Nonostante gli avvertimenti, sia delle carte che delle altre zingare, Carmen va incontro a Don José che si aggira come uno spettro nella piazza cercando di avvicinarla.
Lo vediamo completamente distrutto. Non ha più la bella divisa da brigadiere né l'aria spavalda del fuorilegge. È completamente solo, trascurato, quasi un barbone, dall'aria smarrita, indifferente alla festa e alla gioia eccitata degli altri. Il suo unico obiettivo, la sua idea fissa è cercare Carmen e convincerla a tornare con sé.
Cosa spinge i due a rivedersi, nonostante tutto sia contro tale incontro? È sempre solo fatalità, destino, volere degli dei?
Guardiamoli separatamente, anche perché il loro dialogo è veramente un dialogo tra sordi e tutti e due ripetono lo stesso tema che non può e non viene ascoltato dall'altro, perché esprime solo la propria idea fissa e la chiusura in sé stessi.
Don José ormai è solo. Si presume che la madre sia morta e che Micaëla, legata ad essa, sia completamente fuori dalla sua mente e dai suoi desideri, psicologicamente morta insieme alla madre. Nella solitudine c'è posto solo per l'ingigantimento dell'immagine di Carmen, che ha soppiantato tutti i possibili interessi ed affetti. Una specie di monoteismo, l'unica ragione di vita a cui rimane attaccato. E la sua dipendenza da colei che adora proprio come una dea è totale.
È veramente un bambino sperso e abbandonato che cerca disperatamente la madre! In un adulto questa è una condizione pericolosissima, a meno che non si inizi a prendere coscienza della gravità della proiezione attraverso un lavoro di recupero della propria anima e del senso della propria vita, senza più regalarla ad altri, soprattutto se non la vogliono. Ma per Don José questo è impossibile perché non si è mai nemmeno posto il problema di una scelta autonoma, né dell'autostima fondata sulle possibilità di autorealizzazione, come quella di una relazione simmetrica.
E il suo comportamento, in queste scene finali, mostra quanto sia ancora infantile e ripetitivo.
Solo la musica di Bizet, così accorata e sublime nel suo pathos contenuto, riesce a non farci innervosire e prorompere in uno “Smettila!, lascia perdere, rassegnati al fatto che non ti vuole più!”, come si direbbe ad un bambino capriccioso e lamentoso che non vuole lasciare un giocattolo non suo. Anzi la musica, che è un vero veicolo per l'educazione del sentimento, ci fa vibrare di empatia e di sofferenza, rendendo tragica e quindi adulta la figura di quest'uomo, che ha perso ogni ritegno e si abbandona all'ennesima umiliazione di vedersi ancora respinto. Bizet ne coglie tutto lo strazio e l'anima ferita che cerca disperatamente la salvezza, anche se nel modo sbagliato.
Inizia supplicando e negando ogni possibile minaccia: “Io non minaccio... imploro... supplico!“, ma proprio la negazione dovrebbe allarmarci. Non comincia con una negazione il celebre discorso di Antonio sul cadavere di Cesare per aizzare il popolo contro Bruto e Cassio? E Shakespeare è un grande maestro dell'animo umano! Solo che Antonio è molto consapevole del suo gioco e lo usa abilmente per capovolgere la situazione manovrando i sentimenti volubili delle masse, mentre qui Don José mostra ancora una volta come sia lui stesso manovrato dalle emozioni che rimangono sconosciute anche a lui fino a quando non esplodono in modo incontrollato. La supplica e la preghiera implorante si capovolgeranno ben presto nella minaccia che viene negata!
Questa è la dinamica della compresenza degli opposti, quando non c'è un Io allenato al loro confronto e al lavoro dell'integrazione, attraverso un faticoso lavoro di consapevolezza e di autocontrollo. Si passa dall'amore all'odio, dalla preghiera alla violenta imposizione senza nessuna mediazione, dal bianco al nero, a volte senza quasi accorgersene, come girando un interruttore!
Ma per ora, in una lunghissima sequenza, Don José continua a supplicare riaffermando la sua “adorazione” e insistendo per convincere la donna a seguirlo e ricominciare la relazione, come inizio di nuova vita e salvezza:
Qui raggiunge il massimo dell'illusione e della mancanza di conoscenza della donna che dichiara così pateticamente di amare! Nel suo eccitato stato di possessione pensa addirittura di dover salvare anche Carmen: da chi poi, se non da lui stesso?
Carmen, il est temps encore...
O ma Carmen, laisse-moi
te sauver, toi que j’adore...
Ah! laisse-moi te sauver,
et me sauver avec toi. Carmen, è ancora tempo...
Oh mia Carmen, lascia
ch’io salvi te che adoro...
Ah! lascia ch’io ti salvi,
e ch’io mi salvi con te.
Anche il tempo viene invocato ripetutamente (“Ce n'è tempo ancora...”), come se potesse far cambiare idea a Carmen, non tenendo per niente conto del carattere fermo di lei e dell'irrevocabilità delle sue decisioni. In realtà sta soltanto disperatamente dando tempo a sé stesso, non volendo vedere fino all'ultimo momento il baratro che ha davanti. Passa dal ricordo del tempo dell'amore alle fantasticherie illusorie di un possibile futuro insieme sotto altro cielo e infine all'ennesima promessa di essere disposto a fare tutto quello che lei chiederà: (“Resterò bandito... tutto quel che vorrai... Tutto, mi capisci!... Ma non lasciarmi, Oh mia Carmen!... ricordati del passato!“). Pur di non essere abbandonato definitivamente consegna completamente il suo onore, la sua vita stessa al volere della donna! Ma cosa spinge un uomo a una resa così totale se non lo svuotamento di sé stesso, l'aver messo la propria anima nelle mani di colei che si crede di amare, ma che è diventata solo il contenitore del senso stesso della vita? Una proiezione assoluta che non fa rimanere niente a disposizione dell'Io per ricostruire il senso dell'esistenza, nonostante il dolore della separazione.
Ma Carmen come si pone in queste battute finali e fatali? Abbiamo visto come, nonostante gli avvertimenti, vada volontariamente incontro all'uomo che non ama più e di cui non sente la minima pietà. Si parla molto di cosa spinge le donne ad accettare l'ultimo incontro con l'ex amante, dopo una rottura definitiva, e, sebbene non si debba generalizzare perché i casi non sono mai uguali, tuttavia spesso si può riconoscere un bisogno di avere ancora l'ultima parola, un'illusoria speranza di far ragionare l'altro sottovalutando la forza dell'inconscio e i suoi movimenti irrazionali, un ingenuo tentativo di chiarimento quando ormai non c'è più niente da chiarire perché si parlano due lingue diverse o, peggio, un'incapacità a sottrarsi ad un'ennesima richiesta di lui, nel caso di donne troppo arrendevoli ed abituate a subire violenze.
Ma Carmen non è per nulla ingenua e ha una volontà molto forte (e forse proprio la sua forza le si ritorcerà contro) perché fino ad ora ha sempre sottomesso gli uomini, prendendoli e lasciandoli a suo piacere, senza gravi conseguenze, e ancora non crede fino in fondo che José, che ha sempre dominato, possa non accettare le sue imposizioni. E dunque non esita a umiliare ancora l'amante respinto, in nome di una libertà e di una verità sbattuta in faccia nel modo più netto:
No, non ti amo più.e ancora più chiaramente:
…
No, questo cuore non è più tuo.
Invano dici: Ti adoro!
Nulla otterrai da me!...
Carmen mai cederà!Questa affermazione di libertà, a una lettura superficiale, ha reso Carmen antesignana del femminismo e ne ha costruito il mito di donna che esce definitivamente dalla sottomissione patriarcale per affermare il diritto di scegliere da sé il proprio uomo e di lasciarlo ugualmente a proprio piacere. Ma ci si dimentica che le conquiste del femminismo sono passate da ben altre vie, da un lungo lavoro di consapevolezza e lotte sociali e politiche di donne coraggiose e solidali tra di loro, e che soprattutto non tagliano mai fuori le responsabilità dai diritti... Carmen è invece tutta impulsività e autocompiacimento: rivendica la libertà di fare quello che chiedono i suoi desideri del momento, senza alcun riguardo per nessuno (nemmeno per sé stessa!) e senza contestualizzare la situazione. Da un punto di vista psicoanalitico siamo nella sfera del bambino “onnipotente”, privo ancora del Super-Io, che non deve rendere conto a nessuno delle conseguenze delle proprie pulsioni.
Libera è nata e libera morrà!
La frase “Libera sono nata e libera morirò”, che ci impressiona tanto, indica la rivendicazione a non fare alcun lavoro su sé stessi, uno stato dato originariamente (un regalo, quindi!) e non una condizione da conquistare: è il “Sono fatto così” che sentiamo sbandierare quando le pulsioni non educate o elaborate entrano in conflitto con le sensibilità altrui o, cosa più grave, con le leggi e gli ordinamenti delle civiltà a cui si appartiene e a cui bisognerebbe rispondere “E allora cosa ci fai?”. Siamo ben lungi dalla concezione di libertà degli spiriti che riconoscono nel “Libertà va cercando ch'è sì cara...” dantesco l'autentica via alla libertà. Ma il fascino che deriva dalla frase di Carmen è indubbio, e come per Don Giovanni, a cui per certi versi è simile (ma di questo parleremo in un post successivo), nasce proprio dalla permanenza in quella remota zona infantile che abbiamo dovuto abbandonare, ma che rimane, nella nostalgia inconfessata di tutti, il vero paradiso perduto dei nostri desideri rimossi. Il tutto con l'enorme carica e forza della sessualità, che infiamma e può impossessarsi di tutta la persona.
Ma sicuramente, oltre al bambino “onnipotente e perverso polimorfo” di Freud, per Carmen possiamo pensare anche alle grandi dee che usano la sessualità come il desiderio in quel momento reclama e non hanno alcun riguardo per la sorte dei mortali che abbandonano dopo la breve storia d'amore. Già dai tempi di Gilgamesh (terzo millennio a.C.) Isthar, la potente dea mesopotamica, si comporta così con gli uomini di cui si invaghisce; ragion per cui Gilgamesh resiste eroicamente ai suoi approcci. Carmen stessa, nella prima apparizione, aveva messo in guardia colui su cui poteva cadere la sua scelta (“Se io t'amo, sta attento a te!”). Ma come lei non tiene conto degli avvertimenti delle carte, così gli uomini non tengono conto del pericolo di essere amati da una donna come lei. E tanto meno Don José, che non è affatto un eroe in grado di resistere al suo fascino, tanto che lo sentiamo fino alla fine parlare di adorazione, quell'adorazione che si deve solo alla dea. Ma Carmen è pur sempre una donna, anche se abituata a identificarsi con l'archetipo della dea dell'amore, e questa confusione è pericolosa anche per lei, segno di inflazione, come insegna Jung. Non ascolta gli avvertimenti di Mercedes e Frasquita e non tiene conto della lettura delle carte a cui crede in modo solo fatalistico e non come possibile base di lavoro per scongiurare la catastrofe (del tipo: se lo conosci lo eviti!); non tiene nemmeno conto della disperazione di Don José, e, senza alcun senso di colpa o la minima delicatezza di sentimento, lo tratta nel modo più brutale, come si allontana un cagnolino, che prima si accarezza e poi si caccia via se diventa inopportuno. Il “Lasciami passare!” che gli grida quando sente le acclamazioni per la vittoria di Escamillo sembra veramente lo spintone che si dà al cane divenuto molesto.
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CARMEN C’est toi! JOSÉ C’est moi! CARMEN L’on m’avait avertie que tu n’étais pas loin, que tu devais venir; l’on m’avait même dit de craindre pour ma vie mais je suis brave et n’ai pas voulu fuir. JOSÉ Je ne menace pas, j’implore, je supplie; notre passé, Carmen, je l’oublie. Oui, nous allons tous deux commencer une autre vie, loin d’ici, sous d’autres cieux! CARMEN Tu demandes l’impossible, Carmen jamais n’a menti; son âme reste inflexible. Entre elle et toi, tout est fini. Jamais je n’ai menti; entre nous, tout est fini. JOSÉ Carmen, il est temps encore, oui, il est temps encore. Ô ma Carmen, laisse-moi te sauver, toi que j’adore, et me sauver avec toi! CARMEN Non, je sais bien que c’est l’heure, je sais bien que tu me tueras; mais que je vive ou que je meure, non, non, je ne te céderai pas! JOSÉ Carmen, il est temps encore, ô ma Carmen, laisse-moi te sauver, toi que j’adore; ah! laisse-moi te sauver et me sauver avec toi! Ô ma Carmen, il est temps encore, etc. CARMEN Pourquoi t’occuper encore d’un cœur qui n’est plus à toi? Non, ce cœur n’est plus à toi! En vain tu dis: «Je t’adore», tu n’obtiendras rien, non, rien de moi. Ah! c’est en vain, tu n’obtiendras rien, rien de moi! JOSÉ Tu ne m’aimes donc plus? (Silence de Carmen.) Tu ne m’aimes donc plus? CARMEN Non, je ne t’aime plus. JOSÉ Mais moi, Carmen, je t’aime encore; Carmen, hélas! moi, je t’adore! CARMEN À quoi bon tout cela? Que de mots superflus! JOSÉ Carmen, je t’aime, je t’adore! Eh bien, s’il le faut, pour te plaire, je resterai bandit, tout ce que tu voudras – tout, tu m’entends? Tout! mais ne me quitte pas, ô ma Carmen, ah! souviens-toi, souviens-toi du passé! Nous nous aimions naguère! Ah! ne me quitte pas, Carmen, ah, ne me quitte pas! CARMEN Jamais Carmen ne cédera! Libre elle est née et libre elle mourra! |
CARMEN Sei tu! JOSÉ Sono io! CARMEN Mi avevano avvertito che non eri lontano, che dovevi venire; mi avevano anche detto di temere per la mia vita ma io sono coraggiosa e non ho voluto fuggire. JOSÉ Io non minaccio, io imploro, io supplico; dimentico il nostro passato, Carmen. Sì, andiamo tutti e due a cominciare una nuova vita, lontano da qui, sotto altri cieli! CARMEN Tu chiedi l’impossibile, Carmen non ha mai mentito; la sua anima resta inflessibile. Tra lei e te, tutto è finito. Mai ho mentito; tra di noi è finito tutto. JOSÉ Carmen, facciamo ancora in tempo, sì, facciamo ancora in tempo, O mia Carmen, lascia che io ti salvi, te, che io adoro, e che mi salvi con te! CARMEN No, so bene che è arrivato il momento, so bene che mi ammazzerai; ma che io viva o muoia, no, no, non cederò! JOSÉ Carmen, facciamo ancora in tempo, o mia Carmen, lascia che io ti salvi, te, che io adoro; ah! lascia che io ti salvi e che mi salvi con te! O mia Carmen, facciamo ancora in tempo, ecc. CARMEN Perché ti interessi ancora di un cuore che non è più tuo? No, questo cuore non è più tuo! È inutile che tu dica “Io ti adoro”, non otterrai nulla, no, nulla da me. Ah! è inutile, non otterrai nulla, nulla da me! JOSÉ Allora non mi ami più? (Silenzio di Carmen.) Allora non mi ami più? CARMEN No, non ti amo più. JOSÉ Ma io, Carmen, ti amo ancora; Carmen, ahimé, io ti adoro! CARMEN Perché tutto questo? Che parole superflue! JOSÉ Carmen, io ti amo, ti adoro! Va bene, se occorre, per farti contenta, resterò un bandito, tutto ciò che vuoi – tutto, hai capito? Tutto! Ma non mi lasciare, o mia Carmen, ah! ricordati, ricordati del passato! Ci amavamo, una volta! Ah! non mi lasciare, Carmen! Ah! non mi lasciare! CARMEN Carmen non cederà mai! Libera è nata, e libera morirà! |
Placido Domingo (Don José), Elena Obraztsova (Carmen)
dir: Carlos Kleiber (1978)
Nicolai Gedda, Maria Callas dir: Georges Prêtre (1964) | Barry McCauley, Maria Ewing dir: Bernard Haitink (1985) |
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