© Ramella & Giannese | Teatro Regio di Torino
"Norma! Deh! Norma, scolpati!": come tutti desiderano uscire dall'incubo! Di questa richiesta accorata di discolparsi si ricorderà Verdi nell'atto finale dell'Aida, quando i sacerdoti per ben tre volte chiedono a Radames di difendersi dall'accusa di grave tradimento alla patria, e anche in quel caso non ci sarà risposta. Qui, in verità, dopo un breve silenzio, dovuto ad uno stato quasi ipnotico di Norma che è come assente, alla domanda se è rea arriva la risposta, breve e inequivocabile: “Sì, oltre umana idea”. Nessuna giustificazione quindi, nessuna richiesta di pietà, ma piena assunzione di responsabilità. La sacerdotessa non si appella alla debolezza della fanciulla sedotta da un uomo di potere né ai diritti dell'amore, e questo suo atteggiamento conferma la grandezza di Norma che è sempre stata una donna pienamente consapevole. Pur nelle tempeste emotive che ha attraversato, alla fine riesce sempre a far prevalere la coscienza e l'assunzione di responsabilità.
Ma se non implora pietà per sé stessa, la implorerà per i figli. Al loro ricordo ha come un sussulto, una nuova presa di consapevolezza, e l'essere madre ha il sopravvento su tutto il resto. Dopo aver assistito alla sua lotta interna tra l'amore e l'odio per i bambini, la vicinanza della morte la libera dal bisogno di nascondere la propria vergogna e con essa il nascondere anche i figli della colpa, facendo emergere pura la parte materna di Norma, quell'amore incondizionato per i piccoli che proietta la vita oltre la propria in una catena di esistenze che forse è l'unica immortalità che l'uomo può avere... Il solo che può salvare i figli è Oroveso, e Norma si rivolge a lui pregandolo in modo così umile ed accorato da riuscire a capovolgere la situazione ed assicurare l'avvenire dei bambini.
L'ultimo conflitto interiore (e ne abbiamo visti tanti!) avviene dunque nel cuore di Oroveso. L'anziano re ha appena assorbito il colpo della rivelazione della colpa della figlia ed ora è pronto a condannarla, riprendendo in pieno il ruolo di garante della giustizia, appoggiato da tutto il popolo che ormai si è schierato contro Norma chiedendone la morte sul rogo (“Vanne al rogo ed il tuo scempio / Purghi l'ara e lavi il tempio, / Maledetta estinta ancor!”). Ma la rivelazione della maternità della figlia lo getta in un nuovo conflitto: come può sacrificare anche i nipoti, innocenti vittime e pur sempre sangue del suo sangue? E tra il ruolo istituzionale e l'affetto di padre, finalmente vince il sentimento paterno: piangendo, promette alla figlia di perdonarla e proteggere i bambini. Non è il re a piangere, ma il vecchio padre (“Addio! Sgorga o pianto, / Sei permesso a un genitor!”).
Forse per la prima volta, anche Norma può concedersi un pianto liberatorio e abbracciare il padre con sincero affetto e gratitudine, quel padre che ha sempre visto come rappresentante di leggi inesorabili e tutto teso a preparare il riscatto e la vendetta. Ora, messi al sicuro i figli, può morire insieme all'uomo che non ha mai smesso di amare e che finalmente ha riconquistato, come già sperava dall'inizio dell'opera. Anzi, è proprio Pollione a desiderare la morte con lei, unica possibilità ormai di stare sempre insieme (“Il tuo rogo, o Norma, è il mio! / Là più santo incomincia eterno amor!”).
In una sintesi estrema, possiamo dire che la figura di Norma è veramente una delle più intense e moderne di tutto il repertorio lirico, perché in lei i conflitti sono sempre retti da una salda coscienza e i giochi tra i vari sentimenti sono espressi senza falsi pudori né ricerca di attenuanti; è una donna che recupera il pieno possesso di sé, anche quando è sull'orlo della disperazione. E pur potendo usare il proprio potere per la vendetta, ci rinuncia facendo prevalere la giustizia e la verità. Quanto avrebbero da imparare da lei, non solo le donne che indulgono nel vittimismo, ma anche i potenti che non esitano a compiere delle stragi per risarcirsi delle frustrazioni e delle umiliazioni accumulate durante la vita, reali o solo presunte dal loro narcisismo! Inutile sottolineare che è la musica che rende così esemplare e indimenticabile la storia di Norma, una musica quanto mai attenta a tutte le coloriture emotive e che lega mirabilmente il privato con il sociale fino a sfociare nell'universale.
Clicca qui per il testo di "Norma! Deh! Norma, scolpati!".
OROVESO E CORO
Norma! Deh! Norma, scolpati!
Taci? Ne ascolti appena?
NORMA
(scuotendosi con grido, fra sè)
Cielo! E i miei figli?
POLLIONE
Ah! Miseri! Oh pena!
NORMA
(volgendosi a Pollione)
I nostri figli?
POLLIONE
Oh pena!
(Norma, come colpita da un'idea, s'incammina verso il padre. Pollione in tutta questa scena osserverà con agitazione i movimenti di Norma ed Oroveso.)
OROVESO E CORO
Norma, sei rea? Parla!
NORMA
Sì, oltre umana idea.
OROVESO E CORO
Empia!
NORMA
(ad Oroveso)
Tu m'odi.
OROVESO
Scostati.
NORMA
(a stento trascinandolo in disparte)
Deh! Deh! M'odi!
OROVESO
Oh, mio dolor!
NORMA
(piano ad Oroveso)
Son madre...
OROVESO
Madre!
NORMA
Acquetati.
Clotilde ha i figli miei.
Tu li raccogli, e ai barbari
Gl'invola insiem con lei.
OROVESO
No! Giammai! Va. Lasciami.
NORMA
Ah! Padre! Ah! Padre!
Un prego ancor.
(S'inginocchia.)
POLLIONE ED OROVESO
Oh, mio dolor!
CORO
Oh, qual orror!
Clicca qui per il testo di "Deh! Non volerli vittime".
NORMA(sempre piano ad Oroveso)
Deh! Non volerli vittime
Del mio fatale errore!
Deh! Non troncar sul fiore
Quell'innocente età!
Pensa che son tuo sangue,
Abbi di lor pietade!
Ah! Padre, abbi di lor pietà!
POLLIONE
Commosso è già.
CORO
Piange! Prega!
NORMA
Padre, tu piangi?
Piangi e perdona!
Ah! Tu perdoni!
Quel pianto il dice.
Io più non chiedo. Io son felice.
Contenta il rogo io ascenderò!
POLLIONE
Sì, è già. Oh ciel!
Ah, più non chiedo!
Contento il rogo io ascenderò!
OROVESO
Oppresso è il core.
Ha vinto amor, oh ciel!
Ah, sì! Oh, duol! Oh, duol!
Figlia! Ah!
Consolarm'io mai, ah, non potrò!
CORO
Che mai spera?
Qui respinta è la preghiera!
Le si spogli il crin del serto,
La si copra di squallor!
Sì, piange!
NORMA
Padre, ah, padre! Tu mel prometti?
Ah! Tu perdoni!
Quel pianto il dice, ecc.
POLLIONE
Più non chiedo, oh ciel! ecc.
OROVESO
Ah! Cessa, infelice!
Io tel prometto, ah, sì!
Ah sì! Oh, duol! Oh, duol!
Figlia! Ah!
Consolarm'io mai, ah, non potrò!
CORO
Che mai spera? ecc.
(I Druidi coprono d'un velo nero la Sacerdotessa.)
Vanne al rogo!
OROVESO
Va, infelice!
NORMA
(incamminandosi)
Padre, addio!
CORO
Vanne al rogo ed il tuo scempio
Purghi l'ara e lavi il tempio,
Maledetta estinta ancor!
POLLIONE
Il tuo rogo, o Norma, è il mio!
Là più santo
Incomincia eterno amor!
NORMA
(si volge ancora una volta)
Padre, addio!
OROVESO
(la guarda)
Addio!
Sgorga o pianto,
Sei permesso a un genitor!
(Pollione e Norma sono trascinati al rogo.)
Daniela Schillaci (Norma), Gregory Kunde (Pollione), Enrico Giuseppe Iori (Oroveso)
dir: Giuliano Carella (2012)
Maria Callas, Franco Corelli, Nicola Zaccaria dir: Tullio Serafin (1960) | Montserrat Caballé, Gianni Raimondi, Ivo Vinco dir: Tullio Serafin (1974) |
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