23 novembre 2015

Lohengrin (1) - Introduzione

Scritto da Christian

Lohengrin
Opera romantica in tre atti
Libretto e musica di Richard Wagner

Prima rappresentazione: Weimar (Großherzögliches Hoftheater),
28 agosto 1850

Personaggi e voci:
- Heinrich der Vogler/Enrico l'Uccellatore (basso), Re di Germania
- Lohengrin (tenore)
- Elsa von Brabant/Elsa di Brabante (soprano)
- Friedrich von Telramund/Federico di Telramondo (baritono), Conte di Brabante
- Ortrud/Ortruda (soprano), sua moglie
- Der Heerrufer des Königs/L'araldo del Re (baritono o basso)
- Vier brabantische Edle/Quattro nobili di Brabante (tenori e bassi)
- Vier Edelknaben/Quattro paggi (soprani e contralti)
- Gottfried/Goffredo (ruolo muto), Duca di Brabante, fratello di Elsa
- Nobili sassoni, turingi e brabantini, dame, paggi, vassalli, servi (coro)


Finalmente Wagner (e più in generale, l'opera non in lingua italiana) debutta su questo blog! E lo fa con un'opera che, pur non facendo parte del successivo ciclo de "L'anello del Nibelungo" (indubbiamente il suo lavoro più famoso), è stata comunque assai importante per lo sviluppo del genere nella seconda metà dell'ottocento, nonché uno dei più accessibili punti di ingresso per comprendere il passaggio verso quella nuova forma operistica, caratterizzata dal concetto di Gesamtkunstwerk (opera totale), che Wagner stava contribuendo a creare. La sua analisi verrà effettuata da Marisa con una serie di post di approfondimento psicologico, mentre in questa introduzione io sintetizzerò qualche caratteristica dal punto di vista storico e musicale.

Il soggetto (il libretto è scritto dallo stesso Wagner) è tratto dal corpus delle saghe arturiane di tradizione germanica, e in particolare dal "Parzival" di Wolfram von Eschenbach, scritto nel tredicesimo secolo (che ispirerà successivamente anche l'ultima opera wagneriana, il "Parsifal", appunto). Lohengrin – chiamato Loherangrin nell'epica di Eschenbach – è infatti il figlio di Parsifal, uno dei cavalieri di Re Artù inviato alla ricerca del Santo Graal. Il personaggio è a sua volta ispirato alla leggenda medievale del Cavaliere del Cigno, di origine francese e legata alla figura storica di Goffredo di Buglione, uno dei conquistatori di Gerusalemme durante la prima crociata, fusa in seguito con la chanson de geste di Garin le Loherain (Garin di Lorena, da cui deriva appunto il nome Loherangrin, poi "condensato" in Lohengrin).

Alla leggenda, il libretto affianca gli eventi storici legati alla figura del re Enrico I di Sassonia, detto "L'Uccellatore", che nel ducato di Brabante (nei pressi di Anversa, nell'attuale Belgio) arruolò un esercito da opporre agli invasori ungari. Nel 926 il sovrano era riuscito a ottenere una tregua decennale con corresponsione di tributi, un periodo di pace che sfruttò per costruire nuove fortezze, armare un esercito con cavalleria pesante e assoggettare le tribù slave insediate a est dell'Elba. Molte di queste fortificazioni divennero in seguito città, motivo per cui Enrico è spesso detto "il fondatore". In quanto riunificatore dei ducati tedeschi sotto una sola bandiera, Enrico è stato a lungo considerato (anche dai gerarchi nazisti, per esempio) come il vero padre della nazione tedesca, ancor più di Carlo Magno.

L'opera, la sesta di Wagner, a volte è citata come il suo ultimo lavoro prima della grande rivoluzione che sarebbe esplosa con il successivo "L'oro del Reno". In realtà il compositore aveva già intrapreso da alcuni anni il percorso verso una forma operistica differente da quelle che la precedevano. Con "L'olandese volante" e il "Tannhäuser" aveva già cominciato ad allontanarsi dagli stilemi dell'opera romantica tedesca e della grand opera francese che avevano caratterizzato le sue prime composizioni, rinunciando alla divisione in numeri circoscritti e fondendo totalmente la musica, il testo, il dramma e la psicologia dei personaggi in un flusso continuo. Ma il pubblico non aveva reagito positivamente, lasciando cadere Wagner in una profonda crisi artistica e personale.

L'idea di realizzare un'opera sulla leggenda di Lohengrin, il Cavaliere del Cigno, gli venne nell'estate del 1845, durante un soggiorno alle terme di Marienbad. Scrisse il libretto nel giro di pochi mesi (nonostante le perplessità di Robert Schumann, che riteneva il soggetto impossibile da mettere in musica) e iniziò a comporre la partitura dall'anno successivo, terminando il lavoro in meno di due anni (dall'estate del 1846 alla primavera del 1848). Da notare che l'opera non fu composta in ordine cronologico: Wagner si dedicò prima al terzo atto, poi lavorò al primo, e solo per ultimo realizzò il secondo atto (e il preludio).

Quando l'opera fu rappresentata per la prima volta, a Weimar nel 1850, venne diretta da Franz Liszt, grande amico del compositore, su sua richiesta. Wagner infatti non era presente perché l'anno prima era rimasto coinvolto nei moti rivoluzionari di Dresda del 1849, durante i quali aveva combattuto al fianco di Bakunin. Raggiunto da un mandato d'arresto, fu costretto a lasciare prima la Sassonia (dove era direttore del Teatro di Corte) e poi Weimar per andare in esilio a Zurigo e in seguito a Parigi. Rimase lontano dalla Germania per i successivi dodici anni. Liszt stesso lo invitò ad abbandonare le velleità politiche per dedicarsi esclusivamente all'arte ("Basta con la politica e con le chiacchiere socialiste. Occorre rimettersi al lavoro con ardore, il che non sarà difficile, col vulcano che Ella ha nel cervello", gli scrisse).

L'opera riscosse subito un grande successo (nonostante, pare, l'inadeguatezza del tenore che interpretò il ruolo di Lohengrin alla prima rappresentazione). Già nel 1855 fu proposta anche all'estero (a Riga). Nel decennio successivo venne allestita anche a Vienna (dove lo stesso Wagner vi poté assistere per la prima volta!), Monaco e Berlino. In Italia giunse nel 1871, al Teatro Comunale di Bologna, in una versione tradotta in italiano: si trattò anche della prima opera di Wagner mai proposta in assoluto nel nostro paese. Fra i presenti c'era anche Giuseppe Verdi, che annotò le sue opinioni su una copia dello spartito. Sembra che il compositore parmigiano non gradì particolarmente l'opera: molte delle sue annotazioni sono negative. Eppure, a giudicare dalla quantità di osservazioni e di commenti che si è premurato di scrivere, il lavoro doveva aver comunque suscitato il suo interesse. Nel 1883, alla morte di Wagner, Verdi scrisse: "La sua musica, per quanto lontana dal nostro sentimento fatta eccezione pel solo Lohengrin, è musica dove c’è vita, sangue e nervi; dunque è musica che ha diritto di restare".

L'opera di Wagner rese nuovamente popolare la storia del Cavaliere del Cigno, ispirando artisti e personaggi di ogni tipo. Per tutti basti ricordare il re Ludwig II di Baviera, non a caso soprannominato "Der Märchenkönig" ("Il re delle fiabe"), per la sua passione per le antiche leggende, o addirittura "Re Lohengrin", come nella caricatura d'epoca mostrata qui a fianco. Lodovico, grande amante dell'arte e della musica, divenne amico e mecenate di Wagner, al punto da sostenerlo economicamente e da finanziare persino la costruzione del Festspielhaus di Bayreuth, il teatro dove ebbero luogo le prime rappresentazioni delle opere del ciclo dell'Anello del Nibelungo. E non a caso la parola "cigno" ("Schwan" in tedesco) compare nel nome dei due celebri castelli associati al re: quello di Hohenschwangau (letteralmente: castello della "contea alta del cigno"), fatto restaurare da suo padre Maximilian II e decorato con scene che si ispiravano proprio alla leggenda di Lohengrin, e quello – spettacolare e fiabesco – di Neuschwanstein (letteralmente: "Nuova roccaforte del cigno"), fatto costruire dallo stesso Ludwig alla fine dell'800. Al proposito, consiglio la visione del bel film di Luchino Visconti, "Ludwig", del 1972.

Con il "Lohengrin", Wagner abbraccia definitivamente la tecnica del Durchkomponiert, ovvero della "composizione continua" ed "estesa", senza la divisione della partitura in numeri ben definiti (arie, duetti, recitativi...) che caratterizzava lo stile precedente (per esempio, nell'opera italiana). La musica diventa così un flusso continuo, e si fonde con il testo in maniera ben più profonda, dando vita a un'opera che può ricordare un poema sinfonico con le voci dei cantanti usate come strumenti. Ciò non toglie che è possibile isolare alcuni frammenti, a volte anche abbastanza estesi, come fossero dei brani a sé stanti: tre esempi su tutti: il sogno di Elsa ("Einsam in trüben Tagen"), il racconto del Graal ("In fernem Land"), e quello che è senza dubbio il brano più noto dell'opera: il coro nuziale all'inizio del terzo atto, tema che – insieme alla marcia composta da Mendelssohn – è uno dei due brani oggi tradizionalmente eseguiti in occasione dei matrimoni. Da non dimenticare, infine, il Preludio del primo atto, un'introduzione musicale che anticipa in maniera suggestiva il motivo del Graal e quello del cigno. Rispetto ai lavori successivi, è comunque ancora limitato l'uso dei leitmotiv (temi conduttori), in favore di un'estensione ariosa delle melodie che dona un'aura "luminosa" e leggera alla partitura, che ben si confà al tono fiabesco della vicenda.


Alcune delle incisioni più celebri:















Link utili:

Articolo su Wikipedia in inglese
Articolo su Wikipedia in italiano
Saggio di Maurizio Tagliabue [pdf]
Libretto completo (anche in italiano)
Partiture