20 aprile 2020

Lucia di Lammermoor (6) - "Appressati, Lucia"

Scritto da Christian

Il secondo e il terzo atto della "Lucia" formano la seconda parte dell'opera, quella che il librettista ha intitolato "Il contratto nuziale" e in cui, dopo le presentazioni dei personaggi nell'atto precedente, si svolge la vera e propria azione drammaturgica, in un susseguirsi di scene concatenate l'una all'altra. Si comincia nelle stanze private di Enrico, nel castello di Ravenswood, con il confronto fra Lord Asthon e la sorella. Questo è preceduto da un breve dialogo introduttivo fra lo stesso Enrico e l'infido Normanno, nel quale apprendiamo che durante l'assenza di Edgardo tutte le lettere da lui inviate a Lucia sono state intercettate per evitare che giungessero a destinazione. Per convincere la sorella a sposare immediatamente Arturo, l'uomo da lui scelto (nel castello stanno già arrivando tutti i parenti!), Enrico intende mostrarle una finta lettera, dalla quale si evincerebbe che Edgardo si è innamorato di un'altra donna. Un vero e proprio inganno, che ricorda quello ordito da Don Bartolo ai danni di Rosina ne "Il barbiere di Siviglia".

L'ingresso in scena di Lucia, che "avanza macchinalmente", era originariamente commentato così dal libretto: "La pallidezza del suo volto, il guardo smarrito, e tutto in lei annunzia i patimenti ch’ella sofferse, ed i primi sintomi d’un’alienazione mentale". L'assenza di notizie da parte dell'amato Edgardo, unico suo possibile conforto, l'ha evidentemente provata. Eppure non sembra aver perso la sua decisione di opporsi ai voleri del fratello, che nell'apertura del loro duetto ("Il pallor funesto, orrendo") accusa apertamente di crudeltà e insensibilità ("Perdonare ti possa Iddio / l’inumano tuo rigor").

Lucia [è] affranta e distrutta dal dolore. Lo dicono le didascalie di Cammarano, ma soprattutto lo dice la musica di Donizetti. La poveretta non riesce a proferir parola, così in suo luogo "parla" il clarinetto (nella versione tradizionale sostituito da un oboe) che, in poche battute, ci mette a parte delle pene patite dalla giovane con una languente melodia che riunisce tutte le caratteristiche del lamento: tonalità minore, arco melodico discendente, acciaccatura, semitono dolente. Di nuovo, lo strumento solista si fa carico di comunicare lo stato interiore della protagonista: in questo caso uno stato non tanto di alienazione, a dispetto delle indicazioni del libretto, ma di profonda prostrazione. [...] Lucia prova finalmente ad esprimere a parole la sua angoscia e lo fa con un parlante in cui accusa il fratello e grazie al quale cominciano a notarsi gli effetti prodotti su una mente già debole da tanta sofferenza. In fase cadenzale il soprano si lancia infatti in una serie di rapide scale di semicrome che richiamano la scrittura della cavatina. Enrico replica con identico parlante, ma alla dominante e con una vocalità alquanto meno fiorita. In questo tempo d’attacco Asthon dà il via alla terribile pressione psicologica sulla sorella per forzarla a dimenticare Edgardo e a maritarsi con il partito da lui scelto. Pertanto, dopo la tirata del baritono, il dialogo si intensifica. Enrico propone un «nobil sposo» e la reazione di Lucia è sottolineata da un brusco cambio di scrittura e da un intervallo semitonale nella voce che ricorrerà anche nella scena della pazzia. [...] L’aspro scontro armonico e melodico tra il Sol e il Fa è un cuneo piantato nell’anima di Lucia. La sua follia non è solo evasione dalla realtà, ma concreto e fisico dolore.
(Federico Fornoni)
La finta lettera di Edgardo, mostrata da Enrico a Lucia, fa precipitare questa nella disperazione (con il cantabile "Soffriva nel pianto"). Il suo dolore non sembra toccare il fratello, che "persiste nel suo intento, denigrando Edgardo e giocando sui sensi di colpa di Lucia". Pur cantando su un testo identico ("Quel core infedele ad altra si diè!"), i due personaggi esprimono stati d'animo quanto mai diversi, che la musica sottolinea con le sue differenti sfumature: "il lirismo del soprano è segno di ripiegamento interiore, il declamato del baritono del fatto che il personaggio sta esternando i propri pensieri".

I suoni di festa che provengono dall'esterno, tramite la banda e i corni, annunciano l'arrivo al castello di Arturo, il promesso sposo. Enrico incalza la sorella per spingerla ad accettare le nozze, aggiungendole ulteriore pressione con alcuni accenni alla propria pericolante situazione politica ("Spento è Guglielmo… ascendere vedremo il trono Maria… / Prostrata è nella polvere la parte ch’io seguìa…"). Si sta parlando di Maria Stuarda (Mary Stuart, 1542-1587), ma la collocazione storica della vicenda merita qualche approfondimento. Il romanzo di Walter Scott, infatti, era ambientato a inizio Settecento (appena prima dell'Atto di Unione del 1707 – che univa Inghilterra e Scozia in un regno unico – nella versione originale, e appena dopo nella revisione successiva), anche se si basava su un fatto realmente accaduto nel 1669. Cammarano e Donizetti, invece, scelgono di retrodatare l'azione di oltre un secolo, ovvero "al declinare del secolo XVI", come si legge nella didascalia iniziale del libretto. Questo spiega il riferimento a Maria Stuarda, ma non gli accenni anacronistici a "Guglielmo" (Guglielmo III d'Inghilterra, che morì nel 1702), in questo dialogo, e ad "Athol" (probabilmente John Murray, primo duca di Atholl, 1660-1724) nelle parole di Edgardo alla fine del primo atto (parole che, a onor del vero, furono eliminate da Donizetti nella partitura).
La banda fuori scena annuncia l’arrivo al castello del promesso sposo. Enrico mette Lucia davanti al fatto compiuto. Le spiega inoltre che lei è la sola a poterlo salvare dall’annientamento politico, mentre la musica, con il tremolo degli archi, il pedale del primo fagotto e delle viole, e la figura nel registro grave del secondo fagotto e dei violoncelli, comunica l’ansia di cui sono portatrici le sue parole, ansia che probabilmente vuole trasmettere alla sorella per farla propendere verso la decisione a lui favorevole.
(Federico Fornoni)
Mentre Enrico la incalza ("Dal precipizio Arturo può sottrarmi (...) Salvarmi devi!"), Lucia tenta di resistere rimarcando ancora una volta il suo giuramento a Edgardo ("Ad altri giurai…"), come se la missiva appena letta non significasse nulla. E in effetti dentro di sé non ha ancora cambiato idea (nella scena successiva, dirà a Raimondo: "Ah! cede persuasa la mente… ma sordo alla ragion resiste il core"). Il duetto si conclude con una cabaletta ("Se tradirmi tu potrai") in cui Enrico, "con accento rapido, ma energico", "tenta il colpo finale: se Lucia non sposerà Arturo lui verrà condannato a morte e il suo fantasma tornerà a perseguitarla. L’intero duetto è dunque un crescendo drammatico all’interno del quale la protagonista si trova stritolata, senza poter avere altro sfogo che lo squilibrio mentale e il lamento dolente" (Fornoni). Si noti come Lucia in tutto il duetto parli ripetutamente di morte ("L’istante di morte è giunto per me", "La tomba a me s’appresta!", "Io son tanto sventurata, / che la morte è un ben per me!").


Clicca qui per il testo di "Lucia fra poco a te verrà".

(Appartamenti di Lord Asthon. Enrico è seduto presso un tavolino: Normanno sopraggiunge.)

NORMANNO
Lucia fra poco a te verrà.

ENRICO
Tremante l’aspetto.
A festeggiar le nozze illustri
già nel castello i nobili parenti
giunser di mia famiglia; in breve Arturo
qui volge…
(sorgendo agitatissimo)
E s’ella pertinace osasse
d’opporsi?…

NORMANNO
Non temer: la lunga assenza
del tuo nemico, i fogli
da noi rapiti, e la bugiarda nuova
ch’egli s’accese d’altra fiamma, in core
di Lucia spegneranno il vile amore.

ENRICO
Ella s’avanza!… Il simulato foglio
porgimi, ed esci sulla via che tragge
(Normanno gli dà un foglio)
alla città regina di Scozia;
e qui fra plausi e liete grida
conduci Arturo.

(Normanno esce.)

Clicca qui per il testo di "Appressati, Lucia - Il pallor funesto, orrendo - Soffriva nel pianto".

(Lucia si arresta presso la soglia.)

ENRICO
Appressati, Lucia.

(Lucia si avanza macchinalmente, e figgendo lo sguardo immobile negli occhi di Enrico.)

ENRICO
Sperai più lieta in questo dì vederti,
in questo dì, che d’imeneo le faci
si accendono per te. – Mi guardi, e taci!

LUCIA
Il pallor funesto, orrendo
che ricopre il volto mio,
ti rimprovera tacendo
il mio strazio… il mio dolore.
Perdonare ti possa Iddio
l’inumano tuo rigor.

ENRICO
A ragion mi fe’ spietato
quel che t’arse indegno affetto…
Ma si taccia del passato…
tuo fratello io sono ancor.
Spenta è l’ira nel mio petto,
spegni tu l’insano amor.
Nobil sposo…

LUCIA
Cessa… cessa.

ENRICO
Come?

LUCIA
Ad altr’uom giurai mia fé.

ENRICO (iracondo)
Nol potevi…

LUCIA
Enrico!…

ENRICO (raffrenandosi)
Or basti.
Questo foglio appien ti dice,
(porgendole il foglio, ch’ebbe da Normanno)
qual crudel, qual empio amasti.
Leggi.

LUCIA
(legge: la sorpresa ed il più vivo affanno si dipingono nel suo volto, ed un tremito l’investe dal capo alle piante)
Il core mi balzò!

ENRICO
(accorrendo in di lei soccorso)
Tu vacilli!…

LUCIA
Me infelice!…
Ahi!… la folgore piombò!
Soffriva nel pianto… languia nel dolore…
la speme… la vita riposi in un core…
L’istante di morte è giunto per me.
Quel core infedele ad altra si diè!…

ENRICO
Un folle ti accese, un perfido core:
tradisti il tuo sangue per vil seduttore…
Ma degna dal cielo ne avesti mercé:
quel core infedele ad altra si diè!

(Si ascoltano echeggiare in lontananza festivi suoni.)

LUCIA
Che fia!…

ENRICO
Suonar di giubbilo
senti la riva?

LUCIA
Ebbene?

ENRICO
Giunge il tuo sposo.

LUCIA
Un brivido
mi corse per le vene!

ENRICO
A te s’appresta il talamo…

LUCIA
La tomba a me s’appresta!

ENRICO
Ora fatale è questa!
M’odi.
Spento è Guglielmo… ascendere
vedremo il trono Maria…
Prostrata è nella polvere
la parte ch’io seguìa…

LUCIA
AH, io tremo!…

ENRICO
Dal precipizio
Arturo può sottrarmi,
sol egli…

LUCIA
Ed io?…

ENRICO
Salvarmi devi.

LUCIA
Enrico…

ENRICO
Vieni allo sposo.

LUCIA
Ad altri giurai…

ENRICO
Devi salvarmi.

LUCIA
Ma!…

ENRICO (in atto di uscire)
Il devi.

LUCIA
Oh ciel!…

ENRICO (ritornando a Lucia, e con accento rapido, ma energico)
Se tradirmi tu potrai,
la mia sorte è già compita…
tu m’involi onore, e vita;
tu la scure appresti a me…
Ne’ tuoi sogni mi vedrai
ombra irata e minacciosa!…
Quella scure sanguinosa
starà sempre innanzi a te!

LUCIA (volgendo al cielo gli occhi gonfi di lagrime)
Tu che vedi il pianto mio…
tu che leggi in questo core,
se reietto il mio dolore
come in terra in ciel non è,
tu mi togli, eterno Iddio
questa vita disperata…
io son tanto sventurata,
che la morte è un ben per me!

(Enrico parte affrettatamente. Lucia si abbandona su d’una seggiola.)




Ludovic Tézier (Enrico), Natalie Dessay (Lucia)
dir: Patrick Summers (2011)


Rolando Panerai, Maria Callas (1955)


Piero Cappuccilli, Beverly Sills (1970)


Sherrill Milnes, Joan Sutherland (1971)

Matteo Manuguerra, Edita Gruberová (1978)