Con il mandolino accompagnato dal "pizzicato" degli archi, Don Giovanni intona la propria serenata alla cameriera di Donna Elvira. La serenata è un altro esempio delle arti di seduzione del nostro protagonista, che come sempre si dimostra capace di toccare la corda giusta per conquistare la preda di turno, che si tratti di una nobildonna (come Elvira stessa), di una popolana (come Zerlina) o, come in questo caso, di una serva. Strutturata sul metro dell'endecasillabo, con una melodia semplice e "popolare" e un ritmo in 6/8, questa "canzonetta" dolce e suadente, dai versi zuccherosi, al tempo stesso bellissimi e insinceri, mostra un aspetto complementare di Don Giovanni rispetto all'ebbra e vigorosa aria del primo atto, "Fin ch'han del vino".
Da notare che la cameriera cui è rivolta la serenata è un personaggio di cui non è prevista l'apparizione in scena, almeno se si sceglie di rimanere fedeli al libretto di Lorenzo Da Ponte. Alcuni registi fanno un'eccezione, mostrando la ragazza alla finestra al termine della serenata. Altri si spingono ancora oltre, come è capitato con l'allestimento scaligero del 2011 (vedi la clip qui sotto con Peter Mattei), che ci rende testimoni del successo di Don Giovanni (l'unico della giornata, visti i fallimenti con Donna Anna e Zerlina).
Come forma musicale, la tradizione della serenata può essere fatta risalire già al Medioevo e al Rinascimento: il canto era accompagnato, ovviamente, da uno strumento piccolo e portatile, come appunto il mandolino, la chitarra o il liuto. Ci si può divertire a paragonare "Deh, vieni alla finestra" con altre celebri serenate dell'opera lirica: segnatamente quelle del Conte Almaviva nel "Barbiere di Siviglia" rossiniano (ben due: "Ecco ridente in cielo" e "Se il mio nome saper voi bramate"), ma anche quelle presenti nel "Don Pasquale" di Donizetti ("Com’è gentil") e, perché no, nella "Cavalleria rusticana" di Mascagni ("O Lola ch’ai di latti la cammisa").
Clicca qui per il testo del brano.
DON GIOVANNI
Deh, vieni alla finestra, o mio tesoro!
Deh, vieni a consolar il pianto mio:
se neghi a me di dar qualche ristoro,
davanti agli occhi tuoi morir vogl'io.
Tu ch'hai la bocca dolce più che il miele,
tu che il zucchero porti in mezzo al core,
non esser, gioia mia, con me crudele:
làsciati almen veder, mio bell'amore!
Cesare Siepi | Tito Gobbi |
Dietrich Fischer-Dieskau | Samuel Ramey |
Ruggero Raimondi | Simon Keenlyside |
Peter Mattei
1 commenti:
"toccare la corda giusta per conquistare la preda di turno" è questo il segreto del fascino di Don Giovanni: non essere mai rozzo o volgare e sapere istintivamente trovare il tono e le parole adatte al momento e alla donna.Peccato che essa si accorga solo dopo dell'illusionarietà di tale trasporto e di essere quindi una preda...
Giustamente hai fatto notare la grande differenza di questa dolcissima serenata con la frenetica compulsività dell'aria dello champagne, ancora una volta testimonianza della grande variabilità del personaggio e del suo istinto perfettamente adattabile alle esigenge vitali della sua "natura", a volte tumultuosa, a volte incantevolmente serena, sempre però protesa alla conquista...
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