28 luglio 2011

La traviata (18) - Preludio dell'atto III

Scritto da Christian

Ambientato interamente nella camera da letto dove Violetta giace malata, a Parigi, il terzo e ultimo atto dell'opera si svolge circa un mese dopo la conclusione del precedente e si apre con un intermezzo musicale che riprende le atmosfere e gli accordi del preludio del primo atto, venandoli però di ancora maggiore tristezza (non c'è più traccia degli accenni al ballo e alle feste che si potevano udire in apertura dell'opera, né del tema passionale di "Amami, Alfredo"). La vita di Violetta è prossima alla fine, la sua malattia l'ha ormai consumata, e la lontananza di Alfredo (che, come apprenderemo, è dovuto fuggire all'estero dopo aver ferito – ma non ucciso – il Barone in duello) ha fatto il resto. Il senso di morte imminente, che già aleggiava sulla protagonista sin dal principio (ricordiamo i mancamenti che già la affliggevano nel primo atto, subito dopo il brindisi), è ormai impossibile da scacciare.

La musica che apre il terzo atto è dunque triste, dolorosa e piena di rimpianti. Il libretto descrive così l'ambiente nel quale si svolge l'ultima parte dell'opera: "Camera da letto di Violetta. Nel fondo è un letto con cortine mezze tirate; una finestra chiusa da imposte interne; presso il letto uno sgabello su cui una bottiglia di acqua, una tazza di cristallo, diverse medicine. A metà della scena una toilette, vicino un canapé; più distante un altro mobile, sui cui arde un lume da notte; varie sedie ed altri mobili. La porta è a sinistra; di fronte v'è un caminetto con fuoco acceso. Violetta dorme sul letto. Annina, seduta presso il caminetto, è pure addormentata". È l'alba del giorno di Carnevale: i primi raggi di sole entrano dalle finestre, dalle quali si udranno più tardi i canti e un baccanale ("Largo al quadrupede") della gente che festeggia il Bue Grasso per le strade della città. A fare visita a Violetta è per primo il Dottore di Grenvil, che cerca di consolarla, di tirarle su il morale e di invitarla a sperare ancora ("Coraggio, la convalescenza non è lontana"). Ma Violetta, che la sera prima ha già ricevuto la visita di un prete, sa bene che si tratta di pietose bugie. E infatti il Dottore rivela sottovoce ad Annina, mentre lo sta accompagnando alla porta, che "la tisi non le accorda che poche ore".

Sorge spontaneo, naturalmente, un confronto fra l'atto conclusivo de "La traviata" e quello che Giacomo Puccini comporrà, 42 anni più tardi, per "La Bohème". Le analogie sono moltissime: entrambi ambientati a Parigi, nella camera di una fanciulla che sta morendo consunta dalla tubercolosi; entrambi connotati da una dimensione intimistica e colmi di brani ricchi di pathos che comunicano il rimpianto, le vane illusioni, il dolore e la fine di ogni speranza. Le due opere (e i loro autori) sono così diverse, eppure hanno così tanto in comune! Forse non a caso "La traviata" si staglia a tal punto, rispetto al resto della produzione di Verdi, da essere l'opera "popolare" per eccellenza: c'è anche chi l'ha definita la prima opera "realista" della storia, e non c'è dubbio che rappresenti uno spartiacque verso quel nuovo modo di intendere il dramma lirico che troverà proprio in Puccini uno dei migliori rappresentanti.



direttore: Carlo Rizzi


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