7 maggio 2020

Lucia di Lammermoor (11) - "Orrida è questa notte"

Scritto da Christian


Il terzo e ultimo atto si apre con una scena che spesso viene esclusa dalle rappresentazioni (ne parliamo dopo). Siamo nella torre di Wolfcrag (contrazione di Wolf's Crag, "lo spuntone del lupo": la grafia Wolferag, che si legge talvolta, è in realtà un errore di trascrizione), antica fortezza che si erge su una scogliera sul mare, a poca distanza dal castello di Ravenswood. Il libretto di Cammarano descriveva così l'ambiente in dettaglio: "Salone terreno nella torre di Wolfcrag, adiacente al vestibulo. Una tavola spoglia d’ogni ornamento ed un vecchio seggiolone ne formano tutto l’arredo. Vi è nel fondo una porta che mette all’esterno: essa è fiancheggiata da due finestroni, che avendo infrante le invetriate, lasciano scorgere gran parte delle rovine di detta torre ed un lato della medesima sporgente sul mare. È notte: il luogo vien debolmente illuminato da una smorta lampada. Il cielo è orrendamente nero; lampeggia, tuona, ed i sibili del vento si mescono coi scrosci della pioggia".

«Temporale, tuoni, lampi, pioggia, saette, etc etc etc etc etc etc» scrive Donizetti nella partitura autografa. Effetti realizzati attraverso calcolate scelte orchestrali: rulli di timpani e gran cassa, tremoli degli archi, rapide folate di ottavino, flauto e clarinetto, scale cromatiche ascendenti, poderosi accordi a piena orchestra. L’inserimento del temporale va ben oltre la realizzazione di un semplice effetto atmosferico e nemmeno si limita a configurarsi come proiezione nella natura dell’ira e del dolore provati da Edgardo, solo in scena. Si è detto che il concertato del Finale centrale è il momento in cui i personaggi intuiscono di non avere più il controllo della situazione, e che Lucia sta pagando per il loro comportamento. La tormenta sta proprio a indicare che l’imminente dramma verrà condotto da una forza esterna non governabile dall’uomo.
(Federico Fornoni)
Qui Edgardo si è rifugiato dopo la conclusione della scena precedente. Lo troviamo "immerso ne’ suoi malinconici pensieri". E in effetti l'uragano notturno è quasi una proiezione dei suoi tumulti interiori nelle forze della natura ("Orrida è questa notte / come il destino mio!"). Ma in mezzo al furore degli elementi, si avvicina un cavaliere. A sorpresa, si tratta di Enrico, giunto fin lì per sfidare a duello il rivale, che vuole uccidere personalmente ("De’ miei la spada vindice / pende su te sospesa. / Ma ch’altri ti spenga? Mai… / Chi dee svenarti il sai!"). In un duetto fra tenore e baritono, non scevro da reminiscenze rossiniane (ma che in certe cose anticipa anche il primo Verdi: Donizetti si conferma frequentemente come l'anello di congiuzione fra gli stili di questi due maestri), i due acerrimi nemici si accordano per affrontarsi all'alba nel cimitero del castello di Ravenswood, proprio dove riposano gli antenati (padre compreso) di Edgardo.

Come dicevo, questa scena è frequentemente tagliata in molti allestimenti dell'opera (di fatto è la prima a essere eliminata, se ce ne fosse bisogno). I motivi? Sono più di uno. Innanzitutto è quasi del tutto superflua nell'economia della vicenda. Sappiamo già che Enrico ed Edgardo sono nemici, dunque la loro sfida non aggiunge nulla ai rispettivi caratteri. Anzi, nel caso di Enrico sembra anche contraddire il modo in cui il personaggio è stato finora presentato: pare strano che si rechi da solo a Wolfcrag a minacciare Edgardo, senza farsi accompagnare dai propri uomini e senza ucciderlo sul posto come aveva promesso di fare più volte in precedenza. Per di più, il duello qui preannunciato non si svolgerà mai, e dunque non se ne comprende il senso drammaturgico. Infine, questa scena è l'unica ad essere ambientata a Wolfcrag (con la successiva torneremo nel salone di Ravenswood) e dunque richiede l'allestimento di un nuovo set che non verrà riutilizzato in seguito: un dispendio di risorse artistiche ed economiche che non tutti i teatri possono permettersi. E in fondo la sequenza rappresenta un po' un'intrusione nel flusso naturale degli eventi, interrompendolo e sospendendo momentaneamente la tensione drammatica: tanto la scena precedente che quella seguente prevede sul palco gli abitanti di Ravenswood e gli invitati alla cerimonia nuziale, ed è dunque naturale che non ci sia alcuno stacco fra le due.

Perché Cammarano e Donizetti hanno scelto di inserirla, allora? Innanzitutto la scena aggiunge del colore "romantico" e scozzese alla vicenda (il castello in rovina, l'uragano, il mare in tempesta). Inoltre offre un'occasione al baritono e al tenore di esibirsi in un duetto senza l'ingombrante presenza del soprano. Infine, fornisce al soprano stesso la possibilità di rifiatare fra un momento di grande tensione (quello del contratto nuziale) e uno ancora più impegnativo (la scena della pazzia). È pur vero che "Lucia di Lammermoor" è, appunto, una storia incentrata su Lucia, e che ogni scena che non la vede presente può essere accolta con disinteresse dagli spettatori, che bramano spazientiti che il focus della narrazione ritorni subito su di lei. Tale punto di vista è condiviso anche da numerosi registi e direttori d'orchestra che, per questo motivo, non ci pensano più di tanto nell'eliminare completamente la scena (a differenza del duetto fra Raimondo e Lucia, anch'esso tradizionalmente tagliato ma un po' meno frequentemente). Talvolta può addirittura capitare che il desiderio del direttore di mantenere o meno la scena si scontri con quello dei cantanti (in un senso o nell'altro: ci sono baritoni e tenori che hanno piacere a cantare il duetto, e altri che sono così abituati a scartarlo che non conoscono bene il brano in questione e sono costretti a impararlo a tempo di record!).
La sezione iniziale del duetto non rientra negli schemi canonici. (...) Il compositore fonde in un unico grande arco tempo d’attacco, sezione chiusa e tempo di mezzo perché la furia dei due contendenti non può essere racchiusa nei limiti formali tradizionali. La cabaletta ["O sole, più ratto a sorger t’appresta"] è il classico pezzo guerresco, caratterizzato dal procedere a due delle voci maschili, dall’accentuazione dei tempi deboli, dal ricorso a trombe, tromboni e percussioni, dal ritmo puntato tanto nella melodia quanto nell’accompagnamento. Va sottolineato che appena prima della ripresa della cabaletta la gran cassa richiama un lontano tuono, conferendo unità all’intera introduzione.
(Federico Fornoni)
Presente anche nel romanzo di Walter Scott, la torre di Wolfcrag sarebbe ispirata al castello di Fast, sulle coste sud-orientali della Scozia.

Clicca qui per il testo di "Orrida è questa notte - Qui del padre ancor respira".

(È notte, si sente il temporale.)

EDGARDO
Orrida è questa notte
come il destino mio!
(scoppia un fulmine)
Sì, tuona o cielo…
imperversate o fulmini… sconvolto
sia l’ordin di natura, e pera il mondo…
Ma non m’inganno! Scalpitar d’appresso
odo un destrier! – S’arresta!
Chi mai della tempesta
fra le minacce e l’ire
chi puote a me venirne?

ENRICO (gettando il mantello)
Io.

EDGARDO
Quale ardire!…
Asthon!

ENRICO
Sì.

EDGARDO
Fra queste mura
osi offrirti al mio cospetto!

ENRICO
Io vi sto per tua sciagura.

EDGARDO
Per mia?

ENRICO
Non venisti nel mio tetto?

EDGARDO
Qui del padre ancor respira
l’ombra inulta… e par che frema!
Morte ogn’aura a te qui spira!
Il terren per te qui trema!…
Nel varcar la soglia orrenda
ben dovesti palpitar,
come un uom che vivo scenda
la sua tomba ad albergar!

ENRICO (con gioia feroce)
Fu condotta al sacro rito,
quindi al talamo Lucia.

EDGARDO
(Ei più squarcia il cor ferito!…
Oh tormento! Oh gelosia!)
Ebben… ebben…

ENRICO
Ascolta!
Di letizia il mio soggiorno,
e di plausi rimbombava;
ma più forte al cor d’intorno
la vendetta mi parlava!
Qui mi trassi… in mezzo ai venti
la sua voce udìa tuttor;
e il furor degli elementi
rispondeva al mio furor!

EDGARDO (con altera impazienza)
Da me che brami?

ENRICO
Ascoltami:
onde punir l’offesa,
de’ miei la spada vindice
pende su te sospesa.
Ma ch’altri ti spenga? Mai…
chi dee svenarti il sai!

EDGARDO
So che al paterno cenere
giurai strapparti il core.

ENRICO
Tu!…

EDGARDO (con nobile disdegno)
Quando?

ENRICO
Al primo sorgere
del mattutino albore.

EDGARDO
Ove?

ENRICO
Fra l’urne gelide
di Ravenswood.

EDGARDO
Verrò.

ENRICO
Ivi a restar preparati.

EDGARDO
Ivi… t’ucciderò.

(a due)
O sole, più ratto a sorger t’appresta…
ti cinga di sangue ghirlanda funesta…
con quella rischiara – l’orribile gara
d’un odio mortale, d’un cieco furor.
Farà di nostr’alme atroce governo
gridando vendetta, lo spirto d’Averno…
(L’oragano è al colmo.)
del tuono che mugge – del nembo che rugge
più l’ira è tremenda, che m’arde nel cor.
(Partono.)




Piotr Beczała (Edgardo), Mariusz Kwiecie (Enrico)
dir: Marco Armiliato (2009)


Carlo Bergonzi, Piero Cappuccilli (1970)

Chris Merritt, Leo Nucci (1992)