24 ottobre 2012

La Cenerentola (7) - "Un soave non so che"

Scritto da Christian

Mentre Don Magnifico, Clorinda e Tisbe si ritirano nelle proprie stanze per prepararsi all'imminente arrivo del principe, ecco quest'ultimo (Don Ramiro) giungere nei pressi della villa. Indossa i panni del suo scudiero Dandini, che a sua volta comparirà più tardi in abiti da nobile: si tratta di un suggerimento del saggio Alidoro, per permettere a Ramiro di studiare meglio “il core delle femmine”. Il filosofo ha già avvisato il giovane che una delle figlie di Don Magnifico è buona e pura, ed è per questo motivo che Ramiro ha deciso di presentarsi in anticipo. Perché questa fretta? Per ora il giovane spiega che una “legge tiranna” lo costringe a sposarsi urgentemente, anche a costo di scegliere una donna che non ama. Scopriremo più tardi, dalle parole di Dandini, che si tratta di un ordine impartitogli dal padre sul letto di morte.

Nell'atrio della villa, la prima persona che Ramiro incontra è proprio Angelina/Cenerentola, ancora intenta alle pulizie di casa e talmente immersa nel proprio canto da non accorgersi immediatamente della presenza di un estraneo, tanto che alla sua domanda “Forse un mostro son io?” (la ragazza ha infatti cacciato un urlo di spavento) risponde meccanicamente “Sì”, solo per correggersi dopo averlo visto in volto. Ignorando le rispettive identità (agli occhi di Ramiro, ovviamente, Angelina è solo una serva che veste di stracci), i due si innamorano all'istante.

La prima parte del delizioso duetto dà voce ai pensieri dei due giovani, che all'unisono confessano la propria attrazione per colui/colei che hanno di fronte. Ma quando dai pensieri si passa alle parole, la musica è ben diversa: Ramiro chiede informazioni sulle figlie del Barone, e Cenerentola dice subito “addio” alle sue “speranze”: si rende conto che lo sconosciuto è lì per Clorinda e Tisbe, e non certo per una serva!
Ramiro, tuttavia, non può trattenersi dal domandare alla ragazza chi ella sia, e qui il libretto presenta uno dei suoi passaggi più felici. Angelina, ancora confusa e mostrando tutto il proprio candore, risponde di non saperlo (o “quasi”). Delizioso, in particolare, quel “Eh!” di incertezza che intercala il verso “Io chi sono? Eh! non lo so”. La ragazza fa poi un rapido riassunto del proprio stato: “quel ch'è padre non è padre”, ovvero Don magnifico è solo un patrigno che ha sposato sua madre, rimasta vedova, la quale ha poi dato alla luce le due sorelle. L'esposizione è talmente confusa che Ramiro non comprende bene la situazione: non si rende conto cioè che anche Angelina è un membro della famiglia e non una semplice serva, altrimenti in seguito insisterebbe in maniera ben più convinta affinché anche lei vada alla festa.

Nel bel mezzo del duetto, ecco giungere da destra e manca le voci delle due sorellastre che chiamano Cenerentola e che riecheggiano in tutto il palazzo. Angelina spiega al perplesso Ramiro che le spettano tutti i compiti di casa, e si appresta a abbandonarlo. Il brano si conclude con l'ennesima constatazione, fatta indipendentemente da ciascuno dei due, di aver trovato qualcuno di speciale (“Questo cor più mio non è”).


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

RAMIRO
(vestito da scudiero, guarda intorno e si avanza a poco a poco)
Tutto è deserto.
Amici? Nessun risponde.
In questa simulata sembianza
le belle osserverò.
Né viene alcuno?
Eppur mi diè speranza
il sapiente Alidoro,
che qui saggia e vezzosa,
degna di me trovar saprò la sposa.
Sposarsi, e non amar! Legge tiranna,
che nel fior de' miei giorni
alla difficil scelta mi condanna!
Cerchiam, vediamo.

(Cenerentola, cantando fra' denti, con sottocoppa e tazza da caffè, entra spensierata nella stanza, e si trova a faccia a faccia con Ramiro, le cade tutto di mano, e si ritira in un angolo)

CENERENTOLA
Una volta c'era... Ah! è fatta.

RAMIRO
Cos'è?

CENERENTOLA
Che batticuore!

RAMIRO
Forse un mostro son io?

CENERENTOLA
(prima astratta, poi correggendosi con naturalezza)
Sì... No, signore.

Clicca qui per il testo del brano.

RAMIRO
(Un soave non so che
in quegli occhi scintillò.)

CENERENTOLA
(Io vorrei saper perché
il mio cor mi palpitò.)

RAMIRO
(Le direi, ma non ardisco.)

CENERENTOLA
(Parlar voglio, e taccio intanto.)

CENERENTOLA, RAMIRO
(Una grazia, un certo incanto,
par che brilli su quel viso.
Quanto caro è quel sorriso,
scende all'alma, e fa sperar.)

RAMIRO
Del baron le figlie io cerco.
Dove sono? Qui non le vedo.

CENERENTOLA
Stan di là nell'altre stanze.
Or verranno. (Addio speranze!)

RAMIRO
Ma di grazia, voi chi siete?

CENERENTOLA
Io chi sono? Eh, non lo so.

RAMIRO
(ridendo)
Nol sapete?

CENERENTOLA
Quasi no.

Quel ch'è padre, non è padre...
Onde poi le due sorelle...
Era vedova mia madre...
Ma fu madre ancor di quelle...
Questo padre pien d'orgoglio...
(Sta a vedere che m'imbroglio.)

Deh! Scusate, perdonate
alla mia semplicità.

RAMIRO
(Mi seduce, m'innamora
quella sua semplicità.)

CLORINDA, TISBE
(dalle loro stanze a vicenda ed insieme)
Cenerentola, da me!

RAMIRO
Questa voce che cos'è?
[Quante voci! Che cos'è?]

CENERENTOLA
A ponente ed a levante,
a scirocco e a tramontana,
non ho calma un solo istante,
tutto, tutto tocca a me.

RAMIRO
(Quell'accento, quel sembiante,
è una cosa sovrumana.
Io mi perdo in questo istante;
già più me non trovo in me.)

CENERENTOLA
(ora verso una, ora verso l'altra delle porte)
Vengo, vengo! Addio, signore.
(Ah! ci lascio proprio il core.
Questo cor più mio non è.)

RAMIRO
(Che innocenza! che candore!
Ah! m'invola proprio il core.
Questo cor più mio non è.)

(Cenerentola parte)




Francisco Araiza, Frederica von Stade



William Matteuzzi, Cecilia Bartoli


Lawrence Brownlee, Joyce DiDonato


Juan Diego Flórez, Vesselina Kasarova


Maxim Mironov, Josè Maria Lo Monaco


Anatoly Orfenov, Zara Dolukhanova (in russo!)

Fritz Wunderlich, Erika Köth (in tedesco!)