16 febbraio 2017

Carmen - Riepilogo

Scritto da Christian

Ecco un elenco di tutti i post pubblicati sulla "Carmen":

- Introduzione
- Verso una lettura di “Carmen”

Atto I
- Il preludio e l'attesa (Sur la place chacun passeAvec la garde montanteLa cloche a sonné)
- Il desiderio mimetico (Mais nous ne voyons pas la Carmencita!)
- Habanera (L’amour est un oiseau rebelle)
- Il fiore di gaggia (Carmen, sur tes pas)
- Micaëla (Parle-moi de ma mère!)
- L'arresto (Au secours! Au secours!)
- La seduzione (Près des remparts de Séville)

Atto II
- Canzone gitana (Les tringle des sistres tintaient)
- Il toreador (Votre toast, je peux vous le rendreToréador, en garde!)
- I contrabbandieri (Nous avons en tête une affaire)
- Carmen danza per Don José (Je vais danser en votre honneur)
- L'offerta di sé (La fleur que tu m'avais jetée)
- La proposta (Là-bas, là-bas tu me suivrais)
- La resa (Holà, Carmen, holà)

Atto III
- Sulla montagna (Écoute, compagnon)
- Le carte (Mêlons, coupons!En vain pour éviter)
- Il doganiere (Quant au douanier)
- Il ritorno di Micaëla (Je dis, que rien ne m'épouvante)
- Il rivale (Je suis EscamilloHolà, holà José!)
- La separazione (Là-bas est la chaumière)

Atto IV
- Davanti alla plaza de toros (À deux cuartos!Les voici! voici la quadrille!)
- Carmen ed Escamillo (Si tu m’aimes, Carmen)
- L'ultimo incontro (C'est toi! C'est moi!)
- L'uccisione dell'anima (Viva! viva! la course est belle!)

- Carmen e Don Giovanni
- Carmen e Violetta
- I film


14 febbraio 2017

Carmen (29) - I film

Scritto da Christian

La popolarità dell'opera di Bizet (più ancora di quella della novella di Mérimée, che da allora vive solo di luce riflessa) ha portato nel corso degli anni a numerosi adattamenti della vicenda di Carmen in diversi campi dell'arte. Si va dalla pittura al teatro, dalla musica al fumetto (vedi per esempio la storia "Paperin Caramba y Carmen Olé" di Guido Martina e G.B. Carpi, pubblicata su "Topolino" nel 1979). Ed esiste persino un asteroide intitolato al personaggio di Bizet.

Particolarmente ricca e interessante è la quantita di opere cinematografiche ispirate alla Carmen. Si comincia già nel'epoca del muto, durante la quale si contano almeno tredici versioni differenti, a partire da due (di produzione rispettivamente francese e inglese) uscite nel 1907. Nel 1914 fu la volta di una pellicola italiana, diretta da Giovanni Doria. Ma è nel 1915 che il personaggio cominciò davvero a spopolare sul grande schermo, quando furono messe in cantiere contemporaneamente due grandi produzioni americane, rispettivamente girate da Cecil B. DeMille (con Geraldine Farrar) e da Raoul Walsh (con Theda Bara). I due registi furono in feroce competizione per giungere nelle sale l'uno prima dell'altro: per pochi mesi la spuntò Walsh, il cui film (giudicato inferiore dalla critica, anche se ebbe più successo di pubblico) è però oggi andato perduto. Del clamore suscitato dalla diatriba ne approfittò Charlie Chaplin, che l'anno dopo realizzò una parodia della storia. E nel 1918 arriva la versione di Ernst Lubitsch con Pola Negri, "Sangue gitano".

Con l'avvento del sonoro, spiccano "La cortigiana di Siviglia" nel 1938 (girata in due versioni: in spagnolo da Florián Rey e in tedesco da Herbert Maisch), l'italo-francese "Carmen" di Christian-Jacque (girata nel 1942, ma distribuita soltanto nel 1945) e l'hollywoodiana "Gli amori di Carmen" di Charles Vidor (1948), con Rita Hayworth. Dopo la guerra, cominciano a vedersi delle riletture che ne traspongono l'ambientazione in varie parti del mondo, come la nostrana "Carmen di Trastevere" di Carmine Gallone (1962), l'americana (e all black) "Carmen Jones" di Otto Preminger (1954) e la giapponese "Carmen from Kawachi" di Seijun Suzuki (1966). C'è persino una variante in chiave western, "L'uomo, l'orgoglio, la vendetta" di Luigi Bazzoni (1967). Infine, agli inizi degli anni ottanta si assiste ad un altro picco di popolarità per il personaggio, che nel solo 1983 ispira registi come Peter Brook ("La tragédie de Carmen"), Carlos Saura ("Carmen Story") e Jean-Luc Godard ("Prénom Carmen"). Al 1984 risale la più famosa versione filmata dell'opera, quella di Francesco Rosi. In anni recenti, da segnalare le riletture russe (2003) e sudafricane (2005).

Ecco una selezione di locandine:


"Carmen"
(1913)
di Stanner E.V. Taylor


"Carmen"
(1915)
di Raoul Walsh


"Carmen"
(1915)
di Cecil B. DeMille


"Burlesque on Carmen"
(1916)
di Charles Chaplin


"Sangue gitano"
(1918)
di Ernst Lubitsch


"Carmen"
(1926)
di Jacques Feyder


"Gli amori di Carmen"
(1927)
di Raoul Walsh


"La bionda Carmen"
(1935)
di Victor Janson


"La cortigiana di Siviglia"
(1938) di Florián Rey (vers. spagnola)


"La cortigiana di Siviglia"
(1938) di Herbert Maisch (vers. tedesca)


"Carmen"
(1945)
di Christian-Jaque


"Gli amori di Carmen"
(1948)
di Charles Vidor


"Carmen ritorna a casa"
(1951)
di Keisuke Kinoshita

"Carmen Jones"
(1954)
di Otto Preminger

"Carmen proibita"
(1952)
di Giuseppe M. Scotese

"Duello implacabile"
(1959)
di Tulio Demicheli

"The Wild, Wild Rose"
(1960)
di Wong Tin-Lam


"Carmen di Trastevere"
(1962)
di Carmine Gallone


"Carmen from Kawachi"
(1966)
di Seijun Suzuki


"L'uomo, l'orgoglio, la vendetta" (1967)
di Luigi Bazzoni


"La tragédie de Carmen"
(1983)
di Peter Brook


"Carmen Story"
(1983)
di Carlos Saura


"Prénom Carmen"
(1983)
di Jean-Luc Godard


"Carmen"
(1984)
di Francesco Rosi


"Carmen proibita"
(1984)
di Albert López

"Carmen on Ice"
(1990)
di Horant H. Hohlfeld

"Carmen: A Hip Hopera"
(2001)
di Robert Townsend

"Carmen"
(2003)
di Vicente Aranda

"Karmen"
(2003)
di Aleksandr Khvan


"U-Carmen"
(2005)
di Mark Dornford-May


"Carmen van het
noorden" (2009)
di Jelle Nesna


"Carmen's Kiss"
(2011)
di David Fairman


Vi lascio con una chicca: un frammento di un cortometraggio di Lotte Reiniger, maestra dell'animazione con le silhouette, che risale al 1933 (la colonna sonora è invece moderna).


12 febbraio 2017

Carmen (28) - Carmen e Violetta

Scritto da Marisa

Altro paragone che si impone è quello tra Carmen e la Violetta della “Traviata” di Verdi, due primedonne a confronto, due vite segnate da una concezione di amore e libertà che possono avere punti in comune e grandi differenze che ne segnano i destini.

All'inizio dell'opera, nella celebre festa in onore del suo ritorno dopo la malattia, Violetta si presenta come spensierata fruitrice di una vita dedita al piacere e alla libertà sessuale, cortigiana al vertice del successo che le permette di scegliere il proprio partner tra i tanti corteggiatori. La famosissima cavatina “Sempre libera...” è il manifesto di questa concezione di vita che si può sovrapporre alla “Habanera” di Carmen; ma se la libertà a cui aspirano le due donne sembra la stessa, in realtà lo sfondo archetipico che sostiene la visione è già diverso.

Violetta, pur affermando di voler essere sempre libera, è molto più ancorata ad una società che fa valere le sue regole anche alle cortigiane, prostitute dell'alta società, corteggiate ma relegate in un mondo dorato dove non incontriamo le “signore per bene”, le mogli degli uomini che spendono fortune per i loro lussi necessari ad apparire in una certa cornice che serve alla copertura di tutti: signori e mantenute. Che il suo mondo dorato sia una copertura, la sua libertà molto fragile e la sua gioia ostentata e superficiale, costruita sull'apparenza, sono cose di cui lei stessa comincia a rendersi conto, pur volendole negare, al primo richiamo ad un amore diverso, più profondo ed autentico come quello che Alfredo fa balenare.
E la bellezza di tutto il brano musicale si regge proprio sull'irrompere dei sentimenti contrastanti che si scatenano non appena Alfredo dichiara il proprio amore ponendolo su un piano elevatissimo, quasi cosmico (“palpito dell'universo intero...”) a cui Violetta disperava ormai di accedere, abituata alla mercificazione lussuosa del piacere. Per non ripetermi, rimando l'approfondimento di tale dilemma al mio post “Amore o piacere?”.

Violetta sceglierà l'amore e la sua libertà non sarà più il “folleggiar di gioia in gioia”, ma la libertà scelta e faticosamente conquistata di amare un uomo solo, quello che ha risvegliato in lei l'anelito al sentimento più alto e alla voce del cuore, fino al sacrificio. Il rispetto delle convenzioni e della morale del tempo rimane sempre presente in lei, tanto da spingerla (cosa per noi assurda e che ha attirato sul padre il biasimo di tutta la posterità), pur con enorme dolore, ad accogliere la richiesta del “vecchio genitor” ad allontanarsi dalla vita del figlio per non compromettere il buon nome di tutta la famiglia. Il cambiamento di Violetta e la “fedeltà” del tutto nuova per lei ad un uomo, seguendo quella nuova e sublime concezione dell'amore che Alfredo le ha risvegliato, è il tema portante dell'opera verdiana.

La libertà che Carmen rivendica da subito e che manterrà per tutta l'opera è invece chiaramente diversa e molto più simile a quella di Don Giovanni, come abbiamo visto nel post precedente.

Carmen è svincolata da ogni conformismo, il richiamo alle regole della società con le sue istituzioni non ha nessun effetto su di lei, che semplicemente le ignora. Così indurre Don José a disertare non è assolutamente un problema (si preoccupa soltanto se l'uomo sia poi all'altezza del compito che un contrabbandiere deve sostenere!) e la pietà verso la vecchia madre non la sfiora per niente: ne deride anzi il dolore filiale quando ironicamente lo spinge ad allontanarsi per tornare dalla madre, così da recuperare la piena autonomia sentimentale.
Il “Sempre libera” di Violetta allude alla possibilità di continuare una vita di lussi e piaceri, mentre la libertà di Carmen prevede l'innamoramento e l'essere riamata, ma solo come coinvolgimento temporaneo e abbandono alla passione del momento. I giochi erotici di Carmen, come abbiamo elaborato nei post precedenti attraverso la lettura dell'opera, sono sempre retti da Cupido con i suoi strali fioriti e gli occhi bendati, senza accedere mai alla concezione di un Eros più ampio e individuativo in grado di far evolvere tutta la personalità in chiave anche spirituale, trasformando la libido sessuale in vero amore.

Carmen non muore per amore (la sua affermazione di amare Escamillo non è una dichiarazione di un nuovo modo di concepire l'amore) ma solo per sé stessa, per non rinunciare alla sua particolare concezione di libertà (“Carmen è nata libera e libera morirà!”); libertà che non prevede compromessi e non tiene conto di nessun contesto (cosa che le amiche le suggeriscono invitandola a non incontrare Don Josè distrutto) e tantomeno della situazione emotiva degli altri. Ma proprio per questo Carmen è Carmen e ci colpisce continuamente.

10 febbraio 2017

Carmen (27) - Carmen e Don Giovanni

Scritto da Marisa

Il confronto tra questi due personaggi così celebri, non solo nel mondo della musica lirica ma anche nell'immaginario collettivo oltre che nel panorama culturale più in generale, si impone spontaneamente, soprattutto per quel che riguarda il rapporto con la libertà, l'anticonformismo, la coerenza con il proprio modo di vivere fino a morire senza cedere a nessun compromesso pur di non rinunciarvi. Ed entrambi sono icone della seduzione!

Per approfondire la figura di Don Giovanni rimando ai miei post sull'opera di Mozart pubblicati su questo stesso blog, in particolare “Il seduttore sedotto” e “Don Giovanni e il dionisiaco”. Qui intendo solamente evidenziare punti di contatto e differenze con Carmen.

Che la loro concezione di libertà sia analoga salta subito all'occhio. Entrambi la esplicitano in vari momenti e quindi sembra assodato che siano veri campioni della libertà e per tali sono stati presi, suggestionati dal loro impeto e dal loro fascino. Carmen invita Don José a seguirla sulla montagna, a diventare disertore e contrabbandiere, proprio in nome della libertà, celebrando la vita sotto le stelle come unica condizione fuori dalle leggi e dagli obblighi sociali degna di una persona coraggiosa che voglia sentirsi veramente libera. Lei stessa sceglie questo tipo di esistenza. Ma la sua libertà va ben oltre e investe tutta la sua vita privata e sentimentale. Già dalla prima apparizione rivendica il diritto di scegliere l'uomo da amare e lasciare a suo piacimento, e infine sfida la morte proprio in nome della libertà: “Carmen è nata libera e libera morirà”.

Don Giovanni parla esplicitamente della libertà solo nella scena del ballo, quando invita tutti aprendo le porte della residenza proprio in suo nome (“È aperto a tutti quanti. Viva la libertà!”, frase che ripete molte volte facendone una bandiera), ma tutto il suo comportamento ci mostra come egli si conceda ogni possibile libertà, senza alcuna esitazione. Non soltanto quella di sedurre tutte le donne che desidera (e dal catalogo di Leporello sappiamo che praticamente sono tutte quelle che gli capitano a tiro) ma anche quella di divertirsi smodatamente utilizzando il potere che gli deriva dalla ricchezza (“Già che spendo i miei denari, io mi voglio divertir...”) e dalla condizione di nobile, e compresa quella di disporre del servo Leporello come gli garba fino a metterlo in pericolo di vita più volte solo per i suoi capricci. Se apre quindi a “tutti quanti” la possibilità di partecipare alla sua festa (beninteso, con il segreto intento, come Leporello ben sa, di approfittare delle donne che accettano l'invito), non intende comunque allargare i propri privilegi agli altri, né tantomeno si pone alcun problema di coscienza. Alla fine però, come Carmen, lo vediamo non indietreggiare nemmeno di fronte alla morte e rivendicare il diritto di non cedere a nessuna minaccia pur di non essere “tacciato di viltade”. Ed è proprio il modo in cui affrontano la morte quello che consacra entrambi “campioni” di libertà!

Non importa se la loro concezione di libertà sia giusta o sbagliata. Sicuramente ce ne sono di più elaborate e democratiche (quelle dei tanti patrioti, intellettuali, filosofi, politici, impegnati a conquistare anche con la vita libertà civili, sociali e democratiche) o di più spirituali (Sant'Agostino, tutti i maestri della grande liberazione attraverso la meditazione) e psicologicamente più complete e impegnative (“Libertà va cercando...” di Dante). Cammini verso una libertà concepita come “libertà da” piuttosto che “libertà di”: libertà dalle passioni e dall'egoismo, dalla paura, dalla schiavitù sia dalle pulsioni istintuali troppo forti che dalle tirannie dei regimi totalitari; è l'opposto della libertà di fare tutto quello che si desidera, quando la volontà è ancora dipendente dai propri piaceri e dall'egocentrismo. Evidentemente la concezione di libertà di Carmen e Don Giovanni appartiene al questo secondo tipo, ma il fatto che essi siano pronti a pagare con la vita tale modello li riscatta e li pone su un piano elevato, quello di chi non cerca scuse, non addebita agli altri le proprie responsabilità e, come tali, li rende esempi di autonomia e li fa uscire dall'infantilismo. Non pentirsi all'ultimo momento solo per evitare la morte (come suggerirebbe Leporello!), non implorare grazia o perdono quando non si è fatto nessun cammino per arrivare a un vero cambiamento è comunque segno di fermezza d'animo e di non opportunismo, coraggio di affrontare le conseguenze di tutto un modo di vivere che non si è disposti a rinnegare. I pentiti dell'ultima ora sono sempre sospetti, a meno che non si tratti di persone del tipo di quelli che Dante colloca nel Purgatorio (per esempio Manfredi), in cui il pentimento – anche se alla fine della vita – sia veramente sentito e accompagnato da profondo dolore, e che comunque sono pronti a pagare lo scotto con anni e anni di “espiazione”.

Ed ora vediamo le differenze fondamentali. La prima che salta agli occhi è che Don Giovanni mente sempre, mentre Carmen è sempre sincera. Don Giovanni entra già in scena mascherato per sedurre Donna Anna, mente a Donna Elvira per giustificare l'abbandono, mente a Zerlina promettendole di sposarla (come lo promette a quasi tutte le altre donne, come ultima risorsa, se non riesce ad averle in altro modo), mente a Don Ottavio e a Donna Anna quando si ripresenta come amico, mente a Masetto quando lo vediamo ancora mascherato con gli abiti di Leporello, e via via per tutta l'opera. Carmen invece è sempre sincera, dichiara intenzioni e amori a viso scoperto e non fa mai giuramenti di fedeltà, tantomeno promesse di matrimonio. Anzi, avvisa subito gli aspiranti amanti della pericolosità del suo amore (“Se io t'amo, sta attento a te!”). Questa può essere una differenza legata a tecniche di seduzione dettata dai diversi temperamenti, ma anche a modalità più specifiche maschili o femminili, e ancora una diversità derivata dal mondo socio-culturale a cui i due personaggi appartengono: uno è un nobile che ci tiene a conservare la maschera della rispettabilità e non perdere i privilegi legati ad essa (quindi la menzogna è funzionale anche a questo), l'altra è una semplice popolana, anzi una zingara che non ha niente da perdere socialmente. Altra differenza è che Don Giovanni è “polivalente”, nel senso che intreccia contemporaneamente il maggior numero di relazioni possibili, tutte momentanee, mentre Carmen vive una relazione per volta (arrivando anche a sei mesi di continuità, a detta di Escamillo, che sembra ben informato e a cui la cosa non disturba).

Paradossalmente però, anche se Carmen vive un amore alla volta, la vediamo circondata da tanti uomini e al centro del loro desiderio (vedi il post sul desiderio mimetico), mentre Don Giovanni, pur desiderandole tutte, ne corteggia una alla volta, cercando accuratamente di tenere l'una all'oscuro dell'altra. Le fughe e i mascheramenti servono anche a questo. Queste caratteristiche sono sicuramente legate a differenze profonde, quasi genetiche, appartenenti a codici seduttivi di genere, secondo cui il maschio cerca di procurarsi la femmina corteggiandola e la femmina sceglie tra i corteggiatori. Anche quando è Carmen a condurre il gioco, fa in modo che sia l'uomo da lei scelto a dichiarare per primo il proprio desiderio, come la vediamo fare con Don José. Ambedue quindi, pur con tutta la loro spregiudicatezza, non si sottraggono a questa linea di comportamento, anzi la evidenziano al massimo, portandola alle estreme conseguenze. Don Giovanni corteggia tutte le donne che incontra e Carmen si fa corteggiare da tutti...

Ma la differenza fondamentale rimane il piano mitico a cui Mozart ha elevato Don Giovanni, che può essere punito solo dal cielo e trascinato agli inferi da una forza superiore, imprendibile dagli umani che pur ci provano (Masetto, Don Ottavio e persino Donna Elvira, che vuol “cavargli il cor”). Carmen invece, pur con tutto il suo fascino di “femme fatale” direttamente collegata ad Eros, rimane una donna vulnerabile, che può essere uccisa dall'amante che si sente tradito, e questo la rende per sempre più umana e commovente, oltre che di una modernità e un'attualità assolute.

6 febbraio 2017

Carmen (26) - L'uccisione dell'anima

Scritto da Marisa

Siamo alle battute finali che sfociano in quello che, insieme all'Otello, è il più famoso femminicidio (termine brutto, ma ormai diventato ufficiale) della lirica. Io preferisco parlare di uccisione dell'anima e ne chiarirò il perché.

Don José è esasperato; le sue preghiere accorate cadono nel vuoto, eppure non desiste e il circolo vizioso si fa sempre più stretto, come una morsa che non lascia più scampo. Più la donna lo respinge, più lui insiste, e dalla preghiera si passa alla minaccia, quella minaccia che inizialmente aveva negato e che ora salta fuori incontrollabile. Il punto di non ritorno è segnato dall'ammissione di Carmen di amare Escamillo: ”L’amo! L’amo, e perfino davanti alla morte, Ripeterò che l’amo!”. Da notare come sia sempre Carmen che parla di morte, ora, all'inizio dell'incontro (“No, ben so che è l’ora! Ma ch’io viva o ch’io muoia, No, no, no, non ti cederò!”), e un po' più avanti (“Ebbene, allora colpiscimi, o lasciami passare”). Questa sfida continua e il disprezzo provocatorio non fanno che esasperare l'impotenza dell'uomo, rovesciando la passività nell'opposto: un'azione che però lungi dall'essere affermazione di potenza ne rivela solo la carica distruttiva.

Che amore e morte siano strettamente legati non è una novità, e nemmeno che gli opposti sentimenti di amore e odio siano due facce della stessa medaglia. Passare dall'uno all'altro è più facile e frequente di quanto ci piacerebbe credere, proprio perché siamo sulle stesse corde, prima in sintonia e poi in dissonanza! Ma qui la situazione è più complessa e interessante. Non si tratta solo di orgoglio ferito (José ha rinunciato da tempo all'orgoglio) o della comune gelosia di un amante (lui accetterebbe volentieri di passarci sopra!) e nemmeno del desiderio di possesso della donna come oggetto, ovvero le motivazioni più comuni, assai diffuse dalle cronache nere dei giornali e ripetute nelle interpretazioni di programmi televisivi ampiamente dedicati a fatti del genere. Don José continua fino alla fine ad amare Carmen in modo assoluto, ad “adorarla”, e non si assiste mai al capovolgimento del suo sentimento, come non pensa assolutamente di poter “possedere” Carmen. Al contrario, ne è lui stesso posseduto, e nella preghiera-offerta di sé stesso vorrebbe continuare ad esserne schiavo. “Fai di me quello che vuoi, purché non mi lasci” non è il grido di chi considera la donna “oggetto” da usare a suo piacimento o conquista da esibire, ma di chi ha messo tutta la vita nelle mani di lei, consegnandole la propria anima. Anche il chiamarla alla fine “demonio” indica non l'odio, ma la possessione: dea o demone, è sempre lei che domina e lui ne è posseduto, proprio come da una forza soprannaturale. Eros viene definito un “demone” da Socrate ed esserne posseduti segna quasi sempre la catastrofe.

Questa situazione estrema di dipendenza si può capire solo se si tiene conto della lezione di Jung sul concetto di “anima” (su cui ha lavorato moltissimo James Hillman) e sulla proiezione che l'uomo può farne sulla donna, intendendo per “anima” quell'aspetto archetipico di relazione erotica della psiche maschile, sedimentato nell'inconscio e che deriva da tutte le esperienze che l'uomo ha fatto con la donna, iniziando dalla madre (prima portatrice dell'immagine femminile, del suo potere e della sua ambiguità nell'essere depositaria di vita e di morte), e poi via via arricchita di altre immagini, dalle più pericolose alle più sublimi e liberatorie: ninfe, Lorelai, Sirene, Melusina, Circe, Elena, Maria, Sophia... Tutta l'educazione sentimentale dell'uomo e il suo approccio alla vita e all'amore dipendono da come lui riesce a mettersi in contatto con quest'aspetto e integrarlo il più possibile, sottraendolo, anche se parzialmente, alla proiezione sulla donna, liberando così anche la donna dal peso di reggere sia le aspettative eccessivamente positive (la fata, l'angelo del focolare, la madre perfetta, l'amante sempre libera e disponibile...) sia le proiezioni negative (la strega, la perfida seduttrice e traditrice, la manipolatrice senza scrupoli, la femme fatale...).

Don José è purtroppo (sia per lui che per la donna!) l'uomo che non ha mai preso coscienza del suo aspetto femminile di “anima” e, vivendolo attraverso le donne, si è sempre consegnato ad esse per essere guidato: prima alla madre e poi a Carmen (passando per la caserma, che non è che un altro contenitore per l'obbedienza!), andando da un estremo all'altro, ma sempre disposto alla dipendenza e mai padrone di sé stesso e della sua vita. Invece di emanciparsi dalla madre dominante che lo controlla anche quando è adulto e lontano dal paese indicandogli chi deve sposare, cade nella rete di una donna che gli offre l'illusione di una libertà incondizionata, fuori da ogni legge, libertà che lui non conquista e perciò non gli appartiene, non sa usare e in cui rimane intrappolato. Carmen rappresenta l'opposto del mondo materno, ma è pur sempre una donna che gli impone condizioni e traguardi, mete che non scaturiscono dal rapporto con il suo Sé più autentico: la fedeltà all'amore per l'altro non passa dalla fedeltà a sé stessi. Josè non recupererà mai la propria libertà perché ha consegnato tutta l'anima a Carmen, e uccidendo lei uccide anche sé stesso e la propria anima (Jung parla dell'anima anche come archetipo della vita). E così alla fine lo vediamo completamente distrutto, svuotato di ogni sentimento vitale. E nel consegnarsi alle guardie consegna un rottame, uno zombi, una marionetta senz'anima, quell'anima che l'adorata Carmen porta ormai con sé nella tomba.

Importante la sovrapposizione drammatica: negli stessi momenti in cui si consuma l'assassinio di Carmen, viene abbattuto il toro da parte di Escamillo nel tripudio collettivo. E le esultanti acclamazioni della folla si confondono con i disperati accenti della lotta mortale tra gli ex amanti. Anche se i toni sono opposti, tripudio e festa da un lato, dolore e tragedia dall'altro, a me sembra di assistere alla contemporanea rappresentazione di due facce della stessa medaglia: un sacrificio e un'immolazione degli aspetti più fieri e selvaggi della natura, quella natura che nel toro ha la sua parte animalesca (innocente perchè puramente rappresentativa del suo istinto) e in Carmen l'impossibile aderenza a una libertà selvaggia, non sottomessa alle convenzioni e alle leggi della “civiltà”. Ambedue vengono stroncati e “sacrificati”. Di questo finale si ricorderà Luchino Visconti, grande appassionato di lirica, per girare la scena magistrale all'Idroscalo di “Rocco e i suoi fratelli”, quella dell'uccisione di Nadia da parte di Simone, il fratello ormai perso e degradato nel suo folle e impossibile amore, nel momento stesso in cui Rocco, amato da Nadia, trionfa sul ring e viene acclamato dalla folla.

Clicca qui per il testo.

CHŒUR ET FANFARES (dans le cirque)
Viva! viva! la course est belle!
Viva! sur le sable sanglant
le taureau, le taureau s’élance!
Voyez! voyez! voyez!
Le taureau qu’on harcèle
en bondissant s’élance, voyez!
Frappé juste, en plein cœur,
voyez! voyez! voyez!
Victoire!
(Pendant ce chœur, silence de Carmen et de Don José… Tous deux écoutent… Don José ne perd pas Carmen de vue… Le chœur terminé, Carmen fait un pas vers le cirque.)

JOSÉ (se plaçant devant elle)
Où vas-tu?

CARMEN
Laisse-moi!

JOSÉ
Cet homme qu’on acclame,
c’est ton nouvel amant!

CARMEN
Laisse-moi! laisse-moi!

JOSÉ
Sur mon âme,
tu ne passeras pas,
Carmen, c’est moi que tu suivras!

CARMEN
Laisse-moi, Don José, je ne te suivrai pas.

JOSÉ
Tu vas le retrouver.
Dis… tu l’aimes donc?

CARMEN
Je l’aime!
Je l’aime, et devant la mort même,
je répéterai que je l’aime!

(Fanfares et reprise du chœur dans le cirque)

CHŒUR
Viva! la course est belle! etc.

JOSÉ
Ainsi, le salut de mon âme,
je l’aurai perdu pour que toi,
pour que tu t’en ailles, infâme,
entre ses bras, rire de moi!
Non, par le sang, tu n’iras pas!
Carmen, c’est moi que tu suivras!

CARMEN
Non! non! jamais!

JOSÉ
Je suis las de te menacer!

CARMEN
Eh bien! frappe-moi donc, ou laisse-moi passer!

CHŒUR
Victoire!

JOSÉ
Pour la dernière fois, démon,
veux-tu me suivre?

CARMEN
Non! non!
Cette bague autrefois,
tu me l’avais donnée,
tiens!
(Elle la jette à la volée.)

JOSÉ
(le poignard à la main, s’avançant sur Carmen)
Eh bien, damnée!
(Carmen recule. José la poursuit. Pendant ce temps, fanfares dans le cirque.)

CHŒUR
Toréador, en garde!
Et songe bien, oui, songe en combattant,
qu’un œil noir te regarde,
et que l’amour t’attend!
(José a frappé Carmen. Elle tombe morte…Le vélum s’ouvre. On sort du cirque.)

JOSÉ
Vous pouvez m’arrêter.
C’est moi qui l’ai tuée!
(Escamillo paraît sur les marches du cirque. José se jette sur le corps de Carmen.)
Ah! Carmen! ma Carmen adorée!

CORO E FANFARE (nell’arena)
Viva! Viva! La corrida è bella!
Viva! Sulla sabbia insanguinata
il toro, il toro si slancia!
Guardate! Guardate! Guardate!
Il toro che punzecchiano
balzando si slancia, guardate!
Colpito con precisione, dritto al cuore,
guardate! guardate! guardate!
Vittoria!
(Durante questo coro, silenzio di Carmen e di Don José… Entrambi ascoltano… Don José non perde di vista Carmen… Il coro finisce, Carmen fa un passo verso l’Arena.)

JOSÉ (mettendosi davanti a lei)
Dove vai?

CARMEN
Lasciami!

JOSÉ
Quest’uomo che acclamano
è il tuo nuovo amante!

CARMEN
Lasciami! Lasciami!

JOSÉ
Per la mia anima,
non passerai,
Carmen, è me che seguirai!

CARMEN
Lasciami, Don José, non ti seguirò.

JOSÉ
Vai da lui.
Di’… Allora lo ami?

CARMEN
Lo amo!
Lo amo!, e anche davanti alla morte,
ripeterò che lo amo!

(Fanfare e ripresa del coro nel circo)

CORO
Evviva! La corrida è bella! ecc.

JOSÉ
E così, la salvezza della mia anima,
l’avrei perduta perché tu,
perché tu te ne vada, infame,
tra le sue braccia a ridere di me!
No, dannazione, non ci andrai!
Carmen, è me che seguirai!

CARMEN
No! No! Mai!

JOSÉ
Sono stanco di minacciarti!

CARMEN
Va bene! Ammazzami, allora, o lasciami passare!

CORO
Vittoria!

JOSÉ
Per l’ultima volta, demonio,
vuoi venire con me?

CARMEN
No! No!
Questo anello, una volta,
me l’avevi regalato tu,
tieni!
(Lo getta in aria.)

JOSÉ
(il pugnale in mano, avanzando verso Carmen)
Va bene, maledetta!
(Carmen indietreggia. José la insegue. Nel mentre suonano le fanfare nell’arena.)

CORO
Toreador, in guardia!
E tieni a mente, sì, tieni a mente, mentre combatti,
che un occhio nero ti guarda
e che ti aspetta l’amore!
(José ha colpito Carmen. Lei cade a terra morta… La cortina si apre. La gente esce dall’arena.)

JOSÉ
Potete arrestarmi.
Sono io che l’ho uccisa!
(Escamillo appare sui gradini dell’arena. José si getta sul corpo di Carmen.)
Ah! Carmen! Mia Carmen adorata!



Placido Domingo (Don José), Elena Obraztsova (Carmen)
dir: Carlos Kleiber (1978)



Roberto Alagna (Don José), Elina Garanča (Carmen)
dir: Yannick Nézet-Séguin (2009)


3 febbraio 2017

Carmen (25) - L'ultimo incontro

Scritto da Marisa

Nonostante gli avvertimenti, sia delle carte che delle altre zingare, Carmen va incontro a Don José che si aggira come uno spettro nella piazza cercando di avvicinarla. Lo vediamo completamente distrutto. Non ha più la bella divisa da brigadiere né l'aria spavalda del fuorilegge. È completamente solo, trascurato, quasi un barbone, dall'aria smarrita, indifferente alla festa e alla gioia eccitata degli altri. Il suo unico obiettivo, la sua idea fissa è cercare Carmen e convincerla a tornare con sé.

Cosa spinge i due a rivedersi, nonostante tutto sia contro tale incontro? È sempre solo fatalità, destino, volere degli dei? Guardiamoli separatamente, anche perché il loro dialogo è veramente un dialogo tra sordi e tutti e due ripetono lo stesso tema che non può e non viene ascoltato dall'altro, perché esprime solo la propria idea fissa e la chiusura in sé stessi.

Don José ormai è solo. Si presume che la madre sia morta e che Micaëla, legata ad essa, sia completamente fuori dalla sua mente e dai suoi desideri, psicologicamente morta insieme alla madre. Nella solitudine c'è posto solo per l'ingigantimento dell'immagine di Carmen, che ha soppiantato tutti i possibili interessi ed affetti. Una specie di monoteismo, l'unica ragione di vita a cui rimane attaccato. E la sua dipendenza da colei che adora proprio come una dea è totale. È veramente un bambino sperso e abbandonato che cerca disperatamente la madre! In un adulto questa è una condizione pericolosissima, a meno che non si inizi a prendere coscienza della gravità della proiezione attraverso un lavoro di recupero della propria anima e del senso della propria vita, senza più regalarla ad altri, soprattutto se non la vogliono. Ma per Don José questo è impossibile perché non si è mai nemmeno posto il problema di una scelta autonoma, né dell'autostima fondata sulle possibilità di autorealizzazione, come quella di una relazione simmetrica. E il suo comportamento, in queste scene finali, mostra quanto sia ancora infantile e ripetitivo. Solo la musica di Bizet, così accorata e sublime nel suo pathos contenuto, riesce a non farci innervosire e prorompere in uno “Smettila!, lascia perdere, rassegnati al fatto che non ti vuole più!”, come si direbbe ad un bambino capriccioso e lamentoso che non vuole lasciare un giocattolo non suo. Anzi la musica, che è un vero veicolo per l'educazione del sentimento, ci fa vibrare di empatia e di sofferenza, rendendo tragica e quindi adulta la figura di quest'uomo, che ha perso ogni ritegno e si abbandona all'ennesima umiliazione di vedersi ancora respinto. Bizet ne coglie tutto lo strazio e l'anima ferita che cerca disperatamente la salvezza, anche se nel modo sbagliato.

Inizia supplicando e negando ogni possibile minaccia: “Io non minaccio... imploro... supplico!“, ma proprio la negazione dovrebbe allarmarci. Non comincia con una negazione il celebre discorso di Antonio sul cadavere di Cesare per aizzare il popolo contro Bruto e Cassio? E Shakespeare è un grande maestro dell'animo umano! Solo che Antonio è molto consapevole del suo gioco e lo usa abilmente per capovolgere la situazione manovrando i sentimenti volubili delle masse, mentre qui Don José mostra ancora una volta come sia lui stesso manovrato dalle emozioni che rimangono sconosciute anche a lui fino a quando non esplodono in modo incontrollato. La supplica e la preghiera implorante si capovolgeranno ben presto nella minaccia che viene negata! Questa è la dinamica della compresenza degli opposti, quando non c'è un Io allenato al loro confronto e al lavoro dell'integrazione, attraverso un faticoso lavoro di consapevolezza e di autocontrollo. Si passa dall'amore all'odio, dalla preghiera alla violenta imposizione senza nessuna mediazione, dal bianco al nero, a volte senza quasi accorgersene, come girando un interruttore! Ma per ora, in una lunghissima sequenza, Don José continua a supplicare riaffermando la sua “adorazione” e insistendo per convincere la donna a seguirlo e ricominciare la relazione, come inizio di nuova vita e salvezza:

Carmen, il est temps encore...
O ma Carmen, laisse-moi
te sauver, toi que j’adore...
Ah! laisse-moi te sauver,
et me sauver avec toi.
Carmen, è ancora tempo...
Oh mia Carmen, lascia
ch’io salvi te che adoro...
Ah! lascia ch’io ti salvi,
e ch’io mi salvi con te.
Qui raggiunge il massimo dell'illusione e della mancanza di conoscenza della donna che dichiara così pateticamente di amare! Nel suo eccitato stato di possessione pensa addirittura di dover salvare anche Carmen: da chi poi, se non da lui stesso?
Anche il tempo viene invocato ripetutamente (“Ce n'è tempo ancora...”), come se potesse far cambiare idea a Carmen, non tenendo per niente conto del carattere fermo di lei e dell'irrevocabilità delle sue decisioni. In realtà sta soltanto disperatamente dando tempo a sé stesso, non volendo vedere fino all'ultimo momento il baratro che ha davanti. Passa dal ricordo del tempo dell'amore alle fantasticherie illusorie di un possibile futuro insieme sotto altro cielo e infine all'ennesima promessa di essere disposto a fare tutto quello che lei chiederà: (“Resterò bandito... tutto quel che vorrai... Tutto, mi capisci!... Ma non lasciarmi, Oh mia Carmen!... ricordati del passato!“). Pur di non essere abbandonato definitivamente consegna completamente il suo onore, la sua vita stessa al volere della donna! Ma cosa spinge un uomo a una resa così totale se non lo svuotamento di sé stesso, l'aver messo la propria anima nelle mani di colei che si crede di amare, ma che è diventata solo il contenitore del senso stesso della vita? Una proiezione assoluta che non fa rimanere niente a disposizione dell'Io per ricostruire il senso dell'esistenza, nonostante il dolore della separazione.

Ma Carmen come si pone in queste battute finali e fatali? Abbiamo visto come, nonostante gli avvertimenti, vada volontariamente incontro all'uomo che non ama più e di cui non sente la minima pietà. Si parla molto di cosa spinge le donne ad accettare l'ultimo incontro con l'ex amante, dopo una rottura definitiva, e, sebbene non si debba generalizzare perché i casi non sono mai uguali, tuttavia spesso si può riconoscere un bisogno di avere ancora l'ultima parola, un'illusoria speranza di far ragionare l'altro sottovalutando la forza dell'inconscio e i suoi movimenti irrazionali, un ingenuo tentativo di chiarimento quando ormai non c'è più niente da chiarire perché si parlano due lingue diverse o, peggio, un'incapacità a sottrarsi ad un'ennesima richiesta di lui, nel caso di donne troppo arrendevoli ed abituate a subire violenze.
Ma Carmen non è per nulla ingenua e ha una volontà molto forte (e forse proprio la sua forza le si ritorcerà contro) perché fino ad ora ha sempre sottomesso gli uomini, prendendoli e lasciandoli a suo piacere, senza gravi conseguenze, e ancora non crede fino in fondo che José, che ha sempre dominato, possa non accettare le sue imposizioni. E dunque non esita a umiliare ancora l'amante respinto, in nome di una libertà e di una verità sbattuta in faccia nel modo più netto:
No, non ti amo più.

No, questo cuore non è più tuo.
Invano dici: Ti adoro!
Nulla otterrai da me!...
e ancora più chiaramente:
Carmen mai cederà!
Libera è nata e libera morrà!
Questa affermazione di libertà, a una lettura superficiale, ha reso Carmen antesignana del femminismo e ne ha costruito il mito di donna che esce definitivamente dalla sottomissione patriarcale per affermare il diritto di scegliere da sé il proprio uomo e di lasciarlo ugualmente a proprio piacere. Ma ci si dimentica che le conquiste del femminismo sono passate da ben altre vie, da un lungo lavoro di consapevolezza e lotte sociali e politiche di donne coraggiose e solidali tra di loro, e che soprattutto non tagliano mai fuori le responsabilità dai diritti... Carmen è invece tutta impulsività e autocompiacimento: rivendica la libertà di fare quello che chiedono i suoi desideri del momento, senza alcun riguardo per nessuno (nemmeno per sé stessa!) e senza contestualizzare la situazione. Da un punto di vista psicoanalitico siamo nella sfera del bambino “onnipotente”, privo ancora del Super-Io, che non deve rendere conto a nessuno delle conseguenze delle proprie pulsioni.

La frase “Libera sono nata e libera morirò”, che ci impressiona tanto, indica la rivendicazione a non fare alcun lavoro su sé stessi, uno stato dato originariamente (un regalo, quindi!) e non una condizione da conquistare: è il “Sono fatto così” che sentiamo sbandierare quando le pulsioni non educate o elaborate entrano in conflitto con le sensibilità altrui o, cosa più grave, con le leggi e gli ordinamenti delle civiltà a cui si appartiene e a cui bisognerebbe rispondere “E allora cosa ci fai?”. Siamo ben lungi dalla concezione di libertà degli spiriti che riconoscono nel “Libertà va cercando ch'è sì cara...” dantesco l'autentica via alla libertà. Ma il fascino che deriva dalla frase di Carmen è indubbio, e come per Don Giovanni, a cui per certi versi è simile (ma di questo parleremo in un post successivo), nasce proprio dalla permanenza in quella remota zona infantile che abbiamo dovuto abbandonare, ma che rimane, nella nostalgia inconfessata di tutti, il vero paradiso perduto dei nostri desideri rimossi. Il tutto con l'enorme carica e forza della sessualità, che infiamma e può impossessarsi di tutta la persona.

Ma sicuramente, oltre al bambino “onnipotente e perverso polimorfo” di Freud, per Carmen possiamo pensare anche alle grandi dee che usano la sessualità come il desiderio in quel momento reclama e non hanno alcun riguardo per la sorte dei mortali che abbandonano dopo la breve storia d'amore. Già dai tempi di Gilgamesh (terzo millennio a.C.) Isthar, la potente dea mesopotamica, si comporta così con gli uomini di cui si invaghisce; ragion per cui Gilgamesh resiste eroicamente ai suoi approcci. Carmen stessa, nella prima apparizione, aveva messo in guardia colui su cui poteva cadere la sua scelta (“Se io t'amo, sta attento a te!”). Ma come lei non tiene conto degli avvertimenti delle carte, così gli uomini non tengono conto del pericolo di essere amati da una donna come lei. E tanto meno Don José, che non è affatto un eroe in grado di resistere al suo fascino, tanto che lo sentiamo fino alla fine parlare di adorazione, quell'adorazione che si deve solo alla dea. Ma Carmen è pur sempre una donna, anche se abituata a identificarsi con l'archetipo della dea dell'amore, e questa confusione è pericolosa anche per lei, segno di inflazione, come insegna Jung. Non ascolta gli avvertimenti di Mercedes e Frasquita e non tiene conto della lettura delle carte a cui crede in modo solo fatalistico e non come possibile base di lavoro per scongiurare la catastrofe (del tipo: se lo conosci lo eviti!); non tiene nemmeno conto della disperazione di Don José, e, senza alcun senso di colpa o la minima delicatezza di sentimento, lo tratta nel modo più brutale, come si allontana un cagnolino, che prima si accarezza e poi si caccia via se diventa inopportuno. Il “Lasciami passare!” che gli grida quando sente le acclamazioni per la vittoria di Escamillo sembra veramente lo spintone che si dà al cane divenuto molesto.

Clicca qui per il testo di "C’est toi! - C’est moi!".

CARMEN
C’est toi!

JOSÉ
C’est moi!

CARMEN
L’on m’avait avertie
que tu n’étais pas loin, que tu devais venir;
l’on m’avait même dit de craindre pour ma vie
mais je suis brave et n’ai pas voulu fuir.

JOSÉ
Je ne menace pas, j’implore, je supplie;
notre passé, Carmen, je l’oublie.
Oui, nous allons tous deux
commencer une autre vie,
loin d’ici, sous d’autres cieux!

CARMEN
Tu demandes l’impossible,
Carmen jamais n’a menti;
son âme reste inflexible.
Entre elle et toi, tout est fini.
Jamais je n’ai menti;
entre nous, tout est fini.

JOSÉ
Carmen, il est temps encore,
oui, il est temps encore.
Ô ma Carmen, laisse-moi
te sauver, toi que j’adore,
et me sauver avec toi!

CARMEN
Non, je sais bien que c’est l’heure,
je sais bien que tu me tueras;
mais que je vive ou que je meure,
non, non, je ne te céderai pas!

JOSÉ
Carmen, il est temps encore,
ô ma Carmen, laisse-moi
te sauver, toi que j’adore;
ah! laisse-moi te sauver
et me sauver avec toi!
Ô ma Carmen, il est temps encore, etc.

CARMEN
Pourquoi t’occuper encore
d’un cœur qui n’est plus à toi?
Non, ce cœur n’est plus à toi!
En vain tu dis: «Je t’adore»,
tu n’obtiendras rien, non, rien de moi.
Ah! c’est en vain,
tu n’obtiendras rien, rien de moi!

JOSÉ
Tu ne m’aimes donc plus?
(Silence de Carmen.)
Tu ne m’aimes donc plus?

CARMEN
Non, je ne t’aime plus.

JOSÉ
Mais moi, Carmen, je t’aime encore;
Carmen, hélas! moi, je t’adore!

CARMEN
À quoi bon tout cela? Que de mots superflus!

JOSÉ
Carmen, je t’aime, je t’adore!
Eh bien, s’il le faut, pour te plaire,
je resterai bandit, tout ce que tu voudras –
tout, tu m’entends? Tout!
mais ne me quitte pas,
ô ma Carmen,
ah! souviens-toi, souviens-toi du passé!
Nous nous aimions naguère!
Ah! ne me quitte pas, Carmen,
ah, ne me quitte pas!

CARMEN
Jamais Carmen ne cédera!
Libre elle est née et libre elle mourra!

CARMEN
Sei tu!

JOSÉ
Sono io!

CARMEN
Mi avevano avvertito
che non eri lontano, che dovevi venire;
mi avevano anche detto di temere per la mia vita
ma io sono coraggiosa e non ho voluto fuggire.

JOSÉ
Io non minaccio, io imploro, io supplico;
dimentico il nostro passato, Carmen.
Sì, andiamo tutti e due
a cominciare una nuova vita,
lontano da qui, sotto altri cieli!

CARMEN
Tu chiedi l’impossibile,
Carmen non ha mai mentito;
la sua anima resta inflessibile.
Tra lei e te, tutto è finito.
Mai ho mentito;
tra di noi è finito tutto.

JOSÉ
Carmen, facciamo ancora in tempo,
sì, facciamo ancora in tempo,
O mia Carmen, lascia
che io ti salvi, te, che io adoro,
e che mi salvi con te!

CARMEN
No, so bene che è arrivato il momento,
so bene che mi ammazzerai;
ma che io viva o muoia,
no, no, non cederò!

JOSÉ
Carmen, facciamo ancora in tempo,
o mia Carmen, lascia
che io ti salvi, te, che io adoro;
ah! lascia che io ti salvi
e che mi salvi con te!
O mia Carmen, facciamo ancora in tempo, ecc.

CARMEN
Perché ti interessi ancora
di un cuore che non è più tuo?
No, questo cuore non è più tuo!
È inutile che tu dica “Io ti adoro”,
non otterrai nulla, no, nulla da me.
Ah! è inutile,
non otterrai nulla, nulla da me!

JOSÉ
Allora non mi ami più?
(Silenzio di Carmen.)
Allora non mi ami più?

CARMEN
No, non ti amo più.

JOSÉ
Ma io, Carmen, ti amo ancora;
Carmen, ahimé, io ti adoro!

CARMEN
Perché tutto questo? Che parole superflue!

JOSÉ
Carmen, io ti amo, ti adoro!
Va bene, se occorre, per farti contenta,
resterò un bandito, tutto ciò che vuoi –
tutto, hai capito? Tutto!
Ma non mi lasciare,
o mia Carmen,
ah! ricordati, ricordati del passato!
Ci amavamo, una volta!
Ah! non mi lasciare, Carmen!
Ah! non mi lasciare!

CARMEN
Carmen non cederà mai!
Libera è nata, e libera morirà!



Placido Domingo (Don José), Elena Obraztsova (Carmen)
dir: Carlos Kleiber (1978)



Nicolai Gedda, Maria Callas
dir: Georges Prêtre (1964)

Barry McCauley, Maria Ewing
dir: Bernard Haitink (1985)