10 ottobre 2017

Salomè (1) - Introduzione

Scritto da Christian

Salomè
Dramma musicale in un atto, op. 54
Libretto di Hedwig Lachmann, dal dramma di Oscar Wilde
Musica di Richard Strauss

Prima rappresentazione: Dresda (Semperoper),
9 dicembre 1905

Personaggi e voci:
- Erode (tenore), tetrarca di Giudea
- Erodiade (mezzosoprano), sua moglie
- Salomè (soprano), figlia di Erodiade
- Jochanaan (baritono), il profeta
- Narraboth (tenore), capitano della guardia di Erode
- Un paggio di Erodiade (contralto)
- Cinque ebrei (4 tenori, 1 basso)
- Due nazareni (tenore, basso)
- Due soldati (bassi)
- Un uomo della Cappadocia (basso)
- Uno schiavo (tenore)

Ero al Piccolo Teatro di Max Reinhardt, a Berlino, per vedere Gertrud Eysoldt nella "Salomé" di Wilde. Dopo la rappresentazione incontrai Heinrich Grünfeld, che mi disse: «Strauss, questo sarebbe proprio un soggetto d'opera per Lei». Fui in grado di rispondere: «Già lo sto componendo». Il poeta viennese Anton Lindner mi aveva già mandato il raffinato dramma e si era offerto di trarne un "libretto" per me. Acconsentii, e mi mandò alcune scene iniziali messe in versi con ingegno, senza che io mi decidessi a iniziare la composizione della musica. Finché un giorno mi domandai: perché non comincio subito, senza aspettare altro, da «Wie schön ist die Prinzessin Salome heute Nacht!» ("Com'è bella la principessa Salomè questa sera!")? Da quel momento in poi non fu difficile ripulire il testo dalle fioriture letterarie, fino a farlo diventare proprio un bel «libretto». E ora che la danza e specialmente l'intera scena finale sono intessute di musica, non ci vuol molta bravura a dire che il lavoro «reclamasse la musica». Sì, sicuro. Ma bisognava saperlo intendere! Già da tempo disapprovavo che nelle opere di soggetto orientale ed ebraico mancassero il colore autenticamente orientale e il sole ardente. Questa esigenza m'ispirò un'armonia veramente esotica, variegata da insolite cadenze come seta cangiante. Il desiderio di caratterizzare al massimo i personaggi mi portò alla bitonalità: una caratterizzazione soltanto ritmica, quale è impiegata da Mozart nel più geniale dei modi, non mi pareva sufficientemente forte con il contrasto fra Erode e i Nazareni.
(Richard Strauss)
Quando nel dicembre del 1905 "Salomè" (alla cui lavorazione Strauss si era dedicato sin dall'estate precedente) venne rappresentata per la prima volta al teatro dell'opera di Dresda, il compositore bavarese (nessuna parentela con gli Strauss di Vienna) era già piuttosto noto per i suoi poemi sinfonici (da "Tod und Verklärung" a "Così parlò Zarathustra") e le sue sinfonie di stampo wagneriano. Ma fu proprio quest'opera, ispirata direttamente al dramma di Oscar Wilde (di cui il libretto di Hedwig Lachmann è praticamente la traduzione in tedesco, con i necessari tagli e adattamenti alla musica operati dallo stesso Strauss) a renderlo istantaneamente una celebrità in tutto il mondo. Il successo fu immediato, così come lo scandalo (per gli stessi elementi che avevano fatto scalpore nel testo di Wilde: la combinazione fra il tema biblico e religioso, l'erotismo e le forti passioni delittuose). Fra i detrattori, o che comunque manifestarono perplessità di fronte al soggetto, ci fu addirittura il Kaiser Guglielmo II, che in occasione della prima rappresentazione a Berlino disse: «Mi dispiace che Strauss abbia composto questa "Salomè". Lui mi è molto simpatico, ma si farà un danno enorme con quest'opera». Nelle sue memorie, il compositore replica: «Con questo danno mi sono costruito la villa a Garmisch!». Persino alcuni dei primi interpreti si mostrarono riluttanti nel portare sul palco il materiale così come era stato scritto, e la prima Salomè, Marie Wittich, rifiutò di esibirsi nella "Danza dei Sette Veli", costringendo il teatro ad assoldare una ballerina che la sostituisse in quella scena (ancora oggi nel ruolo si alternano spesso una cantante e una danzatrice, e raramente la stessa artista svolge entrambi i compiti: fra le poche eccezioni, la soprano Aino Ackté, che Strauss stesso definì "la sola e unica Salomè").

D'altro canto, come detto, il successo di pubblico fu immenso. Nel giro di due anni, l'opera venne allestita in oltre cinquanta teatri in tutto il mondo. Quando giunse a Parigi, nel 1907, fu un evento mondano che richiamò al Théàtre du Chatelet tutta l'aristocrazia e il panorama culturale e politico del paese, a partire dal Presidente della Repubblica. Pare che in quella occasione qualcuno disse a Strauss: «Posso annunziarle che il Presidente Le consegnerà la Légion d'Honneur». «Me la merito», rispose lui, consapevole di aver fatto centro. Eppure, proprio questa popolarità finì col giocare a suo sfavore nel breve periodo dal punto di vista della fortuna critica. Non c'è dubbio che Strauss avesse ben calcolato l'effetto che la "Salomè", con la sua commistione di arte, scandalo, costume, religione, musica e danza, avrebbe provocato sul piano mondano e culturale. Ma, come d'altronde capitò anche a Puccini, il successo impedì a lungo a molti commentatori di considerare i suoi lavori come "artisticamente meritevoli". Strauss era acclamato e discusso, finì un paio di volte sulla copertina di "Time", ma in ampi settori culturali europei era biasimato con toni di riprovazione morale e di snobismo contro lo spiritualismo tardoromantico e l'estetismo decadente. "Da parte di Gide e di Thomas Mann, di Gabriel Fauré, di Max Reger, di Busoni, come da parte di Cosima Wagner e di Pfitzner, di Boito e di Barilli o di un qualsiasi cronista musicale di allora, un interesse per "Salomè" era quasi sempre l'occasione di un giudizio ironico, infastidito e perfino sprezzante", scrive Franco Serpa.

Oggi, naturalmente, le cose sono cambiate, e non si può non riconoscere nell'opera di Strauss una forte impronta innovativa, nonché elementi di reale inquietudine e angoscia legati al particolare contesto storico (un'epoca di "passaggio" verso la modernità, non a caso alla vigilia di quella Prima Guerra Mondiale che avrebbe cambiato tutte le carte in tavola). Lungi dall'essere "una geniale e calcolata provocazione gettata alla decenza borghese di un secolo fa" (cito ancora Serpa), "l'esaltazione degli impulsi psichici oscuri, il solipsismo maniaco, tipico di tutti i personaggi, la loro indifferenza cieca al principio di realtà, il simbolismo del Nulla, l'onnivora ossessione descrittiva di questa musica, la poetica, infine, della decorazione fanno anche di "Salomè" un'opera necessaria al nostro concetto di arte moderna".

Come detto, nel mettere in scena l'episodio biblico Strauss si appoggia alla "Salomè" di Oscar Wilde: scegliere tale dramma come punto di partenza fu senza dubbio una mossa audace e provocatoria, visto che già in anticipo si potevano predire le reazioni di una parte del pubblico e lo scandalo che ne sarebbe sorto, per non parlare dei bastoni fra le ruote che diversi organi di censura avrebbero frapposto (a Vienna, per esempio, fu proibita la prima rappresentazione austriaca, con grande rammarico di Mahler che avrebbe voluto dirigerla: l'evento fu dirottato nella più "tranquilla" e periferica Graz, dove pure divenne un importante appuntamento mondano che richiamò fra il pubblico, tra gli altri, lo stesso Mahler, Schönberg, Berg, Puccini e – in galleria – un diciassettenne Adolf Hitler, allora più interessato all'arte che alla politica). Dopo aver già perfezionato negli anni precedenti la tecnica sinfonica, Strauss era ormai pronto per introdurre nel suo mondo musicale anche la voce umana (in effetti aveva già composto due opere, "Guntram" nel 1894 e "Feuersnot" nel 1901, senza lasciare particolare traccia).
La parola (...) si aggiunse quale elemento chiarificatore dell'invenzione musicale-drammatica, la cui estrinsecazione primaria restò di competenza dell'orchestra, secondo il genuino talento del compositore. Tuttavia, essendo Strauss un vero musicista di teatro, contano anche la ricchezza, l'originalità, la varietà delle forme vocali, e pertanto la facezia su "Salomè" definita «concerto per orchestra con accompagnamento di voce umana» (si dice sia stata una trovata di Gabriel Fauré) è, come tutte le battute del genere, immeritatamente nota, futile e poco pertinente in tutti e due i termini. Infatti, la prodigiosa invenzione strumentale, anche se è tutta tematica e densamente contrappuntistica, non tanto costruisce forme strumentali autonome quanto mira alla narrazione e all'evidenza teatrale (e compiutamente le attua); e la parola cantata trae dalle suggestioni decadenti del testo ma soprattutto dalle decise sollecitazioni dell'orchestra un'energia espressiva di efficacia infallibile. (...) L'opera, come si avverte anche al primo ascolto, è interamente concepita su alcuni (in verità, molti) temi collegati ai personaggi, alle loro emozioni, ai loro pensieri. Questi temi, tutti mirabilmente concisi ed eloquenti, si incontrano, si sovrappongono, si svolgono, si mutano secondo un dinamismo sinfonico-contrappuntistico che, sebbene sia molto avanzato nell'elaborazione, non tradisce né confonde le necessità drammatiche e narrative, anzi le approfondisce. Tutto ciò che passa e che si agita nella psiche e nella mente dei personaggi noi lo ascoltiamo nella vicenda sonora.
(Franco Serpa)
Un altro aspetto importante della "Salomè" è la sua presa di distanza (diciamo pure che rappresenta un deciso passo in avanti) rispetto alla musica operistica tedesca che l'aveva preceduta, e che sembrava non potesse più prescindere da Wagner. In questo, è semmai in parte debitrice alla cultura francese, e non solo perché in questa lingua Oscar Wilde aveva originariamente scritto il suo dramma (lo stesso Strauss, nel 1907, realizzerà una versione alternativa della sua opera in francese, che sebbene poco nota, viene occasionalmente usata in alcuni allestimenti).
["Salomè" e la successiva "Elektra"] sono una grandiosa esasperazione degli spiriti dell'ultimo Ottocento, sono l'immagine conclusiva e contratta della tradizione wagneriana, che in esse si consuma. Da allora ogni altro tentativo di dramma musicale in Germania, in Italia, in Francia, è sembrato tardo e fragile. (...) La strada a "Salomè" passa attraverso l'esperienza di un mutamento di civiltà. Con Wagner la musica, affermando sé stessa come arte delle arti e forma superiore di conoscenza, cioè come unitaria espressione di tutte le energie intellettuali e psichiche dell'uomo, si era fatta dramma. Ma poi, in una società che con esigenze sempre più decise pretendeva dall'arte la decorazione della banalità quotidiana e il risarcimento della perdita di emozioni spirituali, alla musica vennero meno i valori assoluti. Il passo che Strauss seppe compiere per primo, da artista responsabile e colto entro una grande tradizione e dotato di straordinario istinto scenico, fu quello di tradurre in atto nel teatro musicale il cambiamento delle condizioni civili, sostituendo una nuova concezione dell'opera a quella, estinta, del dramma nazionale di idee. Così si spiega l'ostilità di tutti i wagneriani di Bayreuth, con a capo Siegfried Wagner, Thode e Houston-Chamberlain, a "Salomè" e poi alle altre opere di Strauss (dopo aver ascoltato qualche pagina di "Salomè" suonata al pianoforte da Strauss stesso, Cosima Wagner fu molto scortese: «Questa è pura follia! Lei è per l'esotico, Siegfried per il popolare!»). (...) Magnifico simbolo di una società cosmopolita, facoltosa, edonistica, elegante, "Salomè" è una delle ultime manifestazioni dell'intesa culturale franco-tedesca, già produttiva dalla metà dell'Ottocento e rianimata dall'incontro tra wagnerismo ed estetismo simbolistico. Fu, come è noto, la cultura dell'alta borghesia europea. E nella musica significò la moda della strumentazione lussureggiante in funzione di una scrittura prevalentemente cromatica e, nel contenuto, dei soggetti esotici o leggendari, e simbolici: tutti caratteri a metà via tra Wagner e il gusto francese, i quali contribuirono a disegnare la fisionomia stilistica di questa "Salomè", che non somiglia a nessuna opera tedesca del tempo.
(Franco Serpa)

Alcune delle incisioni più celebri:














Link utili:

Articolo su Wikipedia in italiano
Articolo su Wikipedia in inglese
Libretto completo (anche in italiano)
Partitura

1 commenti:

Christian ha detto...

A proposito delle "ritrosie" dell'interprete della prima rappresentazione, cito anche questo passo dalle memorie di Richard Strauss:

Considerando che la parte era faticosa e corposa l'orchestra, il ruolo della principessa sedicenne dalla voce di Isolda – una cosa così non si scrive, signor Strauss: o l'una cosa o l'altra! – era stato affidato alla trentasettenne Marie Wittich, soprano drammatico spinto. Alle prove di scena ogni tanto faceva sciopero protestando indignata come la moglie di un borgomastro sassone: «Questo non lo faccio, sono una donna per bene». Il regista Wirk, che pretendeva da lei «perversità ed empietà», era disperato! Eppure la signora Wittich, che naturalmente come figura non era adatta alla parte, aveva ragione, ma in un altro senso: perché ciò che attrici esotiche, degne di un varietà di infimo ordine, si sono permesse di fare in rappresentazioni posteriori muovendosi come serpenti e facendo volteggiare per aria la testa di Jochanaan, ha spesso superato ogni limite di decenza e di gusto! Chi è stato in Oriente e ha osservato il decoro delle donne di laggiù capirà che Salome, giovinetta casta e principessa orientale, deve essere rappresentata con la massima semplicità e nobiltà di gesti; altrimenti, incapace com'è di fronteggiare il miracolo del mondo straordinario, ostile che si trova davanti, invece di pietà susciterà solo raccapriccio e orrore.