17 agosto 2020

Il flauto magico (4) - "Der Vogelfänger bin ich ja"

Scritto da Christian

Preceduto dal suono della sua siringa (o flauto di Pan, uno strumento legato all'immaginario pastorale che nei paesi di lingua tedesca oggi è anche noto proprio come Papagenopfeife), fa la sua apparizione uno strano individuo con l'abito ricoperto di piume colorate. Si tratta appunto di Papageno, e il canto ci chiarisce già quasi tutto di lui: lavora infatti come "uccellatore" (Vogelfänger, letteralmente "acchiappatore di uccelli").

Papageno è senza dubbio il personaggio più "popolare" dell'opera, in tutti i sensi. Non solo perché è di fatto, e immancabilmente, il preferito dal pubblico, che si tratti di spettatori grandi o piccini che si accostano magari per la prima volta al "Flauto magico", grazie al suo carattere naturale e schietto, ai suoi modi comici, alla sua umanità, ai suoi "difetti", tutte caratteristiche che rendono molto più facile entrare in sintonia con lui piuttosto che con personaggi nobili, eroici o elevati come Tamino o Sarastro. Ma anche (e soprattutto) perché Papageno è il rappresentante dell'uomo comune, un personaggio "semplice" che si preoccupa prima di tutto dei propri bisogni primari, e che non è interessato all'elevazione spirituale, almeno non nei termini che gli vengono proposti dai sacerdoti del Tempio della Saggezza. Già in questo primo brano ci chiarisce qual è la sua massima aspirazione: trovare una brava ragazza che gli faccia da moglie ("Si addormenterebbe al mio fianco, e io la cullerei come un bambino": la dimensione è più infantile che sessuale). A lui tocca, nel corso dell'opera, offrire il punto di vista di chi non desidera essere coinvolto nell'avventura ma soltanto assistervi, magari da lontano. Ha certo un buon cuore, e sarà premiato per questo, ma gli mancano l'indole o le stimmate dell'eroe. Il personaggio si iscrive forse nel solco di una figura contadina tipica del teatro popolare viennese, ovvero l'Hanswurst ("Gian Salsiccia"), nata nel XVI secolo e protagonista di numerose farse eseguite durante le fiere o a Carnevale.

[Papageno è colui] che con la sua semplicità umana dà la misura della irrealtà fiabesca degli altri personaggi. Papageno è il buffo della compagnia, ma è buffo in quanto è stolido, semplice, primitivo, materialista, in un ambiente che ha per pareti la magìa e per soffitto il cielo: là dove tutti si agitano per grossi problemoni, quali la conservazione o la conquista di domini spirituali, Papageno è l'unico che si preoccupa di mangiare e di bere, l'unico che si permette di avere paura, l'unico che dice le bugie, l'unico che cerca di tornare al beato punto di partenza della perfetta quiete. Fra le arie piene di significati e le profonde enunciazioni dei sacerdoti, Papageno lancia le sue canzonette popolaresche, introduce il suo spirito musicale, che potremmo dire realistico, nei concertati spiritualissimi con le damigelle e con gli altri fantastici personaggi del dramma. Idea fissa di Papageno è la ricerca della compagna, della Papagena: e quando finalmente questa gli appare l'esplosione di gioia è proiettata nel futuro della figliolanza; personaggio umano anche per questo, là dove non sappiamo immaginare la prole che potrà nascere dalle ufficialissime nozze di Tamino con Pamina nel tempio del sole.

(Mario Labroca)

"[Die] Zauberflöte" è anche la possente esaltazione del Buon Selvaggio, Papageno, che vive nella «sfera incorrotta dei bisogni primari, tutti naturali e tutti legittimi» e questo elemento chiarisce quale sia effettivamente la grandezza di Mozart in generale e del Flauto Magico in particolare, ossia la capacità di coniugare l’assoluto e l’umano, il supremo e il quotidiano. Come ricorda il filosofo Theodor Adorno, Mozart «non avrebbe riconosciuta la sua grandezza se nei suoi momenti più alti non risplendesse una luce di umanità. L’umanità del distanziarsi dall’essenza umana come per protesta costituisce l’unicità di Mozart».
(Luca Fialdini)

Questa prima aria di Papageno è semplice e orecchiabile: una vera e propria canzone, con tre stanze che musicalmente ripetono la stessa melodia, "con tutta l'immediatezza ed il fascino di un canto popolare, cosa che in pratica è diventata", dice Osborne. Ogni tanto il personaggio suona sulla sua siringa una breve scala di cinque note, che diventa il suo refrain e il suo marchio di riconoscimento, tanto che tale scala sarà utilizzata più volte nel seguito dell'opera anche a fini drammatici (per esempio per segnalare la propria presenza a Tamino, verso la fine del primo atto, o per intervallare la "conta" da uno a tre nel finale del secondo). Nel comporre il brano, Mozart tenne senza dubbio conto delle esigenze sia del pubblico del teatro Auf der Wieden, che si attendeva non tanto (o non solo) musica colta e profonda ma anche brani semplici e popolari, sia dell'interprete del personaggio, lo stesso Schikaneder, che pur essendo uomo di spettacolo non era certo un cantante dotato di qualità virtuosistiche sopra le righe. Il compositore seppe dunque differenziare il proprio lavoro, riservando brani più difficili a chi era in grado di eseguirli (vedi la Regina della Notte) e altri più semplici – ma sempre bellissimi ed efficaci – a chi invece richiedeva un altro tipo di espressione, più comica e immediata. È anche questa ricchezza e varietà di registri a rendere così affascinante e universale "Il flauto magico".



Al termine del brano, Tamino si rivela e segue un lungo dialogo fra i due personaggi, in cui molte cose ci vengono spiegate. Il principe, così attento e fiero della propria genealogia, si stupisce che Papageno ignori persino il nome dei propri genitori e come sia venuto al mondo. L'uccellatore si procura da vivere attraverso il baratto, catturando e vendendo uccelli alla sovrana di quei luoghi, la Regina Astrifiammante (ma non è chiaro se questo sia il suo nome o soltanto un appellativo). Di costei, Tamino (che pure proviene da così lontano da non sapere nemmeno in quale paese ora si trovi) ha già sentito parlare, anche se ignoriamo in quali termini, tanto che la definisce subito "Regina della Notte". Ma il discorso cambia presto direzione: se le didascalie del libretto si erano premurate, in precedenza, di descrivere l'abbigliamento del principe (il famoso abito giapponese/giavanese), che Papageno sia vestito di piume, in modo da somigliare a un uccello, ci viene rivelato soltanto dalle parole di Tamino, che quasi dubita di trovarsi di fronte a un essere umano ("Dalle penne che ti coprono mi sembri..."). Offeso per l'insinuazione, Papageno (che poco prima, alla domanda "Chi sei?", aveva in effetti risposto "Un uomo come te") reagisce con un atteggiamento fintamente minaccioso, magnificando la propria forza. Al punto da spingere Tamino nell'equivoco di credere che sia stato proprio lui a salvarlo dal serpente, che giace morto lì accanto.

Nota: l'arrivo sul palco di Papageno, preceduto dalla sua musica, uomo del "popolo" dall'indole allegra che in un'esuberante cavatina celebra la propria professione e la propria notorietà, mentre un membro della classe aristocratica assiste nascosto sullo sfondo, ricorda quello di un altro famoso personaggio dell'opera lirica: Figaro ne "Il barbiere di Siviglia". Certo, l'opera di Rossini era ancora di là da venire, ma la commedia originale di Beaumarchais, e soprattutto l'adattamento di Giovanni Paisiello (molto popolare in tutta Europa e andato in scena anche a Vienna già dal 1783) erano forse note a Schikaneder, che potrebbe esservisi ispirato. Ma naturalmente, a livello di caratterizzazione, i due personaggi sono ben diversi.

Clicca qui per il testo del brano ("Der Vogelfänger bin ich ja").

(Papageno kommt den Fußsteig herunter, hat auf dem Rücken eine große Vogelsteige, die hoch über den Kopf geht, worin verschiedene Vögel sind; auch hält er mit beiden Händen ein Faunen-Flötchen, pfeift und singt.)

PAPAGENO
(pfeift von ferne - kommt heraus)
Der Vogelfänger bin ich ja -
Stets lustig, heißa, hopsasa!
Ich Vogelfänger bin bekannt
Bei Alt und Jung im ganzen Land.
Weiß mit dem Locken umzugehn
Und mich aufs Pfeifen zu verstehn.
(pfeift)
Drum kann ich froh und lustig sein,
Denn alle Vögel sind ja mein.
(pfeift)
Der Vogelfänger bin ich ja -
Sets lustig, heißa, hopsasa!
Ich Vogelfänger bin bekannt
Bei Alt und Jung im ganzen Land.
Ein Netz für Mädchen möchte ich,
Ich fing’ sie dutzendweis für mich.
(pfeift)
Dann sperrte ich sie bei mir ein,
Und alle Mädchen wären mein.
(pfeift)
Wenn alle Mädchen wären mein,
So tauschte ich brav Zucker ein,
Welche mir am liebsten wär’,
Der gäb’ ich gleich den Zucker her.
Und küßte sie mich zärtlich dann,
Wär’ sie mein Weib und ich ihr Mann.
(pfeift)
Sie schlief’ an meiner Seite ein,
Ich wiegte wie ein Kind sie ein.
(pfeift)
(Papageno scende dal sentiero, ha sulle spalle una grossa uccelliera, che gli arriva fin sopra la testa e nella quale si trovano uccelli diversi; tiene inoltre con entrambe le mani un flautino di Pan, zufola e canta.)

PAPAGENO
(zufola da lontano - entra)
L’uccellator ecco son io
Sempre allegro, olà, oplà!
Io son noto come uccellatore
A vecchi e giovani in tutto il paese.
So come attirare gli uccelli
E me ne intendo di zufoli!
(zufola)
Perciò posso essere felice e contento,
Ché tutti gli uccelli, ah sì, sono miei.
(zufola)
L’uccellator ecco son io
Sempre allegro, olà, oplà!
Io son noto come uccellatore
A vecchi e giovani in tutto il paese.
Vorrei una rete per ragazze,
Ne acchiapperei a dozzine per me.
(zufola)
Poi me le chiuderei in gabbia,
E tutte le ragazze sarebbero mie.
(zufola)
Se tutte le ragazze fossero mie,
Mi farei pagare in zucchero,
E a quella che fosse la mia preferita
Darei volentieri lo zuccherino.
Lei allora mi bacerebbe affettuosa,
Sarebbe mia moglie ed io suo marito.
(zufola)
Si addormenterebbe al mio fianco,
E io la cullerei come un bambino.
(zufola)


Clicca qui per il testo del recitativo che segue ("He da! - Was da?").

TAMINO
(nimmt ihn bei der Hand)
He da!

PAPAGENO
Was da?

TAMINO
Sag mir, du lustiger Freund, wer du seist?

PAPAGENO
Wer ich bin?
(für sich)
Dumme Frage!
(laut)
Ein Mensch wie du.- Wenn ich dich nun fragte, wer bist du?

TAMINO
Mein Vater ist Fürst, der über viele Länder und Menschen herrscht; darum nennt man mich Prinz. Nun sag du mir, in welcher Gegend wir sind. -

PAPAGENO
Das kann ich dir ebensowenig beantworten, als ich weiß, wie ich auf die Welt gekommen bin.

TAMINO
(lacht)
Wie? Du wüßtest nicht, wo du geboren oder wer deine Eltern waren?

PAPAGENO
Kein Wort! - Ich weiß nur so viel, daß nicht weit von hier meine Strohhütte steht, die mich vor Regen und Kälte schützt.

TAMINO
Aber wie lebst du?

PAPAGENO
Von Essen und Trinken, wie alle Menschen.

TAMINO
Wodurch erhältst du das?

PAPAGENO
Durch Tausch. - Ich fange für die sternflammende Königin und ihre Jungfrauen verschiedene Vögel; dafür erhalt’ ich täglich Speis’ und Trank von ihr.

TAMINO
(für sich)
Sternflammende Königin? -
(laut)
Sag mir, guter Freund! warst du schon so glücklich, diese Göttin der Nacht zu sehen?

PAPAGENO
Sehen? - Die sternflammende Königin sehen? - Welcher Sterbliche kann sich rühmen, sie je gesehen zu haben? -
(für sich)
Wie er mich so starr anblickt! bald fang’ ich an, mich vor ihm zu fürchten.
(laut)
Warum siehst du so verdächtig und schelmisch nach mir?

TAMINO
Weil - weil ich zweifle, ob du Mensch bist. -

PAPAGENO
Wie war das?

TAMINO
Nach deinen Federn, die dich bedecken, halt’ ich dich -
(geht auf ihn zu)

PAPAGENO
Doch für keinen Vogel? - Bleib zurück, sag’ ich,und traue mir nicht; - denn ich habe Riesenkraft, wenn ich Jemand packe. -
(für sich)
Wenn er sich nicht bald von mir schrecken läßt, so lauf’ ich davon.

TAMINO
Riesenkfraft?
(er sieht auf die Schlange)
Also warst du wohl gar mein Erretter, der diese giftige Schlange bekämpfte?

PAPAGENO
Schlange?

TAMINO
Aber um alles in der Welt, Freund! wie hast du dieses Ungeheuer bekämpft? Du bist ohne Waffen.

PAPAGENO
Brauch’ keine! - Bei mir ist ein starker Druck mit der Hand mehr als Waffen.

TAMINO
Du hast sie also erdrosselt?

PAPAGENO
Erdrosselt!
(für sich)
Bin in meinem Leben nicht so stark gewesen als heute.

TAMINO
(lo prende per la mano)
Ehilà!

PAPAGENO
Che c’è?

TAMINO
Dimmi, amico buontempone, chi sei?

PAPAGENO
Chi sono?
(tra sé)
Che domanda stupida!
(forte)
Un uomo, come te. - E se io ti chiedessi ora chi sei tu?

TAMINO
Mio padre è un sovrano, che domina molte terre e uomini; perciò mi chiamano Principe. Ora dimmi tu in quale paese ci troviamo.

PAPAGENO
A ciò so risponderti altrettanto poco, quanto so come son venuto sulla terra.

TAMINO
(ride)
Che? Tu non sapresti dove sei nato, o chi erano i tuoi genitori?

PAPAGENO
Per nulla! - So bene solo che non lontano da qui c’è la mia capanna di paglia, che mi ripara da pioggia e freddo.

TAMINO
Ma come vivi?

PAPAGENO
Mangiando e bevendo, come tutti gli uomini.

TAMINO
E come te lo procuri?

PAPAGENO
Facendo degli scambi. - Io catturo vari uccelli per la Regina Astrifiammante e le sue dame; in cambio di ciò ricevo da lei ogni giorno cibo e bevande.

TAMINO
(fra sé)
Regina Astrifiammante? -
(forte)
Dimmi, buon amico, hai già avuto la fortuna di vedere questa dea della notte?

PAPAGENO
Vedere? - Vedere la Regina Astrifiammante? - Quale mortale può vantarsi di averla mai vista?

(tra sé)
Come mi guarda fisso! quasi comincio ad aver paura di lui.
(forte)
Perché mi guardi così sospettoso e malizioso?


TAMINO
Perché - perché io dubito che tu sia un uomo.

PAPAGENO
Come sarebbe?

TAMINO
Dalle penne che ti coprono mi sembri...
(gli si avvicina)


PAPAGENO
Mica un uccello? - Sta’ indietro, dico, e non azzardarti, perché io ho una forza da gigante, quando afferro qualcuno.
(tra sé)
Se non si spaventa subito, io me la batto.


TAMINO
Forza da gigante?
(guarda al serpente)
Sei stato allora certamente tu il mio salvatore, che ha combattuto contro questo serpente velenoso.

PAPAGENO
Serpente?

TAMINO
Ma a proposito, amico, come hai fatto a vincere questo mostro? - Tu sei senza armi.

PAPAGENO
Non ne ho bisogno! - Posseggo nelle mani una potenza più forte delle armi.

TAMINO
L’avresti dunque strangolato?

PAPAGENO
Strangolato!
(fra sé)
Nella mia vita non sono mai stato così forte come oggi.




Detlef Roth (Papageno)
dir: Ivan Fischer (2001)


Simon Keenlyside (Papageno)
dir: Colin Davis (2003)


Manfred Hemm (Papageno)
dir: James Levine (1991)


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dir: Riccardo Muti (2006)


Hermann Prey (1952)

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