19 luglio 2011

La traviata (16) - Finale dell'atto II

Scritto da Christian

Subito dopo tante scene di gioia e di danza, arriva il momento di massima tensione dell'opera. Alfredo, giunto alla festa di Flora in cerca di Violetta, la ritrova accompagnata dal Barone Douphol (il precedente protettore della ragazza) e si convince che lei lo abbia abbandonato per tornare ai suoi antichi piaceri. Reso cieco dall'amore, dall'impulsività e dall'ingenuità, ignaro non solo della promessa fatta da Violetta a Giorgio Germont ma anche del suo grave stato di salute, Alfredo sfida apertamente il Barone (inizialmente soltanto al gioco, vincendo forti somme: "Sfortuna nell'amore / fortuna reca al gioco"; ma è già sottintesa una futura sfida a duello). Mentre i convitati si spostano in un'altra sala per la cena, Violetta chiede ad Alfredo di potergli parlare in privato ("Mi chiamaste? Che bramate?") per supplicarlo di andarsene immediatamente e di non battersi con Douphol. Alfredo, pur sprezzante nei suoi confronti ("S'ei cadrà per mano mia / un sol colpo vi torrìa / coll'amante il protettore"), la invita ancora, per un'ultima volta, a seguirlo; ma lei – fedele alla promessa che ha fatto a suo padre – rifiuta e gli confessa di amare il Barone. A quel punto, il giovane non ci vede più: riconvoca tutti nel salone e pubblicamente dà il "benservito" a Violetta, gettando ai suoi piedi il denaro che ha appena vinto al gioco ("Or testimon vi chiamo / che qui pagata io l'ho").

Il secondo atto si conclude con un concertato, ovvero un pezzo in cui (per dirla con Wikipedia) "i personaggi e il coro intrecciano le loro linee vocali in forma polifonica". L'atto di disprezzo di Alfredo nei confronti di Violetta, e il suo trattarla così apertamente da prostituta, suscitano l'indignazione di tutti i presenti ("Oh, infamia orribile"): lo stesso Alfredo se ne pente all'istante ("Ah sì, che feci! Ne sento orrore!"), e contemporaneamente giunge anche suo padre, Giorgio Germont, che lo rimprovera aspramente ("Di sprezzo degno sé stesso rende / chi pur nell'ira la donna offende"), pur non potendo rivelare la verità e il proprio ruolo nella vicenda. La scena si chiude con il Barone Douphol che sfida, stavolta in maniera aperta, Alfredo a duello, mentre Violetta – riacquistati i sensi dopo essere svenuta – si dispera per non poter spiegare ad Alfredo la grandezza del proprio amore, che lui non può comprendere ("Alfredo, Alfredo, di questo core").

Da notare che nel testo teatrale di Dumas cui si ispira l'opera ("La signora delle camelie"), il personaggio di Duval (ossia Giorgio Germont) non compare più dopo il lungo colloquio con Margherita/Violetta (a dire il vero fa una piccola comparsata, ma senza pronunciare battute, nel punto in cui Verdi e Piave hanno inserito l'aria "Di Provenza il mar, il suol"). Non era però pensabile che il baritono, uno dei tre cantanti principali, sparisse nel nulla a metà dell'opera: per questo ne "La traviata" è stato aggiunto il suo arrivo alla festa di Flora e poi, nel terzo atto, quello nella camera di Violetta morente. Sono scene che rafforzano, anziché indebolirlo, il nucleo drammatico della vicenda: dopotutto il vero contrasto de "La traviata" è quello fra Violetta e Germont, o meglio fra i mondi che i due personaggi rappresentano (il sentimento libero autentico, contro la morale e le convenzioni sociali): in questo senso, Alfredo è – drammaturgicamente – quasi subalterno rispetto agli altri due personaggi, molto più in balia degli eventi e dipendente dalle decisioni altrui.

Clicca qui per il testo da "Alfredo! Voi!".

TUTTI
Alfredo! Voi!

ALFREDO
Sì, amici.

FLORA
Violetta?

ALFREDO
Non ne so.

TUTTI
Ben disinvolto! Bravo!
Or via, giuocar si può.

FLORA
(andando incontro a Violetta, che entra al braccio del Barone)
Qui desiata giungi.

VIOLETTA
Cessi al cortese invito.

FLORA
Grata vi son, barone,
d'averlo pur gradito.

BARONE
(piano a Violetta)
Germont è qui! Il vedete?

VIOLETTA
(fra sé)
Cielo! Gli è vero!
(piano al Barone)
Il vedo.

BARONE
(cupo)
Da voi non un sol detto
si volga a questo Alfredo.

VIOLETTA
(fra sé)
Ah, perché venni, incauta!
Pietà, gran Dio, di me!

FLORA
(a Violetta, facendola sedere presso di sé sul divano)
Meco t'assidi: narrami.
Quai novità vegg'io?
(Il Dottore si avvicina ad esse, che sommessamente conversano. Il Marchese si trattiene a parte col Barone, Gastone taglia, Alfredo ed altri puntano, altri passeggiano.)

ALFREDO
Un quattro!

GASTONE
Ancora hai vinto.

ALFREDO
Sfortuna nell'amore
fortuna reca al giuoco!
(punta e vince)

TUTTI
È sempre vincitore!

ALFREDO
Oh, vincerò stasera; e l'oro guadagnato
poscia a goder tra' campi ritornerò beato.

FLORA
Solo?

ALFREDO
No, no, con tale che vi fu meco ancora,
poi mi sfuggìa.

VIOLETTA
(Mio Dio!)

GASTONE
(ad Alfredo, indicando Violetta)
Pietà di lei!

BARONE
(ad Alfredo, con mal frenata ira)
Signor!

VIOLETTA
(al Barone)
Frenatevi, o vi lascio.

ALFREDO
(disinvolto)
Barone, m'appellaste?

BARONE
Siete in sì gran fortuna,
che al giuoco mi tentaste.

ALFREDO
(ironico)
Sì? la disfida accetto.

VIOLETTA
(Che fia? morir mi sento.
Pietà, gran Dio, di me!)

BARONE
(puntando)
Cento luigi a destra...

ALFREDO
(puntando)
Ed alla manca cento.

GASTONE
Un asso... un fante...
(ad Alfredo)
Hai vinto!

BARONE
Il doppio?

ALFREDO
Il doppio sia.

GASTONE
(tagliando)
Un quattro... un sette...

TUTTI
Ancora!

ALFREDO
Pur la vittoria è mia!

CORO
Bravo davver! La sorte
è tutta per Alfredo!

FLORA
Del villeggiar la spesa
farà il baron, già il vedo.

ALFREDO
(al Barone)
Seguite pur!

SERVO
La cena è pronta.

TUTTI
(avviandosi)
Andiamo.

VIOLETTA
(Che fia? morir mi sento.
Pietà, gran Dio, di me!)

ALFREDO
(al Barone)
Se continuar v'aggrada...

BARONE
Per ora nol possiamo:
Più tardi la rivincita.

ALFREDO
Al gioco che vorrete.

BARONE
Seguiam gli amici. Poscia...

ALFREDO
Sarò qual bramerete. Andiam.

BARONE
Andiam.

(Tutti entrano nella porta di mezzo: la scena rimane un istante vuota. Poi Violetta ritorna affannata.)

VIOLETTA
Invitato a qui seguirmi,
verrà desso? Vorrà udirmi?
Ei verrà, ché l'odio atroce
puote in lui più di mia voce...

Clicca qui per il testo da "Mi chiamaste? Che bramate?".

ALFREDO
Mi chiamaste? Che bramate?

VIOLETTA
Questi luoghi abbandonate;
un periglio vi sovrasta.

ALFREDO
Ah, comprendo! Basta, basta!
E sì vile mi credete?

VIOLETTA
Ah no, no, mai!

ALFREDO
Ma che temete?

VIOLETTA
Temo sempre del Barone.

ALFREDO
È tra noi mortal quistione.
S'ei cadrà per mano mia,
un sol colpo vi torrìa
coll'amante il protettore.
V'atterrisce tal sciagura?

VIOLETTA
Ma s'ei fosse l'uccisore?
Ecco l'unica sventura
ch'io pavento a me fatale!

ALFREDO
La mia morte! Che ven cale?

VIOLETTA
Deh, partite, e sull'istante!

ALFREDO
Partirò, ma giura innante
che dovunque seguirai,
seguirai i passi miei...

VIOLETTA
Ah! no, giammai!

ALFREDO
No! giammai!

VIOLETTA
Va', sciagurato.
Scorda un nome ch'è infamato!
Va', mi lascia sul momento
di fuggirti un giuramento
sacro io feci.

ALFREDO
A chi? Dillo, chi potea?

VIOLETTA
Chi diritto pien ne avea.

ALFREDO
Fu Douphol?

VIOLETTA
(con supremo sforzo)
Sì.

ALFREDO
Dunque l'ami?

VIOLETTA
Ebben... l'amo!

ALFREDO
(corre furente alla porta e grida)
Or tutti a me!

TUTTI
(ritornano confusamente)
Ne appellaste? Che volete?

ALFREDO
(additando Violetta che abbattuta si appoggia al tavolino)
Questa donna conoscete?

TUTTI
Chi? Violetta?

ALFREDO
Che facesse non sapete?

VIOLETTA
Ah, taci!

TUTTI
No.

ALFREDO
Ogni suo aver tal femmina
per amor mio sperdea
Io cieco, vile, misero,
tutto accettar potea.
Ma è tempo ancora! Tergermi
da tanta macchia bramo.
Or testimoni vi chiamo
che qui pagata io l'ho.
(Getta con furente sprezzo una borsa ai piedi di Vloletta, che sviene tra
le braccia di Flora e del Dottore. In tal momento entra il padre.
)

TUTTI
Oh, infamia orribile
tu commettesti!
Un cor sensibile
Così uccidesti!
Di donne ignobile
insultator,
di qui allontanati,
ne desti orror.

Clicca qui per il testo da "Di sprezzo degno".

GERMONT
(con dignitoso fuoco)
Di sprezzo degno sé stesso rende
chi pur nell'ira la donna offende.
Dov'è mio figlio? Più non lo vedo:
in te più Alfredo trovar non so.

ALFREDO
(fra sé)
Ah sì, che feci! Ne sento orrore!
Gelosa smania, deluso amore
mi strazia l'alma, più non ragiono...
Da lei perdono più non avrò.
Volea fuggirla, non ho potuto.
Dall'ira spinto son qui venuto!
Or che lo sdegno ho disfogato,
me sciagurato, rimorso n'ho!

FLORA, GASTONE, DOTTORE, MARCHESE, CORO
(a Violetta)
Oh, quanto peni! Ma pur fa cor!
Qui soffre ognuno del tuo dolor;
fra cari amici qui sei soltanto,
rasciuga il pianto che t'inondò.

GERMONT
(fra sé)
Io sol fra tanti so qual virtude
di quella misera il sen racchiude.
Io so che l'ama, che gli è fedele;
eppur, crudele, tacer dovrò!

BARONE
(piano ad Alfredo)
A questa donna l'atroce insulto
qui tutti offese, ma non inulto
fia tanto oltraggio. Provar vi voglio
che tanto orgoglio fiaccar saprò.

VIOLETTA
(riavendosi)
Alfredo, Alfredo, di questo core
non puoi comprendere tutto l'amore;
tu non conosci che fino a prezzo
del tuo disprezzo provato io l'ho!
Ma verrà giorno, in che il saprai
com'io t'amassi, confesserai...
Dio dai rimorsi ti salvi allora!
Io spenta ancora pur t'amerò.



Giuseppe Filianoti, Mariella Devia
(direttore: Bruno Campanella)


Alfredo Kraus, Elena Mauti-Nunziata, Vicente Sardinero
(direttore: Francis Balagna)


Gianni Poggi, Renata Tebaldi, Aldo Protta
dir: F. Molinari Pradelli

Carlo Bergonzi, Montserrat Caballe, Sherrill Milnes
dir: Georges Pretre