14 gennaio 2015

17. Quintetto: "Spera, se vuoi, ma taci"

Scritto da Christian

La tanto evocata Clarice raggiunge infine il cavalier Giocondo, che le professa ancora una volta il proprio amore. Mossa a pietà, la Marchesa gli promette che un giorno, se mai il suo affetto per il Conte Asdrubale dovesse cessare, ricambierà. Mentre i due sono intenti in questa conversazione, si avvicinano proprio il Conte, Macrobio e la Baronessa Aspasia, reduci a loro volta dal temporale che li aveva dispersi per la foresta. Il giornalista non si lascia passare l'occasione per "aizzare" il Conte contro Giocondo e Clarice. E Asdrubale non può far altro che confermare a sé stesso i propri dubbi sulla fedeltà delle donne ("Femmina è sempre femmina", "Le donne io so pesar").

Il quintetto (che Rossini, anche in questo caso, ha musicalmente ripreso da "L'equivoco stravagante", riscrivendo però la partitura e modificando il tempo, l'orchestrazione e le cadenze) si vivacizza quando il Conte si rivela e, in preda alla delusione, prende a male parole Clarice ("Donna di sensi equivoci / piena d'astuzie e cabale"). Macrobio gongola ("Il fatto sul giornale / io stampo per mia fé"), così come Aspasia. Si aggiunge il coro dei restanti cacciatori, e la scena si conclude con un concertato degno di un finale d'atto ("Men tremendo che tempesta / questo colpo a me non par"), ricco di brio e di vivacità.

Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

CLARICE (chiamandolo)
Ehi... Giocondo... Giocondo...

GIOCONDO (con sorpresa)
Oh!... Sola? E dove lasciaste il Conte?

CLARICE
Non sì tosto il cielo tornò seren,
ch'ei s'inoltrò nel bosco con alcuni de' suoi,
di due villani lasciando a me la scorta:
io nel vedervi li congedai.
(alludendo al temporale)
Ma che paura!

GIOCONDO (con qualche caricatura)
(Il Conte l'avrà temprata.)
Io sì, Clarice, io privo d'ogni conforto,
l'austro frema, o spiri il zefiro soave...

CLARICE
E torni sempre te stesso a tormentar,
né puoi scordarti?...

GIOCONDO (interrompendola con trasporto)
Io scordarmi di te?

CLARICE
Se pace brami...

GIOCONDO (egualmente)
Io pace? e come? a farmi guerra eterna
tre nemici ho nel sen: la tua fortuna,
l'amor mio, l'amistà. [Quella involarti;
questa tradir non lice; e Amor frattanto
pretende invan della vittoria il vanto.]

CLARICE
Alla fortuna rinunziar non fora
per generoso cor difficil opra:
ma rinunziar, Giocondo,
tu all'amistà non devi,
io non posso all'amor.

GIOCONDO (con molta passione)
Né un raggio almeno di remota speranza...

CLARICE
Invan.

[GIOCONDO
Del Conte il non mai stanco dubitar...

CLARICE
Deh! lascia ch'io mi lusinghi.]

GIOCONDO
Il tempo cangia talor gli umani affetti.

[CLARICE
È vero; non so negarlo.]

GIOCONDO
E tu potresti un giorno
riacquistar la libertà primiera.

CLARICE
(Mi fa pietà.)
Dunque ti calma, e spera.

Clicca qui per il testo del brano.

CLARICE
Spera, se vuoi, ma taci:
io ti prometto amore;
seppur da' lacci il core
un giorno io scioglierò.

GIOCONDO
Ai dolci accenti tuoi
dove mi sia, non so.

(intanto comparisce Macrobio e chiama il Conte ch'egli vede da lontano. Da un'altra parte sovraggiunge la Baronessa)

BARONESSA (ad alta voce)
Macro...

MACROBIO (alla Baronessa)
Ma zitto! Bestia!
(al Conte, ironicamente)
Dite? Colei che fa?
La prima fra le vedove,
che vanti fedeltà.

CONTE (alla Baronessa ed a Macrobio senza manifestarsi agli altri due)
Bravissimi! bravissimi!
Femmina è sempre femmina:
amoreggiar lasciamoli
con tutta libertà.

BARONESSA
L'affar diventa serio:
ci ho gusto in verità.

GIOCONDO (a Clarice)
Mi promettete amore?

MACROBIO (al Conte sempre nella medesima aria)
Amore!

CONTE
Poverino!

CLARICE (a Giocondo)
Consulterò il mio core.

MACROBIO (come sopra)
Il core!

CONTE (mostrando disinvoltura)
Va benino.
Che faccia quel che vuole:
le donne io so pesar.

MACROBIO
(Il capo assai gli duole,
e no 'l vorria mostrar.)

GIOCONDO (a Clarice)
Per me comincia il sole
quest'oggi a scintillar.

CLARICE (a Giocondo)
Son semplici parole
per farti almen sperar.

BARONESSA
(Ma queste non son fole,
son fatti da mutar.)

CONTE (a Clarice con forza, avanzandosi e scoprendosi)
Donna di sensi equivoci,
piena d'astuzie e cabale,
ch'io sono a torto incredulo,
potrai lagnarti ancor?

CLARICE, BARONESSA, CONTE, GIOCONDO E MACROBIO
Qual d'improvviso fulmine
insolito fragor!

CORO (cacciatori che si avanzano, accennando Clarice e Giocondo mortificati)
In mezzo al temporale
la caccia è andata male:
ma il Conte a due merlotti
qui poi la caccia diè.

MACROBIO
Il fatto sul giornale
io stampo per mia fé.

CLARICE (ai cacciatori)
Come? Qual mai favella?
Che insulto a me voi fate?

CORO (a Clarice)
Prima eravate in sella,
or vi trovate appiè.

CLARICE, BARONESSA, CONTE, GIOCONDO E MACROBIO
Men tremendo che tempesta
questo colpo a me non par.
Sin le chiome sulla testa
io mi sento a sollevar.

CLARICE, BARONESSA, CONTE, GIOCONDO, MACROBIO E CORO
Così allor che all'onde in faccia
freme il vento e il fulmin romba,
strana tema i sensi agghiaccia
dell'intrepido nocchier.



Sonia Prina (Clarice), José Manuel Zapata (Giocondo),
Joan Martin-Royo (Macrobio), François Lis (Conte), Jennifer Holloway (Baronessa)


Marie-Ange Todorovich (Clarice), Raul Giménez (Giocondo),
Pietro Spagnoli (Macrobio), Marco Vinco (Conte), Laura Brioli (Baronessa)



Il brano originale ("Speme soave, ah, scenda") da "L'equivoco stravagante"