24 settembre 2019

Il barbiere di Siviglia (11) - Finale primo

Scritto da Christian

Nel lungo ed elaborato finale del primo atto, il Conte torna in scena per mettere in pratica le idee precedentemente suggeritegli da Figaro, presentandosi in casa di Don Bartolo travestito da soldato ubriaco nella speranza di ottenere il diritto d'alloggio che i comuni cittadini dovevano per legge garantire alle truppe militari di passaggio, e poter così restare da solo con Rosina. Ha però fatto i conti senza l'oste: sia lui che Figaro ignorano infatti che Bartolo è in possesso di un “brevetto d'esenzione” che lo dispensa dal concedere alloggio ai soldati in casa sua. Il Conte non la prende bene e, fingendo di essere adirato, scatena una vera e propria rissa con Bartolo, che nemmeno Figaro, presentatosi all'improvviso, riesce a placare. Il frastuono richiama però l'attenzione della forza pubblica: un drappello di polizia irrompe in casa per chiedere spiegazioni e, udite tutte le campane, dichiara il Conte in arresto. Questi, palesando la propria identità all'ufficiale, viene subito rilasciato, per lo stupore di Bartolo e degli altri presenti (tranne ovviamente il barbiere). E l'atto si conclude con un nulla di fatto, nella confusione generale.

I finali d'atto (lunghe e dinamiche sequenze dove non si distinguono più le singole arie ma la musica fluisce in continuazione, terminando in un concertato polifonico), e in particolar modo quelli del primo atto di un'opera (strutturalmente persino più lunghi e complessi del finale vero e proprio, e dunque spesso il “pezzo forte” della serata), avevano acquisito nella prima metà del diciannovesimo secolo un'importanza fondamentale sia in chiave drammaturgica che dal punto di vista musicale. E Rossini vi sguazza a piene mani con la sua capacità di fondere svariate linee melodiche, concentrando tutti i personaggi della storia e le loro vicissitudini in un unico punto, un vero e proprio culmine di massimo scompiglio e confusione da cui, come una “cima Coppi” da scalare, non può che iniziare una rapida discesa, quella che nel secondo atto condurrà verso il lieto fine. Il finale primo del “Barbiere”, da questo punto di vista, è uno dei suoi capolavori, ed è – insieme all'incipit dell'opera – l'elemento strutturale che maggiormente differenzia la nuova versione della commedia di Beaumarchais da quella precedente di Paisiello (dove il primo atto si concludeva molto più rapidamente, con il Conte che lasciava la casa subito dopo aver passato il biglietto a Rosina). È a questo che si riferisce in particolare l'introduzione al libretto stampato, quando segnala la necessità di inserire nella vecchia struttura «nuove situazioni di pezzi musicali», secondo il rinnovato sistema di convenzioni che era venuto consolidandosi nel primo Ottocento.

L’elemento di maggior attualità stilistica è [...] l’inserimento, nella trama del Barbiere, dei grandi finali d’atto, la cui forma – applicabile sia al genere comico che a quello serio – Rossini andava perfezionando in quegli anni: con il loro perfetto meccanismo, che alterna stasi e concitazione, con l’utilizzo a effetto delle risorse armoniche e dinamiche (l’arcinoto crescendo), Rossini supera i confini del tradizionale realismo buffo per ottenere una comicità ludica estraniante, nevrotica e modernissima.
(Gianni Ruffin)
[I finali d'atto] sono le scene chiave delle rispettive opere, in cui il tempo si sospende nella contemplazione dell'attimo glaciato. Si realizza (e si dimentica subito dopo) l'illusione del pensiero, del ruolo sociale, della volontà di dominio, della vanità di ogni cosa. Sono momenti frananti, in cui morte e vita per un attimo si guardano negli occhi. Il cervello è sostituito dalla musica, il pensiero dal suono. È il momento in cui si è tutti uguali, non esiste più principe né servitore, carnefice e vittima. Si è solo vittime, giacchè il prepotente “cade” e il burlatore ride, sapendo che la commedia dolorosa della vita non per questo si fermerà.
(Vincenzo Carboni)
Preceduto da un breve recitativo/monologo della serva Berta (“Finora in questa camera mi parve di sentir un mormorio...”), che per la prima volta pronuncia delle frasi di senso compiuto (in precedenza si era limitata a... una serie di starnuti!), il finale primo passa da una situazione all'altra con estrema rapidità. Sotto le false vesti del soldato ubriaco (“ruolo” che l'orchestra sottolinea con il motivo del passo militare che accompagna le frasi spezzate del canto: “Ehi, di casa! Buona gente!”; il travestimento non è solo scenico ma anche musicale), Almaviva non resiste alla tentazione di prendersi gioco del padrone di casa, storpiando continuamente il suo nome (che da Bartolo diventa, di volta in volta, Balordo, Bertoldo e Barbaro) e più avanti insultandolo apertamente. Anche all'inizio del secondo atto, quando ricorrerà a un secondo travestimento e si presenterà come vice-maestro di musica (Don Alonso), la prima cosa che farà sarà quella di indisporlo nei propri confronti con la ripetizione ossessiva del saluto “Pace e gioia sia con voi”. Forse non la miglior tattica da usare nei confronti di un vecchio “sospettoso e brontolone”, specialmente quando sarebbe meglio invece ingraziarselo per ottenere ciò che si desidera da lui... Ma le regole del genere comico hanno la prevalenza su tutto, e far ridere il pubblico a spese dell'antagonista di turno ha sempre la precedenza sul realismo della trama.

Da notare come nel duetto fra il dottor Bartolo e il finto soldato, i due personaggi alternino frasi che si scambiano a mo' di dialogo ad altre che invece pensano a parte, fra sé e sé (“Chi è costui? Che brutta faccia...”, “Non si vede! Che impazienza!...”), lo stesso meccanismo che avevamo visto nei duetti precedenti (quelli di Figaro con il Conte e Rosina) e che ritroveremo appunto all'inizio del secondo atto, al momento del successivo travestimento di Almaviva.
Rossini coglie lo stacco tra l’evidenza scenica (il soldato che si presenta ubriaco a casa di Bartolo) e le motivazioni e i pensieri nascosti dei personaggi musicando questa sezione con materiale completamente differente: diventa così palese anche per lo spettatore più ingenuo che la finzione del Conte è per l’appunto un travestimento con secondi fini. Potrebbe sembrare a prima vista uno di quei tanti “a parte” dove, come consuetudine, l’azione del dramma si blocca completamente per dar voce ai sentimenti dei personaggi. In realtà non è del tutto così: proprio in tale momento di pausa apparente Rossini fa sapientemente cascare l’uscita in scena di Rosina, ottenendo il doppio scopo di rendere interessante un di per sé statico “a parte” e di far entrare la ragazza quasi di nascosto, tanto che il Conte stesso non se ne avvede immediatamente.
(Stefano Piana)
Con l'ingresso in scena di Rosina, richiamata dal battibecco, lo scenario musicale cambia di colpo e viene introdotto un nuovo tema, decisamente accelerato e frenetico. I piani si moltiplicano: “Lindoro” e Rosina cercano di parlarsi, di scambiarsi sguardi e cenni d'ìntesa, di passarsi un biglietto, il tutto mentre Bartolo li tiene d'occhio e contemporaneamente cerca nello scrittoio il documento che certifica la sua esenzione dal dare alloggio al soldato. Vedendo che il piano di Figaro ha preso una piega poco favorevole, quando il dottore comincia a leggere il documento (e ancora una volta il canto si muta in “parlato”), il Conte fa salire il livello della confusione rifiutandosi ostinatamente di andarsene ed esigendo di restare in casa anche se non ne ha diritto (stavolta l'insulto, “dottor Somaro”, è voluto e non più figlio di un fasullo fraintendimento).

La musica torna sui toni della marcia militaresca di poco prima, anche in questo caso per nascondere le vere intenzioni di Almaviva, che vuole soltanto distrarre Don Bartolo per poter passare un biglietto a Rosina. La ragazza lo copre con un fazzoletto, ma la mossa non è sfuggita al tutore, che esige di leggerlo. Per fortuna Rosina è abile a sostituire il foglio con “la lista del bucato”, lasciando Bartolo di stucco come un “mammalucco”. È in questo momento che il libretto prevede l'arrivo in scena, quasi di nascosto o sullo sfondo, di due altri personaggi, la serva Berta (giunta ad preannunciare Figaro: “Il barbiere... Uh, quanta gente!”) e Don Basilio, che pur non avendo alcuna particolare funzione drammatica saranno importanti per l'equilibrio generale delle voci nella stretta conclusiva: in particolare a Berta – che si affianca a Rosina come unica altra voce femminile – è affidata la parte più acuta.



Max René Cossotti (Conte), Claudio Desderi (Bartolo), Maria Ewing (Rosina), John Rawnsley (Figaro)
dir: Sylvain Cambreling (1982)

L'azione si fa sempre più tumultuosa: Rosina scoppia a piangere, simulando di essere rimasta offesa per la scarsa fiducia del tutore nei suoi confronti, e questo dà il via a una vera e propria rissa fra il Conte travestito e Bartolo, che viene interrotta dall'irrompere di Figaro, a suo dire richiamato dallo strepito. Il barbiere cerca di salvare in qualche modo la situazione (“Che cosa accadde, signori miei? Che chiasso è questo? Eterni Dei!”), anche fingendo di prendersela con il “soldato ubriaco” (al quale, a parte, raccomanda invece prudenza: “Signor, giudizio, per carità”). Ma ormai è tardi: il piano originale è completamente saltato (altro che “invenzione prelibata”! In un saggio intitolato “Il vero Figaro, o sia Il falso factotum”, Saverio Lamacchia avanza la tesi secondo cui Figaro sia in realtà uno straordinario millantatore: le sue trovate falliscono sempre, e toccherà ad altri – qui al Conte, grazie alla sua borsa e al suo rango, nelle “Nozze” a Susanna e alla Contessa – cercare un modo per salvare la situazione: “al contrario di quanto comunemente si dice, [...] la funzione drammatica di Figaro è quella d'ingarbugliare la matassa piuttosto che dipanarla”).

Già, perché il chiasso ha richiamato l'attenzione delle forze dell'ordine. Un drappello di militari irrompe nella magione (dopo aver educatamente bussato alla porta, con Bartolo che domanda in maniera comica “Chi è?”), congelando all'improvviso la scena e arrestando il flusso musicale, fra lo sconcerto dei personaggi che si chiedono “Quest'avventura, ah, come diavolo mai finirà?”.
Un assieme dominato da note tenute e instabile armonicamente fa rallentare il flusso musicale: lo sconcerto dei personaggi proietta la tensione musicale e teatrale a livelli altissimi utilizzando mezzi quasi opposti a quello sin qui utilizzato del crescendo. La continua aggiunta di elementi alla struttura drammaturgico-musicale ha finito per portarla alla rottura: quello che ne segue è una sorta di disorientante silenzio musicalmente organizzato.
(Stefano Piana)
Davanti alle guardie, ciascun personaggio fornisce la propria versione dei fatti: una a una le voci si accavallano in “una sorta di fugato che finisce per confondere parole e proteste in un insieme allo stesso tempo organizzato e incomprensibile” (Piana). Come l'ufficiale riesca a capire qualcosa è davvero un mistero: fatto sta che, forse dando per scontata la ragione del benestante Bartolo e il torto del povero soldato ubriaco, dichiara che quest'ultimo è in arresto. Al Conte non resta che svelare di nascosto, e in segreto, la propria vera identità all'ufficiale, che dopo un attimo di sorpresa accenna un inchino e fa cenno alle guardie di ritirarsi. Ovviamente a quei tempi la legge non era uguale per tutti.
Lo svelamento da parte del Conte della sua vera identità all’ufficiale, che di conseguenza si ritira in buon ordine omaggiando il potente, rimescola e rimette in gioco tutti i livelli scenico-musicali sin qui messi in campo, lasciando gli altri personaggi «freddi ed immobili» dallo stupore. È il momento ideale per inserire quel largo concertato nel quale come consuetudine i tumultuosi eventi precedenti trovano una sorta di sfogo puramente musicale: il tempo teatrale si blocca e consente alla musica di distendersi in maniera ampia nelle forme che le sono più proprie.
(Stefano Piana)
Luigi Alva (Conte), Fritz Ollendorff (Bartolo), Maria Callas (Rosina), Tito Gobbi (Figaro)
direttore: Alceo Galliera (1957)


Nel largo concertato “Freddo e immobile come una statua”, una sorta di contrappunto a più voci, ciascun personaggio esprime il proprio stupore di fronte all'improvviso cambio di atteggiamento della polizia (tranne naturalmente il Conte, che commenta lo stupore di Bartolo, e Figaro, che invece lo deride con tono canzonatorio). Il tema musicale viene svolto con tre variazioni simili, prima dell'ingresso di Figaro con un tema completamente diverso, quasi a sottolineare come il barbiere sia più un complice divertito dello spettatore che un personaggio come tutti gli altri. Rossini utilizza anche stavolta la musica per distinguere due piani: quello drammaturgico (il Conte e gli altri personaggi) e quello quasi meta-teatrale (Figaro, che commenta come se si rivolgesse al pubblico: “Guarda Don Bartolo!”).

A Stendhal, che pure era un ammiratore di Rossini, questo passaggio non piaceva. Forse non ne coglieva la modernità, o evidentemente era ancora legato agli stilemi di chi lo aveva preceduto (come Cimarosa):
Inverosimile è la immobilità in cui precipita il tutore, alla vista della giustizia del suo paese; forse ci era abituato, i caratteri aridi e ingiusti quali Don Bartolo approfittano della tirannia anziche temerla; è gente che emargina al bilancio. Ho sempre visto che l’immobilità del tutore, mentre tutti cantano «Freddo e immobile come una statua», produce un pessimo effetto. Non appena lo spettatore abbia l’agio di accorgersi che il ridicolo è troppo caricato, non ride più, e la farsa è cattiva. Bisogna stordire lo spettatore come Molière o Cimarosa; ecco uno degli intralci della musica, essa non sa andar presto, mentre le evoluzioni della farsa, per esser buone, devono essere rapide come il baleno. La musica deve darvi direttamente la risata che farebbe nascere una buona commedia, recitata con fuoco.
(Stendhal)
Si giunge infine alla grande stretta che conclude questo lungo finale di primo atto. Dal momento "congelato" di stupore si passa con velocità alla confusione: Bartolo cerca di interloquire con l'ufficiale e con le guardie, ma viene zittito dapprima da loro e poi dagli altri personaggi. A tutti non resta che commentare il caos totale in cui si trovano immersi, paragonato al frastuono che si può provare all'interno di “un'orrida fucina”. Come travolti da una burrasca, incapaci di ragionare o di comprendere qual è il proprio ruolo nella storia, i personaggi si rendono conto di non avere controllo sulla propria vita e sono trascinati da una musica che ondeggia in più direzioni, in un crescendo di emozioni e di sensazioni che si trasmette con estrema facilità anche allo spettatore.
Questo pezzo non offre grosse novità rispetto a brani analoghi: da un punto di vista formale è difatti costituito da un tema a cui segue un crescendo che porta a una sezione intermedia in fortissimo; tutto ciò viene ripetuto e chiosato da una lunga serie di cadenze. Ma la sostanza, l’inventiva e la qualità musicale con cui Rossini riempie tale forma sono davvero formidabili, tanto da far diventare questa stretta una delle chiusure d’atto più famose e trascinanti dell’intera produzione operistica del compositore. Tanti sono i dettagli degni di nota, a partire dal tema iniziale insolitamente lungo e articolato cantato tutto sottovoce assai dai cantanti all’unisono, e accompagnato dal brusio delle rapidissime terzine dei violini e da una particolarissima figurazione dei fiati nella quale trombe, corni, clarinetti e ottavino riempiono nell’ordine ciascuno dei quattro quarti del tempo, arricchiti dal tintinnìo del sistro sull’ultimo quarto. O come durante il crescendo animato dalle implacabili raffiche di terzine velocissime dell’orchestra, dove le parole «Alternando, questo e quello» sono effettivamente avvicendate tra Bartolo e Basilio prima, tra Basilio e i bassi del coro poi, creando un effetto di eco che sembra guidare il cicaleccio degli altri cantanti impegnati in un rapido sillabato di crome. O come, infine, lo splendido effetto di sorpresa che deriva dall’iniziare la ripetizione del tema non già nella tonalità base di Do, ma un tono e mezzo sopra, in Mi bemolle; il che ‘costringe’ il compositore a dover rientrare alla tonalità base durante l’enunciazione del tema e ad inventarsi una discesa modulante dall’effetto elettrizzante. Tutto ciò (e altro) fa di questa stretta una degna conclusione di un finale di notevole complessità scenica, le cui briglie musicali sono saldamente tenute in mano da un Rossini in stato di grazia con mille trovate guidate da un attentissimo controllo formale.
(Stefano Piana)

Luigi Alva (Conte), Enzo Dara (Bartolo), Teresa Berganza (Rosina), Hermann Prey (Figaro),
Stefania Malagú (Berta), Paolo Montarsolo (Basilio)
dir: Claudio Abbado (1971)

Luigi Alva (Conte), Fritz Ollendorff (Bartolo), Maria Callas (Rosina), Tito Gobbi (Figaro),
Gabriella Carturan (Berta), Nicola Zaccaria (Basilio)
direttore: Alceo Galliera (1957)

Se in Mozart i personaggi si incontrano basandosi sulla fiducia che l'altro li condurrà alla propria verità (malgrado perplessità e conflitti borghesemente tutti da comporre), in Rossini soprattutto i concertati sono sì momenti di incontro (o almeno lo dovrebbero essere) ma anche di subitanee trasformazioni in burrasche: qualcosa dell'umano (un del “non umano”?) eccede l'incontro: il desiderio travolge i personaggi portandoli lontano, perché l'incontro è intrinsecamente impossibile. In Rossini il linguaggio – essendo lo spazio dell'incontro con gli altri – non contiene nulla, è vuoto di senso. La natura prende il sopravvento e la tempesta scuote, con i personaggi ridotti a foglie agitate dal vento. L'energia a cui si danno potrebbe condurre al caos, ma grazie alla musica (che tutto sconvolge e contiene) condurrà a un ordine meno bugiardo, meno coperto dai sembianti di Dio, almeno fino alla seguente tempesta.
(Vincenzo Carboni)

Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano (“Finora in questa camera”).

BERTA (entrando)
Finora in questa camera
mi parve di sentir un mormorio;
sarà stato il tutor, colla pupilla
non ha un'ora di ben.
Queste ragazze non la voglion capir.
(Si batte alla porta.)
Battono.

CONTE (di dentro)
Aprite.

BERTA
Vengo... Eccì! Ancora dura;
quel tabacco m'ha posta in sepoltura.
(Corre ad aprire.)

Clicca qui per il testo di "Ehi di casa! Buona gente!".

CONTE
Ehi, di casa! Buona gente!
Ehi, di casa! Niun mi sente!

BARTOLO (entrando)
Chi è costui? Che brutta faccia!
È ubbriaco! Chi sarà?

CONTE
Ehi, di casa! Maledetti!

BARTOLO
Cosa vuol, signor soldato?

CONTE
Ah! sì, sì... bene obbligato.

BARTOLO
(Qui costui che mai vorrà?)

CONTE (cerca in tasca)
Siete voi... Aspetta un poco.
Siete voi... dottor Balordo?

BARTOLO
Che balordo? Che balordo?

CONTE (leggendo)
Ah, ah... Bertoldo?

BARTOLO
Che Bertoldo? Che Bertoldo?
Eh, andate al diavolo!
Dottor Bartolo.

CONTE
Ah, bravissimo,
dottor Barbaro. Benissimo,
già v'è poca differenza.

BARTOLO
Un corno!

CONTE
(Non si vede! che impazienza!
Quanto tarda! dove sta?)

BARTOLO
(Io già perdo la pazienza,
qui prudenza ci vorrà.)

CONTE
Dunque voi siete dottore?

BARTOLO
Son dottore sì, signore.

CONTE
Ah, benissimo. Un abbraccio,
qua, collega.

BARTOLO
Indietro!

CONTE
(lo abbraccia per forza)
Qua.
Sono anch'io dottor per cento,
maniscalco al reggimento.
(presentando il biglietto)
Dell'alloggio sul biglietto
osservate, eccolo qua.

BARTOLO
(legge il biglietto)
Dalla rabbia e dal dispetto
io già crepo in verità.
Ah, ch'io fo, se mi ci metto,
qualche gran bestialità!

CONTE
(Ah, venisse il caro oggetto
della mia felicità!
Vieni, vieni; il tuo diletto
pien d'amor t'attendo qua.)

ROSINA (entrando)
Un soldato ed il tutore!
Cosa mai faranno qua?

CONTE
(È Rosina; or son contento.)

ROSINA
(Ei mi guarda, e s'avvicina.)

CONTE (piano a Rosina)
Son Lindoro.

ROSINA
Oh ciel! che sento!
Ah, giudizio, per pietà!

BARTOLO (vedendo Rosina)
Signorina, che cercate?
Presto, presto, andate via.

ROSINA
Vado, vado, non gridate.

BARTOLO
Presto, presto, via di qua.

CONTE
Ehi, ragazza, vengo anch'io.

BARTOLO
Dove, dove, signor mio?

CONTE
In caserma, oh, questa è bella!

BARTOLO
In caserma?... bagattella!

CONTE
Cara!

ROSINA
Aiuto!

BARTOLO
Olà, cospetto!

CONTE (a Bartolo, incamminandosi verso le camere)
Dunque vado.

BARTOLO (trattenendolo)
Oh, no, signore,
qui d'alloggio non può star.

CONTE
Come? Come?

BARTOLO
Eh, non v'è replica:
ho il brevetto d'esenzione.

CONTE (adirato)
Il brevetto?

BARTOLO
Mio padrone,
un momento e il mostrerò.
(va allo scrittoio)

CONTE (a Rosina)
Ah, se qui restar non posso,
deh, prendete...

ROSINA
Ohimè, ci guarda!

BARTOLO (cercando nello scrittoio)
Ah, trovarlo ancor non posso;
ma sì, sì, lo troverò.

CONTE E ROSINA
(Cento smanie io sento addosso.
Ah, più reggere non so.)

BARTOLO
(venendo avanti con una pergamena)
Ecco qua.
(legge)
"Con la presente il Dottor Bartolo, etcetera, esentiamo..."

CONTE
(con un rovescio di mano manda in aria la pergamena)
Eh, andate al diavolo!
Non mi state più a seccar.

BARTOLO
Cosa fa, signor mio caro?

CONTE
Zitto là, dottor somaro.
Il mio alloggio è qui fissato
e in alloggio qui vo' star.

BARTOLO
Vuol restar?

CONTE
Restar, sicuro.

BARTOLO (prendendo un bastone)
Oh, son stufo, mio padrone;
presto fuori, o un buon bastone
lo farà di qua sloggiar.

CONTE (serio)
Dunque lei, lei vuol battaglia?
Ben! Battaglia le vo' dar.
Bella cosa è una battaglia!
Ve la voglio qui mostrar.
(avvicinandosi amichevolmente a Bartolo)
Osservate! questo è il fosso,
l'inimico voi sarete.
(gli dà una spinta)
Attenzion! E gli amici...
(piano a Rosina alla quale si avvicina porgendole la lettera)
Giù il fazzoletto!
(coglie il momento in cui Bartolo l'osserva meno attentamente. Lascia cadere il biglietto e Rosina vi fa cadere sopra il fazzoletto)
...e gli amici stan di qua.
Attenzione!

BARTOLO
Ferma, ferma!

CONTE
(rivolgendosi e fingendo accorgersi della lettera che raccoglie)
Che cos'è? ah!

BARTOLO
Vo' vedere.

CONTE
Sì, se fosse una ricetta!
Ma un biglietto... è mio dovere,
mi dovete perdonar.
(fa una riverenza a Rosina e le dà il biglietto e il fazzoletto)

ROSINA
Grazie, grazie!

BARTOLO
Grazie un corno!
Qua quel foglio, impertinente!
A chi dico? Presto qua.

ROSINA
Ma quel foglio che chiedete
per azzardo m'è cascato;
è la lista del bucato.

BARTOLO
Ah, fraschetta! Presto qua.
(le strappa il foglio con violenza)

(Entrano da una parte Basilio con carte in mano, dall'altra Berta.)

BARTOLO
Ah, che vedo! ho preso abbaglio!
È la lista, son di stucco!

BERTA
Il barbiere... Uh, quanta gente...

ROSINA E CONTE
(Bravo, bravo il mammalucco
che nel sacco entrato è già.)

BARTOLO
Ah, son proprio un mammalucco!
Ah, che gran bestialità!

BERTA E BASILIO
(Non capisco, son di stucco;
qualche imbroglio qui ci sta.)

ROSINA (piangendo)
Ecco qua! sempre un'istoria;
sempre oppressa e maltrattata;
ah, che vita disperata!
Non la so più sopportar.

BARTOLO (avvicinandosile)
Ah, Rosina, poverina....

CONTE (minacciando e afferrandolo per un braccio)
Via qua tu, cosa le hai fatto?

BARTOLO
Ah, fermate, niente affatto...

CONTE (cavando la sciabola)
Ah, canaglia, traditore!

TUTTI (trattenendolo)
Via, fermatevi, signore.

CONTE
Io ti voglio subissar!

TUTTI (eccetto il Conte e Rosina)
Gente! Aiuto, soccorrete(mi/lo)

ROSINA
Ma chetatevi!

CONTE
Lasciatemi!

TUTTI (come sopra)
Gente! aiuto, per pietà!

FIGARO
(entrando col bacile sotto il braccio)
Alto là!
Che cosa accadde,
signori miei?
Che chiasso è questo?
Eterni Dei!
Già sulla piazza
a questo strepito
s'è radunata
mezza città.
(piano al Conte)
Signor, giudizio, per carità.

BARTOLO (additando il Conte)
Quest'è un birbante!

CONTE (additando Bartolo)
Quest'è un briccone!

BARTOLO
Ah, disgraziato!

CONTE
Ah, maledetto!

FIGARO (alzando il bacile e minacciando il Conte)
Signor soldato
porti rispetto,
o questo fusto,
corpo del diavolo,
or la creanza
le insegnerà.
(piano al Conte)
Signor, giudizio, per carità.

CONTE (a Bartolo)
Brutto scimmiotto!

BARTOLO (al Conte)
Birbo malnato!

TUTTI (a Bartolo)
Zitto, dottore!

BARTOLO
Voglio gridare!

TUTTI (al Conte)
Fermo, signore!

CONTE
Voglio ammazzare!

TUTTI
Fate silenzio, per carità.

CONTE
No, voglio ucciderlo, non v'è pietà.

(Si ode bussare con violenza alla porta di strada.)

TUTTI
Zitti, che battono.
Chi mai sarà?

BARTOLO
Chi è?

CORO (di dentro)
La forza,
aprite qua.

TUTTI
La forza! Oh diavolo!

FIGARO E BASILIO
L'avete fatta!

CONTE E BARTOLO
Niente paura.
Venga pur qua.

TUTTI
Quest'avventura,
ah, come diavolo
mai finirà?

(Entra un ufficiale con soldati)

CORO
Fermi tutti. Niun si mova.
Miei signori, che si fa?
Questo chiasso d'onde è nato?
La cagione presto qua.

BARTOLO
Questa bestia di soldato,
mio signor, m'ha maltrattato.

FIGARO
Io qua venni, mio signore,
questo chiasso ad acquetare.

BERTA E BASILIO
Fa un inferno di rumore,
parla sempre d'ammazzare.

CONTE
In alloggio quel briccone
non mi volle qui accettare.

ROSINA
Perdonate, poverino,
tutto effetto fu del vino.

UFFICIALE
Ho inteso.
(al Conte)
Galantuom, siete in arresto.
Fuori presto,
via di qua.
(I soldati si muovono per circondare il Conte.)

CONTE
In arresto? Io?
Fermi, olà.
(Con gesto autorevole trattiene i Soldati che si arrestano. Egli chiama a sé l'Ufficiale, gli dà a leggere un foglio: l'Ufficiale resta sorpreso, vuol fargli un inchino, e il Conte lo trattiene. L'Ufficiale fa cenno ai soldati che si ritirano indietro, e anch'egli fa lo stesso. Quadro di stupore.)

ROSINA, CONTE, BARTOLO, BASILIO E BERTA
Freddo/a ed immobile
come una statua
fiato non restami/gli
da respirar.

FIGARO (ridendo)
Guarda Don Bartolo!
Sembra una statua!
Ah ah! dal ridere
sto per crepar!

BARTOLO (all'Ufficiale)
Ma, signor...

CORO
Zitto tu!

BARTOLO
Ma un dottor...

CORO
Oh, non più!

BARTOLO
Ma se lei...

CORO
Non parlar!

BARTOLO
Ma vorrei...

CORO
Non gridar!
Vada ognun pe' fatti suoi,
si finisca d'altercar.

BARTOLO
Ma sentite...

GLI ALTRI
Zitto su!
Zitto giù!

BARTOLO
Ma ascoltate..

GLI ALTRI
Zitto qua!
Zitto là!

TUTTI
Mi par d'esser con la testa
in un'orrida fucina,
dove cresce e mai non resta
delle incudini sonore
l'importuno strepitar.
Alternando questo e quello
pesantissimo martello
fa con barbara armonia
muri e volte rimbombar.
E il cervello, poverello,
già stordito, sbalordito,
non ragiona, si confonde,
si riduce ad impazzar.



David Kuebler (Conte), Carlos Feller (Bartolo), Cecilia Bartoli (Rosina), Gino Quilico (Figaro),
Edith Kertész-Gabry (Berta), Robert Lloyd (Basilio)
dir: Gabriele Ferro (1988)


Richard Croft (Conte), Renato Capecchi (Bartolo), Jennifer Larmore (Rosina), David Malis (Figaro),
Leonie Schoon (Berta), Simone Alaimo (Basilio)
dir: Alberto Zedda, regia: Dario Fo (1992)

Raúl Giménez (Conte), Alessandro Corbelli (Bartolo), Jennifer Larmore (Rosina),
Håkan Hagegård (Figaro), Barbara Frittoli (Berta), Samuel Ramey (Basilio)
direttore: Jesús López-Cobos (1992)