10 novembre 2014

La pietra del paragone - Introduzione

Scritto da Christian

La pietra del paragone
Melodramma giocoso in due atti
Libretto di Luigi Romanelli
Musica di Gioacchino Rossini

Prima rappresentazione: Milano (Teatro alla Scala),
26 settembre 1812

Personaggi e voci:
- La Marchesa Clarice (contralto), vedova brillante, accorta e di buon cuore, che aspira alla destra del Conte Asdrubale
- La Baronessa Aspasia (soprano) e
- Donna Fulvia (soprano), rivali della medesima non per amore, ma per solo interesse
- Il Conte Asdrubale (basso), ricco signore, alieno dell'ammogliarsi, non per assoluta avversione al matrimonio, ma per supposta difficoltà di trovare una buona moglie
- Il Cavalier Giocondo (tenore), poeta, amico del Conte e modesto amante, non corrisposto, della Marchesa Clarice
- Macrobio (buffo), giornalista imperito, presuntuoso e venale
- Pacuvio (buffo), poeta ignorante
- Fabrizio (basso), maestro di casa e confidente del Conte
- Coro maschile di giardinieri, ospiti del Conte, cacciatori, soldati
- Molte comparse di diverso carattere


Commissionata a un Rossini appena ventenne (ma con già cinque opere all'attivo) dal Teatro alla Scala di Milano, pare su interessamento del contralto Marietta Marcolini (che interpretò il ruolo di Clarice alla "prima", e che del compositore era la musa e forse l'amante), "La pietra del paragone" fu il primo, vero, grande successo del giovane musicista, quello che lo consacrò come astro nascente del melodramma italiano e come erede designato di Paisiello e Cimarosa, fino ad allora considerati i pilastri del genere. Era la prima volta che uno dei maggiori teatri lirici d'Europa dava fiducia al giovane pesarese, e la fiducia fu ampiamente ripagata. Opera buffa con venature di satira sociale a 360 gradi, la "Pietra" fece scalpore e conquistò sull'istante una popolarità senza precedenti. Grazie anche al libretto agile e moderno di Luigi Romanelli e a un cast di prim'ordine (oltre alla Marcolini, riscosse elogi la prova del basso Filippo Galli nei panni del protagonista, il Conte Asdrubale), la reazione del pubblico fu infatti entusiasta (le rappresentazioni consecutive alla Scala furono ben 53), così come gli elogi della critica. Celebre è la recensione apparsa, dopo la prima, sull'autorevole "Corriere delle Dame":

Se la penna del poeta, la fantasia del maestro, la magia del pennello formano i tre punti essenziali per la buona riuscita di un'Opera melodrammatica, non può negarsi lode al poeta, ammirazione al pittore, ed applauso massimo al compositore di questa musica. Questo giovenissimo signor Rossini se non invanirà di troppo, se studierà sugli antichi modelli che dormono polverosi, potrebbe essere il ben preconizzato a far risorgere la vera e maschia gloria della musica italiana.
Altrettanto nota è l'ammirazione manifestata da Stendhal, che nella "Vita di Rossini" scrive così:
"La pietra del paragone" è, a parer mio, il capolavoro di Rossini nel genere buffo. [...] Quest'opera creò alla Scala un'epoca di entusiasmo e di gioia; si accorreva in massa a Milano da Parma, Piacenza, Bergamo, Brescia e da tutte le città per un raggio di venti leghe. Rossini fu il primo personaggio del paese; ci si accalcava per vederlo.
Il successo dell'opera, fra l'altro, fu determinante in più di un modo per la carriera di Rossini. Come racconta lo stesso Stendhal, il vicerè francese a Milano, Eugène de Beauharnais (all'epoca la Lombardia, così come gran parte dell'Italia settentrionale, faceva parte dell'impero napoleonico) rimase talmente impresso da scrivere al ministro dell'interno la seguente missiva, chiedendo di esentare il compositore dal servizio militare:
Non posso prendermi la responsabilità di esporre al fuoco nemico un'esistenza così preziosa, i miei contemporanei non me lo perdonerebbero mai. Perderemo forse un mediocre soldato, ma salveremo sicuramente un uomo di genio per la nazione.
La popolarità della "Pietra" diede persino origine, in tempi brevissimi, a un paio di tormentoni. Il finale del primo atto, quello in cui il Conte Asdrubale – travestito da mercante turco – minaccia di mettere i sigilli a ogni cosa (parlando in un buffissimo linguaggio sgrammaticato, ed esclamando in continuazione la parola "Sigillara!"), fornì una sorta di nomignolo all'opera, che nell'uso comune sostituì quello ufficiale. Sempre Stendhal annota:
Questo vocabolo barocco, ripetuto dal turco incessantemente e in tutti i toni, poiché è la risposta che dà a tutto quanto gli si dice, fece a Milano una tale impressione [...] che fece cambiare il titolo dell'opera. Se in Lombardia parlate della "Pietra del paragone", nessuno vi capisce, bisogna dire: "il Sigillara".
Il secondo tormentone è quello dell'aria del poeta Pacuvio, "Ombretta sdegnosa del Missipipì", che sarà ripresa da Antonio Fogazzaro nel suo romanzo "Piccolo mondo antico". Questo le permetterà di rimanere popolare anche negli anni successivi, quando l'opera sarà ormai caduta nel dimenticatoio.

E già, perché sic transit gloria mundi: nonostante lo straripante successo iniziale, la fama della "Pietra" verrà rapidamente eclissata, nel giro di pochi anni, dalle altre opere dello stesso Rossini ("Il barbiere di Siviglia", "L'italiana in Algeri" e "La cenerentola" su tutte), fino a scomparire completamente dalle scene a partire dal 1830. E tranne qualche recupero in tempi recenti (in particolare grazie all'impegno del Rossini Opera Festival di Pesaro, e all'edizione critica curata da Alberto Zedda), "La pietra del paragone" fa capolino di rado nelle programmazioni dei teatri lirici. Un vero peccato, visto che si tratta di un'opera ancora assai fresca e godibile, di alto livello sia dal punto di vista musicale (come vedremo) che da quello del libretto, opera di un brillante Luigi Romanelli (librettista di fiducia della Scala di Milano, per la quale scrisse i testi di svariate decine di opere).

Questa scena, tratta dal biopic "Rossini! Rossini!" di Mario Monicelli (1991), mostra il successo della prima scaligera della "Pietra" (e attribuisce, nella finzione narrativa, direttamente alla Marcolini la richiesta di esonerare il compositore dal servizio militare):



Il libretto di Romanelli, come già detto, è vivace, ricco di trovate, ispiratissimo (un riferimento potrebbe essere lo Shakespeare di "Tanto rumore per nulla") e soprattutto incredibilmente moderno nel mettere in scena le virtù e (soprattutto) i vizi degli esseri umani: tanto che pare naturale, come viene spesso fatto in occasione di ogni allestimento, ambientarlo ai giorni nostri. Aiuta, in questo, la presenza di figure sempre "attuali" come il giornalista prezzolato e a caccia di scandali, l'artista mediocre e presuntuoso, le arrampicatrici sociali: personaggi che fanno parte del tessuto sociale di oggi come di quello di duecento anni fa.

La trama vede il ricco Conte Asdrubale, che sta ospitando alcuni conoscenti nella sua villa di campagna, fingere di aver perso tutti i propri averi (a favore di un fantomatico mercante turco, in realtà sempre lui travestito) per mettere alla prova la fedeltà dei tanti amici che lo circondano, distinguendo chi gli sta vicino solo per interesse da chi invece gli è legato da un rapporto sincero; allo stesso modo, farà luce sulle reali intenzioni delle tre donne che gli fanno la corte (essendo lui, ancora scapolo all'età di trent'anni, una "preda" piuttosto appetibile). Di queste ultime, solo la marchesa Clarice è mossa da un amore disinteressato: ma per conquistare il Conte, che nonostante tutto continua a mostrarsi refrattario al matrimonio, dovrà ricorrere a sua volta a un elaborato inganno a fin di bene.

Il titolo dell'opera, naturalmente, fa riferimento alle "prove" alle quali prima Asdrubale, e poi Clarice, sottopongono le persone al loro fianco: "Del paragon la pietra / sono i contrari eventi: / nei giorni più ridenti / più dubbia è l'amistà", si canta nel finale del primo atto.

Vocalmente, è da sottolineare l'insolita scelta dei registri dei due protagonisti, rispettivamente basso e contralto, al posto dei più consueti tenore e soprano (a onor del vero, non è un caso unico: agli inizi dell'ottocento il tenore era spesso relegato a ruoli secondari). L'unico tenore qui è il Cavalier Giocondo, poeta romantico e fedele amico del conte Asdrubale, ma innamorato a sua volta di Clarice. Gli altri personaggi cantano da soprano (Fulvia e Aspasia, le "rivali" di Clarice) o da basso buffo (il venale giornalista Macrobio e lo strampalato poeta Pacuvio, figure a tutto tondo e ben più che semplici comprimari). A questi si aggiunge un ruolo minore (Fabrizio, il maggiordomo del conte) e un coro maschile (che per lo più rappresenta la servitù). La musica è ricchissima e soprattutto assai varia, con arie che si alternano a numeri d'insieme vivaci e cangianti così come le situazioni che il libretto propone.

Fra i brani più significativi, oltre alla già citata aria di Pacuvio ("Ombretta sdegnosa del Missipipì"), sono da ricordare quella di Macrobio ("Chi è colei che s'avvicina?", tipicamente rossiniana), quella romantica di Giocondo ("Quell'alme pupille"), la cavatina di Clarice ("Eco pietosa"), il duetto fra Clarice e Asdrubale ("Conte mio, se l'eco avesse"). E come suo solito, Rossini "riciclò" parte della musica dalle sue opere precedenti: alcuni passi del complesso e raffinato quartetto del primo atto ("Voi volete, e non volete") provengono da "La scala di seta" e da "Ciro in Babilonia", mentre l'aria finale di Clarice ("Se per voi le care io torno") è la rielaborazione di un'analoga scritta, sempre per la Marcolini, per "L'equivoco stravagante". Da quest'ultima opera provengono anche il coro dei cacciatori e il quintetto del secondo atto. A sua volta, la "Pietra" fornirà materiale per il "Tancredi" (l'ouverture) e per "Il barbiere di Siviglia" (il temporale).


Alcune delle incisioni più celebri:











Link utili:

Articolo su Wikipedia in italiano
Articolo su Wikipedia in inglese
Libretto completo
Partitura