8 settembre 2011

La traviata (22) - La morte di Violetta

Scritto da Christian

Felice per il ritorno di Alfredo, Violetta vorrebbe subito alzarsi dal letto, uscire di casa e correre in chiesa per ringraziare di questa gioia, ma le forze le mancano. Anche Alfredo si rende conto del grave stato in cui versa la ragazza. Mentre Annina viene mandata a chiamare il dottore, Violetta lamenta la sua triste sorte ("Gran Dio! Morir sì giovine"), alternando momenti di spossatezza e di delirio ad altri di maggiore energia. Giunge anche Giorgio Germont, in tempo per esprimere nuovamente il proprio rimorso e chiedere perdono per le sue azioni. Mentre gli uomini le porgono l'ultimo conforto, Violetta prende finalmente coscienza della sua fine imminente: dona ad Alfredo un medaglione con il suo ritratto ("Prendi, quest'è l'immagine de' miei passati giorni"), pregandolo di donarlo alla ragazza che un giorno sposerà ("Se una pudica vergine"), e infine, dopo essere stata colta per un attimo da un ultimo e illusorio istante di apparente vigore (il tema dell' "amor che palpita" si può udire nuovamente in sottofondo, mentre Violetta recita – anziché cantare – le sue ultime parole), ricade esanime e priva di vita sul canapè. Tutto il finale è musicalmente molto bello, per le melodie, l'intensità e il flusso continuo di emozioni. L'intero concertato con cui si conclude l'opera è all'insegna di toni funerei e disperati, che precedono una fine rapidissima e senza possibilità di scampo.

Se la signora delle camelie di Dumas moriva da sola, Violetta spira invece tra le braccia di Alfredo e in presenza di Germont, Annina e il dottor Grenvil. Sono assenti invece Flora, Gastone, il Barone (ovviamente) e tutti gli altri amici della Parigi "godereccia" con cui la ragazza era solita condividere le feste e la vita mondana. Se è comprensibile che, rispetto al dramma originale, Verdi e Piave abbiano fatto ricomparire il personaggio di Giorgio Germont (che viene richiamato sulla scena per consentire a tutti i tre interpreti principali – tenore, soprano e baritono – di essere presenti alla chiusura del sipario, ma la cui profferta di pentimento risponde anche a esigenze di chiusura "drammaturgica" dell'azione), l'assenza dei vari personaggi minori serve a sottolineare ancora di più l'abbandono e la desolazione in cui giace Violetta al momento della sua dipartita. La morte della ragazza, comunque, non è del tutto infelice. Violetta lascia il mondo dopo aver provato la gioia immensa (e a quel punto quasi inattesa) di riabbracciare Alfredo, che le dichiara perdono ed eterno amore, e non in preda al dolore della separazione ("Ah, s'anco in vita m'hai ritrovata / credi che uccidere non può il dolor"), nonché felice perché circondata da amici ("Fra le braccia io spiro / di quanti cari ho al mondo").

Il dramma di Dumas si concludeva con le parole di un personaggio che diceva alla protagonista: "Dormi in pace, Marguerite! Molto ti sarà perdonato, perché molto hai amato". A differenza di Margherita Gautier, Violetta Valèry non deve invece farsi perdonare niente; anzi, è a lei che spetta perdonare i due Germont ("Scorda l'affanno, donna adorata / a me perdona e a al genitor"), sebbene la ragazza si affretti a non voler riconoscere la propria "superiorità morale" ("Ch'io ti perdoni? La rea son io: ma solo amore tal mi rendè") allo stesso modo in cui si era sottomessa alla morale perbenista di Germont durante il loro duetto nel secondo atto. Violetta dunque non muore da "traviata" in cerca di redenzione, ma da martire dell'amore. Al riguardo, cito le riflessioni di due critici musicali:

"Violetta muore sì, perché siamo in una tragedia, ma non ci appare affatto redenta perché non ha nulla da cui redimersi." (Fabrizio Della Seta)
"Violetta muore con una solennità straordinaria per una fragile eterea [...]; i tragici e lenti accordi ribattuti in un andante sostenuto sono, sì, segnato da un estremo pianissimo [...] che conviene alla delicatezza del personaggio, ma hanno in sé un'intrinseca austerità raccolta e minacciosa: nella strumentazione hanno larga parte le trombe, quasi morisse un eroe beethoveniano, o un Sigfrido. E Violetta muore come un eroe e come un martire." (Massimo Mila)

Clicca qui per il testo del brano.

VIOLETTA
Ah, non più!
A un tempio, Alfredo, andiamo,
del tuo ritorno grazie rendiamo.
(vacilla)

ALFREDO
Tu impallidisci!

VIOLETTA
È nulla, sai!
Gioia improvvisa non entra mai
senza turbarlo in mesto core.
(si abbandona come sfinita sopra una sedia col capo cadente all'indietro)

ALFREDO
(spaventato, sorreggendola)
Gran Dio! Violetta!

VIOLETTA
È il mio malore.
Fu debolezza! Ora son forte.
(sforzandosi)
Vedi? sorrido.

ALFREDO
(desolato)
(Ahi, cruda sorte!)

VIOLETTA
Fu nulla. Annina, dammi a vestire.

ALFREDO
Adesso? Attendi.

VIOLETTA
(alzandosi)
No, voglio uscire.
(Annina le presenta una veste ch'ella fa per indossare e impedita dalla debolezza, esclama:)
Gran Dio! non posso!
(getta con dispetto la veste e ricade sulla sedia)

ALFREDO
Cielo! che vedo!
(ad Annina)
Va pel dottor.

VIOLETTA
(ad Annina)
Digli che Alfredo
è ritornato all'amor mio.
Digli che vivere ancor vogl'io.
(Annina parte)

VIOLETTA
(ad Alfredo)
Ma se tornando non m'hai salvato,
a niuno in terra salvarmi è dato.
(sorgendo impetuosa)
Gran Dio! morir sì giovane,
io che penato ho tanto!
Morir sì presso a tergere
il mio sì lungo pianto!
Ah, dunque fu delirio
la cruda mia speranza;
invano di costanza
armato avrò il mio cor!
Alfredo! Oh, il crudo termine
serbato al nostro amor!

ALFREDO
Oh mio sospiro, oh palpito,
diletto del cor mio!
Le mie colle tue lagrime
confondere degg'io.
Ma più che mai, deh, credilo,
m'è d'uopo di costanza,
Ah! tutto alla speranza
non chiudere il tuo cor.
Violetta mia, deh, calmati,
m'uccide il tuo dolor.

(Violetta s'abbatte sul canapé. Entrano Annina, il signor Germont e il Dottore.)

GERMONT
Ah, Violetta!

VIOLETTA
Voi, Signor!

ALFREDO
Mio padre!

VIOLETTA
Non mi scordaste?

GERMONT
La promessa adempio.
A stringervi qual figlia vengo al seno,
o generosa.

VIOLETTA
Ahimé, tardi giungeste!
Pure, grata ven sono.
Grenvil, vedete? tra le braccia io spiro
di quanti ho cari al mondo

GERMONT
Che mai dite!
(osservando Violetta)
(Oh cielo è ver!)

ALFREDO
La vedi, padre mio?

GERMONT
Di più non lacerarmi.
Troppo rimorso l'alma mi divora.
Quasi fulmin m'atterra ogni suo detto.
Oh, malcauto vegliardo!
Ah, tutto il mal ch'io feci ora sol vedo!

VIOLETTA
(frattanto avrà aperto a stento un ripostiglio della toilette, e toltone un medaglione dice:)
Più a me t'appressa ascolta, amato Alfredo.
Prendi: quest'è l'immagine
de' miei passati giorni;
a rammentar ti torni
colei che sì t'amò.
Se una pudica vergine
degli anni suoi nel fiore
a te donasse il core,
sposa ti sia, lo vo'.
Le porgi questa effigie:
dille che dono ell'è
di chi nel ciel tra gli angeli
prega per lei, per te.

ALFREDO
No, non morrai, non dirmelo!
Dei viver, amor mio.
A strazio sì terribile
qui non mi trasse Iddio.
Sì presto, ah no, dividerti
morte non può da me.
Ah, vivi, o un solo feretro
m'accoglierà con te.

GERMONT
Cara, sublime vittima
d'un disperato amore,
perdonami lo strazio
recato al tuo bel core.

GERMONT, DOTTORE E ANNINA
Finché avrà il ciglio lacrime
io piangerò per te.
Vola à beati spiriti;
Iddio ti chiama a sé.

VIOLETTA
(rialzandosi animata)
È strano!

TUTTI
Che?

VIOLETTA
Cessarono
gli spasmi del dolore.
In me rinasce... m'agita
insolito vigore!
Ah! io ritorno a vivere!
(trasalendo)
Oh gioia!
(ricade sul canapè)

TUTTI
O cielo! muor!

ALFREDO
Violetta!

ANNINA E GERMONT
Oh Dio, soccorrasi.

DOTTORE
(dopo averle toccato il polso)
È spenta!

TUTTI
Oh mio dolor!


Maria Callas, Giuseppe di Stefano, Ettore Bastianini
direttore: Carlo Maria Giulini (1955)


Anna Netrebko, Rolando Villazón, Thomas Hampson


Desirée Rancatore, Stefano Secco, Vincenzo Taormina


Natalie Dessay, Charles Castronovo, Ludovic Tézier