25 gennaio 2012

6. Cavatina con pertichini: "Senza, senza cerimonie"

Scritto da Daniele Ciccolo

Siamo giunti ad un momento rilevante, che, secondo il mio punto di vista, è secondo per importanza al solo Finale I, che conclude il primo atto e di cui avrò cura di parlare più avanti.

È, questa, la scena in cui il Conte Robinson fa il suo ingresso nella casa di Geronimo per conoscere la sposa, firmare il contratto, ricevere la relativa dote e concludere con la celebrazione delle nozze.

Ma fermiamoci un momento a spendere due parole sul recitativo che precede quest'aria.
Uscite Fidalma ed Elisetta, rientrano in scena Geronimo e Carolina.
L'anziano borghese comunica alla figlia minore che ha da poco ricevuto un'altra nobile proposta destinata proprio a lei. Così assistiamo ad una duplice manifestazione di sentimenti: Geronimo è colmo di felicità perché la sua smania sta per trovare completa soddisfazione; Carolina, invece, è comprensibilmente preoccupata, dal momento che si tratta di un impaccio non di poco conto, che rende maggiormente difficoltoso il proposito di svelare la sua unione segreta con Paolino.
Ancora, in questo recitativo, di cui segue il testo, l'elemento comico della "durezza d'orecchi" di Geronimo viene asservito alla tragicità dei pensieri di Carolina: le parole di quest'ultima, infatti, sono puntualmente fraintese dall'anziano padre.

Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

GERONIMO
Prima che arrivi il Conte,
io voglio rallegrarti;
vuol da tutte le parti
oggi felicitarmi la mia sorte.
Senti... Ma ridi prima, e ridi forte.

CAROLINA
Non farei, s'io ridessi,
che una cosa sforzata, e senza gusto.

GERONIMO
Sicuro, ci avrai gusto.
Sposa d'un cavalier tu pur sarai;
ora mi venne la proposizione,
e in oggi s'ha da far la conclusione.
Ridi, ridi, ragazza.

CAROLINA
(Oh me meschina!
Qui nasce una rovina
se Paolin non fa presto.)

GERONIMO
E perchè mò non ridi, e te ne stai
con quella faccia mesta?

CAROLINA
Ho dolore di testa.

GERONIMO
S'egli è un signor di testa? È un cavaliere;
e non vuoi che sia un uom ch'abbia talento?

CAROLINA
(Ah, mi manca il consiglio in tal momento!)

PAOLINO
(forte)
Signore, ecco qua il Conte.

GERONIMO
Il Conte? Oh! presto, presto...
Rimettiamo il discorso...
Scendiamo ad incontrarlo fin abbasso.

PAOLINO
Ecco che ha più di noi veloce il passo.


Se avete dato anche un rapido sguardo al testo precedente avrete sicuramente notato che il dialogo tra padre e figlia si è interrotto: Paolino ha, infatti, fatto irruzione in scena ad annunciare che il Conte è appena arrivato. Così anche gli altri personaggi della storia, cioè Fidalma ed Elisetta, si affrettano ad accogliere l'illustre ospite.

Da un punto di vista della successione degli eventi, la collocazione dell'arrivo del Conte in questo punto non è casuale; anzi, è funzionale a far accrescere nel corso delle scene precedenti una certa dose di curiosità, non solo da parte dei personaggi della storia, ma anche da parte del pubblico stesso.
Potete provare ad immaginare, infatti, un'alternativa articolazione della vicenda, in cui il Conte entra poco dopo l'inizio o addirittura è presente nella scena iniziale: si perderebbe molto, non trovate?
Insomma, è un vero e proprio espediente teatrale (quello di ritardare quanto più possibile l'arrivo del nobile titolato) funzionale a creare la cosiddetta suspense, tanto nei personaggi quanto negli spettatori.

Parliamo ora della forma di quest'aria. Per correttezza di linguaggio dire "aria" è incompleto e riduttivo. Se, invece, la si chiama "Cavatina con pertichini" allora diamo una nozione maggiormente corretta, perché risponde ad un preciso significato. Ma andiamo con ordine.
Il termine "cavatina" indica, nel linguaggio operistico, l'aria con cui un personaggio si presenta per la prima volta in scena. Confermo le informazioni di Wikipedia, là dove si dice che è una tipica impostazione data all'aria nel corso del XIX secolo (celeberrima, infatti, è quella di Figaro nel "Barbiere di Siviglia"), pur essendo presente anche nei decenni precedenti. E confermo anche il fatto che in genere si tratta di un'aria dal carattere virtuosistico, per dare al cantante la possibilità di dar prova delle sue doti vocali.
La seconda parte dell'espressione, "con pertichini", fa invece riferimento a una caratteristica di quest'aria che, ad essere sincero, è la prima volta che incontro in un'opera (o, quand'anche ne avessi incontrato qualche altro esempio, non devo avervi fatto caso). Infatti, in genere la cavatina è l'aria di un singolo personaggio. Qui, invece, i "pertichini" non sono altro che entrate degli altri personaggi, i quali, per così dire, si intrufolano nel discorso del Conte. Sono aspetti, questi, che vi saranno sicuramente più chiari una volta ascoltato il brano relativo.

Adesso vorrei concentrarmi su un particolare musicale che, in tutta onestà, non proviene dalla mia analisi personale, ma che ho recuperato leggendo qua e là a scopo di approfondimento. Si tratta di un ennesimo esempio di come la musica sia spesso superiore alla parola.
Noi, come ho già detto più sopra, siamo consapevoli del fatto che il personaggio entrante è proprio il Conte.
Immaginiamo, per puro caso, che uno spettatore entri in teatro proprio nel momento in cui l'aria comincia, senza cioè che abbia le informazioni del precedente recitativo; è la stessa situazione (per essere un po' più moderni!) dell'utente di youtube che si ritrova a guardare il video senza alcuna informazione sul suo background.
Ecco, se il nostro spettatore ritardatario o il nostro utente del web fossero persone colte potrebbero ugualmente riuscire a capire che chi sta entrando è un nobile.
Mi spiego meglio.
La struttura musicale che Cimarosa utilizza (e che è visibile consultando la partitura) prevede che gli archi siano sostenuti da una impostazione dei fiati del tutto peculiare. Essi, infatti, (cioè oboi, clarinetti, corni e fagotti) suonano a due a due e costituiscono un ottetto. Ebbene, alcuni sovrani, seguiti dagli aristocratici più importanti, ebbero l'idea (nel XVIII secolo) di costituire delle "orchestre di fiati" personali a scopo di intrattenimento, dove i fiati si disponevano ad ottetto.
Insomma, l'uso degli strumenti a fiato secondo la struttura a ottetto richiama in modo inequivocabile gli insiemi orchestrali con cui i nobili amavano intrattenersi, che costituivano, per così dire, un "marchio" di riconoscimento: possiedi un ottetto di fiati, dunque non puoi che essere nobile! Questo dimostra ampiamente la genialità di Cimarosa nello sfruttamento di questo particolare, praticamente indistinguibile all'orecchio semplice, ma sicuramente ben noto all'ambiente dell'epoca (ricordo, infatti, che la prima rappresentazione della nostra opera è stata in un Teatro di Corte, aperto, cioè, alla cerchia nobiliare).

Veniamo adesso al suo contenuto.
Come si può presentare un nobile? Con quale atteggiamento?
Potete sicuramente intuire che il comportamento rievoca la "etichetta" delle corti dell'epoca.
Da dietro le quinte, infatti, il Conte dichiara di non voler alcuna cerimonia, eppure entra in modo di tutto rispetto:
- abbraccia il futuro suocero;
- con un'espressione d'effetto si proclama "servitore" di Fidalma;
- bacia la mano ad Elisetta;
- si complimenta con Carolina per la bellezza dei suoi occhi;
- si complimenta con Paolino e con gli altri personaggi perché "grazia e brio" regnano nel palazzo.

Molti commentatori hanno considerato questo comportamento come eccessivamente artificioso, addirittura ridicolo.
Secondo me la leziosaggine di tale atteggiamento non va colta in senso assoluto, ma deve essere riferita al contesto in cui si sviluppa: si tratta di un nobile che entra in una casa borghese.
La qual casa non è per niente abituata a simili presentazioni e d'altro canto il Conte non è forse abituato ad adattare il suo modo di fare all'ambiente in cui si trova: fa ciò che gli viene naturale e che ha sempre fatto.
Però questa commistione crea una situazione buffa: il Conte non si rende per nulla conto di poter risultare eccessivo (Senza essere affettato / mi distinguo in civiltà), mentre Paolino è di tutt'altra idea (che fa troppo il caricato / non s'avvede e non lo sa).
Tra le altre parti del testo concludo concentrandomi su Geronimo. Ancora una volta, il suo udito gli fa brutti scherzi, al punto di non riuscire a capire una parola di quello che l'illustre ospite sta dicendo (l'ho sentito, l'ho ascoltato / ma capito non l'ho già).

Clicca qui per il testo del brano.

CONTE
Senza, senza cerimonie,
alla buona, vengo avanti.
Riverisco tutti quanti.
Non s'incomodin, non voglio,
complimenti far non soglio:
sol do al suocero un abbraccio;
(a Fidalma)
Servitore a lei mi faccio:
dal dover non m'allontano;
(ad Elisetta)
Bacio a lei la bella mano...
(a Carolina)
Vengo a lei, sì, vengo a lei,
che ha quegli occhi così bei...
Paolino, amico mio,
qui sol regna grazia e brio.
Bravo padre! brave figlie!
Siete incanti, meraviglie,
siete gioie... Ma scusate;
ch'io respiri almen lasciate,
o il polmon mi creperà.

ELISETTA, CAROLINA, FIDALMA
Prenda pure, prenda fiato,
Seguitare poi potrà.

PAOLINO
(Che fa troppo il caricato
non s'accorge, non lo sa.)

GERONIMO
(L'ho sentito l'ho ascoltato,
ma capito non l'ho già.)

PAOLINO, GERONIMO, ELISETTA, CAROLINA, FIDALMA
(Che un tamburo abbia suonato
mi è sembrato in verità.)

CONTE
Senza essere affettato,
mi distinguo in civiltà.

Seguono alcune versioni di questo brano.

Permettetemi di dire qualcosa a proposito della prima delle versioni che seguono.
Si tratta di quella che vede come protagonista Roberto Coviello. Posso affermare che il Maestro Coviello rappresenta il nucleo più prezioso di questo allestimento dell'opera, che a sua volta è per me un vero gioiello.
Molto non lo conoscono, ma si tratta di un baritono italiano che, all'epoca della registrazione dell'opera, ha appena una trentina d'anni. Potete notare da un lato la perizia tecnica e il controllo del bel suono che riesce a produrre (sono sicuro che anche i "non specialisti", dopo aver ascoltato le differenti versioni di seguito inserite, sapranno almeno intuire queste sue abilità, pur non conoscendone i dettagli); dall'altro, invece, v'è da annoverare un altro aspetto, da non trascurare: il Maestro, infatti, è un perfetto padrone della scena, unendo alle abilità canore anche quelle tipiche dell'attore.
Coviello ha presto lasciato l'attività di cantante perché ha sentito la passione per l'insegnamento ed ha capito l'importanza di trasmettere ciò che si è imparato a beneficio delle future generazioni di cantanti. Attualmente insegna a Milano, presso la Scuola Civica.
Non mi resta che lasciarvelo assaporare!


Roberto Coviello



Claudio Nicolai

Mario Cassi

Fra i due video che seguono vorrei ribadire la mia assoluta contrarietà alla resa scenografica e alle soluzioni registiche adottate. Ve lo lascio così, come pensiero "buttato" lì, perché lunga sarebbe la discussione!


Omar Montanari

Dong-Il Park

Siete coraggiosi? Avete problemi di stomaco? Volete per caso conoscere un rimedio infallibile (e anche gratuito!) per la purificazione a livello gastro-intestinale? Se avete risposto "sì" ad almeno una delle precedenti domande, allora il prossimo video è perfetto per voi!


Yusuke Ogawa

Mi odiate a morte? Avete deciso di non seguirmi più? Lo so, lo so, forse ho esagerato: sarà che mi sono lasciato assorbire dallo spirito comico tipico dell'opera buffa!
Non vi preoccupate, mi faccio perdonare grazie ad un illustre direttore d'orchestra (Daniel Barenboim) che dirige un ottimo artista (Alberto Rinaldi).


Alberto Rinaldi

9 commenti:

Marisa ha detto...

Entrata in scena davvero divertente.
D'altra parte è abbastanza facile prendere in giro i nobili perchè il livello di autocritica è inesistente, abituati come sono a circondarsi solo di chi gli rimanda un'immagine di compiacimento e ai tempi di Cimarosa sicuramente era ancora peggio.
Mozart e lui sono ancora più ammirevoli anche per questa notevole capacità di ironia.


Daniele Ciccolo ha detto...

Esatto! Mozart e Cimarosa hanno, tra gli altri, fatto culturalmente ciò che i rivoluzionari francesi hanno fatto con le armi: colpire il ceto nobiliare. Però, quando questo è fatto con l'Arte dell'opera (che ridicolizza quegli stessi nobili cui lo spettacolo è primariamente diretto) acquista un alto significato che rimane nel solco della storia.


Christian ha detto...

Un brano molto simpatico!

Non conoscevo la definizione "con pertichini". Però, ora che ci penso, potrebbe esserne un esempio anche la prima aria di Donna Elvira nel "Don Giovanni"? Mi riferisco ad "Ah, chi mi dice mai / quel barbaro dov'è?", in cui Don Giovanni e Leporello si introducono con i loro commenti ("Poverina! Cerchiam di consolare il suo tormento...").


Daniele Ciccolo ha detto...

Ho controllato. Nonostante la terminologia del libretto risulti piuttosto generica (si parla infatti semplicemente di "aria") credo che quella di Donna Elvira sia senza dubbio un altro chiaro esempio di cavatina con pertichini!
In casi del genere, credo che la terminologia si sia evoluta progressivamente!
Grazie del contributo! :)


Gúrgite vasto ha detto...

Ottimo sito! Direi che la ridicolaggine della presentazione del Conte Robinsone sia sottolineata proprio dai "pertichini" dei personaggi femminili, proprio l'unico che non viene citato dal commentatore: "Che un cannone abbia tuonato mi è sembrato in verità!"


Diego ha detto...

Ce un caso di più di chiamar "cavatina con pertichini" ad un aria: In "La cambiale di matrimonio", di Rossini si chiama così alla presentazione di Slook.


Francesco ha detto...

Bellissima opera che sto scoprendo con questo meraviglioso blog! Devo dire che questa parte dell'opera mi ha riportato alla mente un altro compositore che personalmente adoro: Gioachino Rossini. Nella sua opera "La cambiale di matrimonio" l'entrata in scena del negoziante americano Slook ricorda molto questa scena. Ma soprattutto mi è venuta in mente "La Cenerentola", più precisamente l'arrivo di Dandini in casa di Don Magnifico: anche i due libretti in alcuni punti sono simili. Sarebbe interessante fare un confronto con queste tre opere, che condividono il tema del matrimonio d'interesse.


Anonimo ha detto...

Forse un’aria con pertichini potrebbe essere considerata anche la cavatina di Dandini in “La Cenerentola” di Rossini?


Anonimo ha detto...

Giovanni Tarasconi, il mio nome, anonimo fa quasi paura!!