In genere ci si sofferma poco sull'immagine del cigno, liquidandolo solo come “opera di magia” in senso generico, senza entrare nello specifico simbolismo proprio di questo elegante e bellissimo animale.
Esso compare all'inizio e alla fine dell'opera e quindi si può dire che inquadra tutto il dramma, facendo da cornice; merita perciò un momento di attenzione perché è come se tutta l'avventura si svolgesse entro il suo immaginario simbolico. Conosceremo solo alla fine il suo mistero, quando Ortruda stessa confesserà di essere stata lei, con le sue arti magiche, a trasformare il giovane principe Goffredo, fratello di Elsa, in cigno. Ma come questi sia andato a finire nel mondo da cui proviene il cavaliere rimane un mistero. Il legame tra i due, comunque, è molto interessante dal punto di vista psicologico, perché tra fratello e cavaliere interno c'è spesso una corrispondenza e una sovrapposizione simbolica (fratello, amico, amante...).
La trasformazione ad opera di magia di un essere umano in animale fa anche da cornice e filo conduttore dell'opera di Apuleio “L'asino d'oro”, in cui è appunto inserita la fiaba di Amore e Psiche, e questo costituisce un altro anello di congiunzione tra le due storie. Ma mentre in Apuleio Lucio trasformato in asino rappresenta una chiara allusione al bisogno di prendere coscienza della propria natura libidinosa ed animalesca (l'asino dentro di noi), e tutto il percorso parte da lì per concludersi con l'iniziazione ai misteri di Iside e Osiride in una trasformazione sempre più elevata e spirituale, qui il cigno si mostra da subito come elemento sublime e “puro”, manifestazione di una forza spirituale nettamente separata dall'umano, e quindi si intuisce che non è possibile nessuna evoluzione perché ci si muove già in una sfera “sublimata” e troppo alta per permettere un'ulteriore trasformazione.
Il cigno compare in tante mitologie e racconti popolari, in virtù della suggestione che la sua bellezza, il suo candore e la sua eleganza hanno sempre esercitato sull'immaginazione. L'appartenenza ai tre regni (acqua, cielo e terra, in quanto uccello acquatico che nidifica sulla terra) e la sua trasmigrazione ne fanno un simbolo elusivo di capacità di rapporto tra “cielo e terra” e quindi di immanenza e trascendenza, così come di ermafroditismo (aspetto sia lunare che solare per la sua bianchezza lunare e per l'associazione agli dei diurni e solari come Apollo e Zeus).
Nel suo aspetto luminoso (o nel suo contrario, l'ombra, rappresentata dal cigno nero) è associato ad Apollo sia per il canto e la lira, sia per il suo viaggio annuale all'estremo Nord, il paese degli iperborei, luogo mitico, freddo e lontanissimo, come la morte e la sua pura sterilità, dove Apollo viene portato proprio da una navicella trainata da un cigno bianco (ricordiamo che Apollo, giovane dio del pantheon greco, viene comunque dal Nord). Oppure è associato a Zeus, che si trasforma in cigno per inseguire e fecondare Leda, a sua volta mutata in oca selvaggia. Da quest'accoppiamento nasceranno i divini gemelli, i dioscuri Castore e Polluce, e le due sorelle Elena e Clitennestra (veramente il mito si complica perché nella stessa notte Leda viene pure fecondata dal marito, il re Tindaro, e quindi da ogni uovo nasce un elemento divino e uno umano).
La costellazione del Cigno, che domina il cielo d'estate, è la trasposizione in cielo di questa metamorfosi divina.
In estremo oriente, il cigno è simbolo di purezza, eleganza, nobiltà e coraggio, mentre compare in numerose leggende e favole siberiane, nordiche e celtiche come trasformazione di fanciulle da parte di pratiche magiche. Il “Lago dei cigni” di Tschaikovskj ne è un bellissimo esempio.
Nella popolare fiaba dei Fratelli Grimm “I dodici cigni” vediamo la trasformazione in cigni di dodici giovani principi da parte della matrigna-strega e la loro liberazione ad opera della “pura” sorella che per salvarli deve stare in assoluto silenzio per tutto il tempo che tesse per loro una camicia con le ortiche, anche se viene accusata lei stessa di stregoneria e portata sul rogo...
In questa fiaba l'analogia con Elsa, innocente ed accusata di fratricidio, è del tutto evidente.
Tornando al "Lohengrin", alla fine della scena seconda del I atto, dopo l'accorata invocazione di Elsa, vediamo comparire un magnifico cigno bianco che conduce una navicella da cui scende uno splendido cavaliere con corazza argentea. L'animale viene salutato e ringraziato in modo sublime dal cavaliere stesso al momento del congedo, un canto quasi religioso, come la musica sottolinea ("Mein lieber Schwan!").
Siamo subito, quindi, avvertiti che si tratta di un animale speciale, un messaggero (le grandi ali e la purezza del bianco fanno subito pensare agli angeli e alla loro funzione di mediatori e viaggiatori celesti).
Tutta la scena ispira solennità e sacro stupore, e contribuisce a elevare la vicenda su un piano soprannaturale, in cui l'intervento divino si mescola alle vicende umane.
All'accusa infamante e crudele che vorrebbe vedere Elsa aver commesso il fratricidio per sfrenata ambizione di potere e libidine, portata avanti da Federico su istigazione dell'inquietante moglie Ortruda, si risponde con un intervento “altissimo” e “purissimo”. La contrapposizione tra bassezza e altezza, tra vile intrigo e nobile lealtà, si pone subito come elemento costitutivo di tutta l'opera. E la contrapposizione inconciliabile degli opposti è proprio il tema dominante già dall'inizio, contrapposizione che si preciserà non solo fra innocenza e colpevolezza, ma anche come conflitto tra vecchia e nuova religione, estremizzate come portatrici di bene assoluto e male assoluto, inconciliabili e perciò fonte di estremo conflitto.
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DIE MÄNNER
Seht! Seht! Welch ein seltsam Wunder! Wie? Ein Schwan?
Ein Schwan zieht einen Nachen dort heran!
Ein Ritter drin hoch aufgerichtet steht!
Wie glänzt sein Waffenschmuck! Das Aug vergeht
vor solchem Glanz! - Seht, näher kommt er schon heran!
An einer goldnen Kette zieht der Schwan!
(Auch die Letzten eilen noch nach dem Hintergrunde; im Vordergrunde bleiben nur der König, Elsa, Friedrich, Ortrud und die Frauen. Von seinem erhöhten Platze aus überblickt der König alles; Friedrich und Ortrud sind durch Schreck und Staunen gefesselt; Elsa, die mit steigender Entzückung den Ausrufen der Männer gelauscht hat, verbleibt in ihrer Stellung in der Mitte der Bühne; sie wagt gleichsam nicht, sich umzublicken.)
DIE MÄNNER
(in höchster Ergriffenheit
nach vorn wieder stürzend)
Ein Wunder! ein Wunder! ein Wunder ist gekommen,
ein unerhörtes, nie gesehnes Wunder!
DIE FRAUEN
(auf die Knie sinkend)
Dank, du Herr und Gott, der die Schwache beschirmet!
(Hier wendet sich der Blick aller wieder erwartungsvoll nach dem Hintergrunde.
Elsa hat sich umgewandt und schreit bei Lohengrins Anblick laut auf.)
ALLE MÄNNER UND FRAUEN
Sei gegrüsst, du gottgesandter Mann!
(Der Nachen, vom Schwan gezogen, erreicht in der Mitte des Hintergrundes das Ufer; Lohengrin, in glänzender Silberrüstung, den Helm auf dem Haupte, den Schild im Rücken, ein kleines goldenes Horn zur Seite, steht, auf sein Schwert gelehnt, darin. - Friedrich blickt in sprachlosem Entsetzen auf Lohengrin hin. - Ortrud, die während des Gerichtes in kalter, stolzer Haltung verblieben, gerät bei dem Anblick des Schwanes in tödlichen Schrecken. Alles entblösst in höchster Ergriffenheit das Haupt. Sowie Lohengrin die erste Bewegung macht, den Kahn zu verlassen, tritt bei allen sogleich das gespannteste Stillschweigen ein.)
LOHENGRIN
(mit einem Fuss noch im Nachen,
neigt sich zum Schwan)
Nun sei bedankt, mein lieber Schwan!
Zieh durch die weite Flut zurück,
dahin, woher mich trug dein Kahn,
kehr wieder nur zu unsrem Glück!
Drum sei getreu dein Dienst getan!
Leb wohl, leb wohl, mein lieber Schwan!
(Der Schwan wendet langsam den Nachen und schwimmt den Fluss zurück. Lohengrin sieht ihm eine Weile wehmütig nach.)
DIE MÄNNER UND FRAUEN
(voll Rührung und im leisen
Flüsterton)
Wie fasst uns selig süsses Grauen!
Welch holde Macht hält uns gebannt!
Wie ist er schön und hehr zu schauen,
den solch ein Wunder trug ans Land!
GLI UOMINI
Vedete! Vedete! Quale singolare miracolo! Come? Un cigno?
Un cigno tira laggiù verso di noi una navicella!
E un cavaliere v'è dentro ritto in piedi!
Come brilla la sua armatura! L'occhio s'abbaglia
di fronte a tale splendore!... Vedete, già egli s'appressa!
Il cigno tira ad una catena d'oro!
(Anche gli ultimi s'affrettano, a questo punto, verso il fondo; sul proscenio rimangono soltanto il Re, Elsa, Federico, Ortruda e le Donne. Dal suo luogo elevato il Re contempla tutto: Federico e Ortruda sono presi dallo stupore e dallo spavento; Elsa, che con gioia crescente ha prestato ascolto alle esclamazioni degli Uomini, rimane nel suo atteggiamento, al centro della scena, come se non osasse guardare intorno a sé.)
TUTTI GLI UOMINI
(ritornando a precipizio sul davanti
coi segni della più alta commozione)
Miracolo! Miracolo! Un miracolo è avvenuto;
un miracolo inaudito, non mai visto!
LE DONNE
(cadendo in ginocchio)
Grazie, o Signore e Dio, che la debole proteggi!
(A questo punto, lo sguardo di tutti si volge nuovamente verso il fondo, pieno d'attesa.
Elsa si è voltata e lancia un alto grido alla vista di Lohengrin.)
TUTTI GLI UOMINI E LE DONNE
Salute, o uomo inviato da Dio!
(La navicella tirata dal cigno tocca riva nel centro del fondo; Lohengrin in lucente armatura d'argento, l'elmo sul capo, lo scudo appeso alle spalle, un piccolo corno d'oro al fianco, vi sta dentro in piedi, appoggiato alla sua spada... Federico guarda verso Lohengrin con muto stupore. Ortruda, che durante il giudizio era rimasta in atteggiamento freddo e superbo, cade, alla vista del cigno, in terrore mortale. Tutti si scoprono il capo nella più profonda commozione. Come Lohengrin fa il primo movimento per lasciare la navicella, subito subentra in tutti il più ansioso dei silenzi.)
LOHENGRIN
(con un piede ancora sulla navicella,
si curva verso il cigno)
Siano grazie a te, mio caro cigno!
Ritorna attraverso l'ampio flutto,
là onde mi portò la tua navicella.
Sia il tuo ritorno solo per il nostro bene!
Per il nostro bene il tuo servigio fedelmente adempi!
Addio, addio, mio caro cigno!
(Il cigno volge lentamente la navicella e nuota risalendo il fiume. Lohengrin lo guarda per un certo tempo malinconicamente.)
GLI UOMINI E LE DONNE
(pieni di commozione
e con sussurro molto sommesso)
Quale dolce brivido gratamente ci prende!
quale dolce potenza ci tiene sotto il suo incanto!
Come è bello e nobile a vedersi,
colui che tale miracolo ha condotto alla nostra terra!
dir: Claudio Abbado (1990)
Placido Domingo (Lohengrin)
"Nun sei bedankt, mein lieber Schwan!" Peter Seiffert (Lohengrin) | "Nun sei bedankt, mein lieber Schwan!" Jess Thomas (Lohengrin) |
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