20 febbraio 2016

Lohengrin - Riepilogo

Scritto da Christian

Ecco tutti i post pubblicati sul "Lohengrin":

- Introduzione
- Premessa

Atto I:
- Il preludio
- L'accusa (Hört! Grafen, Edle, Freie von Brabant!)
- Il sogno di Elsa (Einsam in trüben Tagen)
- Il cigno (Nun sei bedankt, mein lieber Schwan!)
- Il giuramento (Wenn ich im Kampfe für dich siege)
- Il cavaliere sconosciuto (Nun hört! Euch, Volk und Edlen / Mein Herr und Gott, nun ruf ich dich)

Atto II:
- Ortruda, la vendetta (Durch dich musst ich verlieren)
- Gli dèi pagani (Euch Lüften, die mein Klagen / Entweihte Götter! Helft jetzt meiner Rache!)
- Federico e i suoi fedeli (In Frühn versammelt uns der Ruf / Des Königs Wort und Will tu ich euch kund)
- La processione (Gesegnet soll sie schreiten)
- Il dubbio (Heil! Heil dem König!)

Atto III:
- Il momento paradisiaco (coro nuziale: Treulich geführt)
- La trasgressione (Das süsse Lied verhallt / Höchstes Vertraun hast du mir schon zu danken)
- Il tribunale del re (Heil König Heinrich!)
- La rivelazione (racconto del Graal: In fernem Land)
- Il ritorno del cigno (Mein lieber Schwan! / O Elsa! Nur ein Jahr an deiner Seite)
- La morte di Elsa


14 febbraio 2016

Lohengrin (19) - La morte di Elsa

Scritto da Marisa

Per Elsa l'apparire della navicella condotta dal cigno segna inevitabilmente la fine. Il suo tenero cuore, tutto ripieno dell'uomo che aveva prima sognato e poi sperato di avere, cede per il troppo dolore. La morte per “crepacuore” esiste realmente ed è pericolosamente vicina quando si delega totalmente il senso della propria vita e la felicità ad un'altra persona (nel teatro lirico ci sono molti esempi di morte per amore, quasi sempre da parte della donna...). Sembra bello e romantico amare un altro totalmente, fino all'annullamento di sé stessi, ma è sempre segno di una autosvalutazione e di una forte immaturità. Per quanto dolorosa sia una separazione, una parte del proprio cuore deve rimanere fedele a sé stessi per garantire la “rinascita”, l'elaborazione del lutto con la conseguente trasformazione – attraverso il dolore – di tutta la personalità verso una forma più consapevole e matura (quello che è in fondo il percorso di Psiche).

In effetti una vera crisi prepara sempre una morte: quella della parte adolescenziale, idealista e eccessivamente fiduciosa, per far nascere la parte adulta, più disincantata, ma in grado di reggere le delusioni della vita e badare meglio a sé stessi... Ma è una morte parziale e simbolica, e non l'annientamento totale della persona. In un libro che è diventato un best-seller, “Donne che amano troppo”, Robin Norwood chiarisce bene alcune dinamiche che spingono alcune donne ad annullarsi per “troppo amore”. In modo paradossale (ma in fondo gli opposti finiscono sempre per toccarsi), nel libro vengono messe in luce dinamiche di donne che si annullano per “redimere” il proprio uomo, che pensano di poter “salvare” col proprio amore e la propria dedizione alcolisti, drogati, psicopatici, uomini immaturi e violenti... e finiscono naturalmente per esserne distrutte. Qui Elsa, all'opposto, aspetta dal proprio cavaliere ogni redenzione e felicità, ma si tratta pur sempre di affidare il senso della propria vita ad un altro, o per salvarlo o per essere salvata. Non rimane spazio e non c'è amore per sé stessi. In fondo anche nel Vangelo, che predica l'amore disinteressato, la misura dell'amore per l'altro rimane fissata nella capacità di amare sé stessi (“Ama il prossimo tuo come te stesso”), riconoscendo molto opportunamente che non si può parlare di vero amore se non si parte da quello per sé stessi. Altrimenti si rimane vittime di idealizzazione e di proiezioni immature e, quando queste cadono, il risveglio è molto tragico e doloroso. Alcune volte, come per Elsa, è la morte.

In mitologia conosciamo una situazione che può ricordarci la fine di Elsa. È quella di Semele, figlia del re tebano Cadmo e amata da Zeus, che imprudentemente chiede al dio (su istigazione di Era, moglie gelosa di Zeus) di poter vedere l'eccelso amante in tutto il suo splendore, così come si mostra alla stessa Era durante i loro amplessi. Invano il sommo dio tenta di farla desistere da tale desiderio, ma ormai non può tirarsi indietro perché nell'intimità le aveva giurato di assecondare qualsiasi suo desiderio, e così si manifesta pienamente all'amante, che non può reggere la vista dello splendore divino e ne viene incenerita. Tra piano umano e piano divino c'è una distanza incolmabile, e solo con opportuni travestimenti e precauzioni le due sfere possono incontrarsi e il divino può fecondare l'umano con la conseguente nascita di eroi. Semele stessa è già stata fecondata da Zeus e da questo amplesso nascerà Dioniso, uno dei maggiori déi dell'antichità, che proprio dal tragico rogo della madre Semele viene salvato dal padre che cuce il bimbo in una propria coscia... Ma questa storia fa già parte dei misteri di Dioniso e dei suoi vari episodi di morte e rinascita.

Semele, principessa e donna mortale, viene distrutta e muore folgorata nel momento stesso in cui può vedere il proprio sposo divino in tutto il suo aspetto soprannaturale. Morendo però lei ha già una discendenza, il divino Dioniso che otterrà per lei l'immortalità. Elsa invece muore sola, anche se ha la gioia di rivedere l'amato fratello della cui morte era stata ingiustamente accusata. Forse in fondo il fratello è il sostituto del figlio che non può nascere, visto che Lohengrin parte definitivamente prima ancora di aver consumato le nozze... Ma la differenza più evidente è che Semele si trova davanti Zeus stesso, cioè la massima divinità dell'Olimpo che, per proteggerla, si era presentato a lei in forma umana senza però nascondere la propria identità, mentre Elsa non sa proprio niente del suo amante e dopo tutto Lohengrin è pur sempre un uomo, anche se il fatto di essere al servizio del Graal lo eleva sul piano spirituale. Sarebbe come se la Vergine Maria, al momento del concepimento, si fosse trovata faccia a faccia con Dio stesso, il Padre Eterno, e non con la mediazione dell'Angelo! Tra la divinità nella sua forma assoluta e l'umano c'è infatti sempre bisogno di una mediazione.

Proprio nel momento della rivelazione il confronto tra il destino di Elsa e quello di Psiche si fa più significativo, ed è qui che emergono le differenze fondamentali. La scoperta dell'identità nascosta dello sposo è cruciale, ma mentre per Elsa coincide con la morte, per Psiche si apre una profonda crisi che la porterà ad affrontare prove dolorose fino al raggiungimento del vero scopo: il ricongiungimento con Eros. In fondo la vera storia di Psiche inizia là dove finisce quella di Elsa, perché prima della scoperta di chi fosse veramente il suo amante era stata anche lei completamente passiva. Il coraggio e la capacità d'azione le vengono proprio dal dolore della perdita e dal desiderio di ritrovarlo. Ma per Elsa – che è dentro un sistema di valori religiosi fondati sull'obbedienza e l'inferiorità – tale via è preclusa, ed è questa preclusione che rende tragica tutta la vicenda: essa sembra condannare con Elsa l'intera umanità ad una passività e ad un'obbedienza infantile che penalizzano il bisogno di conoscenza e di sviluppo di tutta la coscienza umana e sanciscono una separazione troppo netta tra piano religioso e scientifico. Nella favola ellenistica invece gli sforzi di Psiche vengono alla fine premiati da Zeus stesso, che permette ad Eros di salvare la sua Psiche e condurla con sé all'Olimpo per accedere alle nozze divine. Assistiamo cioè ad una vera divinizzazione della psiche attraverso le prove che vince per amore, e questo ne rende l'anima pari al divino sposo, come è anche mirabilmente cantato nel "Cantico dei Cantici". Ma per Wagner e per gran parte della coscienza moderna la scissione tra sacro e profano è troppo accentuata e l'idealizzazione rende ancora più catastrofica la soluzione. Per Elsa quindi non c'è crisi vera che preveda “morte e rinascita”, ma solo morte.

Chi invece trionfa è Ortruda, che vede nella partenza di Lohengrin la possibilità di una rivincita della vecchia religione, o per lo meno una momentanea rivalsa di Odino. Il suo grido di gioia fa da stridente contrasto con l'angoscia e la morte di Elsa e forse prepara i futuri lavori di Wagner, sempre più volto all'esplorazione di quel mondo magico ed affascinante, ormai perso ma mai scomparso nel profondo inconscio dell'Europa centrale e del Nord...

10 febbraio 2016

Lohengrin (18) - Il ritorno del cigno

Scritto da Marisa

Dopo la sublime aria della rivelazione le conseguenze non si fanno attendere. Nonostante le ripetute preghiere per trattenere il cavaliere, ormai riconosciuto in tutto il suo altissimo lignaggio e valore, ricompare miracolosamente la navicella condotta dal cigno e assistiamo ad un'altra rivelazione: chi si nasconde dietro le fattezze dell'animale. Si tratta del giovane principe Goffredo, il fratello di Elsa creduto morto, ed è Ortruda stessa a riconoscerlo attraverso la cordicella legata al braccio (“Alla piccola catena, ond'io l'avvinsi, ben riconobbi, chi sia questo cigno: egli è l'erede di Brabante!”). Le opere magiche della donna lo avevano trasformato nel bellissimo animale, il cigno (della cui simbologia abbiamo già parlato in uno dei post precedenti), e ora egli torna libero per virtù del Graal.

Questo passaggio è molto misterioso e forse lo dobbiamo lasciare all'oscurità che avvolge tutte le magie. Perché Ortruda non ha proceduto sbarazzandosi semplicemente dell'erede al trono, uccidendolo e spianando così definitivamente la strada a Federico, suo succube? Sarebbe stato più semplice, ma l'effetto magia è sicuramente più spettacolare e suggestivo. E poi, come dimostrare la potenza ancora efficace dei vecchi dèi se non agendo, per loro virtù, in modo meraviglioso? In fondo tutti gli dèi hanno sempre operato miracoli e tra questi le trasformazioni sono all'ordine del giorno (tutte le metamorfosi di Ovidio ne sono testimonianza). Invano la Chiesa ha cercato di attribuire a Satana tutta la sfera della magia e di condannare al rogo le streghe. La tendenza a credere e ad assistere ai prodigi continua a far accorrere le masse in ogni angolo della terra ed è davvero difficile stabilire se appartengano a Dio o a Satana, ai vecchi dei o ai nuovi... Qui sembra che, almeno su questo piano, tra il potere di Odino e quello del divino Graal ci sia una certa interferenza. In ogni modo questa è pur sempre un'opera favolistica e nelle favole le magie operano così.
Il sacro potere del Graal non può annullare completamente la magia operata in nome di Odino, ma può accorciarne l'effetto e restituire il giovane principe in sostituzione della partenza di Lohengrin.

Per il popolo la ricomparsa del legittimo sovrano è una festa, ma per Elsa è la catastrofe.


Clicca qui per il testo.

ELSA
(wie vernichtet)
Mir schwankt der Boden! Welche Nacht!
O Luft! Luft der Unglücksel'gen!

(Sie droht umzusinken;
Lohengrin fasst sie in seine Arme.
)

LOHENGRIN
(in schmerzlichster Ergriffenheit)
O Elsa! was hast du mir angetan!
Als meine Augen dich zuerst ersahn,
zu dir fühlt ich in Liebe mich entbrannt,
und schnell hatt ich ein neues Glück erkannt:
Die hehre Macht, die Wunder meiner Art,
die Kraft, die mein Geheimnis mir bewahrt, -
wollt ich dem Dienst des reinsten Herzens weihn: -
was rissest du nun mein Geheimnis ein?
Jetzt muss ich, ach! von dir geschieden sein!

DER KÖNIG UND ALLE MÄNNER
Weh! Wehe! musst du von uns ziehn,
du hehrer, gottgesandter Mann!
Soll uns des Himmels Segen fliehn,
wo fänden dein wir Tröstung dann?

ELSA
(in heftigste Verzweiflung
ausbrechend
)
Mein Gatte! nein! Ich lass dich nicht von hinnen!
Als Zeuge meiner Busse bleibe hier!
Nicht darfst du meiner bittern Reu entrinnen;
dass du mich strafest, liege ich vor dir!

DIE FRAUEN
Weh, nun muss er von dir ziehn!

LOHENGRIN
Ich muss, ich muss! mein süsses Weib!
Schon zürnt der Gral, dass ich ihm ferne bleib!

ELSA
Bist du so göttlich, als ich dich erkannt,
sei Gottes Gnade nicht aus dir verbannt!
Büsst sie in Jammer ihre schwere Schuld,
nicht flieh die Ärmste deiner Nähe Huld!
Verstoss mich nicht, wie gross auch mein Verbrechen!
Verlass mich, ach! verlass die Ärmste nicht!

LOHENGRIN
Nur eine Strafe gibt's für dein Vergehn! -
ach! mich wie dich trifft ihre herbe Pein!
Getrennt, geschieden sollen wir uns sehn -
dies muss die Strafe, dies die Sühne sein!

(Elsa sinkt mit einem Schrei zu Boden.)

DER KÖNIG UND DIE EDLEN
(Lohengrin umringend)
O bleib, und zieh uns nicht von dannen!
Des Führers harren deine Mannen!

LOHENGRIN
O König, hör! Ich darf dich nicht geleiten!
Des Grales Ritter, habt ihr ihn erkannt,
wollt er in Ungehorsam mit euch streiten,
ihm würde alle Manneskraft entwandt!
Doch, grosser König, lass mich dir weissagen:
dir Reinem ist ein grosser Sieg verliehn!
Nach Deutschland sollen noch in fernsten Tagen
des Ostens Horden siegreich nimmer ziehn!

(Lebhafte Erregung. Vom Hintergrunde
her verbreitet sich der Ruf
):
Der Schwan! Der Schwan!

(Man sieht auf dem Flusse den Schwan mit dem leeren Nachen auf dieselbe Weise wie bei Lohengrins erstem Erscheinen, anlangen.)

DIE MÄNNER UND FRAUEN
Der Schwan! Der Schwan!
Seht dort ihn wieder nahn!
Der Schwan! Weh, er naht!

ELSA
(aus ihrer Betäubung erweckt,
erhebt sich auf den Sitz gestützt,
und blickt nach dem Ufer
)
Entsetzlich! Ha, der Schwan!
(Sie verbleibt lange Zeit
wie erstarrt in ihrer Stellung
)

LOHENGRIN
(erschüttert)
Schon sendet nach dem Säumigen der Gral!
(Unter der gespanntesten Erwartung
der übrigen tritt Lohengrin dem Ufer
näher und neigt sich zu dem Schwan,
ihn wehmütig betrachtend
)
Mein lieber Schwan! -
Ach, diese letzte, traur'ge Fahrt,
wie gern hätt' ich sie dir erspart!
In einem Jahr, wenn deine Zeit
im Dienst zu Ende sollte gehn, -
dann durch des Grales Macht befreit,
wollt ich dich anders wiedersehn!
(Er wendet sich im Ausbruch heftigen
Schmerzes in den Vordergrund
zu Elsa zurück
)
O Elsa! Nur ein Jahr an deiner Seite
hätt ich als Zeuge deines Glücks ersehnt!
Dann kehrte, selig in des Grals Geleite,
dein Bruder wieder, den du tot gewähnt. -

(Alle drücken ihre lebhafte Überraschung aus)

LOHENGRIN
(während er sein Horn, sein Schwert
und seinen Ring Elsa überreicht
)
Kommt er dann heim, wenn ich ihm fern im Leben,
dies Horn, dies Schwert, den Ring sollst du ihm geben.
Dies Horn soll in Gefahr ihm Hilfe schenken,
in wildem Kampf dies Schwert ihm Sieg verleiht;
doch bei dem Ringe soll er mein gedenken,
der einst auch dich aus Schmach und Not befreit!
(während er Elsa, die keines
Ausdrucks mächtig ist,
wiederholt küsst
)
Leb wohl! Leb wohl! Leb wohl, mein süsses Weib!
Leb wohl! Mir zürnt der Gral, wenn ich noch bleib!

(Elsa hat sich krampfhaft an ihm festgehalten; endlich verlässt sie die Kraft, sie sinkt ihren Frauen in die Arme, denen sie Lohengrin übergibt, wonach dieser schnell dem Ufer zueilt.)

KÖNIG, MÄNNER UND FRAUEN
(die Hände nach Lohengrin ausstreckend)
Weh! Weh! Du edler, holder Mann!
Welch harte Not tust du uns an!

ORTRUD
(tritt im Vordergrunde auf,
mit wild jubelnder Gebärde
)
Fahr heim! Fahr heim, du stolzer Helde,
dass jubelnd ich der Törin melde,
wer dich gezogen in dem Kahn!
Am Kettlein, das ich um ihn wand,
ersah ich wohl, wer dieser Schwan:
Es ist der Erbe von Brabant!

ALLE
Ha!

ORTRUD
(zu Elsa)
Dank, dass den Ritter du vertrieben!
Nun gibt der Schwan ihm Heimgeleit:
Der Held, wär länger er geblieben,
den Bruder hätt er auch befreit!

ALLE
(in äusserster Entrüstung)
Abscheulich Weib! Ha, welch Verbrechen
hast du in frechem Hohn bekannt!

ORTRUD
Erfahrt, wie sich die Götter rächen,
von deren Huld ihr euch gewandt!

(Sie bleibt in wilder Verzückung hoch aufgerichtet stehen. Lohengrin, bereits am Ufer angelangt, hat Ortrud genau vernommen und sinkt jetzt zu einem stummen Gebet feierlich auf die Knie. Aller Blicke richten sich mit gespannter Erwartung auf ihn hin. - Die weisse Grals-Taube schwebt über dem Nachen herab. Lohengrin erblickt sie; mit einem dankbaren Blicke springt er auf und löst dem Schwan die Kette, worauf dieser sogleich untertaucht. An seiner Stelle hebt Lohengrin einen schönen Knaben in glänzendem Silbergewande - Gottfried - aus dem Flusse an das Ufer.)

LOHENGRIN
Seht da den Herzog von Brabant!
Zum Führer sei er euch ernannt!

(Ortrud sinkt bei Gottfrieds Anblick mit einem Schrei zusammen. Lohengrin springt schnell in den Kahn, den die Taube an der Kette gefasst hat und sogleich fortzieht. Elsa blickt mit letzter freudiger Verklärung auf Gottfried, welcher nach vorn schreitet und sich vor dem König verneigt: alle betrachten ihn mit seligem Erstaunen, die Brabanter senken sich huldigend vor ihm auf die Knie. Dann eilt Gottfried in Elsas Arme; diese, nach einer kurzen freudigen Entrückung, wendet hastig den Blick nach dem Ufer, wo sie Lohengrin nicht mehr erblickt.)

ELSA
Mein Gatte! Mein Gatte!

(In der Ferne wird Lohengrin wieder sichtbar. Er steht mit gesenktem Haupte, traurig auf seinen Schild gelehnt, im Nachen; bei diesem Anblick bricht alles in einen lauten Wehruf aus. Elsa gleitet langsam entseelt in Gottfrieds Armen zu Boden. Während Lohengrin immer ferner gesehen wird, sinkt langsam der Vorhang.)

ELSA
(come annientata)
Mi vacilla il suolo! Quale notte!
Oh aria, aria, all'infelice!

(Sta per cadere; Lohengrin
l'accoglie tra le sue braccia.
)

LOHENGRIN
(con dolorosa commozione)
O Elsa, che m'hai tu fatto?
Quando i miei occhi primamente ti videro,
ardere per te io mi sentii d'amore,
e subito appresi un bene sconosciuto:
l'augusto potere, il mistero della mia stirpe,
la forza che il mio segreto in me conserva,...
al servigio d'un purissimo cuore io volli dedicare:...
Perché dunque mi strappasti il mio segreto?
Ora, da te separarmi, ahimè, da te io debbo!

IL RE E TUTTI GLI UOMINI
Ahimè! Ahimè! tu te ne devi partire,
o augusto eroe, inviato da Dio!
Se la grazia celeste fuggirà da noi,
dove troveremo mai conforto della tua perdita?

ELSA
(prorompendo nella
più fiera disperazione
)
O mio sposo, no! Di qui non ti lascio partire!
Rimani qui testimone della mia espiazione!
Al mio amaro pentimento non puoi tu già sfuggire;
perché tu mi punisca, eccomi qui ai tuoi piedi!

LE DONNE
Ahimè! da te se ne deve partire!

LOHENGRIN
Io debbo, io debbo! Mia dolce donna!
Già il Gral s'adira, ch'io da lui resto lontano!

ELSA
Se sei di natura divina come t'ho conosciuto,
non sia da te lontana la divina clemenza!
S'ella in penitenza sconta la sua grave colpa,
la grazia della tua presenza non fugga l'infelicissima!
Non mi respingere, per quanto grande sia la mia colpa! / Non m'abbandonare, ahimè, non abbandonare me sventuratissima!

LOHENGRIN
Un solo castigo v'è per il tuo fallo...
ahimè il suo duro rigore me quanto te colpisce!
divisi, lontani, ci dobbiamo vedere...
questo dev'essere il castigo, questa l'espiazione!

(Elsa cade al suolo con un grido.)

IL RE ED I NOBILI
(circondando Lohengrin)
Oh! rimani! Oh! di qui da noi non ti partire!
I tuoi guerrieri attendono il condottiero.

LOHENGRIN
Odimi, o Re! Io non ti posso accompagnare!
Se il cavaliere del Gral, poiché l'avete conosciuto,
volesse, disobbedendo, insieme con voi combattere,
d'ogni virtù virile sarebbe spogliato!
Pure, o gran Re, lascia che io ti predica:
a te, uomo puro, una gran vittoria è accordata!
Contro la Germania giammai nei più lontani giorni a venire, / le orde d'oriente trarranno vittoriose!

(Viva commozione.
Dal fondo si propaga il grido
):
Il cigno! Il cigno!

(Si vede arrivare sul fiume il cigno con la navicella, allo stesso modo come al primo apparire di Lohengrin.)

GLI UOMINI E LE DONNE
Il cigno, il cigno!
Ecco ch'egli nuovamente s'avvicina!
Il cigno! Ahimè, egli s'appressa!

ELSA
(svegliatasi dal suo stordimento,
s'alza appoggiandosi al suo seggio,
e guarda verso la riva
)
Spaventevole! Ah! il cigno!
(rimane lungamente come irrigidita
nella sua posizione
)

LOHENGRIN
(commosso)
Già il Gral invia per me che tardo.
(Tra la più ansiosa aspettazione
dei presenti, Lohengrin s'accosta
alla riva e si curva sul cigno,
guardandolo con tristezza
)
Mio caro cigno!...
Ah! questo ultimo triste viaggio,
come volentieri te l'avrei risparmiato!
Allo scader dell'anno, il tempo
compiuto ormai del tuo servizio,...
fatto libero per il potere del Gral,
ben volentieri t'avrei voluto vedere!
(Egli si volge indietro verso Eva
sul davanti della scena,
rompendo nel più aspro dolore
)
O Elsa! Un anno solo al tuo fianco,
testimone del tuo bene io mi sarei augurato!
Poi, sarebbe tornato, santificato nel sodalizio del Gral, / il fratel tuo ancora, che tu credesti morto...

(Tutti esprimono la loro viva meraviglia)

LOHENGRIN
(porgendo ad Elsa il corno,
la spada e l'anello
)
S'egli tornerà un giorno in patria, vivendone io lontano, / questo corno, questa spada e quest'anello tu gli darai.
Questo corno gli porterà aiuto nel pericolo,
nell'aspra battaglia questa spada gli darà la vittoria;
ma l'anello gli farà ricordare di me,
che un giorno ti liberai dall'onta e dal pericolo!
(baciando ripetutamente Elsa,
che non è capace
di dir parola
)
Addio! Addio! Addio! Mia dolce donna!
Addio! S'adira il Gral, s'io ancora rimango!

(Elsa si è avvinghiata a lui in uno spasimo convulso; finalmente le forze l'abbandonano e cade nelle braccia delle sue Donne, alle quali Lohengrin l'affida. Dopo di che, egli s'affretta alla riva.)

IL RE, UOMINI E DONNE
(tendendo le mani verso Lohengrin)
Ahimè! Ahimè! O nobile e caro eroe!
Di quale grande sventura ci colpisci!

ORTRUDA
(appare sul davanti della scena,
con gesto di selvaggio giubilo
)
Torna in patria! Torna in patria, orgoglioso eroe,
affinché io mi goda di manifestare a questa folle,
chi t'ha tirato nella tua navicella!
Alla piccola catena, ond'io l'avvinsi,
ben riconobbi, chi sia questo cigno:
egli è l'erede di Brabante!

TUTTI
Ah!

ORTRUDA
(ad Elsa)
Mercè, che il cavaliere hai bandito!
Ora il cigno lo scorta nel ritorno in patria:
se l'eroe fosse rimasto più a lungo,
anche tuo fratello egli avrebbe liberato!

TUTTI
(al colmo dello sdegno)
Esecrabile donna! Ah! qual delitto
con temerario sarcasmo hai tu confessato!

ORTRUDA
Apprendete, come si vendicano quegli dei,
dal cui culto vi siete allontanati!

(Ella rimane, dritta e fiera, in selvaggio esaltamento. Lohengrin, ch'è già giunto alla riva, ed ha bene udito Ortruda, cade in ginocchio con atto solenne ed in muta preghiera. Tutti gli sguardi si appuntano su di lui in ansiosa aspettazione. - La bianca colomba del Gral scende librandosi sulla navicella. Lohengrin la contempla con sguardo riconoscente e, scioglie d'un balzo la catena del cigno, il quale subito affonda. In suo luogo Lohengrin solleva dalle onde del fiume, traendolo a riva, un bel fanciullo in argentea veste lucente: Goffredo.)

LOHENGRIN
Ecco il duca di Brabante!
Che a vostro capo sia eletto!

(Ortruda, alla vista di Goffredo, cade a terra con un grido. Lohengrin salta rapido nella navicella, che la colomba ha afferrato per la catena, e subito, traendo, allontana. Elsa guarda, con un'ultima sovrumana espressione di gioia, Goffredo, che s'avanza verso il proscenio e s'inchina innanzi al Re. Tutti lo contemplano con felice stupore; i Brabantini cadono in ginocchio avanti a lui, rendendogli omaggio. Quindi Goffredo s'affretta nelle braccia di Elsa. La quale, dopo una breve estasi di gioia, volge rapidamente lo sguardo alla riva, dove non vede più Lohengrin.)

ELSA
Mio sposo! Mio sposo!

(Si vede ancora una volta Lohengrin in lontananza. Egli se ne sta sulla navicella tristemente appoggiato allo scudo, ed a capo chino. Alla sua vista, tutti erompono in un alto grido di dolore. Elsa, scivolando tra le braccia di Goffredo, cade lentamente al suolo, esanime. Mentre Lohengrin appare sempre più lontano, cala lentamente la tela.)



dir: Claudio Abbado (1990)
Placido Domingo (Lohengrin), Cheryl Studer (Elsa), Dunja Vejzovic (Ortrud), Robert Lloyd (König Heinrich)


dir: Rudolf Kempe
Jess Thomas (Lohengrin), Elisabeth Grummer (Elsa),
Christa Ludwig (Ortrud), Gottlob Frick (König)


dir: Wolfgang Sawallisch
Jess Thomas (Lohengrin), Anja Silja (Elsa),
Astrid Varnay (Ortrud), Franz Crass (König)


"Mein lieber Schwan!"
Lauritz Melchior (Lohengrin)

"Mein lieber Schwan!"
Sándor Kónya (Lohengrin)

4 febbraio 2016

Lohengrin (17) - La rivelazione

Scritto da Marisa

Eccoci al momento tanto atteso e ormai inevitabile, centro ed apice di tutto il dramma: lo svelamento del nome del cavaliere misterioso, nome così importante da intitolare a sé tutta l'opera. Contrariamente a quello che aveva chiesto Elsa, di poter essere solo lei a conoscere l'identità del proprio sposo, segreto da preservare nell'intimità della coppia e costituire un nuovo patto di simmetria e di segreta complicità a suggellare l'amore, base di reciproca fedeltà, il cavaliere decide di convocare tutta la comunità e in pubblico, davanti al re, fa la sua rivelazione.

Il momento è tanto solenne e decisivo da richiedere musicalmente un'aria a sé ("In fernem Land", nota anche come "Gralserzählung", ovvero "Racconto del Graal"), ben staccata da tutto il resto, con un'atmosfera incantata, quasi un'isola sublime o un monte altissimo su cui fare l'apparizione, una specie di monte Tabor insomma. Elsa è già allontanata ed esclusa da tanto “alto sentire”. La vediamo tremante in un angolo, prostrata, che attende insieme alla folla quella rivelazione che aveva inutilmente sperato fosse riservata solo al suo amore.

La rivelazione del nome è preceduta dalla descrizione fiabesca del luogo da cui il cavaliere proviene (“In paese lontano, inaccessibile ai vostri passi...”). In un crescendo di sublimità, egli rivela di essere prescelto (anche in virtù della discendenza dinastica, in quanto figlio del re Perceval), insieme a pochi altri fortunati, quale custode del Graal, e di essere Lohengrin, immune da morte e peccato finché rimarrà sotto la protezione del santo vaso. Tale protezione agisce anche lontano dal luogo sacro, ma solo finché non si conosca il suo nome e il suo sacro servizio. Una volta svelata l'identità, il cavaliere del Graal deve immediatamente tornare indietro e abbandonare la dimora tra gli uomini, qualsiasi nuova situazione si sia intanto instaurata.

Colpisce molto l'atteggiamento di Lohengrin. Una volta rivelato il proprio nome (ma già prima, quando si accinge a tale obbligo), pur rivolgendosi con una certa tenerezza ad Elsa, egli è già oltre, nel mondo luminoso a cui sta per ritornare, e del grande amore che dichiarava alla donna restano ben poche tracce. Nel testo originario di von Eschenbach, in cui il matrimonio dura ormai da tempo e sono nati anche dei figli, quando Elsa fa la sua domanda leggiamo almeno che Lohengrin, richiamato dal cigno, partì “malvolentieri”.

Non ci fermiamo, in questa sede, sul simbolo del Sacro Graal perché richiederebbe una trattazione a parte, vista la complessità dei suoi significati e il posto centrale che è venuto assumendo in tutta la tradizione e la letteratura cavalleresca del medioevo. Se ci occuperemo del “Parsifal”, avremo occasione di tornarci e approfondirlo. Per ora basti sapere che è il vaso in cui, secondo la leggenda medievale, è stato raccolto il sangue di Cristo da Giuseppe d'Arimatea e portato poi in occidente, ma anche la coppa usata nell'ultima cena. Simbolo di salvezza e del sacrificio di Cristo, diviene la “ricerca” per eccellenza che impegna tutta la cavalleria, il talismano prezioso (secondo alcune versioni è stato ricavato dallo smeraldo caduto dalla fronte di Lucifero, l'angelo più bello, nel momento della sua cacciata e dello sprofondamento negli inferi) in grado di guarire ogni male e assicurare la salvezza ai suoi cavalieri, che si impegnano alla purezza del cuore a dedicano le loro imprese al trionfo della giustizia.

In questa opera di Wagner la divisione tra mondo del Graal con i suoi cavalieri puri e in contemplazione perpetua del sacro mistero e il mondo degli uomini comuni è netta e incolmabile:

Ed in esso una coppa di miracolosa virtù,
viene guardata come la più sacra delle reliquie:
essa fu, perché i più puri tra gli uomini ne prendessero cura,
in terra da una schiera d'angeli portata;
ogni anno scende dal cielo una colomba,
per dare nuova forza alla sua miracolosa virtù:
è questo il Graal; e beata purissima fede
per lui si comparte a tutta la sua corte.
Chi dunque è scelto a servire il Graal,
costui Egli munisce d'un sovrumano potere;
contro di lui si perde l'inganno d'ogni malvagio;
quando egli Lo contempla, a lui si dissipa la notte della morte.
Proprio questa estrema separazione tra i due mondi rende irrisolvibile la crisi e impedisce una soluzione trasformatrice, che avviene solo se è possibile una integrazione degli opposti, un confronto fecondo. Lohengrin stesso è prigioniero di questa mentalità separante e divisiva; non può essere veramente sé stesso, con la sua vera identità e con la sua tensione spirituale, di fronte alla donna che ama, quando è nel mondo comune e quotidiano, e non può vivere il suo amore per la donna quando si dedica al piano spirituale. È come se, non rivelando il nome, potesse rimuoverlo egli stesso dalla propria coscienza, amare in incognito; come se non pronunciare il nome glorioso potesse proteggere l'amore nascondendolo da una “gelosia” divina.

Da Eraclito in poi, tutta la saggezza umana verte sul problema degli opposti e la difficile arte della relazione tra i contrari e la loro conciliazione. Riconoscere che gli opposti sono due facce della stessa medaglia (la strada che sale è la stessa di quella che scende, dice Eraclito) e che la luce e il buio sono legati allo stesso fenomeno, ora manifesto, ora occulto, è la base della conoscenza sia scientifica che psicologica. Voler separare come inconciliabili gli opposti li rende sempre più pericolosi e la negazione del loro segreto rapporto e la reciproca corrispondenza rende sempre più violento il conflitto, con conseguenze disastrose (le guerre sono alimentate dalla costante separazione, abilmente manovrata dai potenti di turno, tra buoni e cattivi, dove i cattivi sono ovviamente sempre i nemici, quelli che stanno dall'altra parte, gli stranieri).

L'unione degli opposti, la loro conciliazione, non è però un minestrone dove tutto fa brodo, un confuso tener tutto insieme. La conciliazione degli opposti richiede una vera e propria arte, un impegno di conoscenza e un grande lavoro su sé stessi per reggere la visione delle proprie parti oscure (l'ombra come viene chiamata da Jung, il nemico dentro di noi), non proiettarle più all'esterno sugli altri, una progressiva elaborazione fino all'integrazione che permette una vera e propria trasformazione delle due parti scisse e ostili in una unità superiore e finalmente matura.

Tutto questo, il lavoro che porta all'integrazione, qui nell'opera di Wagner non può avvenire, né nella coscienza individuale né in quella collettiva. I due piani, la luce e le tenebre, il mondo soprannaturale e quello umano, rimangono talmente lontani, tanto che basta nominare l'amore spirituale perché non ci sia più posto per quello terreno. La rivelazione porta quindi alla separazione che, vedremo, sarà definitiva.

Clicca qui per il testo.

LOHENGRIN
(in feierlicher Verklärung
vor sich herblickend
)
In fernem Land, unnahbar euren Schritten,
liegt eine Burg, die Montsalvat genannt;
ein lichter Tempel stehet dort inmitten,
so kostbar, als auf Erden nichts bekannt;
drin ein Gefäss von wundertät'gem Segen
wird dort als höchstes Heiligtum bewacht:
es ward, dass sein der Menschen reinste pflegen,
herab von einer Engelschar gebracht;
alljährlich naht vom Himmel eine Taube,
um neu zu stärken seine Wunderkraft:
es heisst der Gral, und selig reinster Glaube
erteilt durch ihn sich seiner Ritterschaft.
Wer nun dem Gral zu dienen ist erkoren,
den rüstet er mit überirdischer Macht;
an dem ist jedes Bösen Trug verloren,
wenn ihn er sieht, weicht dem des Todes Nacht.
Selbst wer von ihm in ferne Land entsendet,
zum Streiter für der Tugend Recht ernannt,
dem wird nicht seine heil'ge Kraft entwendet,
bleibt als sein Ritter dort er unerkannt;
so hehrer Art doch ist des Grales Segen,
enthüllt - muss er des Laien Auge fliehn;
des Ritters drum sollt Zweifel ihr nicht hegen,
erkennt ihr ihn, - dann muss er von euch ziehn. -
Nun hört, wie ich verbotner Frage lohne!
Vom Gral ward ich zu euch daher gesandt:
mein Vater Parzival trägt seine Krone,
sein Ritter ich - bin Lohengrin genannt.

ALLE MÄNNER UND FRAUEN
(voll Staunens und in höchster
Rührung auf ihn hinblickend
)
Hör ich so seine höchste Art bewähren,
entbrennt mein Aug in heil'gen Wonnezähren.
LOHENGRIN
(guarda lontano avanti a sé,
solennemente trasfigurandosi
)
In paese lontano, inaccessibile ai vostri passi,
havvi un castello di nome Monsalvato;
un luminoso tempio s'alza colà nel mezzo,
prezioso qual niente di simile si conosce in terra.
Ed in esso una coppa di miracolosa virtù,
viene guardata come la più sacra delle reliquie:
essa fu, perché i più puri ne prendessero cura,
in terra da una schiera d'angeli portata;
ogni anno scende dal cielo una colomba,
per dare nuova forza alla sua miracolosa virtù:
è questo il Graal; e beata purissima fede
per lui si comparte a tutta la sua corte.
Chi dunque è scelto a servire il Graal,
costui Egli munisce d'un sovrumano potere;
contro di lui si perde l'inganno d'ogni malvagio;
a lui si dissipa la notte della morte.
Anche colui che dal Gral è in lontano paese inviato,
ed eletto a campione in difesa della virtù,
non viene punto spogliato della sua santa forza,
finché quale suo cavaliere colà non sia riconosciuto.
Di tale augusta natura infatti è la virtù del Graal,
che, scoperto, ei deve fuggire agli occhi dei profani.
Nessun dubbio dovete nutrire sul suo cavaliere;
ma se lo riconoscete... allora deve da voi partire.
Ora udite, com'io ricompenso la vietata domanda!
Dal Graal fui io dunque presso di voi mandato:
Parsifal mio padre ne porta la corona,
e suo cavaliere io sono... chiamato Lohengrin.

TUTTI GLI UOMINI E LE DONNE
(guardandolo, pieni di stupore,
con la più profonda commozione
)
Quand'io l'odo così l'altissima sua stirpe provare,
arde il mio occhio di lacrime dolci e sacre.



dir: Claudio Abbado (1990)
Placido Domingo (Lohengrin)


Jess Thomas (1964)


Sandor Konya


Mario Del Monaco


Lauritz Melchior (1939)


Klaus Florian Vogt

James King (1968)



Il cosiddetto "racconto del Graal", nei progetti iniziali di Wagner, era più lungo e narrava, oltre che delle origini di Lohengrin, anche della sua missione e di come fosse giunto fin sulle sponde della Schelda. La parte finale (ben 56 battute), già composta, venne però espunta da Franz Liszt, poco prima della prima rappresentazione, per volere dello stesso Wagner. Pur raramente eseguita, la versione lunga del brano (che solo di recente è stata pubblicata all'interno dell'edizione critica della partitura) è comunque occasionalmente presente sui palcoscenici o nelle incisioni. Eccone di seguito due esempi.

Clicca qui per il testo della versione estesa.

LOHENGRIN
In fernem Land, unnahbar euren Schritten,
liegt eine Burg, die Montsalvat genannt;
ein lichter Tempel stehet dort inmitten,
so kostbar, als auf Erden nichts bekannt;
drin ein Gefäss von wundertät'gem Segen
wird dort als höchstes Heiligtum bewacht:
es ward, dass sein der Menschen reinste pflegen,
herab von einer Engelschar gebracht;
alljährlich naht vom Himmel eine Taube,
um neu zu stärken seine Wunderkraft:
es heisst der Gral, und selig reinster Glaube
erteilt durch ihn sich seiner Ritterschaft.
Wer nun dem Gral zu dienen ist erkoren,
den rüstet er mit überirdischer Macht;
an dem ist jedes Bösen Trug verloren,
wenn ihn er sieht, weicht dem des Todes Nacht.
Selbst wer von ihm in ferne Land entsendet,
zum Streiter für der Tugend Recht ernannt,
dem wird nicht seine heil'ge Kraft entwendet,
bleibt als sein Ritter dort er unerkannt;
so hehrer Art doch ist des Grales Segen,
enthüllt - muss er des Laien Auge fliehn;
des Ritters drum sollt Zweifel ihr nicht hegen,
erkennt ihr ihn, - dann muss er von euch ziehn. -
Nun hört, wie ich verbotner Frage lohne!
Vom Gral ward ich zu euch daher gesandt:
mein Vater Parzival trägt seine Krone,
sein Ritter ich - bin Lohengrin genannt.

ALLE MÄNNER UND FRAUEN
Wie wunderbar ist er zu schau'n!
Uns fasst vor ihm ein sel'ges Grau'n.

LOHENGRIN
Nun höret noch, wie ich zu euch gekommen!
Ein klagend Tönen trug die Luft daher,
daraus im Tempel wir sogleich vernommen,
daß fern wo eine Magd in Drangsal wär';
- als wir den Gral zu fragen nun beschickten,
wohin ein Streiter zu entsenden sei,
- da auf der Flut wir einen Schwan erblickten,
zu uns zog einen Nachen er herbei:
- mein Vater, der erkannt des Schwanes Wesen,
nahm ihn in Dienste nach des Grales Spruch,
denn wer ein Jahr nur seinem Dienst erlesen,
dem weicht von dann ab jedes Zaubers Fluch.
Zunächst nun sollt' er mich dahin geleiten,
woher zu uns der Hilfe Rufen kam,
denn durch den Gral war ich erwählt zu streiten,
darum ich mutig von ihm Abschied nahm.
Durch Flüsse und durch wilde Meereswogen
hat mich der treue Schwan dem Ziel genaht,
bis er zu euch daher an's Ufer mich gezogen,
wo ihr in Gott mich alle landen saht.

ALLE MÄNNER UND FRAUEN
Hör ich so seine höchste Art bewähren,
entbrennt mein Aug in heil'gen Wonnezähren.
LOHENGRIN
In paese lontano, inaccessibile ai vostri passi,
havvi un castello di nome Monsalvato;
un luminoso tempio s'alza colà nel mezzo,
prezioso qual niente di simile si conosce in terra.
Ed in esso una coppa di miracolosa virtù,
viene guardata come la più sacra delle reliquie:
essa fu, perché i più puri ne prendessero cura,
in terra da una schiera d'angeli portata;
ogni anno scende dal cielo una colomba,
per dare nuova forza alla sua miracolosa virtù:
è questo il Graal; e beata purissima fede
per lui si comparte a tutta la sua corte.
Chi dunque è scelto a servire il Graal,
costui Egli munisce d'un sovrumano potere;
contro di lui si perde l'inganno d'ogni malvagio;
a lui si dissipa la notte della morte.
Anche colui che dal Gral è in lontano paese inviato,
ed eletto a campione in difesa della virtù,
non viene punto spogliato della sua santa forza,
finché quale suo cavaliere colà non sia riconosciuto.
Di tale augusta natura infatti è la virtù del Graal,
che, scoperto, ei deve fuggire agli occhi dei profani.
Nessun dubbio dovete nutrire sul suo cavaliere;
ma se lo riconoscete... allora deve da voi partire.
Ora udite, com'io ricompenso la vietata domanda!
Dal Graal fui io dunque presso di voi mandato:
Parsifal mio padre ne porta la corona,
e suo cavaliere io sono... chiamato Lohengrin.

GLI UOMINI E LE DONNE
Come è meraviglioso da vedere!
Ci avvolge da lui un felice stupore.

LOHENGRIN
E udite ancora come sono giunto fino a voi!
L’aria portò laggiù un suono lamentoso
dal quale nel tempio noi tosto apprendemmo
che in terra lontana una fanciulla era in pericolo;
quando però mandammo a chiedere al Graal
dove dovessimo inviare un cavaliere,
allora sulla marea montante vedemmo un cigno:
verso di noi trainava una navicella;
mio padre, che riconobbe la natura del cigno,
ne accettò il servizio, ricordando il magico Graal,
perché chi per un anno al suo servizio è eletto,
si ritrova libero da ogni satanico incantamento.
Il suo primo compito fu dunque di condurmi là
da dove giungeva a noi il richiamo di aiuto,
poiché dal Graal io ero stato scelto a combattere
e così audacemente da lui prendevo congedo.
Attraverso fiumi e le onde selvagge del mare
il cigno fedele mi ha avvicinato alla meta,
fino a quando mi ha trainato a riva qui da voi,
dove tutti mi avete visto approdare nel nome di Dio.

TUTTI GLI UOMINI E LE DONNE
Quand'io l'odo così l'altissima sua stirpe provare,
arde il mio occhio di lacrime dolci e sacre.


Franz Völker (1938)

Jonas Kaufmann (2013)

1 febbraio 2016

Lohengrin (16) - Il tribunale del re

Scritto da Christian

Al culmine della scena precedente, quella del duetto fra Elsa e Lohengrin dopo il matrimonio, non appena la ragazza infrange il proprio giuramento e domanda di conoscere il nome del cavaliere misterioso, Federico di Telramondo esce allo scoperto e affronta Lohengrin, convinto (dalle parole di Ortruda) che sia bastata questa infrazione per togliere all'uomo tutto il suo "potere magico". Naturalmente non è così: come già in precedenza, Federico viene sconfitto da Lohengrin e stavolta ucciso. I quattro nobili che lo avevano seguito, vedendolo a terra, non possono far altro che deporre le armi e portare il cadavere di Federico all'aperto, su ordine dello stesso Lohengrin, "davanti al tribunale del re", dove il cavaliere stesso – così afferma – darà davanti a tutti le risposte alle domande di Elsa.

La terza e ultima scena del terzo atto si apre infatti con la convocazione del tribunale del re Enrico. L'alba sta spuntando, e le trombe sulle mura suonano l'appello. Il libretto descrive con accuratezza tutto il cerimoniale con cui i conti sassoni e i nobili brabantini si schierano davanti a re Enrico, il quale si stupisce poi di veder comparire i quattro vassalli di Federico con il cadavere del loro signore. Giungono quindi Elsa e infine Lohengrin, che spiega l'accaduto, preannuncia la sua imminente partenza e si appresta a raccontare qual è il proprio nome e la propria origine.

Clicca qui per il testo.

(Als der vordere Vorhang wieder aufgezogen wird, stellt die Bühne die Aue am Ufer der Schelde dar, wie im ersten Akt. - Glühende Morgenröte, allmählicher Anbruch des vollen Tages. Ein Graf mit seinem Heergefolge zieht im Vordergrunde rechts auf, steigt vom Pferde und übergibt dies einem Knechte. Zwei Edelknaben tragen ihm Schild und Speer. Er pflanzt sein Banner auf, sein Heergefolge sammelt sich um dasselbe. - Während ein zweiter Graf auf die Weise, wie der erste einzieht, hört man bereits die Trompeten eines dritten sich nähern. - Ein dritter Graf zieht mit seinem Heergefolge ebenso ein. Die neuen Scharen sammeln sich um ihre Banner; die Grafen und Edlen begrüssen sich, prüfen und loben ihre Waffen usw. - Ein vierter Graf zieht mit seinem Heergefolge von rechts herein und stellt sich bis in die Mitte des Hintergrundes auf. Als die Trompeten des Königs vernommen werden, eilt alles, sich um die Banner zu ordnen. - Der König mit seinem sächsischen Heerbann zieht von links ein.)

ALLE MÄNNER
(an die Schilde schlagend,
als der König unter der Eiche
angelangt ist
)
Heil König Heinrich!
König Heinrich Heil!

DER KÖNIG
(unter der Eiche stehend)
Habt Dank, ihr Lieben von Brabant!
Wie fühl ich stolz mein Herz entbrannt,
find ich in jedem deutschen Land
so kräftig reichen Heerverband!
Nun soll des Reiches Feind sich nahn,
wir wollen tapfer ihn empfahn:
aus seinem öden Ost daher
soll er sich nimmer wagen mehr!
Für deutsches Land das deutsche Schwert!
So sei des Reiches Kraft bewährt!

ALLE MÄNNER
Für deutsches Land das deutsche Schwert!
So sei des Reiches Kraft bewährt!

DER KÖNIG
Wo weilt nun der, den Gott gesandt
zum Ruhm, zur Grösse von Brabant?

(Ein scheues Gedränge ist entstanden; die vier brabantischen Edlen bringen auf einer Bahre Friedrichs verhüllte Leiche getragen und setzen sie in der Mitte der Bühne nieder. Alles blickt sich unheimlich fragend an.)

ALLE
Was bringen die? Was tun sie kund?
Die Mannen sind's des Telramund!

KÖNIG
Wen führt ihr her? Was soll ich schaun?
Mich fasst bei eurem Anblick Graun!

DIE VIER EDLEN
So will's der Schützer von Brabant;
wer dieser ist, macht er bekannt.

(iElsa, mit grossem Gefolge von Frauen, tritt auf und schreitet langsam, wankenden Schrittes in den Vordergrund.)

DIE MÄNNER
Seht, Elsa naht, die taugendreiche!
Wie ist ihr Antlitz trüb und bleiche!

DER KÖNIG
(der Elsa entgegengegangen ist
und sie nach einem hohen Sitze,
ihm gegenüber, geleitet
)
Wie muss ich dich so traurig sehn!
Will dir so nah die Trennung gehn?

(Elsa versucht vor ihm aufzublicken, vermag es aber nicht. Grosses Gedränge entsteht im Hintergrunde; man vernimmt Stimmen.)

STIMMEN
Macht Platz dem Helden von Brabant!

ALLE MÄNNER
Heil dem Helden von Brabant!

(Der König hat seinen Platz unter der Eiche wieder eingenommen. - Lohengrin, ganz so gewaffnet wie im ersten Aufzuge, ist ohne Gefolge, feierlich und traurig, aufgetreten und schreitet ernst in den Vordergrund.)

KÖNIG
Heil deinem Kommen, teurer Held!
Die du so treulich riefst ins Feld,
die harren dein in Streites Lust,
von dir geführt, des Siegs bewusst.

DIE BRABANTER
Wir harren dein in Streites Lust,
von dir geführt, des Siegs bewusst.

LOHENGRIN
Mein Herr und König, lass dir melden:
die ich berief, die kühnen Helden,
zum Streit sie führen darf ich nicht!

(Alle drücken höchste Betroffenheit aus)

ALLE MÄNNER
Hilf Gott! Welch hartes Wort er spricht!

LOHENGRIN
(Er enthüllt Friedrichs Leiche,
von deren Anblick sich alle
mit Abscheu abwenden.
)
Als Streitgenoss bin ich nicht hergekommen;
als Kläger sei ich jetzt von euch vernommen! -
(feierlich vor der Leiche)
Zum ersten klage laut ich vor euch allen
und frag um Spruch nach Recht und Fug:
Da dieser Mann zur Nacht mich überfallen,
sagt, ob ich ihn mit Recht erschlug?

DER KÖNIG UND ALLE MÄNNER
(die Hand feierlich nach
der Leiche ausstreckend
)
Wie deine Hand ihn schlug auf Erden,
soll dort ihm Gottes Strafe werden!

LOHENGRIN
Zum andern aber sollt ihr Klage hören,
denn aller Welt nun klag ich laut,
dass zum Verrat an mir sich liess betören
das Weib, das Gott mir angetraut!

DER KÖNIG
Elsa! Wie konntest du dich so vergehn?

DIE MÄNNER
(heftig erschrocken und betrübt)
Elsa! Wie mochte das geschehn?
Wie konntest du dich so vergehn?

DIE FRAUEN
(mit klagenden Gebärden
auf Elsa blickend
)
Wehe dir, Elsa!

LOHENGRIN
(immer streng)
Ihr hörtet alle, wie sie mir versprochen,
dass nie sie woll erfragen, wer ich bin?
Nun hat sie ihren teuren Schwur gebrochen,
treulosem Rat gab sie ihr Herz dahin!
(Alle drücken die heftigste
Erschütterung aus
)
Zu lohnen ihres Zweifels wildem Fragen,
sei nun die Antwort länger nicht gespart:
Des Feindes Drängen durft ich sie versagen, -
nun muss ich künden, wie mein Nam' und Art.
(Mit immer steigender Verklärung
seiner Mienen
)
Jetzt merket wohl, ob ich den Tag muss scheuen:
Vor aller Welt, vor König und vor Reich
enthülle mein Geheimnis ich in Treuen.
(Sich hoch aufrichtend)
So hört, ob ich an Adel euch nicht gleich!

DER KÖNIG UND ALLE MÄNNER
Welch Unerhörtes muss ich nun erfahren?
O könnt er die erzwungne Kunde sich ersparen!
(Quando la cortina anteriore viene nuovamente sollevata, la scena rappresenta la prateria sulla riva della Schelda, come nel primo atto. - Ardente aurora; progressivo rompere del pieno giorno. Un conte, col seguito di guerra, giunge sul proscenio dalla destra; scende da cavallo e lo consegna ad un palafreniere. Due Paggi gli portano scudo e lancia. Egli conficca al suolo la propria insegna, e il suo seguito gli si raccoglie intorno. - Mentre un secondo conte entra con lo stesso cerimoniale del primo, si odono già avvicinarsi le trombe d'un terzo. - Un terzo conte entra allo stesso modo, col suo seguito. Le nuove schiere si raccolgono intorno alle loro insegne, i Conti ed i Nobili si salutano, saggiano e lodano le loro armi, ecc. Un quarto Conte entra col suo seguito di guerra dalla parte di destra, e prende posto, stendendosi fino al centro del fondo. Quando si sentono le trombe del Re, tutti corrono a schierarsi intorno alle rispettive insegne. - Il Re entra dalla parte di sinistra col suo seguito sassone.)

TUTTI GLI UOMINI
(battendo sugli scudi,
quando il Re è giunto
sotto la quercia
)
Salute a Re Enrico!
Al Re Enrico salute!

IL RE
(stando in piedi sotto la quercia)
Grazie a voi, miei cari di Brabante!
Come superbo a me s'infiamma il cuore,
ov'io trovi in ogni terra tedesca
così ricca e potente accolta di guerrieri!
Se il nemico dell'impero ora s'appressa,
da valorosi noi l'accoglieremo:
fuori dal suo deserto di levante,
mai più egli oserà avventurarsi!
Tedesca spada per terra tedesca!
Così sia provata la forza dell'impero!

TUTTI GLI UOMINI
Tedesca spada per terra tedesca!
Così sia provata la forza dell'impero!

IL RE
Dove s'indugia colui, che Dio ha mandato
per la gloria, per la grandezza del Brabante?

(Un tumulto pieno di spavento è sorto; i quattro Nobili brabantini portano a spalla su una bara, velato, il cadavere di Federico, e lo depongono nel mezzo della scena. Tutti guardano interrogandosi con aria sinistra.)

TUTTI
Che portano costoro? Che cosa sveleranno?
Sono i vassalli di Telramondo.

IL RE
Chi portate qui? Che debbo io vedere?
Orrore mi prende alla vostra vista!

I QUATTRO NOBILI
Così vuole il Protettore di Brabante;
Chi sia costui, egli farà manifesto.

(Elsa con gran seguito di Donne, entra e cammina lentamente e con passo vacillante verso il proscenio.)

GLI UOMINI
Guardate! Elsa s'avanza, la virtuosissima!
Come pallido e turbato è il suo viso!

IL RE
(che è andato incontro ad Elsa,
e l'accompagna ad un alto seggio,
a lui di fronte
)
Quanto triste io ti debbo vedere!
Tanto ti affligge la separazione?

(Elsa tenta in sua presenza di alzare lo sguardo, ma non riesce. Gran tumulto sorge nel fondo; si odono voci.)

VOCI
Fate largo all'eroe di Brabante!

TUTTI GLI UOMINI
Salute! Salute all'eroe di Brabante!

(Il Re ha ripreso nuovamente il suo posto sotto la quercia. - Lohengrin, tutto armato come al primo atto, appare senza seguito con aspetto triste e solenne, e s'avanza gravemente verso il proscenio.)

IL RE
Sii il benvenuto, mio caro eroe!
Coloro che così fedelmente chiamasti in campo,
t'attendono con desiderio di guerra,
consci della vittoria, se tu li guiderai.

I BRABANTINI
Noi t'attendiamo con desiderio di guerra,
consci della vittoria, se tu ci guiderai.

LOHENGRIN
Mio Signore e Re, lascia ch'io t'annunzi:
coloro ch'io chiamai, valorosi eroi,
non più m'è consentito di condurli alla pugna!

(Tutti esprimono il massimo stupore)

TUTTI GLI UOMINI
Che Dio ci aiuti! Quale dura parola egli parla!

LOHENGRIN
(Scopre il cadavere di Federico,
alla cui vista tutti
si ritraggono con orrore.
)
Non come compagno d'armi son qui venuto;
ch'io sia ora, accusatore, da voi ascoltato!...
(in atteggiamento solenne, davanti al cadavere)
Primamente alto io accuso avanti a voi tutti,
e domando sentenza secondo diritto e giustizia:
poiché quest'uomo m'aggredì di notte a tradimento,
dite, l'ho io a buon diritto ucciso?

IL RE E TUTTI GLI UOMINI
(stendendo solennemente la mano
verso il cadavere
)
Come la tua mano l'ha colpito in terra,
così di là gli tocchi la vendetta di Dio!

LOHENGRIN
Ma un'altra accusa voi dovete udire:
giacché alto ora io accuso al cospetto di tutti,
che a tradimento contro me s'è lasciata sedurre
la donna, che Dio m'aveva dato in sposa.

IL RE
Elsa! Come potesti macchiarti di tal colpa?

GLI UOMINI
(fortemente turbati e inorriditi)
Elsa! Come questo è potuto accadere?
Come potesti macchiarti di tal colpa?

LE DONNE
(guardando verso Elsa
con gesti di dolore
)
Guai a te Elsa!

LOHENGRIN
(sempre severo)
Voi tutti udiste com'ella mi promise,
che mai m'avrebbe domandato chi io fossi?
Or'ella ha rotto il suo sacro giuro,
ed il cuore ha prestato ad uno sleale consiglio!
(Tutti esprimono la più forte commozione)
A compensare l'insana domanda del suo dubbio,
non sia più a lungo differita la risposta:
Io la potrei rifiutare all'insistenza nemica,...
ora debbo manifestare il mio nome e la mia stirpe.
(con sempre più alta
trasfigurazione del suo aspetto
)
Ora osservate bene, s'io debba temere la luce del giorno:
davanti a tutti, davanti al Re ed all'Impero,
lealmente io discopro il mio mistero.
(fieramente drizzandosi)
Udite, dunque, s'io sia vostro pari in nobiltà!

IL RE E TUTTI GLI UOMINI
Qual cosa inaudita debbo io ora apprendere!
O potesse egli risparmiarsi la rivelazione forzata!



dir: Claudio Abbado (1990)
Robert Lloyd (König Heinrich), Placido Domingo (Lohengrin)


dir: Rudolf Kempe (1964)
Gottlob Frick (König), Jess Thomas (Lohengrin)

dir: Peter Schneider (1990)
Manfred Schenk (König), Paul Frey (Lohengrin)