Partiti i cacciatori, Normanno viene raggiunto da Enrico Asthon, signore del castello, in compagnia di Raimondo Bidebent, confidente di famiglia e uomo di chiesa. Enrico non perde tempo a svelare i suoi crucci, raccontando anche a noi spettatori il contesto e i retroscena della vicenda: la famiglia Asthon versa in cattive acque, tanto dal punto di vista economico che da quello politico ("de’ miei destini impallidì la stella"), mentre il suo acerrimo rivale Edgardo Ravenswood, al quale ha peraltro usurpato il castello anni prima, sta risollevando le proprie sorti e guadagnando potere (ci sarà poi detto che è arrivato a rivestire una posizione politica e diplomatica di notevole rilievo, essendo addirittura coinvolto nei negoziati in Francia per decidere il futuro della Scozia). L'unica speranza per Enrico sarebbe quella di offrire la propria sorella Lucia in sposa a un uomo potente, Lord Arturo Bucklaw: ma la ragazza rifiuta di accettare un matrimonio di convenienza.
Il compassionevole Raimondo prova a calmare l'ira di Enrico (personaggio assai propenso ad esplosioni di furore) e a giustificare la ritrosia di Lucia a sacrificarsi, spiegando che probabilmente soffre ancora per la recente morte della madre. Ma l'infido Normanno rivela che Lucia è invece innamorata di un uomo misterioso, che qualche tempo prima, mentre la ragazza passeggiava all'esterno del castello, l'avrebbe salvata da un toro infuriato: e suggerisce che l'uomo, con cui Lucia continua a incontrarsi segretamente ogni mattina, possa essere nient'altri che Edgardo Ravenswood.
Donizetti sottolinea i momenti salienti di questo scambio dialogico con precise soluzioni musicali. L’inimicizia mortale tra Enrico ed Edgardo e tra le rispettive famiglie è posta in rilievo attraverso una frase discendente dei tromboni e dei bassi; l’annuncio, da parte di Normanno, che Lucia ama uno sconosciuto è segnato da uno spostamento verso la tonalità di Do; la narrazione del primo incontro tra la giovane e il suo innamorato è un vero e proprio parlante, tonalmente e formalmente conchiuso; la notizia che questo amante è un acerrimo nemico di Enrico posa sul tremolo degli archi e sulla salita cromatica dei fiati, gesto che imprime una tensione assoluta nella vicenda.Enrico, ovviamente, non la prende bene, tanto che nella sua furia (la cavatina "Cruda, funesta smania") giunge ad augurarsi la morte della sorella ("Se ti colpisse un fulmine, fora men rio dolor"). Per lui si tratta di un vero e proprio tradimento nei propri confronti e in quelli della famiglia. D'altronde, come è evidente, il canovaccio è quello di Romeo e Giulietta, un classico sempreverde (dai tempi di Shakespeare a quelli di "West Side Story"!). Il ritorno dei cacciatori, che in coro ("Come vinti da stanchezza") confermano di aver appurato l'identità dello sconosciuto, vale a dire Edgardo, scatena ulteriormente la collera di Enrico, nonostante i tentativi di Raimondo di tenerla a freno. Nella cabaletta conclusiva, "La pietade in suo favore", accompagnato dai colori guerrerschi dei fiati e delle trombe, il baritono afferma di non aver intenzione di perdonare la sorella, ma solo di vendicare l'affronto ("L’empia fiamma che vi strugge / io col sangue spegnerò"). Fra sé e sé, Raimondo profetizza: "Ahi! qual nube di terrore / questa casa circondò!".(Federico Fornoni)
I riferimenti (di Raimondo, ma anche di Normanno) alla recente morte della madre di Lucia e di Enrico ci consentono di sottolineare una delle principali differenze fra il libretto di Cammarano e il romanzo originale di Walter Scott. In quest'ultimo, infatti, Enrico non è altro che un ragazzino, e il ruolo di antagonista è ricoperto proprio dalla madre di Lucia, Lady Ashton, che a differenza del padre (anch'egli ancora in vita), che vedrebbe di buon occhio l'unione della figlia con Edgar Ravenswood anche se sempre per motivi politici, vi si oppone con ostinazione. "La soppressione di sir William e Lady Ashton, e la sostituzione di quest’ultima con un fratello-padre-padrone, consentiva a Donizetti di avere sulla scacchiera solo tre pezzi principali: un triangolo drammaturgico essenziale, unitario, fatto di attrazioni e antagonismi netti, senza incroci o ambiguità" (Paolo Fabbri). Siamo infatti di fronte, anche sul piano vocale (soprano, tenore, baritono), al triangolo di personaggi tipico del melodramma italiano.
C'è anche un altro punto in cui il libretto dell'opera si discosta dal romanzo di Scott, e cioè il "ribaltamento dello status sociale ed economico delle due famiglie contendenti. In "Lucia" infatti i Ravenswood, in un contesto politico burrascoso, hanno riottenuto la benevolenza della fazione al momento dominante, e occupano una posizione diplomatica di tutto rilievo. (...) Gli Asthon, al contrario, versano in cattive acque". Specularmente opposto è invece il destino dei due clan nelle pagine di Walter Scott, dove si nota "la contrapposizione tra il lignaggio antico dei Ravenswood e la recente nobiltà degli Asthon, che però (...) soppiantano i primi nel prestigio sociale e nelle disponibilità finanziarie".
Clicca qui per il testo di "Tu sei turbato!".
(Enrico si avanza fieramente accigliato: Raimondo lo segue mesto e silenzioso. – Breve pausa)
NORMANNO
(accostandosi rispettosamente ad Enrico)
Tu sei turbato!
ENRICO
E n’ho ben donde. – Il sai:
de’ miei destini impallidì la stella…
intanto Edgardo… quel mortale nemico
di mia prosapia, dalle sue rovine
erge la fronte baldanzosa e ride!
Solo una mano raffermar mi puote
nel vacillante mio poter… Lucia
osa respinger quella mano!… Ah! suora
non m’è colei!
RAIMONDO
(in tuono di chi cerca calmare l’altrui collera)
Dolente vergin, che geme sull’urna recente
di cara madre, al talamo potria
volger lo sguardo? Rispettiamo un core,
che trafitto dal duol schivo è d’amore.
NORMANNO
Schivo d’amor?… Lucia
d’amore avvampa.
ENRICO
Che favelli!…
RAIMONDO
(Oh detto!…)
NORMANNO
M’udite. Ella sen gìa colà, del parco
nel solingo vïal, dove la madre
giace sepolta. Impetuoso toro
ecco su lei s’avventa…
Quando per l’aria rimbombar si sente
un colpo, e al suol repente
cade la belva.
ENRICO
E chi vibrò quel colpo?
NORMANNO
Tal… che il suo nome ricoprì d’un velo.
ENRICO
Lucia forse?…
NORMANNO
L’amò.
ENRICO
Dunque il rivide?
NORMANNO
Ogni alba.
ENRICO
E dove?
NORMANNO
In quel vïale.
ENRICO
Io fremo!
Né tu scovristi il seduttor?…
NORMANNO
Sospetto io n’ho soltanto.
ENRICO
Ah! parla.
NORMANNO
È tuo nemico.
RAIMONDO
(Oh ciel!…)
NORMANNO
Tu lo detesti.
ENRICO
Esser potrebbe!… Edgardo?
RAIMONDO
Ah!…
NORMANNO
Lo dicesti.
Clicca qui per il testo di "Cruda, funesta smania - La pietade in suo favore".
ENRICOCruda… funesta smania
tu m’hai svegliata in petto!
È troppo, è troppo orribile
questo fatal sospetto!
Mi fa gelare e fremere!…
Solleva in fronte il crin!
Colma di tanto obbrobrio
chi suora a me nascea!
(con terribile impulso di sdegno)
Pria che d’amor sì perfido
a me svelarti rea,
se ti colpisse un fulmine,
fora men rio dolor.
NORMANNO
Pietoso al tuo decoro,
io fui con te crudel!
RAIMONDO
(La tua clemenza imploro;
tu lo smentisci, o ciel.)
CORO DI CACCIATORI (entrando, a Normanno)
Il tuo dubbio è omai certezza.
NORMANNO (ad Enrico)
Odi tu?
ENRICO
Narrate.
CORO
(Oh giorno!)
Come vinti da stanchezza,
dopo lungo errare intorno,
noi posammo della torre
nel vestibulo cadente:
ecco tosto lo trascorre
in silenzio un uom pallente.
Come appresso ei n’è venuto
ravvisiam lo sconosciuto.
Ei su rapido destriero
s’involò dal nostro sguardo…
Qual s’appella un falconiero
ne apprendeva.
ENRICO
E quale?
CORO
Edgardo.
ENRICO
Egli!… Oh, rabbia che m’accendi,
contenerti un cor non può!
RAIMONDO
Ah! non credere… deh! sospendi…
ella… m’odi…
ENRICO
Udir non vo’.
La pietade in suo favore
miti sensi invan ti detta…
Se mi parli di vendetta
solo intender ti potrò.
Sciagurati!… Il mio furore
già su voi tremendo rugge…
L’empia fiamma che vi strugge
io col sangue spegnerò.
NORMANNO, CORO
Ti raffrena al nuovo albore
ei da te fuggir non può.
RAIMONDO
(Ahi! qual nube di terrore
questa casa circondò!)
Renato Bruson (Enrico)
dir: Stefano Ranzani (1992)
Ettore Bastianini (1959) | Piero Cappuccilli (1970) |
Robert Merrill (1948) | Giorgio Zancanaro (1986) |
3 commenti:
Vorrei fermarmi un attimo su un particolare che in genere viene trascurato, ma che a me sembra essenziale per capire la personalità di Lucia, che è a tutti gli effetti il personaggio centrale, tanto da dare il titolo all'opera,
L'innamoramento di Lucia fa seguito alla drammatica scena raccontata da Normanno, in cui la fanciulla, minacciata da un toro infuriato, viene salvata da Edgardo...Ebbene questo è un motivo archetipico importantissimo: la fanciulla salvata dal mostro (drago, toro o belva..)ad opera dell'eroe. Per antonomasia Perseo che salva Andromeda, Eros che salva Psiche, Ruggero che libera Angelica e nell'iconografia cristiana S.Giorgio che salva la fanciulla dal drago...
A parte il mito cristiano in cui l'eros è rimosso, sempre la fanciulla si innamora del proprio salvatore, E come potrebbe farne a meno? Ci sono ovviamente varianti e differenze, ma qui occupiamoci di Lucia e vediamo che già da questa prima presentazione la sua fragilità e la sua vulnerabilità sono simbolicamente rappresentate, ma anche la forza e la violenza del sentimento che, messo in moto ora, finiranno poi per travolgerla completamente,
In fondo, mi viene da pensare, il Toro (la forza scatenata dalle passioni nel loro aspetto più incontrollato)alla fine vince e travolgerà non solo Lucia, ma con essa anche Enrico e Edgardo...
Grazie del commento! Il toro, liquidato in pochi versi di recitativo nonostante sia lui a mettere in moto la vicenda, rappresenta davvero la "forza delle passioni"! E a questo proposito, segnalo una (quanto mai opportuna) modifica di Donizetti rispetto al libretto originariamente scritto da Cammarano. Secondo quest'ultimo, anche la damigella di Lucia, Alisa, era minacciata dal toro, e Edgardo le salvava entrambe:
la sua fida Alisa
era al suo fianco… Impetuoso toro
ecco su lor si avventa…
prive d’ogni soccorso,
pende sovr’esse inevitabil morte!…
Donizetti, musicando il testo, lo ha modificato, lasciando la sola Lucia in balia dell'animale: evidentemente si era reso conto anche lui del significato metaforico dell'episodio!
Sì, bisogna sempre stare molto attenti su come iniziano le vicende umane. "Tutto è nell'inizio..." dice Rilke ed ha ragione perchè è lì che ci sono i germi del futuro sviluppo, come il seme per la pianta...
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