25 novembre 2019

Il barbiere di Siviglia - Riepilogo

Scritto da Christian
18 novembre 2019

Il barbiere di Siviglia (20) - "Di sì felice innesto"

Scritto da Christian

A Don Bartolo non resta che prendere atto del proprio fallimento ("Insomma, io ho tutti i torti!") e riconoscere che la scelta di togliere la scala dal balcone si è rivelata controproducente: come commenta Figaro, è stata una "inutil precauzione", facendo ironicamente riferimento al titolo dell'opera che Rosina ha cantato in precedenza (nonché al sottotitolo dello stesso "Barbiere"). L'anziano dottore se la prende anche con il suo complice, Don Basilio, che lo ha "tradito" facendo da testimone alle nozze fra il Conte e la ragazza, al che il maestro di musica replica: "Quel signor Conte certe ragioni ha in tasca, certi argomenti a cui non si risponde" (si riferirà alla pistola, o al denaro e ai gioielli che gli sono stati elargiti?).

A risollevare un po' l'umore di Bartolo, come ulteriore testimonianza della munificità del Conte, giunge l'offerta di Almaviva di rinunciare alla dote di Rosina. Visto che, sin dall'inizio, era proprio di questa che il tutore andava a caccia, la mossa rende tutti felici e dunque pronti a cantare il gioioso insieme finale.

La licenza è in forma di vaudeville: il tema iniziale è esposto a turno dai tre personaggi ‘positivi’ dell’opera, e ciascuno ne propone una variazione diversa; qui nell’ordine appaiono prima Figaro, poi Rosina, che aggiunge al tema qualche abbellimento, e infine il Conte, che ne propone la versione più virtuosistica, da vero trionfatore morale e musicale dell’opera. Le tre variazioni sono inframmezzate da un festoso ritornello affidato agli altri personaggi e al coro, al quale è anche dato l’incarico di concludere gioiosamente il breve finaletto e, di conseguenza, l’intera opera.
(Stefano Piana)

Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano (“Insomma, io ho tutti i torti!”).

BARTOLO
Insomma, io ho tutti i torti.

FIGARO
Eh, purtroppo è così!

BARTOLO (a Basilio)
Ma tu, briccone,
tu pur tradirmi e far da testimonio!

BASILIO
Ah, Don Bartolo mio, quel signor Conte
certe ragioni ha in tasca,
certi argomenti a cui non si risponde.

BARTOLO
Ed io, bestia solenne,
per meglio assicurare il matrimonio,
io portai via la scala del balcone.

FIGARO
Ecco che fa un'Inutil Precauzione.

BARTOLO
Ma, e la dote? Io non posso...

CONTE
Eh, via; di dote
io bisogno non ho: va, te la dono.

FIGARO
Ah, ah! Ridete adesso?
Bravissimo, Don Bartolo,
ho veduto alla fin rasserenarsi
quel vostro ceffo amaro e furibondo.
Eh, i bricconi han fortuna in questo mondo.

ROSINA
Dunque, signor Don Bartolo?

BARTOLO
Sì, sì, ho capito tutto.

CONTE
Ebben, dottore?

BARTOLO
Sì, sì, che serve? Quel ch'è fatto è fatto.
Andate pur, che il ciel vi benedica.

FIGARO
Bravo, bravo, un abbraccio;
venite qua, dottore.

ROSINA
Ah, noi felici!

CONTE
Oh, fortunato amore!

Clicca qui per il testo di "Di sì felice innesto".

FIGARO
Di sì felice innesto
serbiam memoria eterna;
io smorzo la lanterna;
qui più non ho che far.

CORO
Amore e fede eterna
si vegga in voi regnar.

ROSINA
Costò sospiri e pene
un sì felice istante:
alfin quest'alma amante
comincia a respirar.

CORO
Amore e fede eterna
si vegga in voi regnar.

CONTE
Dell'umile Lindoro
la fiamma a te fu accetta;
più bel destin t'aspetta,
su, vieni a giubilar.

CORO
Amore e fede eterna
si vegga in voi regnar.




Hermann Prey (Figaro), Teresa Berganza (Rosina), Luigi Alva (Conte)
dir: Claudio Abbado (1971)


Sherrill Milnes (Figaro), Beverly Sills (Rosina),
Nicolai Gedda (Conte)
dir: James Levine (1975)

Leo Nucci (Figaro), Cecilia Bartoli (Rosina),
William Matteuzzi (Conte)
dir: Giuseppe Patanè (1989)

Ma anche se l'opera è terminata, per i personaggi naturalmente non finisce qui. Li ritroveremo tutti, con qualche anno in più e (alcuni) profondamente cambiati, nel sequel ufficiale "Le nozze di Figaro", seconda commedia della trilogia di Beaumarchais, resa immortale dalle musiche di Wolfgang Amadeus Mozart (che le compose nel 1786: prima di Rossini ma dopo la versione di Paisiello). La trattazione completa di quell'opera è già presente su questo stesso blog (fu la prima che scrissi!) a questo link. Vi scopriremo, fra l'altro, qual è l'origine segreta di Figaro (l'identità di suo padre, in particolare, è davvero sorprendente) e se il matrimonio fra il Conte e Rosina sarà stato davvero felice come ci si augura in questo finale.

Le due persone che Figaro aveva intravisto alla porta con una lanterna in mano, durante il terzetto precedente, sono Don Basilio e il notaio, che Bartolo aveva mandato a chiamare affinché celebrasse quella notte stessa le sue nozze con Rosina. Dopo un attimo di sconcerto nello scoprire che la scala con cui progettavano di fuggire non è più al suo posto (scorpriremo poi che a toglierla dal balcone è stato lo stesso Don Bartolo, intenzionato a impedire l'uscita di scena di coloro che vuol fare arrestare come ladri), Figaro e il Conte riescono ancora una volta a capovolgere con astuzia la situazione a proprio vantaggio.

Figaro si rivolge infatti spavaldamente al notaio, lasciandogli intendere di essere stato lui a convocarlo in quella che è la propria casa: "Dovevate in mia casa stipular questa sera un contratto di nozze fra il Conte d'Almaviva e mia nipote", gli dice. Alle timide proteste di Don Basilio risponde subito il Conte, che traendolo da parte gli offre un prezioso anello che aveva al dito in cambio del suo silenzio e, anzi, della sua disponibilità a fare da testimone per le nozze. Il venale Basilio non perde tempo ad accettare (anche perché l'alternativa propostagli da Almaviva è molto meno allettante: "Per voi vi son ancor due palle nel cervello se v'opponete." - "Ohibò, prendo l'anello. Chi firma?"), dimostrandosi comicamente un voltagabbana.

Da notare che quella del notaio è una parte muta: l'attore è presente sulla scena ma non recita né canta una sola parola, il che è paradossale se si pensa che solitamente un notaio esercita la propria professione proprio attraverso le parole (ne "Le nozze di Figaro" un altro notaio, Don Curzio, parlerà si, ma balbettando, un altro sfregio verso un ruolo che nelle opere buffe, come tutte le autorità pubbliche, è sempre rappresentato con una certa ironia).

E così, con Figaro e Basilio come testimoni, il tanto agognato matrimonio fra il Conte e Rosina è celebrato, seppur furtivamente e nel cuor della notte. Appena in tempo prima che giunga Don Bartolo, con un alcalde (ossia un giudice) e alcuni soldati al seguito, ai quali intima: "Signor, son ladri. Arrestate, arrestate". A questo punto il Conte lascia cadere la maschera e rivela finalmente a tutti la sua identità: "Il mio nome è quel d'un uom d'onore. Il Conte d'Almaviva io sono".

Tutta questa lunga scena, che segna di fatto la conclusione della tormentata vicenda, è svolta attraverso semplici recitativi, ed è un peccato. La partitura prevede però a questo punto una grande aria tripartita ("Cessa di più resistere" – "Il più lieto, il più felice"), l'unica fra l'altro in tutta l'opera a essere accompagnata dal coro. In essa il Conte, con tutta la sua nobile prosopopea, mette a tacere le ultime, timide e inutili proteste di Bartolo, per poi esprimere la propria felicità nell'aver conseguito l'obiettivo. Tale aria, però, è frequentemente omessa dagli allestimenti dell'opera, per diversi motivi. Innanzitutto è estremamente lunga e difficile dal punto di vista vocale. Inoltre giunge quando la situazione drammatica si è ormai conclusa, rallentando e posticipando inutilmente le battute conclusive che gli spettatori ora si attendono. Infine, i suoi toni da opera seria contrastano terribilmente con quelli comici che l'hanno preceduta: qui non ci si prende gioco della nobiltà del Conte, e il personaggio risulta anche un po' arrogante e meschino nell'accanirsi sul suo rivale dopo aver già ottenuto la vittoria. Non aiuta poi il fatto che tale scena non era presente nella commedia di Beaumarchais, e dunque risulta decisamente superflua.

Per fortuna, la felice melodia della sezione finale "Il più lieto, il più felice" non andrà sprecata: Rossini, come suo solito, la riciclerà più volte in seguito, dapprima nell'opera "Le nozze di Teti e Peleo" (l'aria “Ah, non potrian resistere”) e poi soprattutto ne "La Cenerentola" (il rondò finale “Non più mesta accanto al fuoco”: al link trovate anche alcune variazioni – come quelle di Chopin – sul tema). Meno noto è il fatto che, in occasione di una rappresentazione a Padova, il compositore adattò l'aria virandola in chiave femminile e facendola cantare a Rosina, che nell'occasione era interpretata da Geltrude Righetti Giorgi.

La consuetudine di tagliare quest’aria rimane spesso ancora oggi (anche un direttore filologicamente molto attento come Claudio Abbado, interprete fondamentale nella storia recente del "Barbiere", non la ha mai eseguita), anche se proprio il suo virtuosismo estremo ha fatto sì che negli ultimi anni divenisse cavallo di battaglia di star internazionali del belcanto quali Rockwell Blake o Juan Diego Flórez. Lo stile e il tono musicale di quest’aria è decisamente "serio": lo rivela innanzitutto la struttura formale in tre sezioni, utilizzata sovente per le grandi arie delle opere serie e, quand’anche si riscontrino esempi in quelle buffe, sono sempre collocati in contesti "seri" (un esempio ne è l’aria di Don Ramiro nell’atto secondo della "Cenerentola"). Anche il contenuto musicale non è da meno: il tono di nobile ed eroico sdegno che domina il Maestoso d’esordio (a cui Rossini non manca di aggiungere pennellate di umana comprensione per «la beltà dolente») è seguito dalla dolcezza e dall’amore con cui il Conte guarda la misera situazione di Rosina nel cantabile, per poi concludersi con un rondò brillante nel quale il ritornello viene seguito da due variazioni dalla difficoltà e dalla spettacolarità vocale sempre crescente che conducono verso la coda, dove il virtuosismo vocale raggiunge vette davvero siderali. Il Conte, abbandonato finalmente ogni travestimento e ogni accento da opera buffa, riprende i panni di nobile e illuminato Grande di Spagna e, tra il giubilo generale, si fa difensore dei più deboli riscattando Rosina dal miserabile stato di oppressione in cui la teneva rinchiusa il malvagio Don Bartolo. Almaviva è così proiettato in una dimensione drammatica e anche sociale abissalmente superiore rispetto alla borghese, furbesca e talvolta un po’ meschina quotidianità degli altri personaggi; in una dimensione cioè (si perdoni il paragone forse un po’ forzoso) che lo accomuna in qualche maniera a quella schiera di sovrani di ascendenza metastasiana che col loro agire illuminato fanno in modo che la virtù trionfi sempre sulla malvagità. Fors’anche tale contenuto morale e sociale, così lontano dalla comicità realistica di fondo, ha contribuito alla sparizione di questo brano dal Barbiere per un così lungo periodo. La struttura stessa dell’opera, così come è sinora stata intessuta da librettista e compositore, rischia in questo punto di spezzarsi di fronte ad un volo di contenuto così elevato. Quando Rossini riutilizzerà la stessa musica nella "Cenerentola" (dove si fa portatrice di contenuti in gran parte simili), lo farà ben conscio che l’intera struttura drammatica di quell’opera sarebbe stata proiettata proprio verso quel sublime punto di astrazione musicale e morale.
(Stefano Piana)

Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano (“Ah, disgraziati noi! Come si fa?”).

FIGARO (con angoscia)
Ah, disgraziati noi! Come si fa?

CONTE
Che avvenne mai?

FIGARO
La scala...

CONTE
Ebben?

FIGARO
La scala non v'è più.

CONTE (sorpreso)
Che dici?

FIGARO
Chi mai l'avrà levata?

CONTE
Quale inciampo crudel!

ROSINA (con dolore)
Me sventurata!

FIGARO
Zi-zitti... Sento gente. Ora ci siamo.
Signor mio, che si fa?

CONTE
Mia Rosin, coraggio.
(si avvolge nel mantello)

FIGARO
Eccoli qua.

(Si ritirano verso una delle quinte. Entra Don Basilio con lanterna in mano, introducendo un Notaro con carte.)

BASILIO (chiamando alla quinta opposta)
Don Bartolo! Don Bartolo!

FIGARO (accennando al Conte)
Don Basilio.

CONTE
E quell'altro?

FIGARO
Ve', ve', il nostro notaro. Allegramente.
Lasciate fare a me. Signor Notaro:
(Basilio e il Notaro si rivolgono e restano sorpresi. Il Notaro si avvicina a Figaro.)
dovevate in mia casa
stipular questa sera
il contratto di nozze
fra il conte d'Almaviva e mia nipote.
Gli sposi, eccoli qua. Avete indosso la scrittura?
(I1 notaro cava la scrittura.)
Benissimo.

BASILIO
Ma piano.
Don Bartolo dov'è?

CONTE (chiamando a parte Basilio, cavandosi un anello dal dito, e additandogli di tacere)
Ehi, Don Basilio,
quest'anello è per voi.

BASILIO
Ma io...

CONTE (cavando una pistola)
Per voi
vi son ancor due palle nel cervello
se v'opponete.

BASILIO (prende l'anello)
Oibò, prendo l'anello.
Chi firma?

CONTE E ROSINA
Eccoci qua.
(sottoscrivono)

CONTE
Son testimoni Figaro e Don Basilio.
Essa è mia sposa.

FIGARO E BASILIO
Evviva!

CONTE
Oh, mio contento!

ROSINA
Oh, sospirata mia felicità!

FIGARO
Evviva!

(Nell'atto che il Conte bacia la mano a a Rosina, Figaro abbraccia goffamente Basilio, ed entrano Don Bartolo e un uffiziale con soldati.)

BARTOLO (additando Figaro ed il Conte all'Alcade ed ai soldati)
Fermi tutti. Eccoli qua.

UFFIZIALE
Colle buone, signor.

BARTOLO
Signor, son ladri.
Arrestate, arrestate.

UFFIZIALE (al Conte)
Mio signore, il suo nome?

CONTE
Il mio nome è quel d'un uom d'onor.
Lo sposo io sono di questa...

BARTOLO
Eh, andate al diavolo! Rosina
esser deve mia sposa: non è vero?

ROSINA
Io sua sposa? Oh, nemmeno per pensiero.

BARTOLO
Come? Come, fraschetta?
(additando il Conte)
Arrestate, vi dico è un ladro.

FIGARO
Or or l'accoppo.

BARTOLO
È un furfante, è un briccon.

UFFIZIALE (al Conte)
Signore...

CONTE
Indietro!

UFFIZIALE (con impazienza)
Il nome?

CONTE
Indietro, dico, indietro!

UFFIZIALE
Ehi, mio signor! Basso quel tono.
Chi è lei?

CONTE
Il Conte d'Almaviva io sono.

BARTOLO
Il Conte! Ah, che mai sento!
Ma cospetto!

CONTE
T'accheta, invan t'adopri,
resisti invan. De' tuoi rigori insani
giunse l'ultimo istante. In faccia al mondo
io dichiaro altamente
costei mia sposa.
(a Rosina)
Il nostro nodo, o cara,
opra è d'amore. Amore,
che ti fe' mia consorte
a te mi stringerà fino alla morte.
Respira omai: del fido sposo in braccio,
vieni, vieni a goder sorte più lieta.

BARTOLO
Ma io...

CONTE
Taci.

BASILIO
Ma voi...

CONTE
Olà, t'accheta.

Clicca qui per il testo di "Cessa di più resistere - Il più lieto, il più felice".

CONTE
Cessa di più resistere,
non cimentar mio sdegno.
Spezzato è il gioco indegno
di tanta crudeltà.
Della beltà dolente,
d'un innocente amore
l'avaro tuo furore
più non trionferà.
E tu, infelice vittima
d'un reo poter tiranno,
sottratta al giogo barbaro,
cangia in piacer l'affanno
e in sen d'un fido sposo
gioisci in libertà.
Cari amici...

CORO
Non temete.

CONTE
Questo nodo...

CORO
Non si scioglie,
sempre a lei vi stringerà.

CONTE
Ah, il più lieto, il più felice
è il mio cor de' cori amanti;
non fuggite, o lieti istanti
della mia felicità.

CORO
Annodar due cori amanti
è piacer che egual non ha.




Juan Diego Flórez (Conte)
dir: Gianluigi Gelmetti (2005)


Rockwell Blake

Michael Spyres

7 novembre 2019

Il barbiere di Siviglia (18) - "Ah, qual colpo"

Scritto da Christian

A mezzanotte in punto, come avevano promesso a Rosina, e mentre il temporale va scemando, il Conte e Figaro entrano nella camera della ragazza passando per la finestra: hanno raggiunto il balcone dall'esterno con una scala e hanno aperto la "gelosia" (la persiana) con la chiave che il barbiere aveva sottratto in precedenza dal mazzo di Don Bartolo. Come il libretto ci comunica, sono "avvolti in mantello e bagnati dalla pioggia".

Ad attendere i due, però, c'è una Rosina che non mostra affatto la complicità che essi si aspettavano, bensì aperta sfida e ostilità, essendo stata ingannata da Bartolo e convinta che "Lindoro" intenda portarla via soltanto per cederla alle voglie del Conte d'Almaviva. Ma per sciogliere l'equivoco ci vuol poco: basta che il Conte, dopo essersi nuovamente assicurato che la ragazza sia sinceramente innamorata del povero studente e non brami affatto le ricchezze del nobiluomo altolocato, le sveli la sua vera identità: "Mirami, o mio tesoro. / Almaviva son io: non son Lindoro".

Il delizioso terzetto che ne consegue è forse l'ultimo dei tanti gioielli di quest'opera. Nella prima parte ("Ah, qual colpo inaspettato!"), assistiamo alla meraviglia e allo stupore di Rosina nel venire a conoscenza dell'identità del suo amato: la gioia nel scoprirsi ingannata sì, ma non come aveva creduto fino ad allora, si fonde con la felicità del Conte stesso (che si bea del proprio "trionfo") e con la soddisfazione di Figaro (che con malcelato orgoglio vede i propri intrighi giungere a lieta conclusione: "Guarda, guarda il mio talento / che bel colpo seppe far!"). E dopo un attimo di esitazione da parte della ragazza che non sa più come rivolgersi al Conte ("Ma signor... ma voi... ma io..."), il quale subito la tranquillizza e le assicura che sarà presto sua sposa, i due innamorati si lanciano in un canto vorticoso e intrecciato, esprimendo uno stato d'animo colmo di gioia e di passione ("Dolce nodo avventurato / che fai paghi i miei desiri").

A questo punto il barbiere, più pragmatico, inizia (dapprima timidamente, intrufolandosi fra un verso e l'altro del flusso musicale dei due innamorati, e poi con sempre maggior convinzione) a far loro presente che non è il momento per perdersi in romanticherie: il tempo stringe ed è necessario fuggire dalla casa prima che qualcuno si accorga della loro presenza. "Presto, andiamo, vi sbrigate, / via, lasciate quei sospiri. / Se si tarda i miei raggiri / fanno fiasco in verità", dice, arrogandosi ancora una volta l'intero merito della riuscita dell'operazione (che invece, a ben vedere, è più il frutto dell'improvvisazione di Almaviva). Rossini sfrutta l'occasione per amplificare al massimo l'effetto comico, lasciando che Figaro imiti e faccia ironicamente il verso ai fluviali gorgheggi e alle infiorettature belcantistiche (alquanto esagerate) del Conte e di Rosina. Non a caso il terzetto, almeno nella prima parte, è definito "una sorta di duetto con terzo incomodo". Purtroppo in certe versioni questa sezione è abbreviata di diverse battute e risulta perciò meno divertente.

La transizione verso la seconda parte del terzetto avviene quando Figaro, scorgendo fuori dalla finestra due persone avvicinarsi alla casa con una lanterna, scuote definitivamente il Conte e Rosina dai loro "sospiri amorosi" con un grido d'allarme. Il Conte chiede conferma, e a questo punto, dopo essersi interrogati sul da farsi ("Che si fa?"), i tre personaggi si lanciano in una definita manifestazione d'intenti (per la cui melodia Rossini si sarebbe ispirato a un'aria dall'oratorio "Le stagioni" di Joseph Haydn):

Zitti zitti, piano piano,
non facciamo confusione,
per la scala del balcone
presto andiamo via di qua.
Da notare le similitudini con il "Piano, pianissimo" che apriva il primo atto dell'opera. Anche stavolta, nonostante ci sarebbe da aspettarsi un'azione silenziosa e fulminea, i personaggi impiegano un'eternità – la partitura prosegue per ben 93 battute – a sollecitarsi a vicenda e a ribadire (anche ad altissima voce!) la necessità di fare piano e di scendere dal balcone in silenzio.
Rossini prende a pretesto la necessità della fuga in punta di piedi per intessere la sua trama musicale. Mutato il tempo metronomico, sopra un tappeto di archi pizzicati le tre voci ripetono a turno un tema dominato da note staccate: Il brano prosegue tra estemporanei quanto brevi fortissimo con l’intreccio delle tre voci a costituire un pezzo dove, come già tante volte in quest’opera, la situazione scenica funge da movente per l’inarrestabile e calibratissimo gioco musicale.
(Stefano Piana)
Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano (“Alfine, eccoci qua”).

(Scoppia un temporale. Dalla finestra di prospetto si vedono freguenti lampi, e si sente il rumore del tuono. Sulla fine del temporale si vede dal di fuori aprirsi la gelosia, ed entrano uno dopo l'altro Figaro ed il Conte avvolti in mantelli e bagnati dalla pioggia. Figaro avrà in mano una lanterna accesa.)

FIGARO
Alfine, eccoci qua.

CONTE
Figaro, dammi man. Poter del mondo!
Che tempo indiavolato!

FIGARO
Tempo da innamorati.

CONTE
Ehi, fammi lume.
(Figaro accende i lumi.)
Dove sarà Rosina?

FIGARO
Ora vedremo. Eccola, appunto.

CONTE (con trasporto)
Ah, mio tesoro!

ROSINA (respingendolo)
Indietro, anima scellerata; io qui di mia
stolta credulità venni soltanto
a riparar lo scorno, a dimostrarti
qual sono, e quale amante
perdesti, anima indegna e sconoscente.

CONTE (sorpreso)
Io son di sasso.

FIGARO (sorpreso)
lo non capisco niente.

CONTE
Ma per pietà...

ROSINA
Taci. Fingesti amore
per vendermi alle voglie
di quel tuo vil Conte Almaviva...

CONTE (con gioia)
Al Conte?
Ah, sei delusa! Oh me felice!
Adunque tu di verace amore
ami Lindor? Rispondi!

ROSINA
Ah, sì! T'amai purtroppo!

CONTE
Ah, non è tempo
di più celarsi, anima mia.
(s'inginocchia gettando il mantello che viene raccolto da Figaro)
Ravvisa colui che sì gran tempo
seguì tue tracce, che per te sospira,
che sua ti vuole.
Mirami, o mio tesoro:
Almaviva son io, non son Lindoro.

Clicca qui per il testo di "Ah, qual colpo inaspettato".

ROSINA (stupefatta, con gioia)
(Ah, qual colpo inaspettato!
Egli stesso? O Ciel, che sento!
Di sorpresa e di contento
son vicina a delirar.)

FIGARO
(Son rimasti senza fiato:
ora muoion di contento.
Guarda, guarda il mio talento
che bel colpo seppe far!)

CONTE
(Qual trionfo inaspettato!
Me felice! Oh, bel momento!
Ah! D'amore e di contento
son vicino a delirar.)

ROSINA
Mio signor! Ma voi... Ma io...

CONTE
Ah, non più, non più, ben mio.
Il bel nome di mia sposa,
idol mio, t'attende già.

ROSINA
Il bel nome di tua sposa
oh, qual gioia al cor mi dà!

CONTE
Sei contenta?

ROSINA
Ah! mio signore!

ROSINA E CONTE
Dolce nodo avventurato
che fai paghi i miei desiri!
Alla fin de' miei martiri
tu sentisti, amor, pietà.

FIGARO
Presto, andiamo, vi sbrigate;
via, lasciate quei sospiri.
Se si tarda, i miei raggiri
fanno fiasco in verità.
(guardando fuori del balcone)
Ah! cospetto! che ho veduto!
Alla porta... una lanterna...
due persone! Che si fa?

CONTE
Hai veduto due persone?

FIGARO
Sì, signore.

ROSINA, CONTE E FIGARO
Che si fa?
Zitti zitti, piano piano,
non facciamo confusione,
per la scala del balcone
presto andiamo via di qua.




Teresa Berganza (Rosina), Hermann Prey (Figaro), Luigi Alva (Conte)
dir: Claudio Abbado (1971)


Anna Bonitatibus (Rosina), Leo Nucci (Figaro), Raul Giménez (Conte)
dir: Maurizio Barbacini (2005)


Maria Callas, Tito Gobbi, Luigi Alva
(1957)

Giulietta Simionato, Ettore Bastianini,
Alvinio Misciano (1956)


"Zitti zitti, piano piano"
Danielle de Niese (Rosina), Björn Bürger (Figaro), Taylor Stayton (Conte)
dir: Enrique Mazzola (2016)

4 novembre 2019

Il barbiere di Siviglia (17) - Il temporale

Scritto da Christian

Prima del gran finale, c'è una parentesi strumentale. Si tratta di un temporale notturno, brano autonomo di grande suggestione che il compositore “ricicla” da una sua opera precedente, “La pietra del paragone” (sia pure con qualche modifica alla partitura), e che ha qui una precisa funzione drammaturgica, quella di rappresentare il momento in cui l'intreccio degli eventi ha raggiunto l'istante di massima tensione, in attesa di una risoluzione che riporti finalmente il sereno. In quanto tale, come intermezzo che punta a posticipare di qualche minuto il progredire della vicenda, il temporale è un vero e proprio topos ricorrente in molte opere liriche di Rossini: si pensi alla "Cenerentola", ma anche al "Guglielmo Tell" e molti altri.

Rossini separa [i precedenti] eventi dal finale scrivendo un intermezzo strumentale di una certa ampiezza ed elaborazione, che descrive con 'realismo musicale’ l’arrivo, il culmine e il placarsi di un violento temporale (anche Paisiello aveva piazzato un temporale fra gli atti terzo e quarto, così come accadeva nella pièce di Beaumarchais). Non è certo questo l’unico caso in cui appare un temporale nelle opere rossiniane: un anno dopo il compositore utilizzerà lo stesso espediente nella “Cenerentola”, mentre qualcosa di simile aveva già fatto quattro anni prima nella “Pietra del paragone” in una scena la cui musica viene in gran parte qui riciclata (non mancano ovviamente neppure i temporali ‘seri’, da quello di “Otello” fino al “Guillaume Tell”). Alle prime gocce di pioggia, descritte nella parte iniziale del brano da semiminime staccate sottovoce degli archi, segue la parte centrale, in do, dove il crescere e l’infuriare del temporale sono descritti con folate di semicrome, prima in piano poi in fortissimo, a cui si aggiunge in scena la presenza della macchina del tuono (in partitura appare ad un certo punto l’indicazione “Tuono”). Quando la forza del temporale scema, riappare la figurazione iniziale, che ora descrive le ultime gocce, e nel contempo il discorso musicale si riporta sul Do che chiude il brano.
(Stefano Piana)


dir: Maurizio Barbacini


dir: James Levine

dir: Alceo Galliera