6 aprile 2012

8. Duetto: "Signor, deh concedete"

Scritto da Daniele Ciccolo

Terminato il quartetto, ritroviamo in scena Carolina e Paolino.
È la prima volta che hanno l'occasione di parlare da soli in seguito al loro ultimo contatto, che ha aperto il primo atto dell'opera.
Nel frattempo è successa almeno una cosa di rilievo che Carolina sente il bisogno di confidare allo sposo.
Infatti, come ho scritto in questo post, Geronimo aveva ricevuto una proposta di matrimonio anche per la figlia minore. È proprio in questo momento che Paolino ne viene a conoscenza. Di certo, non può esserne contento: si tratta di un ulteriore elemento di complicazione della sua vicenda amorosa.
Ma questo non significa che il giovane si dia per vinto. Egli, come dichiara alla sposa, ha intenzione di affidarsi al Conte perché questi difenda la sua causa. Legittimamente, Carolina gli chiede cosa potrebbe fare in caso il Conte si rifiutasse di prendere un tale impegno; in caso di disperazione, Paolino sa di potersi gettare ai piedi di Fidalma, che lo ha sempre trattato con gentilezza e rispetto: la donna, infatti, "
del fratello suo possiede il core" e quindi potrebbe eventualmente fare da mediatrice.
Finisce così il breve dialogo tra i giovani sposi, visto che il Conte è solo e sembra essere il momento adatto per parlargli.
Il recitativo continua così tra Paolino e il Conte, mentre Carolina è uscita di scena.
Paolino si fa coraggio e dice al nobile di aver bisogno di lui. Ma anche il Conte ha qualcosa da dire al giovane suo protetto. Il Conte fa capire a Paolino che Elisetta non gli piace e che non intende sposarla: è Carolina che, invece, gli ispira sinceri sentimenti d'amore.
Come potrete immaginare, la tensione sale ancora. Si tratta, infatti, di un ulteriore elemento di complicazione che agisce su due piani:
- da una parte lede le intenzioni di Geronimo e le smanie di Elisetta;
- dall'altra, invece, si pone come ulteriore ostacolo all'annuncio dell'unione segreta tra Paolino e Carolina.

Paolino, allora, chiede al padrone quale argomentazione userà per disimpegnarsi con Geronimo nei confronti di Elisetta. Qui riemerge il concetto del matrimonio combinato con fini esclusivamente economici: l'interesse prevale sugli affetti. Il Conte, infatti, è molto rapido e deciso a dare la propria risposta: basterà accontentarsi di metà della dote promessa (cioè di 50.000 scudi un luogo di 100.000) e tutto si sistemerà, senza tenere in alcuna considerazione i sentimenti che potrebbero provare ora Elisetta (apertamente rifiutata) ora Carolina (già sposata).

Si conclude così questo recitativo, di cui segue il testo.

Clicca qui per il testo del recitativo.

CAROLINA
Ah, Paolino mio...

PAOLINO
Sposa mia cara...

CAROLINA
Di poterti aver solo
io non vedevo l'ora.
Sappi che ogni dimora
è omai precipitosa;
mio padre a un Cavalier va a farmi sposa.

PAOLINO
Ci mancava anche questa
per più inasprirlo al caso!
Ma non perdo il coraggio. Al conte subito
vado a raccomandarmi.

CAROLINA
Ma se sdegnasse il Conte
d'entrar in questo impegno?

PAOLINO
Di lui punto non dubito;
ma al caso disperato, o cara mia,
a pie' mi metterei della tua zia:
sa essa cos'è amore,
e del fratello suo possiede il core.

CAROLINA
E te ne fideresti?

PAOLINO
Sì: con bontà mi tratta, e con dolcezza,
anzi, quasi direi che m'accarezza.

CAROLINA
In qualunque maniera
non devi differir. Vedi là il Conte,
cogli questo momento.
Datti coraggio; io mi ritiro intanto
tutta, tutta agitata.
Ti assista amor che la cagion n'è stata.

PAOLINO
Cara, son tutto vostro. Amor pietoso,
quanto grato ti sono. Anima mia,
della gioia l'eccesso
quasi quasi mi trae fuor di me stesso,
brillar mi sento il core,
mi sento giubilar;
Ah! più felice amore
di questo non si dà.
Datemi, o cara, un pegno
d'amore e fedeltà;
Io sono un impaziente
che tollerar non sa.
(Carolina parte)

PAOLINO
Sì, coraggio mi faccio
giacché solo qui viene.

CONTE
Amico mio,
io vo di te cercando,
smanioso, ansioso, ch'è di già mezz'ora.
Ho di te gran bisogno.

PAOLINO
Ed io di voi.

CONTE
Sì: quello che tu vuoi. – Per te son io,
ma prima dir mi lascia il fatto mio.

PAOLINO
Sì, signore, parlate.

CONTE
All'amor, Paolino,
che sempre t'ho portato,
sempre tu fosti grato.
Però non serve qui di far preamboli;
ma veniamo alla breve,
ché, senza far un giro di parole,
ciascheduno può dir quello che vuole.

PAOLINO
Benissimo. Veniamo dunque al fatto.

CONTE
Tu sai che ho già disposto
di richiamarti a casa
fra pochi mesi, e darti del contante
perché tu pur divenga un buon mercante.
Sì, già lo sai, non serve un tal racconto;
ma, alla breve, alla breve,
quello che si vuol dir, dire si deve.

PAOLINO
Ebbene, signor mio,
lo sbrigarvi sta a voi.

CONTE
Sentimi dunque.
Sia com'esser si voglia,
o per l'una o per l'altra
delle ragioni che non si comprendono,
o sia come si sia,
perché fare gran chiacchiere non soglio;
la sposa non mi piace, e non la voglio.

PAOLINO
Che cosa dite adesso?

CONTE
Dico assolutamente
che non la voglio.

PAOLINO
E come mai potreste
oggi disimpegnarvene?

CONTE
Facilissimamente.
Invece di sposare la maggiore
sposerò la cadetta:
dei cento mila invece per la dote,
sol di cinquanta mila io mi contento.
Ecco tutto aggiustato in un momento.
Quella, quella mi piace,
quella m'ha innamorato. Ora, da bravo:
vanne, fa presto, al padre ciò proponi.
Sciogli, conchiudi, e poi di me disponi.

PAOLINO
(Me infelice!)

CONTE
Cos'hai?

PAOLINO
Niente, signore.

CONTE
Va dunque, va, fa presto.

PAOLINO
(Misero me, che contrattempo è questo!)


La successiva aria ha la forma del duetto.
Da notare la diversità degli atteggiamenti di Paolino prima e del Conte poi.
Paolino, infatti, appare titubante; è chiaro che non sa cosa dire e così si appella a vaghe espressioni, come quando dice "la civiltà, l'onore, di tutti lo stupore", ecc. Dal canto suo, invece, il Conte appare abbastanza deciso nel suo pensiero: ormai l'innamoramento per Carolina sembra irreversibile e coinvolge per intero la sua sfera emozionale.
La musica di Cimarosa esprime bene questa diversità di "vedute". Se, da un lato, la linea melodica di Paolino si caratterizza per la presenza di cromatismi ed abbellimenti (che, musicalmente parlando, sono utilizzati per esprimere l'incertezza e la titubanza del personaggio), il canto del Conte, dall'altro, appare invece deciso e si sviluppa su accenti ben definiti, che evidenziano il vigore delle intenzioni del nobile.
Insomma, sia testualmente che musicalmente, il duetto presenta due punti di vista al momento inconciliabili. Sarà nel secondo atto che potremo osservare se ed in che misura tale diversità di vedute possa in qualche modo trovare una soluzione.

Vi lascio al testo dell'aria e agli ascolti relativi.

Clicca qui per il testo del brano.

PAOLINO
Signor, deh concedete...
Sdegnarvi io non vorrei...
Pensate, riflettete...
Il dispiacer di lei...
La civiltà, l'onore...
Di tutti lo stupore...
Ah, che mi vo' a confondere!
Ah, più non so che dir!

CONTE
Tu cosa vai dicendo,
tu cosa vai seccando?
Non star più discorrendo,
a te mi raccomando.
L'amabile cadetta
mi stimola, m'affretta;
non posso più resistere,
mi sento incenerir.

PAOLINO
Quel fuoco che v'accende,
un altro forse offende...
Ah, sento proprio il core
che in sen mi va a languir!

CONTE
Il fuoco che m'accende
da me più non dipende:
non sposo la maggiore
se credo di morir.
(Partono)



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