5 agosto 2020

Il flauto magico (1) - Introduzione

Scritto da Christian

Die Zauberflöte (Il flauto magico)
Singspiel in due atti
Libretto di Emanuel Schikaneder
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart (K. 620)

Prima rappresentazione: Vienna (Theater auf der Wieden),
30 settembre 1791

Personaggi e voci:
- Tamino (tenore), giovane principe
- Papageno (baritono), uccellatore
- Pamina (soprano), giovane amata da Tamino
- Königin der Nacht/Regina della Notte (soprano di coloratura), madre di Pamina
- Sarastro (basso), gran sacerdote del Regno della Saggezza
- Drei Damen/Le tre dame (due soprano, un contralto), damigelle della Regina
- Drei Knaben/I tre fanciulli (voci bianche o soprano), genietti
- Monostatos/Monostato (tenore), moro, capo degli schiavi
- Papagena (soprano)
- Sprecher/Oratore del tempio (basso o baritono)
- Drei Priester/Tre sacerdoti (un basso, un tenore, un ruolo parlato)
- Zwei Geharnischten/Due armigeri (un tenore, un basso)
- Drei Sklaven/Tre schiavi (ruoli parlati)
- Coro di sacerdoti, schiavi, seguito di Sarastro


A fianco delle tre opere "italiane" composte sui libretti di Lorenzo Da Ponte ("Le nozze di Figaro", "Don Giovanni" e "Così fan tutte"), "Il flauto magico" è considerato il capolavoro operistico di Wolfgang Amadeus Mozart, superbo musicalmente e affascinante a livello di contenuti, con la sua fusione fra favola (ci sono principi, draghi, magia), scenario esotico (un Egitto fiabesco), comicità, solennità, teatro popolare e l'incredibile ricchezza di letture simboliche e psicanalitiche, senza parlare dei molti rimandi alla massoneria (di cui Mozart faceva parte: era entrato nella Loggia poco dopo il suo arrivo a Vienna). In effetti, una semplice esposizione della trama non può rendergli giustizia (il principe Tamino, inviato – in compagnia dell'uccellatore Papageno – dalla regina Astrifiammante a salvare sua figlia Pamina dalla prigionia di Sarastro, scopre che quest'ultimo è invece il custode del Tempio della Saggezza: e insieme alla fanciulla, si sottopone alle prove di elevamento spirituale per essere ammesso ai suoi misteri): sono troppe le sfaccettature musicali e le suggestioni che si nascondono in ogni cantuccio del testo e della partitura. Nei prossimi post cercheremo di far luce su alcune di queste.

In ogni caso, il contesto in cui nacque "Die Zauberflöte" è molto diverso da quello dei lavori precedenti. Realizzato per conto dell'amico e impresario Emanuel Schikaneder (anche librettista e primo interprete del personaggio di Papageno), da rappresentarsi nel teatro di periferia Auf der Wieden, da lui gestito e aperto a un pubblico assai più "ordinario" rispetto a quello che frequentava i luoghi di corte o le sedi più nobili o istituzionali come il Burgtheater, il teatro nazionale voluto degli Asburgo, "Il flauto magico" poteva sembrare all'apparenza un lavoro di poche pretese. A parte il soggetto favolistico, la forma stessa non è quella dell'opera colta italiana: si tratta di un Singspiel, una sorta di teatro musicale "popolare" in lingua tedesca, che unisce parti recitate (parlate, ovvero senza accompagnamento musicale, come nel teatro di prosa, a differenza dei recitativi dell'opera italiana che erano invece sempre accompagnati dal clavicembalo se non dall'ìntera orchestra) e brani cantati, di solito assai orecchiabili e strutturati in strofe. Spesso di genere comico, fiabesco o parodistico, può essere considerato un antesignano dell'operetta. Proprio le opere di Mozart (ricordiamo anche "Il ratto del serraglio") contribuirono però a dargli dignità, rendendolo la forma per antonomasia del teatro lirico tedesco (come dimostreranno i lavori successivi di Beethoven, "Fidelio", e Weber, "Il franco cacciatore"), almeno fino all'avvento di Wagner. Nel "Flauto magico", comunque, il compositore salisburghese contamina il genere con citazioni e riferimenti a numerose altre forme musicali: dai virtuosismi dell'opera italiana, sia quella seria che quella buffa (si pensi per esempio alle arie della Regina della Notte e di Monostatos), alla musica sacra (il coro dei sacerdoti) e ai corali luterani alla Bach (il duetto degli armigeri), dal Lied bipartito di stampo viennese (le arie di Papageno, il duetto con Pamina) alla forma sonata (l'Ouverture).

Mozart aveva conosciuto Schikaneder già nel 1780, quando questi era passato per Salisburgo con la sua compagnia teatrale in tournée. E lo aveva ritrovato a Vienna, dove dal 1789 aveva preso in gestione il teatro Auf der Wieden. Fra i membri della troupe spiccava il tenore e compositore Benedikt Schack, grande amico di Mozart (sarà anche il primo Tamino). Tramite lui, Amadeus cominciò a frequentare sempre di più il teatro, la cui atmosfera popolaresca e giocosa, così distante da quella di corte, gli piaceva molto, al punto da contribuire occasionalmente alle sue rappresentazioni (nel 1790 scrisse per esempio un duetto per l'opera collaborativa "La pietra filosofale", una favola che per molti versi anticipa proprio "Il flauto magico"). Si trattava di spettacoli dove "si mescolavano elementi popolari come le «macchine» teatrali, la comicità dialettale e naturalmente la musica. Vi si raccoglievano gli ultimi rivoli di una tradizione molto antica, risalente al secolo precedente, in cui le «macchine» avevano costituito una meraviglia del teatro barocco" (Claudio Casini). I maggiori successi di Schikaneder furono del resto "quei lavori teatrali nei quali poté spiegare effetti scenici grandiosi, sia facendo appello attraverso i suoi attori e attrici alle reazioni emotive del pubblico, di cui immediatamente e ovunque indovinava i desideri, sia anche con l'uso dei più svariati macchinari, di giochi di luce, fuochi d'artificio, effetti sonori" (Wolfgang Hildesheimer).

Quando Schikaneder propose a Mozart di comporre per lui una "Zauberoper" (opera magica), inserì nel libretto suggestioni provenienti dalle fonti più disparate, spesso senza badare troppo alla coerenza dell'insieme: dal legame fra i misteri egizi e i rituali di iniziazione alla massoneria, alle citazioni dalle molte opere a carattere favolistico che aveva già portato in scena (su tutti "Oberon" di Paul Wranitzky, il cui libretto di Karl Ludwig Giesecke – in realtà plagiato da quello di Friederike Sophie Seyler – era tratto da un poema del massone Christoph Martin Wieland, che Mozart aveva conosciuto di persona). Altre fonti di ispirazione furono le raccolte di fiabe pubblicate dallo stesso Wieland (fra cui "Lulu, o il flauto magico" di August Jacob Liebeskind) e il romanzo francese "Séthos" di Jean Terrasson. Nonostante non manchino critici che sostengono che il vero valore del "Flauto magico" sia dato dalla musica e non dal libretto, è indubbio che questa contaminazione di elementi popolari ed esotici, quotidiani e fiabeschi, un collage di allegorie e situazioni che prendono da più culture (Papageno, per esempio, è una sorta di Hanswurst, personaggio comico del teatro popolare viennese, mentre la musica che incanta gli uomini e gli animali ricorda sia il mito greco di Orfeo che quello indù di Krishna) può contribuire a spiegare il suo duraturo successo. Forse da un insieme di cose diverse è venuto fuori (casualmente?) un capolavoro. In fondo le contaminazioni sono sempre esistite nel mondo dell'arte, da Omero ad Ariosto, da Shakespeare a "Guerre stellari".

Al carattere fiabesco contribuisce, inoltre, il suono strumentale: un suono soffice, liquido, una vera fantasmagoria di timbri trasparenti, che distinguono nettamente l'orchestrazione del "Flauto magico" da quella corposa e plastica del "Don Giovanni": voci di corni che si dischiudono come bolle iridescenti, cascatene di flauti che scrosciano come sprazzi di luce, il tintinnare dei campanelli che nasce improvviso, come da un tocco di bacchetta magica, il pulsare dei bassi, carico di mistero e di presagio, i violoncelli che dispensano carezze vellutate nelle pagine religiose, e così via.
(Paolo Gallarati)
Commissionata probabilmente nel maggio del 1791, l'opera venne composta durante l'estate. Molte parti furono scritte su misura per quelli che ne sarebbero stati i primi interpreti: in particolare Schikaneder per Papageno, uno ruolo comico e non particolarmente impegnativo, e Josepha Hofer, cognata del compositore (era la sorella di sua moglie Constanze), per la Regina della Notte, una parte difficile che richiedeva grande agilità ed estensione vocale. Si spiega così anche la forte differenza stilistica e strutturale fra i diversi brani al suo interno. Il 30 settembre lo stesso Mozart ne diresse la prima rappresentazione: il successo di pubblico fu subito notevolissimo, tanto che nei mesi successivi l'opera rimase in cartellone praticamente ogni sera. Dopo la replica del 7 ottobre, alla quale aveva assistito da un palco, Mozart scrisse a Constanze: «Sono appena ritornato dall'opera, che era piena come sempre. [...] Ma quello che mi dà più piacere è l'approvazione silenziosa. Si può vedere come quest'opera venga sempre più apprezzata».
Mozart morì due mesi dopo, il 5 dicembre, e non poté così assistere al successo anche critico del suo lavoro, mai venuto meno, tanto che da allora "Il flauto magico" non è più uscito dal repertorio. Goethe, che curò una produzione dell'opera a Weimar, l'amava moltissimo (dichiarò che solo Mozart avrebbe potuto scrivere una musica per il "Faust"), al punto da provare addirittura a scriverne un seguito, rimasto incompiuto. Lo stesso Schikaneder realizzò invece un sequel ufficiale, "Das Labyrinth, oder Der Kampf mit den Elementen", con musica di Peter von Winter, che mise in scena nel 1798.
Che «Die Zauberflöte» fosse qualcosa di più di una mera, sciocca pantomima, gratificata dalla sublime musica di Mozart, fu riconosciuto fin dall'inizio. Fin dal 1794 cominciarono ad apparire articoli sul significato del lavoro. Fu descritto come una parabola della lotta tra il bene e il male e come un'allegoria politica, con la Regina della Notte che rappresentava Luigi XIV, Tamino il popolo francese e Pamina "la liberté". Comunque non fu che verso la metà dell'Ottocento che si cominciò a discutere apertamente sui riferimenti massonici dell'opera e fu nel 1866 che Moritz Alexander Zille, un massone di Lipsia, decise che Pamina rappresentava il popolo austriaco, Maria Teresa la Regina della notte e Tamino (non Sarastro) l'imperatore Giuseppe II (anch'egli massone).
(Charles Osborne)
Molti dei brani più celebri dell'opera sono noti anche al grande pubblico. Chi non ha mai sentito la virtuosistica aria "Der Hölle Rache" della Regina della Notte, o il duetto "Pa-Pa-Pa-Pa" fra Papageno e Papagena, utilizzati frequentemente anche in pubblicità? Inoltre, essendo l'ambientazione dell'opera così fantastica e densa di significati allegorici universali, le varianti negli allestimenti e nelle regie che si possono vedere a teatro sono innumerevoli: si va da un'aula scolastica alla cucina di un albergo, da un setting fantascientifico alla prima guerra mondiale (come nel film di Kenneth Branagh del 2006, uno dei due celebri adattamenti cinematografici dell'opera: l'altro è quello firmato da Ingmar Bergman nel 1975, e curiosamente nessuno dei due è cantato nella versione originale tedesca, essendo rispettivamente in inglese e in svedese). Da ricordare anche il cartone animato di Emanuele Luzzati e Giulio Gianini del 1978. D'altronde, il Singspiel mozartiano in duecento anni non ha mai cessato di ispirare artisti di ogni tipo, da Beethoven (che scrisse delle variazioni per piano e violoncello su brani come "Ein Mädchen oder Weibchen" e "Bei Männern welche Liebe fühlen") a Sarasate (un cui brano per violino include molti temi dell'opera), dal citato Goethe al pittore Marc Chagall, da Lotte Reiniger ("Papageno", film d'animazione in silhouette del 1935) a Marion Zimmer Bradley (il romanzo di fantascienza "Night's Daughter", 1985).
È difficile affermare che «Il flauto magico» rappresenti soltanto una fase del teatro musicale tedesco; in realtà, è un'opera nazionale in virtù di tutti gli elementi popolareschi, fiabeschi, meravigliosi che sono anche strettamente legati alla lingua e alla forma del Singspiel; ma dal punto di vista musicale è il riepilogo dell'esperienza mozartiana, ne contiene tutti gli aspetti sublimati e, come la restante arte dell'ultimo Mozart, non ebbe eredi immediati né diretti. Rappresenta soltanto la perfezione di una breve e fulminante carriera d'artista, con la quale si conclude il secondo Settecento e se ne celebra la straordinaria varietà di generi musicali in una sintesi universale.
(Claudio Casini)

Alcune delle incisioni più celebri:















Link utili:

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Pagina con diversi saggi e articoli
Libretto (con traduzione in italiano) [in PDF]
Partitura