contrasto che sente dentro di sé. Si rende conto di essere attratta dal nobile albanese, ma a differenza di Dorabella vede questo come una colpa: "Io ardo e l'ardor mio non è più effetto d'un amor virtuoso; è smania, affanno, rimorso, pentimento, leggerezza, perfidia e tradimento!". E sempre a differenza della sorella, il suo pensiero corre subito al suo amato lontano, a Guglielmo, per rivolgergli una richiesta di perdono che è anche un grido di pietà e di dolore.

Questo sublime brano, di "nobile bellezza" (ma Mozart, con la consueta ironia, dà ampio spazio ai corni nell'accompagnamento musicale: secondo molti critici è un velato accenno sulla natura di "cornuto" del povero Guglielmo, a cui Fiordiligi si sta rivolgendo), introduce fra l'altro nell'opera il tema del perdono, che sarà ripreso nel finale (e che rievoca ovviamente "Le nozze di Figaro"). Fiordiligi ci appare qui come la vera eroina seria dell'opera, l'ultimo baluardo ("come scoglio!") contro l'assunto di Don Alfonso a proposito dell'infedeltà femminile ("Così fan tutte").

Da Ponte era un gran cinico, come le sue «Memorie» dimostrano, e non vi è dubbio che nei suoi intendimenti «Così fan tutte o sia La scuola degli amanti» dovesse essere un monumento al cinismo, come il titolo completo dell'opera lascia capire con il riferimento alla «Scuola degli Amanti». Mozart, però, aveva eliminato una gran parte degli aspetti cinici. Come abbiamo visto, nelle due opere precedenti, due dei pilastri su cui è costruita la musica sono l'amore ed il perdono, l'amore più profondo ed il più profondo perdono di cui l'essere umano è capace. Ritengo che «Così fan tutte» sia il massimo esempio di quanto Mozart amasse il perdono perché, nella più musicalmente perfetta delle sue opere, vi è grande spazio per il perdono, e conseguentemente il più forte desiderio di amore sincero.
(H.C. Robbins Landon)
Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano ("Ei parte").

FIORDILIGI
(sola)
Ei parte... Senti... Ah no! Partir si lasci,
Si tolga ai sguardi miei l'infausto oggetto
Della mia debolezza. A qual cimento
Il barbaro mi pose! Un premio è questo
Ben dovuto a mie colpe!
In tale istante
Dovea di nuovo amante
I sospiri ascoltar? L'altrui querele
Dovea volger in gioco? Ah, questo core
A ragione condanni, o giusto amore!
Io ardo e l'ardor mio non è più effetto
D'un amor virtuoso; è smania, affanno,
Rimorso, pentimento,
Leggerezza, perfidia e tradimento!

Clicca qui per il testo di "Per pietà, ben mio, perdona".

FIORDILIGI
Per pietà, ben mio, perdona
All'error d'un'alma amante;
Fra quest'ombre e queste piante
Sempre ascoso, oh Dio, sarà.
Svenerà quest'empia voglia
L'ardir mio, la mia costanza,
Perderà la rimembranza
Che vergogna e orror mi fa.
A chi mai mancò di fede
Questo vano ingrato cor?
Si dovea miglior mercede,
Caro bene, al tuo candor!




Daniela Dessì (Fiordiligi)
dir: Riccardo Muti (1989)


Dorothea Röschmann


Edita Gruberova


Miah Persson


Barbara Frittoli


Sena Jurinac

Gundula Janowitz

3 agosto 2017

Così fan tutte (24) - "Ah, lo veggio, quell'anima bella"

Scritto da Christian

A differenza di Guglielmo con Dorabella, Ferrando ha ben più difficoltà nel conquistare Fiordiligi con il suo corteggiamento galante. E lo dimostra l'atteggiamento, tutt'altro che affettuoso, in cui li ritroviamo in un'altra parte del giardino. La ragazza, che da subito aveva rifiutato il braccio del suo cavaliere, lo mantiene a distanza, e anzi lo rifugge, con le scuse più implausibili ("Ho visto un aspide, un idra, un basilisco!"). Nonostante lei gli chieda di partire, Guglielmo però comincia a vedere nei suoi occhi un lampo di affetto e di pietà ("Ah, lo veggio: quell'anima bella / al mio pianto resister non sa").

Come già detto, fra i due duetti d'amore che sanciscono la formazione delle nuove coppie ("Il core vi dono" e "Fra gli amplessi in pochi istanti") intercorre una sequenza di ben cinque arie solistiche. Anche nell'ultimo atto de "Le nozze di Figaro", Da Ponte e Mozart avevano collocato una sequenza simile. E come in quel caso, per snellire l'opera e impedire che l'azione ristagni troppo a lungo (sono infatti i numeri d'insieme a "portare avanti" la vicenda), alcuni dei brani "a solo" vengono solitamente eliminati dagli allestimenti. Nel caso del "Figaro", capita di solito alle arie di Marcellina e di Basilio, trattandosi di pezzi minori riservati a personaggi di contorno. Nel "Così fan tutte", invece, la scure cade spesso proprio su quest'aria di Ferrando: vuoi perché lo stesso Ferrando ne avrà a disposizione un'altra poco più tardi (la cavatina "Tradito, schernito"); vuoi perché è seguita immediatamente da un rondò di Fiordiligi che veicola i medesimi concetti e ne condivide anche i tratti musicali; e vuoi perché – con i suoi numerosi Si bemolle e la richiesta di una grande fluidità e controllo vocale – l'aria è particolarmente impegnativa per la maggior parte dei tenori. Ecco perché su YouTube, rispetto agli altri brani dell'opera, se ne trovano poche versioni. Alcuni storici ritengono che lo stesso Mozart, per i medesimi motivi, abbia valutato la possibilità di sopprimerla dalla partitura, e comunque autorizzò l'interprete a cantarne una versione accorciata.

[Quanto a Ferrando,] il suo ardente sfogo lo trascina al punto da fargli dimenticare se stesso e ogni finzione; e quel trasporto di passione sincera riesce a toccare il cuore di Fiordiligi piú profondamente di qualsiasi artificio teatrale.
(Bernhard Paumgartner)
Più problematica è l'aria di Ferrando, "Ah lo veggio", generata da ciò che in origine era stato concepito come il rondò finale del Quintetto per clarinetto K. 581. [...] Particolarmente evidente è il carattere strumentale della melodia principale, proiettata fino al Si bemolle acuto sia per gradi congiunti sia per ampi salti ascendenti e dunque tale da poter essere eseguita solo da un tenore di straordinaria agilità. L'Allegretto d'apertura, in tempo tagliato, ha modo di espandersi per quasi cento battute prima di confluire nell'Allegro finale, corrispondente ai due versi di congedo. All'inizio di quest'ultima sezione il tema del rondò passa all'orchestra, mentre Ferrando intona "Ah cessate" con un salto di sesta discendente, Fa-La, e successiva risoluzione su Si bemolle (è questa un'eco letterale dell'"Ach Konstanze!" nel n. 15 della Entführung, anch'esso un rondò bipartito in Si bemolle maggiore: a riprova che la figura di Ferrando è modellata su quella altrettanto ardente e fervida di Belmonte).
(Daniel Heartz)
Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

(Entra Fiordiligi agitata, seguita da Ferrando.)

FERRANDO
Barbara! Perchè fuggi?

FIORDILIGI
Ho visto un aspide,
Un idra, un basilisco!

FERRANDO
Ah, crudel, ti capisco!
L'aspide, l'idra, il basilisco
E quante i libici deserti
Han di più fiero in me solo tu vedi.

FIORDILIGI
È vero, è vero!
Tu vuoi tormi la pace.

FERRANDO
Ma per farti felice.

FIORDILIGI
Cessa di molestarmi!

FERRANDO
Non ti chiedo che un guardo.

FIORDILIGI
Partiti!

FERRANDO
Non sperarlo,
Se pria gli occhi men fieri a me non giri.
O ciel! Ma tu mi guardi e poi sospiri?

Clicca qui per il testo di "Ah, lo veggio, quell'anima bella".

FERRANDO
Ah, lo veggio: quell'anima bella
Al mio pianto resister non sa;
Non è fatta per esser rubella
Agli affetti di amica pietà.
In quel guardo, in quei cari sospiri
Dolce raggio lampeggia al mio cor:
Già rispondi a' miei caldi desiri,
Già tu cedi al più tenero amor.
Ma tu fuggi, spietata, tu taci
Ed invano mi senti languir?
Ah, cessate, speranze fallaci:
La crudel mi condanna a morir.
(parte)




Francisco Araiza

Jerry Hadley