Il confronto tra questi due personaggi così celebri, non solo nel mondo della musica lirica ma anche nell'immaginario collettivo oltre che nel panorama culturale più in generale, si impone spontaneamente, soprattutto per quel che riguarda il rapporto con la libertà, l'anticonformismo, la coerenza con il proprio modo di vivere fino a morire senza cedere a nessun compromesso pur di non rinunciarvi. Ed entrambi sono icone della seduzione!
Per approfondire la figura di Don Giovanni rimando ai miei post sull'opera di Mozart pubblicati su questo stesso blog, in particolare “Il seduttore sedotto” e “Don Giovanni e il dionisiaco”. Qui intendo solamente evidenziare punti di contatto e differenze con Carmen.
Che la loro concezione di libertà sia analoga salta subito all'occhio. Entrambi la esplicitano in vari momenti e quindi sembra assodato che siano veri campioni della libertà e per tali sono stati presi, suggestionati dal loro impeto e dal loro fascino. Carmen invita Don José a seguirla sulla montagna, a diventare disertore e contrabbandiere, proprio in nome della libertà, celebrando la vita sotto le stelle come unica condizione fuori dalle leggi e dagli obblighi sociali degna di una persona coraggiosa che voglia sentirsi veramente libera. Lei stessa sceglie questo tipo di esistenza. Ma la sua libertà va ben oltre e investe tutta la sua vita privata e sentimentale. Già dalla prima apparizione rivendica il diritto di scegliere l'uomo da amare e lasciare a suo piacimento, e infine sfida la morte proprio in nome della libertà: “Carmen è nata libera e libera morirà”.
Don Giovanni parla esplicitamente della libertà solo nella scena del ballo, quando invita tutti aprendo le porte della residenza proprio in suo nome (“È aperto a tutti quanti. Viva la libertà!”, frase che ripete molte volte facendone una bandiera), ma tutto il suo comportamento ci mostra come egli si conceda ogni possibile libertà, senza alcuna esitazione. Non soltanto quella di sedurre tutte le donne che desidera (e dal catalogo di Leporello sappiamo che praticamente sono tutte quelle che gli capitano a tiro) ma anche quella di divertirsi smodatamente utilizzando il potere che gli deriva dalla ricchezza (“Già che spendo i miei denari, io mi voglio divertir...”) e dalla condizione di nobile, e compresa quella di disporre del servo Leporello come gli garba fino a metterlo in pericolo di vita più volte solo per i suoi capricci. Se apre quindi a “tutti quanti” la possibilità di partecipare alla sua festa (beninteso, con il segreto intento, come Leporello ben sa, di approfittare delle donne che accettano l'invito), non intende comunque allargare i propri privilegi agli altri, né tantomeno si pone alcun problema di coscienza.
Alla fine però, come Carmen, lo vediamo non indietreggiare nemmeno di fronte alla morte e rivendicare il diritto di non cedere a nessuna minaccia pur di non essere “tacciato di viltade”. Ed è proprio il modo in cui affrontano la morte quello che consacra entrambi “campioni” di libertà!
Non importa se la loro concezione di libertà sia giusta o sbagliata. Sicuramente ce ne sono di più elaborate e democratiche (quelle dei tanti patrioti, intellettuali, filosofi, politici, impegnati a conquistare anche con la vita libertà civili, sociali e democratiche) o di più spirituali (Sant'Agostino, tutti i maestri della grande liberazione attraverso la meditazione) e psicologicamente più complete e impegnative (“Libertà va cercando...” di Dante). Cammini verso una libertà concepita come “libertà da” piuttosto che “libertà di”: libertà dalle passioni e dall'egoismo, dalla paura, dalla schiavitù sia dalle pulsioni istintuali troppo forti che dalle tirannie dei regimi totalitari; è l'opposto della libertà di fare tutto quello che si desidera, quando la volontà è ancora dipendente dai propri piaceri e dall'egocentrismo.
Evidentemente la concezione di libertà di Carmen e Don Giovanni appartiene al questo secondo tipo, ma il fatto che essi siano pronti a pagare con la vita tale modello li riscatta e li pone su un piano elevato, quello di chi non cerca scuse, non addebita agli altri le proprie responsabilità e, come tali, li rende esempi di autonomia e li fa uscire dall'infantilismo.
Non pentirsi all'ultimo momento solo per evitare la morte (come suggerirebbe Leporello!), non implorare grazia o perdono quando non si è fatto nessun cammino per arrivare a un vero cambiamento è comunque segno di fermezza d'animo e di non opportunismo, coraggio di affrontare le conseguenze di tutto un modo di vivere che non si è disposti a rinnegare.
I pentiti dell'ultima ora sono sempre sospetti, a meno che non si tratti di persone del tipo di quelli che Dante colloca nel Purgatorio (per esempio Manfredi), in cui il pentimento – anche se alla fine della vita – sia veramente sentito e accompagnato da profondo dolore, e che comunque sono pronti a pagare lo scotto con anni e anni di “espiazione”.
Ed ora vediamo le differenze fondamentali. La prima che salta agli occhi è che Don Giovanni mente sempre, mentre Carmen è sempre sincera.
Don Giovanni entra già in scena mascherato per sedurre Donna Anna, mente a Donna Elvira per giustificare l'abbandono, mente a Zerlina promettendole di sposarla (come lo promette a quasi tutte le altre donne, come ultima risorsa, se non riesce ad averle in altro modo), mente a Don Ottavio e a Donna Anna quando si ripresenta come amico, mente a Masetto quando lo vediamo ancora mascherato con gli abiti di Leporello, e via via per tutta l'opera.
Carmen invece è sempre sincera, dichiara intenzioni e amori a viso scoperto e non fa mai giuramenti di fedeltà, tantomeno promesse di matrimonio. Anzi, avvisa subito gli aspiranti amanti della pericolosità del suo amore (“Se io t'amo, sta attento a te!”).
Questa può essere una differenza legata a tecniche di seduzione dettata dai diversi temperamenti, ma anche a modalità più specifiche maschili o femminili, e ancora una diversità derivata dal mondo socio-culturale a cui i due personaggi appartengono: uno è un nobile che ci tiene a conservare la maschera della rispettabilità e non perdere i privilegi legati ad essa (quindi la menzogna è funzionale anche a questo), l'altra è una semplice popolana, anzi una zingara che non ha niente da perdere socialmente.
Altra differenza è che Don Giovanni è “polivalente”, nel senso che intreccia contemporaneamente il maggior numero di relazioni possibili, tutte momentanee, mentre Carmen vive una relazione per volta (arrivando anche a sei mesi di continuità, a detta di Escamillo, che sembra ben informato e a cui la cosa non disturba).
Paradossalmente però, anche se Carmen vive un amore alla volta, la vediamo circondata da tanti uomini e al centro del loro desiderio (vedi il post sul desiderio mimetico), mentre Don Giovanni, pur desiderandole tutte, ne corteggia una alla volta, cercando accuratamente di tenere l'una all'oscuro dell'altra. Le fughe e i mascheramenti servono anche a questo.
Queste caratteristiche sono sicuramente legate a differenze profonde, quasi genetiche, appartenenti a codici seduttivi di genere, secondo cui il maschio cerca di procurarsi la femmina corteggiandola e la femmina sceglie tra i corteggiatori. Anche quando è Carmen a condurre il gioco, fa in modo che sia l'uomo da lei scelto a dichiarare per primo il proprio desiderio, come la vediamo fare con Don José. Ambedue quindi, pur con tutta la loro spregiudicatezza, non si sottraggono a questa linea di comportamento, anzi la evidenziano al massimo, portandola alle estreme conseguenze.
Don Giovanni corteggia tutte le donne che incontra e Carmen si fa corteggiare da tutti...
Ma la differenza fondamentale rimane il piano mitico a cui Mozart ha elevato Don Giovanni, che può essere punito solo dal cielo e trascinato agli inferi da una forza superiore, imprendibile dagli umani che pur ci provano (Masetto, Don Ottavio e persino Donna Elvira, che vuol “cavargli il cor”). Carmen invece, pur con tutto il suo fascino di “femme fatale” direttamente collegata ad Eros, rimane una donna vulnerabile, che può essere uccisa dall'amante che si sente tradito, e questo la rende per sempre più umana e commovente, oltre che di una modernità e un'attualità assolute.
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