30 luglio 2017

Così fan tutte (23) - "Il core vi dono"

Scritto da Christian

Lasciate sole, le due coppie cominciano a passeggiare sottobraccio per i viali del giardino, confuse e imbarazzate ("Fanno una piccola scena muta guardandosi, sospirando, ridendo", recita il libretto). I primi scambi di battute sono all'insegna della più comica banalità ("Oh che bella giornata!", "Caldetta anzi che no", "Che vezzosi arboscelli!", "Certo, certo, son belli; han più foglie che frutti"). Infine, si dividono: Ferrando e Fiordiligi vanno da un lato, Guglielmo e Dorabella (che rimangono da soli in scena) dall'altro.

Nel duetto che segue, lo scaltro Guglielmo offre alla ragazza il proprio "cuore" sotto forma di un pendaglio che lei – pur con qualche titubanza – non solo accetta, ma finisce per mettere al posto del ritratto del fidanzato: sì, proprio quel ritratto che mirava con tanto orgoglio nel duetto introduttivo. L'amore precedente, che a parole doveva essere eterno, è già dimenticato in favore di quello nuovo. "Oh, cambio felice / di cori e d'affetti!", cantano i due all'unisono, anche se Guglielmo fra sé e sé non può far a meno di compatire l'amico ("Ferrando meschino!"). Nel momento in cui i due amanti intonano "Ei batte così" la musica di Mozart si diverte a richiamare proprio il battito del cuore, mentre il riferimento al Vesuvio nel testo ci ricorda ancora una volta l'ambientazione napoletana.

Da notare come, a differenza che nell'atto precedente (in cui faceva il buffone e scoppiava a ridere alle sue stesse goffe frasi d'amore su mustacchi e pennacchi), Guglielmo qui si impegni molto più seriamente nel corteggiare Dorabella (tanto da sentire il bisogno di giustificarsi con sé stesso: "Mi spiace, ma impegnato è l'onor di soldato"). Forse anche a questo, oltre che al mutato atteggiamento della ragazza (giunta ben predisposta all'appuntamento), si deve il suo successo.

Fra questo vezzoso e seducente duetto (che Da Ponte si è divertito a riempire di doppi sensi osceni, imperniando il testo sui verbi "mettere", "dare" e "prendere", con versi come "Se tu me lo dai, che mai balza lì?") e quello, analogo ma più drammatico, che più tardi segnerà il cedimento di Fiordiligi a Ferrando ("Fra gli amplessi in pochi istanti"), intercorre una lunga sequenza di pezzi solistici (ben cinque arie, di cui quattro introdotte da un recitativo accompagnato), a dimostrazione di come, se Dorabella si arrende subito e con leggerezza alla corte di Guglielmo, Fiordiligi presenti invece maggiore resistenza. La cosa non ci deve sorprendere più di tanto: proprio Dorabella, nel precedente dialogo con la sorella, aveva convinto quest'ultima a seguire i consigli di Despina e ad accettare "per gioco" il corteggiamento dei forestieri. E quando Fiordiligi cadrà a sua volta, lo farà con animo sofferto e tormentato, completamente diverso dalla complicità e dalla letizia con cui Dorabella abbraccia qui il nuovo amante.



Quanto ai "viali leggiadri" dove si svolgono questa e le successive scene:

È forse al provenzale Fragonard, di casa anche a Roma e a Napoli, che dobbiamo le rievocazioni visive più fedeli dell'atmosfera mediterranea. Nei celebri disegni che raffigurano i giardini di Villa d'Este a Tivoli, risalenti al suo primo tour italiano (1756-61), ci sembra quasi di riconoscere i verdeggianti "viali leggiadri" lungo i quali Ferrando passeggia con Fiordiligi; e anche tutto il resto ben si accorda alle impressioni registrate dal giovane Mozart durante le sue indimenticate visite nel sud della penisola. Compositore ed artista, evidentemente, avevano in comune anche qualcos'altro oltre al genio: entrambi, pur rappresentando la quintessenza dello spirito galante settecentesco, dovettero anche saperlo trascendere per conquistarsi un'assoluta originalità; e ciascuno di essi, a suo modo, sentì che una simile svolta artistica sarebbe stata possibile solo a costo di varcare le Alpi e spingersi verso Sud. Fragonard cercò di ravvivare la propria ispirazione artistica con un secondo viaggio in Italia, negli anni 1773-74, e anche negli ultimi anni parigini continuò a rievocare con impressionante freschezza la solare luminosità del giardino mediterraneo. Quanto a Mozart, si può dire che "Così fan tutte" rappresenti proprio il suo ultimo viaggio a Napoli: un viaggio dei sensi e dell'intelletto insieme, forse anche un ritorno spirituale alle origini.
(Daniel Heartz)

Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

(Guglielmo al braccio di Dorabella. Ferrando e Fiordiligi senza darsi braccio. Fanno una piccola scena muta guardandosi, sospirando, ridendo.)

FIORDILIGI
Oh che bella giornata!

FERRANDO
Caldetta anzi che no.

DORABELLA
Che vezzosi arboscelli!

GUGLIELMO
Certo, certo, son belli;
Han più foglie che frutti.

FIORDILIGI
Quei viali
Come sono leggiadri!
Volete passeggiar?

FERRANDO
Son pronto, o cara,
Ad ogni vostro cenno.

FIORDILIGI
Troppa grazia!

FERRANDO
(a Guglielmo, nel passare)
Eccoci alla gran crisi!

FIORDILIGI
Cosa gli avete detto?

FERRANDO
Eh, gli raccomandai
Di divertirla bene.

DORABELLA
Passeggiamo anche noi.

GUGLIELMO
Come vi piace.
(Passeggiano. Dopo un momento di silenzio.)
Ahimè!

DORABELLA
Che cosa avete?

GUGLIELMO
Io mi sento sì male,
Sì male, anima mia,
Che mi par di morire.

DORABELLA
(da sè)
Non otterrà nientissimo.
(forte)
Saranno rimasugli
Del velen che beveste.

GUGLIELMO
(con fuoco)
Ah, che un veleno
Assai più forte io bevo
In que' crudi e focosi
Mongibelli amorosi!
(Gli altri due entrano in atto di passeggiare.)

DORABELLA
Sarà veleno calido;
Fatevi un poco fresco.

GUGLIELMO
Ingrata, voi burlate
Ed intanto io mi moro.
(da sè)
Son spariti;
Dove diamin son iti?

DORABELLA
Eh via, non fate.

GUGLIELMO
Io mi moro, crudele, e voi burlate?

DORABELLA
Io burlo?

GUGLIELMO
Dunque datemi qualche segno,
Anima bella, della vostra pietà.

DORABELLA
Due, se volete;
Dite quel che far deggio e lo vedrete.

GUGLIELMO
(da sè)
Scherza, o dice davvero?
(forte)
Questa picciola offerta
D'accettare degnatevi.

DORABELLA
Un core?

GUGLIELMO
Un core: è simbolo di quello
Ch'arde, languisce e spasima per voi.

DORABELLA
(da sè)
Che dono prezioso!

GUGLIELMO
L'accettate?

DORABELLA
Crudele,
Di sedur non tentate un cor fedele.

GUGLIELMO
(da sè)
La montagna vacilla;
Mi spiace, ma impegnato
È l'onor di soldato.
(a Dorabella)
V'adoro!

DORABELLA
Per pietà!

GUGLIELMO
Son tutto vostro!

DORABELLA
Oh Dei!

GUGLIELMO
Cedete, o cara!

DORABELLA
Mi farete morir.

GUGLIELMO
Morremo insieme,
Amorosa mia speme.
L'accettate?

DORABELLA
(con un sospiro)
L'accetto.

GUGLIELMO
(da sè)
Infelice Ferrando!
(forte)
Oh che diletto!

Clicca qui per il testo di "Il core vi dono".

GUGLIELMO
Il core vi dono,
Bell'idolo mio;
Ma il vostro vo' anch'io:
Via, datelo a me.

DORABELLA
Mel date, lo prendo,
Ma il mio non vi rendo;
Invan mel chiedete,
Più meco ei non è.

GUGLIELMO
Se teco non l'hai,
Perchè batte qui?

DORABELLA
Se a me tu lo dai,
Che mai balza lì?

DORABELLA E GUGLIELMO
È il mio coricino
Che più non è meco;
Ei venne a star teco,
Ei batte così.

GUGLIELMO
(vuol mettere il cuore dove ha il ritratto di Ferrando)
Qui lascia che il metta.

DORABELLA
Ei qui non può star.

GUGLIELMO
T'intendo, furbetta.
(Le torce dolcemente la faccia dall'altra parte, le cava il ritratto e vi mette il cuore.)

DORABELLA
Che fai?

GUGLIELMO
Non guardar.

DORABELLA
(da sè)
Nel petto un Vesuvio
D'avere mi par!

GUGLIELMO
(da sè)
Ferrando meschino!
Possibil non par.
(forte)
L'occhietto a me gira.

DORABELLA
Che brami?

GUGLIELMO
Rimira,
Se meglio può andar.

DORABELLA E GUGLIELMO
Oh, cambio felice
Di cori e d'affetti!
Che nuovi diletti,
Che dolce penar!
(Partono abbracciati.)




Alessandro Corbelli (Guglielmo), Delores Ziegler (Dorabella)
dir: Riccardo Muti (1989)


Luca Pisaroni (Guglielmo), Anke Vondung (Dorabella)
dir: Iván Fischer (2006)


Simon Kennlyside, Susan Graham


Thomas Allen, Sylvia Lindenstrand


Erich Kunz, Christa Ludwig

Tom Krause, Teresa Berganza

27 luglio 2017

Così fan tutte (22) - "La mano a me date"

Scritto da Christian

Avendo forse imparato dal fallimento dei precedenti tentativi di seduzione, quando si erano mostrati troppo audaci e invadenti, Guglielmo e Ferrando si presentano ora intimiditi e titubanti di fronte alle due belle: terminata la serenata, rimangono muti ed immobili, proprio mentre le dame, anziché fuggirli, li incoraggiano a parlare (così come fa l'impertinente Despina: "Animo, via, coraggio: avete perso l'uso della favella?").

Ma i due forestieri sembrano aver smarrito tutta la baldanza e l'eloquenza che li avevano caratterizzati nel primo atto: esitano, balbettano e si impappinano, rimbalzandosi a vicenda il compito di parlare ("Madama!", "Anzi, Madame!", "Parla pur tu", "No, no, parla pur tu"). Tocca a Don Alfonso e Despina, a questo punto calati scopertamente nel ruolo di intermediari o paraninfi, mettere loro in bocca le frasi giuste (non dopo che Alfonso stesso abbia chiarito ancora una volta cosa pensi dell'eccesso di formalità o di riserbo che tiene a distanza i quattro amanti: "Lasciate tali smorfie del secolo passato").

Il breve quartetto (anche se è praticamente un duetto con pertichini) si pone al confine fra lo spirito dell'opera buffa e quello del dramma sentimentale, perchè in fondo l'imbarazzo dei due uomini è simulato ma in parte forse anche reale. Don Alfonso recita al posto dei due uomini una galante dichiarazione d'amore (Ferrando e Guglielmo si limitano a ripetere alcune parole come pappagalli), terminando con uno dei suoi motti di spirito ("Non può quel che vuole, vorrà quel che può"), mentre Despina risponde per conto delle ragazze. Da notare la frase "Quello che è stato è stato, scordiamci del passato", che anticipa una celebre canzone napoletana (il che, vista l'ambientazione dell'opera, casca a pennello):

Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto...
Chi ha dato, ha dato, ha dato...
Scurdámmoce 'o ppassato,
Simmo 'e Napule paisá!
Infine i due "sensali" se ve vanno alla chetichella, lasciando da sole le due coppie in giardino, con le donne al braccio degli uomini, e commentando "Le stimo più del diavolo / s'ora non cascan giù".


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

DON ALFONSO
(ai servi che portano bacili con fiori)
Il tutto deponete
Sopra quei tavolini, e nella barca
Ritiratevi, amici.

FIORDILIGI E DORABELLA
Cos'è tal mascherata?

DESPINA
Animo, via, coraggio: avete perso
L'uso della favella?
(La barca s'allontana dalla sponda)

FERRANDO
Io tremo e palpito
Dalla testa alle piante.

GUGLIELMO
Amor lega le membra a vero amante.

DON ALFONSO
Da brave, incoraggiateli.

FIORDILIGI
(agli amanti)
Parlate.

DORABELLA
Liberi dite pur quel che bramate.

FERRANDO
Madama!

GUGLIELMO
Anzi, Madame!

FERRANDO
Parla pur tu.

GUGLIELMO
No, no, parla pur tu.

DON ALFONSO
Oh, cospetto del diavolo!
Lasciate tali smorfie
Del secolo passato. Despinetta,
Terminiam questa festa;
Fa tu con lei, quel ch'io farò con questa.

Clicca qui per il testo di "La mano a me date".

DON ALFONSO
(prendendo per mano Dorabella)
La mano a me date,
(Despina prende Fiordiligi.)
Movetevi un po'!
(agli amanti)
Se voi non parlate,
Per voi parlerò.
Perdono vi chiede
Un schiavo tremante;
V'offese, lo vede,
Ma solo un istante;
Or pena, ma tace...

FERRANDO E GUGLIELMO
Tace...
(Gli amanti ripetono tutte ultime parole colla stessa cantilena.)

DON ALFONSO
Or lasciavi in pace...

FERRANDO E GUILELMO
In pace...

DON ALFONSO
Non può quel che vuole,
Vorrà quel che può.

FERRANDO E GUGLIELMO
(Ripetono due intieri con un sospiro.)
Non può quel che vuole,
Vorrà quel che può.

DON ALFONSO
Su, via rispondete;
Guardate e ridete.

DESPINA
(si mette davanti le due donne)
Per voi la risposta
A loro darò.
(alle signore)
Quello che è stato, è stato,
Scordiamci del passato.
Rompasi omai quel laccio,
Segno di servitù.
A me porgete il braccio,
Né sospirate più.
(Prende la mano di Dorabella, Don Alfonso quella di Fiordiligi e fa rompere il laccio agli amanti, cui mettono al braccio dei medesimi.)

DESPINA E DON ALFONSO
(sottovoce a parte)
Per carità, partiamo;
Quel che san far veggiamo.
Le stimo più del diavolo
S'ora non cascan giù.
(partono)




Claudio Desderi (Don Alfonso), Adelina Scarabelli (Despina),
Josef Kundlak (Ferrando), Alessandro Corbelli (Guglielmo)
dir: Riccardo Muti (1989)


Nicolas Rivenq (Don Alfonso), Ainhoa Garmendia (Despina),
Topi Lehtipuu (Ferrando), Luca Pisaroni (Guglielmo)
dir: Iván Fischer (2006)


José Van Dam, Dawn Upshaw

Claudio Nicolai, Eirian James

24 luglio 2017

Così fan tutte (21) - "Secondate, aurette amiche"

Scritto da Christian

Don Alfonso si ripresenta e invita le due sorelle a uscire in giardino, dove i due forestieri, accompagnati da un'orchestra di strumenti a fiato (una cosiddetta "Harmonie") e dal coro, le attendono per intonare loro una dolce serenata. Il libretto si prodiga di dettagli nel descrivere la scena: "Giardino alla riva del mare con sedili d'erba e due tavolini di pietra. Alla sponda, una barca ornata di fiori. Ferrando e Guglielmo, con suonatori e cantanti nella barca; Despina nel giardino; Fiordiligi e Dorabella, accompagnate da Don Alfonso, vengono da un lato. Servi riccamente vestiti, ecc.".

Il brano ne ricorda altri molto simili composti da Mozart negli anni precedenti (come la celebre serenata K. 361 "Gran Partita", o la serenata K. 388, al cui andante è senza dubbio debitore), che in alcuni casi furono effettivamente usati come musica nuziale. Sembra quasi che il compositore stesso voglia rivolgere per un attimo lo sguardo al proprio passato, recuperando soluzioni e atmosfere che evocano una dimensione romantica ed eterea. È un momento di pace, una breve parentesi incantata dove la bellezza e la serenità sovrastano ogni cosa e fanno dimenticare gli inganni, gli scherzi e i progetti maliziosi cui abbiamo assistito fino a poco prima.

L'introduzione del duetto «Secondate aurette amiche» ci pare un andante delle prime serenate per fiati, inoltre nel suo mi bemolle maggiore si avverte già qualcosa del «Flauto magico». Il gioco crudele è sempre sul punto di farsi serio, il "quasi" pervade tutta l'opera, specialmente nei molti ensembles rispetto ai quali talvolta l'accentuazione drammatica delle arie ci fa quasi trasalire; come numeri singoli sono non di rado in contrasto con quell'ubiquitario elemento di nostalgica malinconia per un mondo in cui può anche regnare l'alienazione ma che è anche possibile godere sotto l'aspetto della bellezza. [...] Qui, come sovente, la musica in quanto tale diventa inganno, rappresentazione del "bello" come immagine mistificante del "buono", e quindi Mozart ha provato piacere a questo lavoro, gli serviva forse come fuga dalla miseria che in questo periodo acquistava dimensioni minacciose, una fuga nell'arte e nell'artificio verso i suoi personaggi, i suoi manichini. Voleva far partecipare anche altri a questo gioco, perciò forse invitava gli amici alle prove, fatto non testimoniato per nessuna altra opera.
(Wolfgang Hildesheimer)

Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

DON ALFONSO
Ah, correte al giardino,
Le mie care ragazze!
Che allegria! Che musica! Che canto!
Che brillante spettacolo! Che incanto!
Fate presto, correte!

DORABELLA
Che diamine esser può?

DON ALFONSO
Tosto vedrete.
(partono)

Clicca qui per il testo di "Secondate, aurette amiche".

FERRANDO E GUGLIELMO
Secondate, aurette amiche,
Secondate i miei desiri,
E portate i miei sospiri
Alla dea di questo cor.
Voi, che udiste mille volte
Il tenor delle mie pene,
Ripetete al caro bene
Tutto quel che udiste allor.

CORO
Secondate, aurette amiche,
Il desir di sì bei cor.



Josef Kundlak (Ferrando), Alessandro Corbelli (Guglielmo)
dir: Riccardo Muti (1989)


Luis Lima (Ferrando), Ferruccio Furlanetto (Guglielmo)
dir: Nikolaus Harnoncourt (1988)


Luigi Alva (Ferrando), Hermann Prey (Guglielmo)
dir: Karl Böhm (1970)

Qui sotto, una "Ave Maria" cantata sul tema di "Secondate, aurette amiche":


21 luglio 2017

Così fan tutte (20) - "Prenderò quel brunettino"

Scritto da Christian

Nonostante qualche ultima reticenza, le due sorelle decidono infine di seguire il consiglio di Despina ("Giacchè questi forestieri v'adorano, lasciatevi adorar") e di accettare "per gioco" il corteggiamento dei due stranieri, convinte che non ci saranno serie conseguenze. È la più frivola Dorabella, in particolare, a spazzar via gli ultimi dubbi di Fiordiligi: "Per divertirsi un poco, e non morire dalla malinconia. Non si manca di fè, sorella mia". Dimostrando, fra l'altro, come ben prima delle parole di Despina ella stessa fosse già tentata di tuffarsi in questa avventura galante, al punto di aver già scelto da quale dei due "narcisi" farsi accompagnare: a Fiordiligi, che mostra (o finge?) indifferenza ("Decidi tu, sorella"), Dorabella risponde "Io già decisi". Curiosamente, e non certo a caso, ciascuna delle due ragazze finisce per scegliere quello che (a loro insaputa) è il fidanzato dell'altra. La scelta si deve di certo al fatto che Guglielmo e Ferrando si sono finora premurati di lanciare avances "incrociate", ma il libretto non aveva ancora esplicitato la cosa. Solo da questo momento si formano ufficialmente (per gioco, certo) le nuove coppie.

Le due ragazze si giustificano a vicenda di essere spinte dalla curiosità di sensazioni nuove, dalla vanità di sentirsi corteggiate, dal desiderio di "ridere e burlar" (una dimensione giocosa che in fondo era presente sin dalla loro introduzione, quando Fiordiligi confessava alla sorella "Mi par che stamattina volentieri farei la pazzarella..."). Il tema dello scherzo riecheggia continuamente nel loro duetto (con termini come "lepido", che significa spiritoso e arguto, ma anche "scherzosetta", "diletto", "spassetto"). Nell'accettare la proposta di Despina, sono convinte che partecipare a questo gioco galante non le faccia venir meno ai loro "doveri di oneste fidanzate". Ecco perché questo delizioso duetto mantiene un tono leggero e rilassato, lontano anni luce dalle esagerazioni e dai drammi delle arie che avevano cantato nel primo atto ("Smanie implacabili" e "Come scoglio"). Anche Mozart, come sempre, sta al gioco: quando Fiordiligi intona "Sospirando, i sospiretti / io dell'altro imiterò", pure la musica suggerisce il ritmo del respiro.

Infine, una nota: che Da Ponte si premuri di definire Guglielmo come "brunettino" e Ferrando come "biondino" potrebbe sembrare una limitazione fin troppo precisa per la scelta degli interpreti in scena, rendendo essenziale che anche i cantanti siano tali: in realtà, visto che i due ufficiali sono abilmente cammuffati con tanto di baffi finti, nulla vieta che il colore dei capelli possa far parte anch'esso del travestimento.


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

(Despina parte)

FIORDILIGI
Sorella, cosa dici?

DORABELLA
Io son stordita
Dallo spirto infernal di tal ragazza.

FIORDILIGI
Ma credimi: è una pazza.
Ti par che siamo in caso
Di seguir suoi consigli?

DORABELLA
Oh certo, se tu pigli
Pel rovescio il negozio.

FIORDILIGI
Anzi io lo piglio
Per il suo vero dritto:
Non credi tu delitto
Per due giovani omai promesse spose
Il far di queste cose?

DORABELLA
Ella non dice
Che facciamo alcun mal.

FIORDILIGI
È mal che basta
Il far parlar di noi!

DORABELLA
Quando si dice
Che vengon per Despina!

FIORDILIGI
Oh, tu sei troppo largo di coscienza!
E che diran gli sposi nostri?

DORABELLA
Nulla;
O non sapran l'affare,
Ed è tutto finito,
O sapran qualche cosa,
E allor diremo
Che vennero per lei.

FIORDILIGI
Ma i nostri cori?

DORABELLA
Restano quel che sono;
Per divertirsi un poco, e non morire
Dalla malinconia.
Non si manca di fè,
Sorella mia.

FIORDILIGI
Questo è ver.

DORABELLA
Dunque?

FIORDILIGI
Dunque fa un po' tu:
Ma non voglio aver colpa
Se poi nasce un imbroglio.

DORABELLA
Che imbroglio nascer deve
Con tanta precauzion? Per altro, ascolta,
Per intenderci bene:
Qual vuoi sceglier per te de' due Narcisi?

FIORDILIGI
Decidi tu, sorella.

DORABELLA
Io già decisi.

Clicca qui per il testo di "Prenderò quel brunettino".

DORABELLA
Prenderò quel brunettino,
Che più lepido mi par.

FIORDILIGI
Ed intanto io col biondino
Vo' un po' ridere e burlar.

DORABELLA
Scherzosetta, ai dolci detti
Io di quel risponderò.

FIORDILIGI
Sospirando, i sospiretti
Io dell'altro imiterò.

DORABELLA
Mi dirà:
Ben mio, mi moro!

FIORDILIGI
Mi dirà:
Mio bel tesoro!

FIORDILIGI E DORABELLA
Ed intanto che diletto,
Che spassetto io proverò!




Delores Ziegler (Dorabella), Daniela Dessì (Fiordiligi)
dir: Riccardo Muti (1989)


Anke Vondung (Dorabella), Miah Persson (Fiordiligi)
dir: Iván Fischer (2006)


Angelika Kirchschlager (Dorabella), Barbara Frittoli (Fiordiligi)
(2010)


Delores Ziegler, Edita Gruberova


Lella Cuberli, Cecilia Bartoli


Frederica Von Stade, Kiri Te Kanawa

Tatiana Troyanos, Leontyne Price

18 luglio 2017

Così fan tutte (19) - "Una donna a quindici anni"

Scritto da Christian

Amor cos'è?
Piacer, comodo, gusto,
Gioia, divertimento,
Passatempo, allegria; non è più amore
Se incomodo diventa,
Se invece di piacer nuoce e tormenta.
Così diceva Despina nel primo atto. E ora la cameriera ribadisce la sua filosofia alle padrone, una filosofia all'insegna di un approccio leggero che (per citare la sua precedente aria) vede il gioco amoroso – da parte sia maschile che femminile – fatto anche di "mentite lagrime / fallaci sguardi / voci ingannevoli / vezzi bugiardi...". Esserne consapevoli fa sì che non si tratti di vero tradimento ma, appunto, di un rituale comune e condiviso. In questo nuovo recitativo, Despina rincara la dose (da notare il divertente verbo "coquetizzare"):
Trattar l'amore en bagattelle:
Le occasioni belle
Non negliger giammai; cangiar a tempo,
A tempo esser costanti;
Coquettizar con grazia;
Prevenir la disgrazia, sí comune
A chi si fida in uomo;
Mangiar il fico e non gittare il pomo.
Significativa anche la frase "Noi siamo in terra e non in cielo!", che ricorda quella di Don Alfonso "E io giuro alla terra!" (l'intento è sempre quello di far scendere i sentimenti dal piedistallo di un'eccessiva idealizzazione). Alle proteste delle due sorelle ("Che diavolo! Tai cose / falle tu, se n'hai voglia"), la cameriera risponde candidamente "Io già le faccio". E infatti, di fronte all'obiezione che accogliere in casa i due forestieri (anche solo per una frequentazione innocua) potrebbe sollevare maldicenze che arriverebbero alle orecchie di Guglielmo e Ferrando, Despina replica (con un po' di vanagloria) di voler spargere la voce che essi vengono per lei. Perché "non ha forse / merto una cameriera / d'aver due cicisbei?". Quando all'altra rimostranza, a proposito dell'eccessiva foga dei due pretendenti, Despina assicura che "le cose che han fatto / furo effetto del tossico che han preso: / convulsioni, deliri, follie, vaneggiamenti; / ma or vedrete come son discreti, manierosi, modesti e mansueti". Una spiegazione che ha poco senso, visto che già prima dell'episodio del veleno i due albanesi si erano mostrati alquanto audaci e sfacciati, ma evidentemente era necessario riportare i corteggiatori nell'alveo della rispettabilità. E Dorabella e Fiordiligi sembrano inclini a crederle, tanto da chiederle consiglio su come comportarsi in loro presenza. A questo punto, la cameriera si sente in dovere di spiegar loro come funzionano le cose.

La spigliata aria "Una donna a quindici anni" è un inno alla capacità femminile di fingere e compiacere gli uomini, prestando attenzione e dando speranza a tutti ("sian belli o brutti"!), mantenendo però sempre il pieno controllo della situazione ("E qual regina / dall'alto soglio, / col posso e voglio / farsi ubbidir"), una capacità che ogni ragazza dovrebbe aver sviluppato sin dall'età del debutto in società (i quindici anni citati: un tempo ci si sposava ben prima che ai giorni nostri!). Il brano si conclude con Despina che si compiace di sé stessa, suggerendo come il proprio compito di serva comprenda anche quello di provvedere alla "educazione sentimentale" delle sue padrone ("Viva Despina / che sa servir").


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

DESPINA
Andate là, che siete
Due bizzarre ragazze!

FIORDILIGI
Oh cospettaccio!
Cosa pretenderesti?

DESPINA
Per me nulla.

FIORDILIGI
Per chi dunque?

DESPINA
Per voi.

DORABELLA
Per noi?

DESPINA
Per voi.
Siete voi donne o no?

FIORDILIGI
E per questo?

DESPINA
E per questo
Dovete far da donne.

DORABELLA
Cioè?

DESPINA
Trattar l'amore en bagatelle.
Le occasioni belle
Non negliger giammai; cangiar a tempo,
A tempo esser costanti,
Coquetizzar con grazia,
Prevenir la disgrazia sì comune
A chi si fida in uomo,
Mangiar il fico, e non gittare il pomo.

FIORDILIGI
Che diavolo! Tai cose
Falle tu, se n'hai voglia.

DESPINA
Io già le faccio.
Ma vorrei che anche voi
Per gloria del bel sesso
Faceste un po' lo stesso;
per esempio: i vostri Ganimedi
Son andati alla guerra; infin che tornano,
Fate alla militare: reclutate.

DORABELLA
Il cielo ce ne guardi.

DESPINA
Eh, che noi siamo in terra e non in cielo!
Fidatevi al mio zelo.
Giacché questi forestieri v'adorano,
Lasciatevi adorar. Son ricchi, belli,
Nobili, generosi, come fede
Fece a voi Don Alfonso; avean coraggio
Di morire per voi; questi son merti
Che sprezzare non si denno
Da giovani qual voi, belle e galanti,
Che pon star senza amor, non senza amanti.
(da sè)
Par che ci trovin gusto.

FIORDILIGI
Perbacco, ci faresti
Far delle belle cose;
Credi tu che vogliamo
Favola diventar degli oziosi?
Ai nostri cari sposi
Credi tu che vogliam dar tal tormento?

DESPINA
E chi dice che abbiate
A far loro alcun torto?

DORABELLA
Non ti pare
Che stia torto bastante
Se noto si facesse
Che trattiamo costor?

DESPINA
Anche per questo
C'è un mezzo sicurissimo:
Io voglio sparger fama
Che vengono da me.

DORABELLA
Chi vuoi che il creda?

DESPINA
Oh bella! Non ha forse
Merto una cameriera
D'aver due cicisbei? Di me fidatevi.

FIORDILIGI
No, no; son troppo audaci
Questi tuoi forestieri.
Non ebber la baldanza
Fin di chieder dei baci?

DESPINA
(da sè)
Che disgrazia!
(forte)
Io posso assicurarvi
Che le cose che han fatto
Furo effetto del tossico che han preso:
Convulsioni, deliri,
Follie, vaneggiamenti;
Ma or vedrete come son discreti,
Manierosi, modesti e mansueti.
Lasciateli venir.

DORABELLA
E poi?

DESPINA
E poi?
Caspita, fate voi.
(da sè)
L'ho detto che cadrebbero.

FIORDILIGI
Cosa dobbiamo far?

DESPINA
Quel che volete.
Siete d'ossa e di carne,
O cosa siete?

Clicca qui per il testo di "Una donna a quindici anni".

DESPINA
Una donna a quindici anni
Dee saper ogni gran moda,
Dove il diavolo ha la coda,
Cosa è bene e mal cos'è.
Dee saper le maliziette
Che innamorano gli amanti,
Finger riso, finger pianti,
Inventar i bei perché.
Dee in un momento
Dar retta a cento,
Colle pupille
Parlar con mille,
Dar speme a tutti,
Sien belli, o brutti,
Saper nascondersi
Senza confondersi,
Senza arrossire
Saper mentire
E, qual regina
Dall'alto soglio,
Col posso e voglio
Farsi ubbidir.
(da sè)
Par ch'abbian gusto
Di tal dottrina;
Viva Despina
Che sa servir.




Adelina Scarabelli (Despina)
dir: Riccardo Muti (1989)


Cecilia Bartoli


Lucia Popp


Graziella Sciutti

Ileana Cotrubaş

Infine, una versione dall'allestimento un po' "discutibile" (la regia è di Claus Guth)...


Patricia Petibon (Despina)
dir: Ádám Fischer (2009)

14 luglio 2017

Così fan tutte (18) - "Eccovi il medico"

Scritto da Christian

Il medico che si presenta per "curare" i due amanti avvelenati è, in realtà, la cameriera Despina travestita. Il tema dei camuffamenti e delle false identità è un classico dell'opera buffa (e in "Così fan tutte" è davvero preponderante: ne abbiamo già avuto un esempio con il mascheramento di Ferrando e Guglielmo nei due nobili albanesi, sembianze che manterrano praticamente per tutta l'opera, e ne avremo ulteriori conferme nel secondo atto, quando ancora Despina si vestirà da notaio e persino Fiordiligi indosserà brevemente l'uniforme militare di Ferrando). Nel caso di Despina, oltre al farle mutare professione (da cameriera a medico e notaio, figure "rispettabili" ma qui ritratte in maniera totalmente parodistica, scanzonata e provocatoria, memore certamente della Commedia dell'arte), il travestimento ci fa ridere anche per il cambiamento di sesso, che costringe l'attrice a cantare modificando il timbro di voce (anche se non tutte le interpreti lo fanno). L'assurdità e la teatralità dei travestimenti di Despina, se non altro, svela ancor di più la natura fittizia e illusoria della situazione: già era poco verosimile che le due dame non riconoscessero i rispettivi amanti sotto false spoglie, ma che si lascino ingannare in questo modo dalla loro cameriera è indice di estrema ingenuità o semplicità d'animo. Semplicità, d'altronde, già evidente dal modo in cui reagiscono alla presentazione in latino maccheronico del "medico".

Agli occhi di Da Ponte le donne sembrano distinguersi anche per la loro leggerezza e superficialità. Quando Don Alfonso chiede agli uomini perché si sentano così sicuri delle loro fidanzate, questi se n'escono con tutta una serie di banalità – "Nobil educazion ... / Pensar sublime ... / Analogia d'umor ... / Disinteresse ... / Immutabil carattere ..." – di cui il librettista sottolinea con evidente compiacimento l'assoluta falsità. L'educazione delle sorelle, ad esempio, è talmente raffinata da non far loro comprendere neanche il latino elementare con cui Despina – travestita da medico – le saluta nel primo finale: al suo "Salvete, amabiles / bonae puellæ" (mutato da Mozart nello scorretto e dunque più verosimile "bones puelles") esse rispondono infatti "Parla un linguaggio / che non sappiamo".
(Daniel Heartz)
A Despina bisogna comunque dar atto di essere davvero smaliziata e piena di inventiva, e di avere comunque una buona cultura generale (migliore certamente di quella delle sue padrone), altrimenti non potrebbe sostenere questo travestimento (e quello successivo da notaio). Non si sa se l'idea della "pietra mesmerica" come strumento curativo sia farina del suo sacco o un suggerimento di Don Alfonso, fatto sta che è un elemento davvero significativo per la buona riuscita della messinscena. Per curare gli albanesi dall'avvelenamento, infatti, la cameriera fa ricorso alla controversa teoria del "magnetismo animale" ideata dal medico tedesco Franz Anton Mesmer, che sosteneva che "il corretto funzionamento dell'organismo umano è garantito da un flusso armonioso di un fluido fisico che lo attraversa e che tale fluido si identifica con la forza magnetica". Ecco dunque che Despina può permettersi di guarire i due moribondi grazie all'azione di un enorme magnete, descritto così:
Questo è quel pezzo
di calamita:
pietra mesmerica,
ch'ebbe l'origine
nell'Alemagna,
che poi sì celebre
là in Francia fu.
La scena è naturalmente parodistica, e il metodo è spacciato per ciarlataneria, ma curiosamente Mozart aveva conosciuto Mesmer personalmente quando era ancora ragazzo (forse fu proprio lui a commissionargli la sua seconda opera, il singspiel in un atto "Bastien und Bastienne" (K. 50), che venne rappresentato nel 1768 nel giardino della sua residenza a Vienna), e da allora era rimasto suo amico. Cito da Wikipedia:
Durante una festa in casa del principe Dimitri Alekseevic Galitzin, Mesmer poté conoscere Leopold Mozart e suo figlio, Wolfgang Amadeus Mozart, il quale, nonostante la giovane età, aveva composto una sinfonia che fece ascoltare proprio in quell'occasione. Nacque un'amicizia con la famiglia del compositore, tanto che una sera Wolfgang chiese al dottore se poteva sanargli un fastidioso dolore al collo. Mesmer posò le sue mani sulle spalle del giovane che avvertì un “dolce calore” che alleviò immediatamente i sintomi, e il ragazzo gridò al miracolo. Il dottore fu inviato a trascorrere una serata in casa Mozart per festeggiare insieme la fine della composizione dell'opera "Bastien und Bastienne", che Wolfgang presentò il 1º ottobre del 1768 proprio nella residenza di Franz Anton in Landstraße alla presenza di numerosi quanto illustri ospiti. Fu, così, inaugurata la fama di Mesmer quale mecenate illuminato. Quando Mozart compose "Così fan tutte" (1790), nel finale del primo atto, in una scena molto comica, fece riferimento al mesmerismo [...]. Franz Anton, però, non si irritò con lui, perché conosceva bene il carattere scherzoso del suo amico.
È dunque probabile che l'idea di utilizzare il "metodo mesmerico" sia stata farina del sacco di Mozart (che musicalmente accompagna l'effetto del magnete con un divertente trillo dell'orchestra), e non di Da Ponte: un altro segno di come il compositore intervenisse sul libretto suggerendo soluzioni drammaturgiche e non solo correggendo o modificando occasionalmente versi e parole.

I due malati, ovviamente, rinvengono, e Fiordiligi e Dorabella commentano "Ah, questo medico / vale un Perù!" (facendo riferimento alle grandi quantità d'oro che erano state riportate in Europa dai conquistadores del Nuovo Mondo). Le sorelle sono rinfrancate, dopo aver tanto palpitato per la sorte dei due albanesi. Sembrano quasi sul punto di cedere, ma la spregiudicatezza con cui i due uomini, dopo essersi ripresi (e averli scambiati per dée: "Sei tu Palla o Citerea?", ossia Atena e Afrodite), tornano subito all'attacco chiedendo loro un bacio, le fa nuovamente ritrarre. Il concertato di rito con cui si conclude l'atto non sembra dunque far segnare progressi nel tentativo di seduzione. Ma l'episodio dell'avvelenamento ha comunque rivelato che le due dame non sono insensibili al fascino dei misteriosi stranieri, suggerendo che basterà davvero poco ancora per farle capitolare.

Clicca qui per il testo di "Eccovi il medico".

DON ALFONSO
Eccovi il medico,
Signore belle!

FERRANDO E GUGLIELMO
(fra loro)
Despina in maschera!
Che trista pelle!

DESPINA
"Salvete, amabiles
Bones puelles!"

FIORDILIGI E DORABELLA
Parla un linguaggio
Che non sappiamo.

DESPINA
Come comandano,
Dunque, parliamo.
So il greco e l'arabo,
So il turco e il vandalo;
Lo svevo e il tartaro
So ancor parlar.

DON ALFONSO
Tanti linguaggi
Per sè conservi;
Quei miserabili
Per ora osservi:
Preso hanno il tossico;
Che si può far?

FIORDILIGI E DORABELLA
Signor dottore,
Che si può far?

DESPINA
(toccando il polso e la fronte all'uno ed all'altro)
Saper bisognami
Pria la cagione
E quinci l'indole
Della pozione:
Se calda o frigida,
Se poca o molta,
Se in una volta
Ovvero in più.

FIORDILIGI, DORABELLA E DON ALFONSO
Preso han l'arsenico,
Signor dottore;
Qui dentro il bevvero.
La causa è amore
Ed in un sorso
Sel mandar giù.

DESPINA
Non vi affannate,
Non vi turbate;
Ecco una prova
Di mia virtù.

FIORDILIGI E DORABELLA
Egli ha di un ferro
La man fornita.

DESPINA
Questo è quel pezzo
Di calamita:
Pietra mesmerica,
Ch'ebbe l'origine
Nell'Alemagna,
Che poi sì celebre
Là in Francia fu.
(Tocca con un pezzo di calamita la testa ai finti infermi e striscia dolcemente i loro corpi per lungo.)

FIORDILIGI, DORABELLA E DON ALFONSO
Come si muovono,
Torcono, scuotono!
In terra il cranio
Presto percuotono.

DESPINA
A lor la fronte
Tenete su.

FIORDILIGI E DORABELLA
(Metton la mano alla fronte dei due amanti.)
Eccoci pronte!

DESPINA
Tenete forte.
Coraggio! Or liberi
Siete da morte.

FIORDILIGI, DORABELLA E DON ALFONSO
Attorno guardano,
Forze riprendono.
Ah, questo medico
Vale un Perù!

Clicca qui per il testo di "Dove son? Che loco è questo?".

FERRANDO E GUGLIELMO
(sorgendo in piedi)
Dove son? Che loco è questo?
Chi è colui? Color chi sono?
Son di Giove innanzi al trono?
Sei tu Palla o Citerea?
(Ferrando a Fiordiligi e Guglielmo a Dorabella)
No, tu sei l'alma mia dea!
Ti ravviso al dolce viso
E alla man ch'or ben conosco
E che sola è il mio tesor.
(Abbracciano le amanti teneramente e bacion loro la mano.)

DESPINA E DON ALFONSO
Sono effetti ancor del tosco;
Non abbiate alcun timor.

FIORDILIGI E DORABELLA
Sarà ver, ma tante smorfie
Fanno torto al nostro onor.

FERRANDO E GUGLIELMO
(a Fiordiligi e Dorabella)
Per pietà, bell'idol mio!
Volgi a me le luci liete.

FIORDILIGI E DORABELLA
Più resister non poss'io!

DESPINA E DON ALFONSO
In poch'ore, lo vedrete,
Per virtù del magnetismo
Finirà quel parossismo,
Torneranno al primo umor.

FERRANDO E GUGLIELMO
(da sè)
Dalla voglia ch'ho di ridere
Il polmon mi scoppia or or.

Clicca qui per il testo di "Dammi un bacio, o mio tesoro".

FERRANDO E GUGLIELMO
Dammi un bacio, o mio tesoro;
Un sol bacio, o qui mi moro.

FIORDILIGI E DORABELLA
Stelle, un bacio?

DESPINA
Secondate
Per effetto di bontade.

FIORDILIGI E DORABELLA
Ah, che troppo si richiede
Da una fida onesta amante!
Oltraggiata è la mia fede,
Oltraggiato è questo cor!

DESPINA, FERRANDO, GUGLIELMO E DON ALFONSO
(ognuno da sè)
Un quadretto più giocondo
Non si vide in tutto il mondo;
Quel che più mi fa da ridere
È quell'ira e quel furor.

FIORDILIGI E DORABELLA
Disperati, attossicati,
Ite al diavol quanti siete;
Tardi inver vi pentirete
Se più cresce il mio furor!

FERRANDO E GUGLIELMO
(da sè)
Ma non so se vera o finta
Sia quell'ira e quel furor,
Nè vorrei che tanto foco
Terminasse in quel d'amor.

DESPINA E DON ALFONSO
(da sè)
Io so ben che tanto foco
Cangerassi in quel d'amor.




Daniela Dessì (Fiordiligi), Delores Ziegler (Dorabella), Josef Kundlak (Ferrando),
Alessandro Corbelli (Guglielmo), Claudio Desderi (Don Alfonso), Adelina Scarabelli (Despina)
dir: Riccardo Muti (1989)


Miah Persson (Fiordiligi), Anke Vondung (Dorabella), Topi Lehtipuu (Ferrando),
Luca Pisaroni (Guglielmo), Nicolas Rivenq (Don Alfonso), Ainhoa Garmendia (Despina)
dir: Iván Fischer (2006)


Gundula Janowitz (Fiordiligi), Christa Ludwig (Dorabella), Luigi Alva (Ferrando),
Hermann Prey (Guglielmo), Walter Berry (Don Alfonso), Olivera Miljaković (Despina)
dir: Karl Böhm (1970)


Dorothea Röschmann (Fiordiligi), Katharina Kammerloher (Dorabella), Werner Güra (Ferrando),
Hanno Müller-Brachmann (Guglielmo), Roman Trekel (Don Alfonso), Daniela Bruera (Despina)
dir: Daniel Barenboim (2002)

Da notare, nella versione diretta da Barenboim (clip qui sopra), che Despina si traveste da santone indiano anziché da medico tedesco del settecento, e dunque non saluta in latino ma sproloquia con parole indiane a casaccio ("Papadam Vindaloo Indira Gandhi").

Qui sotto, una bella versione per pianoforte del concertato finale:


The Anderson & Roe Piano Duo (Greg Anderson & Elizabeth Joy Roe)

11 luglio 2017

Così fan tutte (17) - "Ah, che tutta in un momento"

Scritto da Christian

Prima del lungo finale del primo atto, assistiamo a un dialogo fra i due "cospiratori", Don Alfonso e Despina. Il filosofo comincia a mostrarsi un po' preoccupato per l'integrità dimostrata finora (anche se solo a parole) da Fiordiligi e Dorabella ("Oh, la saria da ridere! / Sì poche son le donne costanti in questo mondo / e qui ve ne son due!"). Ma la cameriera lo rassicura ("Quelle pazze / faranno a modo nostro"). Ancora una volta le due dame sono etichettate in modo impertinente (prima di "quelle pazze", Despina le chiama addirittura "le povere buffone")! Per vincere la loro resistenza, Don Alfonso decide di lasciare carta bianca alla domestica. Ed è lei dunque a ideare la strategia successiva, che altro non è che una burla ancor più colossale, una scenetta del tutto tipica di una farsa: i due pretendenti dovranno fingere di avvelenarsi per disperazione, nella speranza di suscitare pietà nelle dame. A salvare loro la vita, come vedremo, ci penserà la stessa Despina travestita da medico.

Nel frattempo ritroviamo le sorelle nel giardino in riva al mare, "a lagnarsi coll'aria e colle mosche / d'aver perso gli amanti", per usare ancora le parole di Despina. Lo scenario è lo stesso del loro duetto d'esordio, "Ah, guarda, sorella", ma la situazione è ben diversa: le ragazze cantano ancora insieme e all'unisono, ma il tono del brano è il contraltare di quello, visto che sono intente a commiserarsi ("Ah, che tutta in un momento / si cangiò la sorte mia!") anziché a rallegrarsi. Come abbiamo già visto in tante scene precedenti, "la caratterizzazione dei personaggi avviene in maniera mediata, facendo riferimento a un contesto stilistico abnorme, quello dell'opera seria, ciò che svela la loro intima propensione alla recitazione, alla finzione manierata" (Francesco Degrada). Nelle loro parole, se non altro, si intravede un primo barlume di consapevolezza che quella sperimentata finora è stata una vita idealizzata ("Finche meco il caro bene / mi lasciar le ingrate stelle, / non sapea cos'eran pene, / non sapea languir cos'è").

Ferrando e Guglielmo, a malapena trattenuti da Don Alfonso che li supplica di ripensarci, irrompono sulla scena e bevono due boccette di arsenico davanti agli occhi delle dame, affermando di preferire la morte alla loro indifferenza. "Veleno buono e bello, / che ad essi in pochi istanti / la vita toglierà!", conferma Don Alfonso, che subito le invita a mostrar loro compassione almeno in punto di morte. Le sorelle chiamano Despina, che accorre fingendo indifferenza ("Chi mi chiama?", come se non sapesse che sono le sue padrone!) e avvalora subito la diagnosi di Don Alfonso ("Morti i meschini io credo / o prossimi a spirar!"). Con la scusa di andare a cercare un medico, la cameriera e il filosofo lasciano le ragazze da sole con i due "moribondi", dopo averle invitate a sorreggerli pietosamente. Titubanti, Fiordiligi e Dorabella si fanno avanti e, nonostante la tragica situazione, sembrano notare per la prima volta l'attrattività dei due uomini ("Che figure interessanti!").

La finzione teatrale è evidente, smascherata non solo dalle parole di Ferrando e Guglielmo (che fra sé commentano "Più bella commediola / non si potea trovar") ma anche dalla musica di Mozart (quando Despina si rivolge a Don Alfonso, dicendogli "E voi con me correte: / un medico, un antidoto / voliamo a ricercar", la melodia è allegra e tutt'altro che drammatica). E dunque fa particolarmente ridere (e riflettere) come le due ingenue sorelle si lascino condizionare, al punto da confermare a sé stesse che i due uomini stiano effettivamente morendo:

DORABELLA
Ha freddissima la testa.

FIORDILIGI
Fredda fredda è ancora questa.

DORABELLA
Ed il polso?

FIORDILIGI
Io non gliel' sento.

DORABELLA
Questo batte lento lento.
Certo le loro conoscenze di medicina non devono essere gran che, come ci confermerà la scena successiva, quando si mostreranno incapaci di smascherare l'evidente ciarlataneria del finto medico. Ma intanto, osservando la loro empatia e la loro partecipazione nei confronti dei due stranieri, anche Ferrando e Guglielmo cominciano ad avere qualche dubbio ("Più domestiche e trattabili / sono entrambe diventate; / sta a veder che lor pietade / va in amore terminar"). È un primo campanello d'allarme.


Clicca qui per il testo del recitativo "Oh, la saria da ridere!".

DON ALFONSO
Oh, la saria da ridere! Sì poche
Son le donne costanti in questo mondo
E qui ve ne son due!
Non sarà nulla.
(Entra Despina.)
Vieni, vieni, fanciulla, e dimmi un poco
Dove sono e che fan le tue padrone.

DESPINA
Le povere buffone
Stanno nel giardinetto
A lagnarsi coll'aria e colle mosche
D'aver perso gli amanti.

DON ALFONSO
E come credi
Che l'affar finirà? Vogliam sperare
Che faranno giudizio?

DESPINA
Io lo farei;
E dove piangon esse, io riderei.
[Disperarsi, strozzarsi
Perchè parte un amante!
Guardate che pazzia!
Se ne pigliano due, se uno va via.

DON ALFONSO
Brava! Questa è prudenza.
(da sè)
Bisogna impuntigliarla.

DESPINA
È legge di natura
E non prudenza sola.
Amor cos'è?
Piacer, comodo, gusto,
Gioia, divertimento,
Passatempo, allegria; non è più amore
Se incomodo diventa,
Se invece di piacer nuoce e tormenta.]

DON ALFONSO
Ma intanto quelle pazze...

DESPINA
Quelle pazze
Faranno a modo nostro.
È buon che sappiano
D'essere amate da color.

DON ALFONSO
Lo sanno.

DESPINA
Dunque riameranno.
Diglielo si suol dire
E lascia fare al diavolo.

DON ALFONSO
E come far vuoi perchè ritornino
Or che partiti sono, e che li sentano
E tentare si lascino
Queste tue bestioline?

DESPINA
A me lasciate
La briga di condur tutta la macchina.
Quando Despina macchina una cosa
Non può mancar d'effetto; ho già menati
Mill'uomini pel naso, saprò menar due femmine.
Son ricchi i due monsieurs mustacchi?

DON ALFONSO
Son ricchissimi.

DESPINA
Dove son?

DON ALFONSO
Sulla strada
Attendendo mi stanno.

DESPINA
Ite e sul fatto
Per la picciola porta
A me riconduceteli; v'aspetto
Nella camera mia.
Purchè tutto facciate
Quel ch'io v'ordinerò, pria di domani
I vostri amici canteran vittoria,
Ed essi avranno il gusto, ed io la gloria.
(Partono.)

Clicca qui per il testo di "Ah, che tutta in un momento".

(Giardinetto gentile. Due sofa d'erba ai lati.)

FIORDILIGI E DORABELLA
Ah, che tutta in un momento
Si cangiò la sorte mia!
Ah, che un mar pien di tormento
È la vita omai per me!
Finche meco il caro bene
Mi lasciar le ingrate stelle,
Non sapea cos'eran pene,
Non sapea languir cos'è.

Clicca qui per il testo di "Si mora, sì, si mora".

FERRANDO E GUGLIELMO
(di dentro)
Si mora, sì, si mora
Onde appagar le ingrate.

DON ALFONSO
(di dentro)
C'è una speranza ancora;
Non fate, oh Dei, non fate!

FIORDILIGI E DORABELLA
Stelle, che grida orribili!

FERRANDO E GUGLIELMO
Lasciatemi!

DON ALFONSO
Aspettate!

(Ferrando e Guglielmo, portando ciascuno una boccetta, entrano seguiti da Don Alfonso.)

FERRANDO E GUGLIELMO
L'arsenico mi liberi
Di tanta crudeltà!

(Bevono e gittan via la boccetta, nel voltarsi, vedono le due donne.)

FIORDILIGI E DORABELLA
Stelle, un velen fu quello?

DON ALFONSO
Veleno buono e bello,
Che ad essi in pochi istanti
La vita toglierà!

FIORDILIGI E DORABELLA
Il tragico spettacolo
Gelare il cor mi fa.

FERRANDO E GUGLIELMO
Barbare, avvicinatevi;
D'un disperato affetto
Mirate il triste effetto
E abbiate almen pietà.

TUTTI
Ah, che del sole il raggio
Fosco per me diventa!
Tremo, le fibre e l'anima
Par che mancar mi senta,
Nè può la lingua o il labbro
Accenti articolar!

(Ferrando e Guglielmo cadono sopra i banchi d'erba.)

DON ALFONSO
Giacchè a morir vicini
Sono quei meschinelli,
Pietade almeno a quelli
Cercate di mostrar.

FIORDILIGI E DORABELLA
Gente, accorrete, gente!
Nessuno, oh Dio, ci sente!
Despina!

DESPINA
(di dentro)
Chi mi chiama?

FIORDILIGI E DORABELLA
Despina!

DESPINA
(entrando)
Cosa vedo!
Morti i meschini io credo
O prossimi a spirar!

DON ALFONSO
Ah, che purtroppo è vero!
Furenti, disperati,
Si sono avvelenati!
Oh, amore singolar!

DESPINA
Abbandonar i miseri
Saria per voi vergogna,
Soccorrerli bisogna.

FIORDILIGI, DORABELLA E DON ALFONSO
Cosa possiam mai far?

DESPINA
Di vita ancor dàn segno;
Con le pietose mani
Fate un po' lor sostegno.
(a Don Alfonso)
E voi con me correte:
Un medico, un antidoto
Voliamo a ricercar.
(Despina e Don Alfonso partono.)

FIORDILIGI E DORABELLA
Dei, che cimento è questo!
Evento più funesto
Non si potea trovar!

FERRANDO E GUGLIELMO
(da sè)
Più bella commediola
Non si potea trovar!
Ah!

FIORDILIGI E DORABELLA
(stanno lontano dagli amanti)
Sospiran gl'infelici!

FIORDILIGI
Che facciamo?

DORABELLA
Tu che dici?

FIORDILIGI
In momenti
Sì dolenti
Chi potriali abbandonar?

DORABELLA
(accostandosi un poco)
Che figure interessanti!

FIORDILIGI
(accostandosi un poco)
Possiam farci un poco avanti.

DORABELLA
Ha freddissima la testa.

FIORDILIGI
Fredda fredda è ancora questa.

DORABELLA
Ed il polso?

FIORDILIGI
Io non gliel' sento.

DORABELLA
Questo batte lento lento.

FIORDILIGI E DORABELLA
Ah, se tarda ancor l'aita,
Speme più non v'è di vita!

FERRANDO E GUGLIELMO
(sottovoce)
Più domestiche e trattabili
Sono entrambe diventate;
Sta a veder che lor pietade
Va in amore terminar.

FIORDILIGI E DORABELLA
Poverini! La lor morte
Mi farebbe lagrimar.




Daniela Dessì (Fiordiligi), Delores Ziegler (Dorabella), Josef Kundlak (Ferrando),
Alessandro Corbelli (Guglielmo), Claudio Desderi (Don Alfonso), Adelina Scarabelli (Despina)
dir: Riccardo Muti (1989)


Miah Persson (Fiordiligi), Anke Vondung (Dorabella), Topi Lehtipuu (Ferrando),
Luca Pisaroni (Guglielmo), Nicolas Rivenq (Don Alfonso), Ainhoa Garmendia (Despina)
dir: Iván Fischer (2006)


Gundula Janowitz (Fiordiligi), Christa Ludwig (Dorabella), Luigi Alva (Ferrando),
Hermann Prey (Guglielmo), Walter Berry (Don Alfonso), Olivera Miljaković (Despina)
dir: Karl Böhm (1970)


Dorothea Röschmann (Fiordiligi), Katharina Kammerloher (Dorabella), Werner Güra (Ferrando),
Hanno Müller-Brachmann (Guglielmo), Roman Trekel (Don Alfonso), Daniela Bruera (Despina)
dir: Daniel Barenboim (2002)

7 luglio 2017

Così fan tutte (16) - "Un'aura amorosa"

Scritto da Christian

Dopo aver cominciato a differenziare caratterialmente Fiordiligi da Dorabella, il libretto si assume ora il compito di fare lo stesso con Ferrando e Guglielmo. Avevamo già notato, nel terzo dei tre terzetti che aprivano l'opera, come il primo avesse un'anima più romantica e idealista e il secondo più edonistica e godereccia (con i proventi della scommessa, il tenore progettava di dedicare alla sua dama "una bella serenata", impiegando il denaro per pagare l'orchestra di accompagnamento, mentre il baritono pensava piuttosto a organizzare "un convitto", ovvero un banchetto). Qui lo stesso concetto viene meglio definito. "Alla protesta di Guglielmo sempre più ossessionato dal cibo – "Ed oggi non si mangia?" – Ferrando risponde che val la pena aspettare, visto che la cena sarà molto più saporita dopo la vittoria; il loro ristoro finale, spiega, sarà tutto spirituale":

Un'aura amorosa
del nostro tesoro
un dolce ristoro
al cor porgerà.
Al cor che nudrito
da speme, da Amore,
di un'esca migliore
bisogno non ha.
Siamo di fronte a una delle più belle arie per tenore mai scritte da Mozart, degna di stare al fianco di quelle per Tamino e Don Ottavio, tanto che persino interpreti non certo mozartiani come Luciano Pavarotti (vedi clip sotto) hanno voluto provare a cantarla almeno una volta. Da Ponte contribuisce con versi brevi e concisi, di impronta tipicamente da opera seria ("Metastasio sarebbe stato orgoglioso di questi versi, in cui è facile riconoscere il suo stesso tocco mellifluo, la sua concisione, persino il suo tipico vezzo di collegare le due stanze con un'anafora (l'iterazione di "al cor" all'inizio dei due versi centrali)", dice Heartz). Ma è la musica del compositore salisburghese a elevare il brano a vette sublimi, con una melodia dolcissima (vera espressione di un cuore straripante d'amore) e una cadenza finale ampia e articolata, accompagnata in crescendo dall'intera orchestra, che prevede anche un breve momento di sospensione prima della solenne conclusione (con quel trillo sull'ultimo "porgerà"). L'insieme "mette ancora una volta in risalto tutta la nobiltà d'animo di Ferrando e dà adeguata veste musicale all'elevatezza dei suoi sentimenti" (sempre Heartz). Se le arie precedenti di Fiordiligi, Dorabella e Guglielmo non celavano l'intento di scherzare sull'immaturità sentimentale dei personaggi, in questo caso nulla è concesso al ridicolo o alla presa in giro.

Se non altro, le prime arie soliste dei quattro amanti ci hanno fatto capire – sul piano musicale ma anche su quello psicologico – come gli accoppiamenti Ferrando-Fiordiligi (le figure più fiere e idealiste) e Guglielmo-Dorabella (quelle più leggere e gaudenti) siano molto più naturali e "affini" di quelli originali, che ci apparivano poco convincenti anche per il registro vocale degli interpreti. Sarà forse anche per questo che, nel secondo atto, il tentativo di seduzione incrociato andrà a buon fine?

Clicca qui per il testo di "Un'aura amorosa".

FERRANDO
Un'aura amorosa
Del nostro tesoro
Un dolce ristoro
Al cor porgerà.
Al cor che, nudrito
Da speme d'amore,
D'un'esca migliore
Bisogno non ha.




Josef Kundlak (Ferrando)
dir: Riccardo Muti (1989)


Luigi Alva (Ferrando)
dir: Karl Böhm (1970)


Francisco Araiza


Alfredo Kraus


Rainer Trost

Werner Güra


Luciano Pavarotti
piano: James Levine (1988)

4 luglio 2017

Così fan tutte (15) - "Rivolgete a lui lo sguardo"

Scritto da Christian

Per il primo allestimento dell'opera, nel gennaio del 1790, la parte di Guglielmo era stata affidata a Francesco Benucci, un cantante che Mozart, la corte imperiale e il pubblico viennese tenevano in grande considerazione. Primo buffo veterano, nonché pilastro insostituibile della troupe, a lui si doveva in parte il successo delle precedenti "Nozze di Figaro" (era stato infatti il primo interprete di Figaro), tanto che il compositore lo aveva poi voluto anche come Leporello in occasione della riproposta del "Don Giovanni" a Vienna. Era naturale che Da Ponte e Mozart volessero sfruttarne al massimo la popolarità e le doti vocali e istrioniche (accompagnate però da una grande naturalezza e da una capacità di autocontrollò anche sul piano mimico-gestuale), e che lo immaginassero come la vera star dello spettacolo. Questo, però, li portò a strafare e a commettere un grave errore di valutazione. Con l'intenzione di regalargli un'aria brillante che potesse reggere il confronto con il celebre "Non più andrai, farfallone amoroso", i due autori prepararono infatti per lui un'aria simile e assai elaborata, "Rivolgete a lui lo sguardo" (K. 584), che avrebbe dovuto propiziare l'ennesimo trionfo del cantante.

Quasi subito, però, divenne chiaro come l'inserimento di questo brano, lungo cinque o sei minuti, avrebbe compromesso l'equilibrio e la struttura del primo atto dell'opera, sia dal punto di vista drammaturgico (interrompendo l'azione proprio sul più bello, per di più giungendo subito dopo il "Come scoglio" di Fiordiligi) sia da quello musicale (la tonalità di Re maggiore, associata all'impiego di trompe e timpani, anticipa l'imminente finale dell'atto: "una curiosa anomalia, visto che nella prassi operistica mozartiana il finale si distingue dai numeri precedenti tanto per tonalità che per orchestrazione", spiega Daniel Heartz). A malincuore, Mozart si ritrovò costretto ad eliminarlo e a sostituirlo con un brano più breve e semplice, "Non siate ritrosi". Forse per compensazione, il compositore arricchì l'aria riservata a Benucci nel secondo atto, "Donne mie, la fate a tanti", aggiungendovi nuovo materiale musicale e naturalmente le trombe e i timpani. La decisione venne presa evidentemente quasi subito, visto che nel dicembre del 1789, quando mancava ancora di un mese alla prima, Mozart già registrava separatamente "Rivolgete a lui lo sguardo" nel proprio catalogo personale con l'annotazione "Eine arie welche in die oper Così fan tutte bestimmt war für Benucci" ("Un'aria che nell'opera Così fan tutte era in origine concepita per Benucci").

Narrativamente il brano eliminato svolgeva lo stesso compito di "Non siate ritrosi", rappresentando cioè il tentativo da parte di Guglielmo di conquistare le due dame (e in particolare Dorabella) esibendo goffamente le proprie doti. Il testo di Da Ponte, un vero "catalogo di assurdità", è colmo di riferimenti letterari, storici, mitologici e geografici, e spazia in allegria da un contesto all'altro. Si citano gli amori di Orlando (dal Boiardo) e Medoro (dall'Ariosto) e località geografiche vicine e remote ("da Vienna al Canadà"); i due cicisbei paragonano la loro ricchezza a quella di Creso, la bellezza a quella di Narciso, la prestanza a quella di Marco Antonio, la forza a quella di un Ciclope, la cultura a quella di Esopo, e l'abilità della danza a quella di un tale Pichne (che immagino fosse un celebre ballerino dell'epoca). Viene scomodata persino la natura, con il riferimento al canto dell'usignolo. E infine, nei versi culminanti del brano, c'è un accenno malizioso ("E qualch'altro capitale / abbiam poi che alcun non sa") che avrebbe dovuto "permettere a Benucci di suggerire con un semplice gesto (o forse con un'occhiata compiaciuta) il punto esatto in cui era celato quel suo «capitale»" (Heartz).

Clicca qui per il testo di "Rivolgete a lui lo sguardo".

GUGLIELMO
Rivolgete a lui lo sguardo
e vedrete come sta:
tutto dice, io gelo... io ardo...
idol mio, pietà, pietà.
E voi, cara, un sol momento
il bel ciglio a me volgete,
e nel mio ritroverete
quel che il labbro dir non sa.
Un Orlando innamorato
non è niente in mio confronto,
un Medoro il sen piagato
verso lui per nulla io conto:
son di foco i miei sospiri
son di bronzo i suoi desiri,
se si parla poi di merto
certo io sono, ed egli è certo,
che gli uguali non si trovano
da Vienna al Canadà.
Siam due Cresi per ricchezza,
due Narcisi per bellezza
in amor i Marcantoni
verso noi sarian buffoni.
Siam più forti d'un Ciclopo,
letterati al par di Esopo.
Se balliamo un Pichne cede
sì gentil e snello è il piede,
Se cantiam col trillo solo
facciam torto all'usignuolo;
e qualch'altro capitale
abbiam poi che alcun non sa.
Bella, bella, tengon sodo:
Se ne vanno ed io ne godo!
Eroine di costanza,
specchi son di fedeltà!




Ferruccio Furlanetto


Hermann Prey


Thomas Hampson

Fernando Corena

Dopo le vette di "Come scoglio", a riportarci sul piano della farsa è l'arietta di Guglielmo "Non siate ritrosi", un nuovo tentativo di corteggiamento non meno buffo e sconclusionato del precedente. Il testo è francamente assurdo, assai diretto e "volgarmente esplicito", con i suoi inviti alle fanciulle ad ammirare le fattezze fisiche dei due forestieri ("Guardate, toccate, il tutto osservate"). C'è davvero da chiedersi come i due uomini potessero sperare che le loro dame cedessero a simili avances da pappagallo (ancora una volta, sorge il dubbio che in realtà stiano facendo apposta a comportarsi in maniera tale per vincere la scommessa, a dispetto delle istruzioni di Don Alfonso).

L'aria, anche musicalmente assai semplice, raggiunge il culmine nel finale, quando alle parole di Guglielmo ("E questi mustacchi chiamare si possono / trionfi degli uomini, pennacchi d'amor", con cui l'uomo sembra addirittura voler attirare la loro attenzione sui baffi finti) le sorelle, anziché replicare, preferiscono semplicemente andarsene via, offese e imbarazzate. I due ufficiali, dal proprio canto, non riescono più a trattenere le risa, e senza transizioni si passa immediatamente al terzettino "E voi ridete?", nel quale un Don Alfonso stizzito cerca di riportare alla serietà i suoi amici. Questi, nel successivo recitativo, si sentono già talmente sicuri di vincere la scommessa da offrire al filosofo la possibilità di un cash out (ovvero chiuderla in anticipo, pagando meno della somma pattuita). Ma Don Alfonso non si lascia tentare.

Originariamente, in questo punto Mozart e Da Ponte avevano previsto per Guglielmo un'aria ben più lunga e complessa, "Rivolgete a lui lo sguardo", che però il compositore decise di eliminare (sostituendola appunto con "Non siate ritrosi") probabilmente per esigenze di equilibrio complessivo del primo atto. Ne parleremo nel prossimo post.


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

FERRANDO
Ah, non partite!

GUGLIELMO
Ah, barbare, restate!
(a Don Alfonso)
Che vi pare?

DON ALFONSO
(Aspettate.)
Per carità, ragazze:
Non mi fate più far trista figura.

DORABELLA
(con fuoco)
E che pretendereste?

DON ALFONSO
Eh, nulla! Ma mi pare...
Che un pochin di dolcezza...
Alfin son galantuomini
E sono amici miei.

FIORDILIGI
Come! E udire dovrei...?

GUGLIELMO
Le nostre pene e sentirne pietà!
La celeste beltà degli occhi vostri
La piaga aprì nei nostri,
Cui rimediar può solo
Il balsamo d'amore:
Un solo istante il core aprite, o belle,
A sue dolci facelle; a voi davanti
Spirar vedrete i più fedeli amanti.

Clicca qui per il testo di "Non siate ritrosi".

GUGLIELMO
Non siate ritrosi,
Occhietti vezzosi;
Due lampi amorosi
Vibrate un po' in qua.
Felici rendeteci;
Amate con noi,
E noi felicissime
Faremo anche voi.
Guardate, toccate,
Il tutto osservate:
Siam due cari matti,
Siam forti e ben fatti,
E come ognun vede,
Sia merto, sia caso,
Abbiamo bel piede,
Bell'occhio, bel naso.
Guardate bel piede,
Osservate bell'occhio,
Toccate bel naso,
Il tutto osservate:
E questi mustacchi
Chiamare si possono
Trionfi degli uomini,
Pennacchi d'amor.
(Fiordiligi e Dorabella partono.)

Clicca qui per il testo di "E voi ridete?".

(Ferrando e Guglielmo, appena soli con Don Alfonso, ridono smoderatamente.)

DON ALFONSO
E voi ridete?

FERRANDO E GUGLIELMO
Certo, ridiamo.

DON ALFONSO
Ma cosa avete?

FERRANDO E GUGLIELMO
Già lo sappiamo.

DON ALFONSO
Ridete piano.

FERRANDO E GUGLIELMO
Parlate invano.

DON ALFONSO
Se vi sentissero,
Se vi scoprissero,
Si guasterebbe
Tutto l'affar.

FERRANDO E GUGLIELMO
Ah, che dal ridere
L'alma dividere...
Ah, che le viscere
Sento scoppiar!

DON ALFONSO
Mi fa da ridere
Questo lor ridere,
Ma so che in piangere
Dee terminar.

Clicca qui per il testo del recitativo che segue.

DON ALFONSO
Si può sapere un poco
La cagion di quel riso?

GUGLIELMO
Oh, cospettaccio!
Non vi pare che abbiam giusta ragione,
Il mio caro padrone?

FERRANDO
Quanto pagar volete
E a monte è la scommessa?

GUGLIELMO
(scherzando)
Pagate la metà.

FERRANDO
Pagate solo
Ventiquattro zecchini.

DON ALFONSO
Poveri innocentini!
Venite qua, vi voglio
Porre il ditino in bocca.

GUGLIELMO
E avete ancora
Coraggio di fiatar?

DON ALFONSO
Avanti sera
Ci parlerem.

FERRANDO
Quando volete.

DON ALFONSO
Intanto
Silenzio e ubbidienza
Fino a doman mattina.

GUGLIELMO
Siam soldati
E amiam la disciplina.

DON ALFONSO
Or bene: andate un poco
Ad attendermi entrambi in giardinetto;
Colà vi manderò gli ordini miei.

GUGLIELMO
Ed oggi non si mangia?

FERRANDO
Cosa serve?
A battaglia finita
Fia la cena per noi più saporita.




Alessandro Corbelli (Guglielmo), Josef Kundlak (Ferrando), Claudio Desderi (Don Alfonso)
dir: Riccardo Muti (1989)


Luca Pisaroni (Guglielmo), Topi Lehtipuu (Ferrando), Nicolas Rivenq (Don Alfonso)
dir: Iván Fischer (2006)


Hermann Prey (Guglielmo), Luigi Alva (Ferrando), Walter Berry (Don Alfonso)
dir: Karl Böhm (1970)


Ferruccio Furlanetto (Guglielmo), Luis Lima (Ferrando), Paolo Montarsolo (Don Alfonso),
dir: Nikolaus Harnoncourt (1988)