Norma
Tragedia lirica in due atti
Libretto di Felice Romani
Musica di Vincenzo Bellini
Prima rappresentazione: Milano (Teatro alla Scala),
26 dicembre 1831
Personaggi e voci:
- Norma (soprano), druidessa, figlia di Oroveso
- Adalgisa (soprano o mezzosoprano), giovine ministra del tempio d'Irminsul
- Pollione (tenore), proconsole di Roma nelle Gallie
- Oroveso (basso), capo dei druidi
- Clotilde (soprano), confidente di Norma
- Flavio (tenore), amico di Pollione
- Due fanciulli, figli di Norma e Pollione
- Cori e comparse: Druidi, bardi, eubagi, sacerdotesse, guerrieri e soldati galli
Nel mondo della lirica Vincenzo Bellini conserva ancora un posto di primissimo piano e la vena melodica di cui è maestro continua a risuonare pura e limpida attraverso il tempo. Tutte le tempeste che pur intessono le sue opere non fanno che aumentarne il fascino, così come la sua giovanissima esistenza, stroncata a soli 34 anni, alimenta il culto dell'artista geniale ed eternamente “caro agli dei” proprio grazie alla morte precoce. Non si nutre il romanticismo forse di cieli tempestosi (Sturm und Drang!) e di eroi morti giovani? E Bellini è veramente uno dei suoi figli prediletti.
Heinrich Heine lo descrive così: «Egli aveva una figura alta e slanciata e moveva graziosamente e in modo, starei per dire, civettuolo. Viso regolare, piuttosto lungo, d'un rosa pallido; capelli biondi, quasi dorati, pettinati a riccioli radi; fronte alta, molto alta e nobile; naso diritto; occhi azzurri, pallidi; bocca ben proporzionata; mento rotondo. I suoi lineamenti avevano un che di vago, di privo di carattere, di latteo, e in codesto viso di latte affiorava a tratti, agrodolce, un'espressione di dolore».
Una specie di “angelo-demone” quindi, che invia ancora il suo melodioso canto (“il cigno catanese...”) attraverso i secoli, canto di amore e morte, nostalgia e struggimento, passioni e rapimenti estatici, come sono i veri canti della vita nella sua complessa e contraddittoria natura.
Di tutte le opere di Bellini, non tante per la verità (solo dieci, visto che sceglieva con cura i lavori e poteva permettersi il lusso di dedicare il tempo necessario per portarli alla perfezione: ma ricordiamo che per “Norma” gli serviranno solo tre mesi!), la più amata e resa celebre dai più grandi soprani è certamente questa. E nonostante la difficoltà insita dal fatto che su di essa si è già scritto tantissimo e quindi sembra che tutto sia stato già detto, ci occuperemo proprio di lei, cercando – spero – degli angoli di lettura un po' meno frequentati e scontati.
L'opera, su libretto di Felice Romani (che si ispirò a una tragedia del contemporaneo poeta francese Alexandre Soumet, "Norma, ou L'infanticide", a sua volta ispirata a "I martiri" di Chateaubriand, oltre che ovviamente alla "Medea" di Euripide), fu composta come dicevamo in meno di tre mesi, tra il settembre e il novembre del 1831. Per la prima rappresentazione, Bellini poté contare su un cast di tutto rispetto: nel ruolo della protagonista, il soprano Giuditta Pasta, una vera e propria primadonna con stuoli di ammiratori (e di detrattori). La prima Adalgisa fu Giulia Grisi, mentre per Pollione venne ingaggiato il tenore rossiniano Domenico Donzelli. Nonostante tutto, la prima alla Scala fu un fiasco, anche per la presenza (come capitava spesso all'epoca) di "disturbatori" fra il pubblico ostili al compositore e al soprano. Gli spettatori rimasero inoltre spiazzati dagli elementi innovativi del melodramma, come – cito da Wikipedia – "l'inconsueta severità della drammaturgia e l'assenza del momento più sontuoso, il concertato che tradizionalmente chiudeva il primo dei due atti". La seconda rappresentazione, tuttavia, andò meglio, e nel giro di poco tempo l'opera si conquistò una tale ammirazione da diventare ben presto una delle più popolari del teatro lirico italiano, nonché uno dei più brillanti esempi del cosiddetto "bel canto".
Il successo di "Norma" (e, in particolare, dell'aria "Casta diva", destinata a diventare uno dei brani lirici più celebri di tutti i tempi) è da allora andato in continuo crescendo. Nel 1837 veniva rappresentata a Riga, con la direzione di Richard Wagner che per l'occasione scrisse un'aria aggiuntiva per basso e coro, che tuttavia non è entrata nel repertorio. Nella seconda metà del ventesimo secolo la popolarità dell'opera è legata a quella della sua interprete più famosa, Maria Callas, che ne fece uno dei suoi ruoli simbolo. Quanto ad Adalgisa, se nella partitura originale la sua parte era stata scritta per un soprano, con il tempo è invalsa la consuetudine di farne cantare il ruolo a un mezzosoprano, forse per differenziare vocalmente i due personaggi femminili. Sempre Wikipedia nota la "contraddizione, in termini di stilemi musicali e drammatici romantici, di affidare il colore verginale della giovane sacerdotessa al registro brunito dei mezzosoprani, di regola evocativo di sensualità e voluttà, mentre rimaneva appannaggio del soprano il personaggio più maturo e psicologicamente screziato di Norma, la cui parte, per di più, è caratterizzata da una maggiore estensione verso il basso".
Per la figura della protagonista, oltre all'inevitabile confronto con Euripide e la sua Medea, nella nostra analisi cercheremo l'aiuto della psicologia del profondo nell'esplorare i temi dell'amicizia/rivalità nel mondo femminile e la solitudine di chi deve custodire un segreto pericoloso in un contesto religioso-culturale in cui si è particolarmente esposti, oltre naturalmente al conflitto che si scatena in un cuore orgoglioso, ancora innamorato e tradito.
Il contesto storico in cui è situata la vicenda ci darà l'occasione per dire qualcosa sull'affascinante mondo dell'Europa preromana e su quella grande civiltà gallo-celtica, la cui conoscenza per troppi di noi è ormai quasi completamente affidata alle immagini che ci vengono dal pur simpatico ma riduttivo mondo dei fumetti creati da René Goscinny e Albert Uderzo, con le indimenticabili figure di Asterix, Obelix e Panoramix. L'incontro-scontro tra due civiltà così diverse, infatti, non è affatto estraneo a tutta la vicenda, ma ne supporta e allarga i confini facendo assurgere il dramma personale a dramma epocale, prototipo di ogni grande tragedia storica di sopraffazione di una civiltà dominante su un'altra, pur conservando l'opera tutta l'intimità e la particolarità del caso individuale e della segretezza dell'anima. E questo mirabile intrecciarsi dei vari piani, storico, collettivo e personale, è uno dei miracoli della melodia belliniana, in realtà di tutta la vera arte.
Alcune delle incisioni più celebri:
Link utili:
Articolo su Wikipedia in italiano
Articolo su Wikipedia in inglese
Libretto
Partitura
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