2 aprile 2020

Lucia di Lammermoor (1) - Introduzione

Scritto da Christian

Lucia di Lammermoor
Dramma tragico in tre atti
Libretto di Salvadore Cammarano
Musica di Gaetano Donizetti

Prima rappresentazione: Napoli (Teatro San Carlo),
26 settembre 1835

Personaggi e voci:
- Lord Enrico Asthon (baritono)
- Lucia (soprano), sua sorella
- Sir Edgardo di Ravenswood (tenore)
- Lord Arturo Bucklaw (tenore)
- Raimondo Bidebent (basso), educatore e confidente di Lucia
- Alisa (mezzosoprano), damigella di Lucia
- Normanno (tenore), capo degli armigeri di Ravenswood
- Dame e cavalieri, congiunti di Asthon, abitanti di Lammermoor, paggi, armigeri, domestici di Asthon



Tratta dal romanzo "La sposa di Lammermoor" (The Bride of Lammermoor) di Walter Scott, la "Lucia di Lammermoor" è la più celebre fra le opere serie di Gaetano Donizetti, compositore assai prolifico (ben 67 melodrammi in meno di trent'anni di attività!) e fra i maggiori del primo Ottocento, nonché – insieme a Bellini – il più importante rappresentante del "bel canto" italiano nel periodo che intercorre fra la fine dell'attività di Rossini e l'inizio di quella di Verdi, fra i quali può essere considerato il trait d'union.

È un'opera intrisa di quel romanticismo che all'inizio dell'Ottocento si era sparso in tutta Europa in ogni settore artistico, e che in campo letterario aveva trovato nella narrativa a sfondo storico una delle sue forme più diffuse e popolari. Il romanzo di Scott, pubblicato nel 1819 (e in traduzione italiana nel 1824), aveva acquisito subito una notevole fama, anche per via della sua ambientazione suggestiva in una Scozia che nell'immaginario collettivo era il teatro di violente guerre e faide fra clan rivali, sullo sfondo di brughiere selvagge e castelli diroccati. E il tragico amore della protagonista, che sfocia nella pazzia di fronte agli eventi avversi, non poteva non risvegliare profondamente le emozioni dei lettori. La popolarità del romanzo fu tale che, prima di quella di Donizetti, erano già apparse sulle scene ben cinque opere liriche ad esso ispirate, di cui quattro italiane ("Le nozze di Lammermoor" di Michele Carafa, 1829; "La fidanzata di Lammermoor" di Luigi Rieschi, 1831; "Ida" di Giuseppe Bornaccini, 1833; "La fidanzata di Lammermoor" di Alberto Mazzuccato, 1834) e una danese ("Bruden fra Lammermoor" di Ivar Frederick Bredal, 1832, su libretto di Hans Christian Andersen!).

Se si vuole l’exemplum del melodramma romantico italiano, è difficile trovar di meglio di Lucia. «Un amore ardente e sventurato, un giuramento infranto per l’intrigo, le angosce, le gelosie, gli odi di famiglia, la disperazione, la morte formano un quadro luttuoso» (scriveva un recensore della “prima”) collocato in epoche fosche – il pieno Cinquecento – e ambientato nel selvaggio Nord. Vi si trovano cori e corni di cacciatori, arpe verginali, apparizioni sinistre, castelli diroccati, la brughiera desolata, l’«uragano» notturno che proietta nella Natura il tumulto dell’Io (Edgardo: «Orrida è questa notte / come il destino mio!»), la scena-madre di delirio (quanto diversa dal rarefatto lirismo di Elvira, nei Puritani!), la sfida mortale all’ombra dei sepolcri aviti, il suicidio.
(Paolo Fabbri)
Ambientato "al declinare del secolo XVI", il melodramma ha come assoluta protagonista Lucia (Lucy) Asthon, che il fratello Enrico vorrebbe far sposare al nobile Arturo Bucklaw per rafforzare il proprio prestigio politico. Lucia è invece innamorata di Edgardo (Edgar) Ravenswood, nemico acerrimo della sua famiglia, con cui si incontra ogni giorno di nascosto e col quale si è promessa eterno amore. Quando Enrico, approfittando della momentanea partenza di Edgardo per la Francia, la convince con un raggiro che l'uomo che ama in realtà l'inganna, Lucia accetta di sposare Arturo. Ma il ritorno di Edgardo, che ignorando le ragioni del suo tradimento la rinnega, fanno scattare in lei la pazzia: durante la prima notte di nozze, Lucia uccide Arturo, prima di lasciarsi morire a sua volta. Il personaggio è tanto complesso dal punto di vista psicologico quanto da quello musicale, e Donizetti scrive per lei alcune delle pagine più ispirate non solo della sua produzione ma dell'intero panorama operistico italiano. Autentico banco di prova per ogni soprano, in quanto richiede al tempo stesso grandi capacità drammatiche e abilità di coloratura, il ruolo è stato reso celebre soprattutto da Maria Callas, vera e propria spartiacque, che l'ha portato in scena più volte negli anni Cinquanta del ventesimo secolo. Altre interpreti notevoli sono state Renata Scotto, Beverly Sills, Joan Sutherland, Edita Gruberova e, in tempi più recenti, Mariella Devia.

L'opera fu commissionata a Donizetti dal teatro San Carlo di Napoli, dove andò in scena nel settembre del 1835 con Fanny Tacchinardi Persiani nel ruolo di Lucia. La composizione aveva richiesto meno di sei settimane, fra il giugno e il luglio dello stesso anno. Il successo fu subito trionfale, tanto che il melodramma – mai uscito dal repertorio – venne rapidamente allestito in diverse altre città italiane, spesso con piccole o grandi variazioni autorizzate dallo stesso Donizetti per andare incontro alle esigenze delle varie cantanti. In occasione della rappresentazione parigina del 1839 fu però lo stesso compositore ad approntare una versione in lingua francese, rielaborata musicalmente con diversi tagli e sostituzioni di arie.

Il libretto di Salvadore Cammarano, pur mantenendo di base la trama del romanzo di Scott (a sua volta ispirata a eventi realmente accaduti nel 1669 presso le colline di Lammermuir, dal gaelico An Lomair Mòr), ne modifica parecchi elementi, dalla collocazione storica alla sostituzione dell'antagonista, che nel libro era la madre di Lucia, Lady Ashton, e non il fratello Enrico. Altrettanto significativo è il fatto che nel romanzo Arturo non viene ucciso da Lucia ma soltanto ferito. Infine, i toni usati da Scott erano meno melodrammatici e comprendevano anche elementi comici e soprannaturali. Non mancano comunque, nei versi del poeta napoletano, suggestioni cupe, liriche e romantiche, a tratti quasi leopardiane (curiosità: all'epoca Giacomo Leopardi risiedeva proprio a Napoli). All'inizio del libretto, Cammarano scrive:
La promessa sposa di Lammermoor, istorico romanzo dell’Ariosto scozzese, mi parve subbietto più che altro acconcio per le scene: però non deggio tacere, che nel dargli la forma drammatica, sotto di cui oso presentarlo, mi si opposero non pochi ostacoli, per superare i quali fu mestieri allontanarmi più che non pensava dalle tracce di Walter Scott. Spero quindi, che l’aver tolto dal novero de’ miei personaggi taluno di quelli che pur sono fra i principali del romanzo, e la morte del Sere di Ravenswood diversamente da me condotta (per tacere di altre men rilevanti modificazioni) spero che tutto questo non mi venga imputato come a stolta temerità; avendomi soltanto a ciò indotto i limiti troppo angusti delle severe leggi drammatiche.
Da segnalare che il cognome Ashton (questa la grafia corretta del romanzo di Scott) diventa Asthon nel libretto dell'opera, con l'inversione di due lettere e un cambio di pronuncia: un errore dovuto non a Cammarano ma alla prima traduzione italiana del romanzo, a opera di Gaetano Barbieri nel 1824.

Donizetti, che lavorava sempre a fianco dei suoi librettisti, modificò in fase di composizione alcuni versi che sulla partitura risultano perciò differenti rispetto a quelli riportati nel libretto a stampa (la modifica più evidente è l'inizio della cabaletta di Lucia "Spargi d'amaro pianto", che in origine avrebbe dovuto essere "Spargi di qualche pianto"). Cammarano divise la vicenda in due parti ("La partenza" e "Il contratto nuziale", quest'ultima divisa a sua volta in due atti), ma di fatto siamo di fronte a un'opera in tre atti.

Il momento più celebre, naturalmente, è la cosiddetta "scena della pazzia" del terzo atto ("Il dolce suono"), una lunga ed elaborata sequenza musicale che nel corso degli anni, anche per iniziativa delle varie cantanti e delle loro improvvisazioni, ha visto stabilirsi e succedersi parecchie "tradizioni" interpretative, come la lunga cadenza accompagnata con il flauto (originariamente era previsto uno strumento altamente insolito quale la glassarmonica, o armonica a bicchieri). La pazzia di Lucia, dovuta non solo ai tormenti amorosi ma anche alle pressioni dell'ambiente esterno alle quali è soggetta (a partire da un matrimonio politico, imposto dalla "ragion di stato"), la rende uno dei personaggi più tragici dell'intera storia del melodramma romantico, ricca di sfaccettature e ancora attuale dal punto di vista dell'analisi psicologica. Non a caso, come si legge in un programma di sala del 2004, "il successo di quest’opera (...) deriva anche dal fatto di fare appello alla sensibilità contemporanea, al dramma della donna nel contesto familiare della società borghese ottocentesca. Un’identificazione evidente, fra l’altro, nelle pagine indimenticabili dedicate a Lucia nella "Madame Bovary" di Gustave Flaubert", dove un capitolo è quasi interamente riservato a una rappresentazione dell'opera cui la protagonista assiste e dove incontra il giovane studente Léon.


Alcune delle incisioni più celebri:















Link utili:

Articolo su Wikipedia in italiano
Articolo su Wikipedia in inglese
Libretto
Libretto della versione francese
Programma di sala del teatro La Fenice (2011) [in pdf]
Dissertazione di Carol J. Money sulle alterazioni della "Lucia" (2016) [in pdf]
Partitura

2 commenti:

Marisa ha detto...

Che bello che hai cominciato ad interessarti a Lucia, una delle mie opere preferite e sicuramente il capolavoro di Donizetti!
Aspetto il resto...


Christian ha detto...

Grazie!
È il modo migliore per cominciare a parlare di Donizetti, uno dei "grandi" che ancora mancava su questo blog...