31 dicembre 2020

Il flauto magico (39) - Riepilogo

Scritto da Christian

Ecco un comodo elenco di tutti i post pubblicati su "Il flauto magico":

- Introduzione
- Ouverture

Atto I
- Introduzione: "Zu Hilfe! Zu Hilfe!"
- Aria: "Der Vogelfänger bin ich ja"
- Aria: "Dies Bildnis ist bezaubernd schön"
- Recitativo e aria: "O zittre nicht, mein lieber Sohn!"
- Quintetto: "Hm! Hm! Hm! Hm!"
- Terzetto: "Du feines Täubchen, nur herein!"
- Duetto: "Bei Männern, welche Liebe fühlen"
- Finale primo: "Zum Ziele führt dich diese Bahn" – "Die Weisheitslehre dieser Knaben"
- "Schnelle Füße, rascher Mut" – "Das klinget so herrlich" – "Könnte jeder brave Mann"
- "Es lebe Sarastro, Sarastro soll leben!" – "Herr, ich bin zwar Verbrecherin!"

Atto II

- Marcia dei Sacerdoti
- Aria con coro: "O Isis und Osiris"
- Duetto: "Bewahret euch vor Weibertücken"
- Quintetto: "Wie? wie? wie? Ihr an diesem Schreckensort?"
- Aria: "Alles fühlt der Liebe Freuden"
- Aria: "Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen"
- Aria: "In diesen heil'gen Hallen"
- Terzetto: "Seid uns zum zweitenmal willkommen"
- Aria: "Ach, ich fühl’s, es ist verschwunden!"
- Coro: "O Isis und Osiris, welche Wonne!"
- Terzetto: "Soll ich dich, Teurer, nicht mehr seh'n?"
- Aria: "Ein Mädchen oder Weibchen"
- Finale secondo: "Bald prangt, den Morgen zu verkünden"
- "Der, welcher wandert diese Straße" – "Tamino halt! ich muß dich sehn!"
- "Tamino mein! O welch ein Glück!" – "Triumph, Triumph"
- "Papagena! Papagena!" – "Pa-Pa-Pa-Pa"
- "Nur stille! stille! stille! stille!" – "Die Strahlen der Sonne"

- I miti/1 - Il tema dell'eroe
- I miti/2 - Demetra e Kore
- I miti/3 - Amore e Psiche
- I miti/4 - Puer aeternus
- I miti/5 - Orfeo, Pan e Krishna
- I miti/6 - Iside e l'iniziazione ai misteri
- I miti/7 - Il Vecchio Saggio

- Seguiti ed epigoni
- Film, libri e fumetti


29 dicembre 2020

Il flauto magico (38) - Film, libri e fumetti

Scritto da Christian

Al cinema lo "Zauberflöte" è stato portato integralmente due volte, per mano di due grandi maestri della settima arte: nel 1975 da Ingmar Bergman e nel 2006 da Kenneth Branagh. Curiosamente, entrambe queste pellicole, pur conservando integralmente la musica di Mozart, hanno alterato la lingua del libretto originale, lasciando che gli interpreti cantassero rispettivamente in svedese e in inglese. La scelta può sembrare discutibile, ma l'intento era quello di andare incontro allo spettatore comune nelle sale, proprio come Mozart e Schikaneder avevano fatto a Vienna nel 1791 (cantando in tedesco, la lingua del popolo, anziché in italiano, lingua tipica dell'opera ma che era conosciuta soltanto a corte).



In inglese, per lo stesso motivo (è la lingua originale del resto del film, ovvero il "tedesco" nella finzione cinematografica), sono anche gli spezzoni dell'opera che si sentono nel celebre "Amadeus" di Miloš Forman, pellicola premio Oscar del 1984 e liberamente tratta dall'omonima opera teatrale di Peter Shaffer. E naturalmente brani del "Flauto magico" si possono ascoltare in tutti gli altri film biografici sul genio salisburghese: dal britannico "Whom the Gods Love" (1936) di Basil Dean, all'italiano "Melodie eterne" (1940) di Carmine Gallone, fino all'austriaco "Mozart" (1955) di Karl Hartl. Fra i film di ambientazione contemporanea, invece, segnalo "Magic Flute Diaries" (2008) di Kevin Sullivan, tutto incentrato sull'allestimento di uno "Zauberflöte" a Salisburgo.



Un capitolo a parte riguarda il cinema d'animazione, linguaggio che con miti, fiabe e fantasy si è sempre sposato volentieri. Cito, e propongo qui sotto, il "Papageno" (1935) di Lotte Reininger, pioniera tedesca dell'animazione con silhouette; il ben noto e suggestivo "Flauto magico" (1978) di Gianini e Luzzati; lo special televisivo americano "The magic flute" (1994) per la ABC, abbastanza mediocre; e infine lo "Zauberflöte" della serie OperaVox (1995), prodotto dalla BBC con i bei disegni del russo Igor Oleinikov.



"Papageno" (1935) di Lotte Reininger


"Il flauto magico" (1978) di Giulio Gianini ed Emanuele Luzzati (estratto)


"The magic flute" (1994), produzione Ruby-Spears per la ABC


"The magic flute" (1995), produzione BBC per la serie OperaVox



In letteratura, nel 1920 il politologo e filosofo inglese G. Lowes Dickinson scrisse "The Magic Flute: A Fantasia", reinterpretando la storia in chiave di parabola sulla civiltà dopo la prima guerra mondiale. Nel 1962, John Updike firmò un libro per bambini con illustrazioni di Warren Chappell. Nel 1982 è la volta di "Magic Flutes", romanzo per ragazzi di Eva Ibbotson ambientato a Vienna durante la prima rappresentazione del "Flauto magico". Nel 1985 esce il romanzo di fantascienza "Night's Daughter" di Marion Zimmer Bradley, che colloca la vicenda in un mondo atlantideo popolato da creature metà uomini e metà animali. Altre interpretazioni della storia appaiono nei romanzi "Temples of Delight" (1990) di Barbara Trapido e "Sunlight and Shadow" (2004) di Cameron Dokey.



Infine, concludiamo con i fumetti, menzionando alcune storie che si ispirano esplicitamente all'opera di Mozart, raccontandola, interpretandola o parodiandola a modo loro. Nel 1986, sul numero 1582 di "Topolino", appare la storia "Paperino e il flauto magico", scritta da Alessandro Bencivenni e disegnata da Massimo De Vita, con gli abitanti di Paperopoli nei panni dei personaggi di Schikaneder (Paperino è Tamino, Amelia è la Regina della Notte, zio Paperone è Sarastro, e così via). La storia è stata ristampata più volte nelle varie collane dedicate alle "grandi parodie" disneyane. Certo, sarebbe stato meglio un mix di paperi e topi (con Topolino Tamino e Paperino Papageno), che avrebbe funzionato di più come caratterizzazione, ma lo sceneggiatore non ci ha pensato, e non si può avere tutto.

Nel 1990, il disegnatore americano P. Craig Russell firma per la collana "Library of Operatic Adaptation" un adattamento del "Flauto magico", pubblicato inizialmente in tre albi e raccolto poi in un unico volume.

Nel 2008, infine, è il turno del giapponese Yoshitaka Amano, che illustra con il suo tratto suggestivo il volume "Mateki: the Magic Flute", inserendo nel canovaccio dell'opera elementi della cultura nipponica.

27 dicembre 2020

Il flauto magico (37) - Seguiti ed epigoni

Scritto da Christian

Il grande successo e la popolarità del "Flauto magico", con i suoi numerosi temi e significati, hanno sempre solleticato l'immaginazione degli artisti venuti in contatto con il capolavoro di Mozart.

Nel 1795, soltanto quattro anni dopo la prima rappresentazione dell'opera, il grande scrittore tedesco Johann Wolfgang von Goethe cominciò a scrivere il libretto per un seguito ideale, in cui ritornavano tutti i personaggi della storia originale. In una lettera, l'amico Friedrich Schiller lo mette in guardia: "Se lei non ha, per il seguito della "Zauberflöte", un compositore apprezzato e valente, rischia, io temo, di trovare un pubblico ingrato, perché nelle rappresentazioni nessun testo salva l'opera se la musica non è riuscita: piuttosto, si scarica sui poeti l'onere del fallimento". E Goethe, di fronte alla morte prematura di Mozart, sa bene che non sarà facile trovare un valido sostituto. Nel 1796 ritiene di averlo individuato in Paul Wranitzky, maestro di cappella a Vienna e già autore di un'opera, "Oberon", che aveva probabilmente ispirato in parte quella di Schikaneder. Ma il compositore, con gran disappunto di Goethe, si tirerà indietro, non ritenendosi all'altezza di un confronto diretto con Mozart e suggerendo allo scrittore di pensare ad un altro soggetto.

Deluso, per due anni Goethe lascerà da parte il suo "Flauto magico", salvo riprenderlo in mano nel 1798 su suggerimento di August Iffland, drammaturgo massone e direttore del Teatro di Berlino, dove intendeva rappresentarlo. La ricerca di un compositore tuttavia non andò a buon fine nemmeno questa volta (furono fatti i nomi, fra gli altri, di Johann Friedrich Reichardt e Carl Friedrich Zelter) e l'opera non vedrà mai il palcoscenico. Nel 1802 il testo sarà pubblicato in una prima forma frammentaria, per poi essere rieditato nel 1807 come testo teatrale a sé stante, con una trama più compiuta (almeno a livello simbolico: drammaturgicamente mancano invece alcune risoluzioni) e una "apoteosi" conclusiva (una tradizionale scena finale per l'epoca). Alcune annotazioni e appunti di Goethe rivelano comunque alcune delle sue intenzioni per lo sviluppo della storia nel caso l'avesse completata.

La trama ruota attorno al figlio di Pamina e Tamino che, appena nato, è stato rapito da Monostatos e dai suoi mori al servizio della Regina della Notte. Il bambino è stato rinchiuso in un sarcofago magicamente sigillato. Nel frattempo, Papageno e Papagena sono tristi perché non riescono in alcun modo ad avere bambini. Saranno però aiutati dalla magia di Sarastro, che ha abbandonato la comunità dei sacerdoti per andare in pellegrinaggio per il mondo. Riconoscente, Papageno si reca al palazzo reale per portare soccorso a Tamino con il flauto magico (che il principe gli aveva donato). Dopo un confronto con la Regina della Notte, il sarcofago si apre e il bambino ne esce sotto forma di "genio", per dispensare luce sull'umanità. Le idee, i temi e i simboli sembrano a tratti prefigurare alcuni passaggi del "Faust".

Se, come detto, il progetto di Goethe non sarà mai completato, diversa è invece la sorte di un altro seguito del "Flauto magico", questa volta "ufficiale" visto che è firmato dallo stesso librettista dell'originale, vale a dire Emanuel Schikaneder. Si tratta di "Das Labyrinth, oder Der Kampf mit den Elementen" ("Il labirinto, ovvero la lotta con gli elementi"), sottotitolato "Der Zauberflöte zweyter Theil" ("La seconda parte del Flauto magico"), singspiel in due atti con musica composta da Peter von Winter, andato in scena per la prima volta il 12 giugno 1798 al Theater auf der Wieden di Vienna, lo stesso dove era stata inaugurata l'opera di Mozart. Sia Schikaneder sia Josepha Hofer, la cognata di Mozart, ripresero i loro ruoli (rispettivamente Papageno e la Regina della Notte). Stando a Wikipedia, questa è la trama: "Dopo aver sconfitto il fuoco e l'acqua ci sono ancora due elementi da affrontare per Pamina e Tamino: l'aria e la terra. Tipheus, il re di Paphos, cerca di separare la coppia di fidanzati, mentre Monostatos – approfittando dell'assenza di Papageno, andato in cerca dei propri genitori e fratelli – insidia Papagena". Fra le prove che Tamino e Pamina devono superare c'è stavolta un labirinto sotterraneo (che dà il titolo all'opera), dove dovranno guardarsi dalle insidie della Regina della Notte.

Su YouTube si trovano diversi spezzoni di quest'opera, che di recente è tornata a essere rappresentata (per esempio al festival di Salisburgo nel 2012). Come si vede, Winter prova a emulare Mozart:


Ouverture
dir: Ivor Bolton (2012)


"Gelt Weibchen, jetzt wirst du mir's glauben"
Thomas Tatzl (Papageno), Regula Mühlemann (Papagena)


"Nun adieu, ich reis', ihr Schätzchen"
Thomas Tatzl (Papageno)


"Ha! Wohl mir! Höre es Natur!"
Sarah Traubel (Regina della Notte)

"Ach! ich muß alleine tragen"
Jana Büchner (Pamina)


A parte questi tentativi di dare un seguito all'opera, lo stesso "Zauberflöte" originale è stato di frequente rivisitato e riadattato, nelle chiavi più varie e con esiti differenti. Si va dal minimalistico "Un flauto magico" di Peter Brook, alla versione videogame del Pacific Opera Project, passando per la rilettura africana "Impempe Yomlingo" e quella romana de "Il flauto magico di piazza Vittorio". Tutto ciò senza contare, naturalmente, gli allestimenti più o meno originali o innovativi dell'opera mozartiana nei teatri di tutto il mondo (con i setting più vari: da un'aula scolastica alle cucine di un albergo!).

24 dicembre 2020

I miti nel flauto magico/7 - Il Vecchio Saggio

Scritto da Marisa

Il contraltare della Regina della Notte, l'altro polo di tutta la vicenda, è la figura di Sarastro. Pur essendo un personaggio importante e il motore di tutta la vicenda con il rapimento di Pamina, egli non è caratterizzato in chiave divina come la sua nemica; e pur circondato da grande rispetto e autorevolezza, appare sempre pienamente umano. Come mai? In fondo, alla fine è lui il vincitore, mentre la Regina della Notte, con tutto il suo splendore divino, viene sprofondata negli abissi. Forse è proprio il connotato divino di lei a rendere più accessibile la vittoria a Sarastro, perché più si partecipa del “divino” più si è contaminati dall'archetipo, lontani da una personificazione individuale che connota il percorso umano, e si finisce col rimanere nel generico, in un “complesso psicologico” che annulla l'individualità con le sue peculiari differenze e la possibilità di accedere a un destino non tracciato già dalle proiezioni parentali...

Per la Regina, Pamina è solo la figlia da non perdere (la Kore di Demetra), non importa quali siano i suoi desideri e le sue aspirazioni, purché rimanga entro il suo dominio. Così vediamo che prima la promette a Tamino e poi è persino disposta a cederla a Monostatos, incurante dell'amore che ormai prova per il giovane che all'inizio lei stessa aveva scelto, senza però prevedere la necessità di un percorso di conoscenza reciproca. Secondo l'imperativo materno basta soltanto l'immagine e quindi una prima attrazione basata sull'aspetto esteriore. La Regina è solo “la madre possessiva”, mentre Sarastro è un uomo interessato all'emancipazione della fanciulla e al suo destino individuale, uno che ha già fatto lui stesso un lungo percorso individuativo, un maestro insomma, un'autentica rappresentazione dell'archetipo del “Vecchio Saggio”.

Pur incarnando la figura paterna, egli non è il padre naturale di Pamina. Ha però ereditato dal vero padre il “settemplice scudo solare” e l'autorità di massimo sacerdote, e si pone quindi come tutore, responsabile dell'educazione della fanciulla e del suo sviluppo etico. Essendo un “padre putativo” è già fuori dal desiderio – tanto pericoloso nei padri naturali – di proiettare sui figli i propri bisogni e interessi, di pretendere di dirigerne la vita o, peggio ancora, di “divorarli” sbarrando loro il cammino con la sua ingombrante presenza e svalutandoli continuamente. Egli consiglia e promuove un cammino di conoscenza e il superamento di quelle prove che assicurano il rinforzo del coraggio e della virtù.

Sarastro incarna la parte positiva del padre e maestro, il Vecchio Saggio, il Logos, il principio maschile basato sulla ragione e la saggezza. Non è nemico del principio femminile in assoluto, ma solo di quella parte irrazionale e visceralmente possessiva che non lascerebbe mai che i figli corrano dei rischi e vadano per la propria strada. Infatti la sua devozione a Iside è assoluta, riconoscendone il materno positivo e misericordioso, ma si oppone al rapporto simbiotico madre-figlia. Eppure anche nel suo regno non può mancare la parte oscura e prevaricatrice, la violenza e l'abuso: questo lato viene incarnato da Monostatos, che già dal suo colore nero è chiaramente individuato come lato ombra, l'opposto della luce e di quel principio di saggezza e di amore fraterno su cui poggia tutta la concezione di Sarastro. Ritroviamo in Monostatos quell'istinto violento che scambia per amore la pulsione sessuale incontrollata e che vede nel femminile solo una preda per il proprio piacere. L'archetipo paterno viene così ricomposto nei suoi due lati. E se la parte più cruda, incarnata da Saturno che divora i suoi figli temendone la successione, è del tutto assente, rimane comunque l'aspetto del violentatore.



Monostatos viene prima cacciato dal regno e poi sprofondato insieme alla Regina della Notte negli inferi, e sembra che questo assicuri la vittoria definitiva della luce e del bene. L'opera di Mozart finisce così, ma come per tutti i lieti fini, anche quelli delle fiabe, sappiamo che si tratta solo della fine di un capitolo. Il “vissero felici e contenti” è solo un modo per chiudere temporaneamente la vicenda, ma se andassimo a vedere cosa succede dopo il matrimonio, avremmo sicuramente delle sorprese... Goethe, come abbiamo più volte ricordato, aveva immaginato un seguito in cui tutto viene rimesso in discussione, anche se a un altro livello, così come avviene di solito nella realtà, perché niente nella vita è definitivo e il “rimosso” tende a ritornare continuamente. Per quanto si lavori a consolidare il lato luminoso e la saggezza, nella natura umana persistono pur sempre le tendenze arcaiche e le pulsioni violente, e, quando il conflitto può sembrare finito con la vittoria della luce, il lato oscuro è solo momentaneamente ricacciato nell'inconscio ed è pronto a ritornare, spesso ancora più violento. Il lavoro per controllare e vincere le pulsioni distruttive non ha così mai fine...

22 dicembre 2020

I miti nel flauto magico/6 - Iside e l'iniziazione

Scritto da Marisa



Già dalla prima apparizione della Regina della Notte, la madre, ci accorgiamo di essere alla presenza di una dea. “La Regina siede su un trono, adornato di stelle trasparenti”, recita la didascalia della scena sesta, preceduta da “S'ode improvvisamente un violento, impressionante accordo di note”. Come non pensare a Maria incoronata di stelle, posta sulla falce di luna, e prima ancora a Iside, la grande dea egizia così come ce la presenta Apuleio nell'ultimo capitolo del suo capolavoro, colei a cui obbediscono le stelle? E proprio Iside rimane il punto di riferimento mitologico, il fine ideale verso cui converge tutta l'azione: “Trionfo, trionfo! Tu nobile coppia, tu hai vinto il pericolo! La consacrazione di Iside ora è tua!”.

Alla luce di questo finale possiamo rileggere tutta la problematica che ci presenta la figura del femminile. Nonostante l'innegabile fascino, la Regina della Notte si rivela nel corso dell'opera portatrice di un aspetto sempre più negativo, e la contrapposizione fra luce e tenebre, bene e male, si radicalizza in un conflitto fra padre e madre, maschile e femminile, in cui il polo positivo è appannaggio del padre e del maschile saggio e illuminato. Sembra di essere alla presenza di una visione misogina, ostile al femminile che, se vuole salvarsi, deve lasciarsi guidare da un uomo, “poiché senza di lui suole ogni donna deviare dalla via che le è propria”, come viene ricordato a Pamina, ancora molto legata alla madre, che invoca con dolcezza... Ma questo è solo un aspetto legato alla visione sociale e politica del tempo: siamo infatti ancora nel '700, in piena era illuministica, quando il primato del “Logos” è indiscutibile. In realtà, se sorvoliamo su questi innegabili, ma superficiali, aspetti misogini legati allo spirito del tempo ed esaminiamo i rapporti più profondi e sotterranei tra i due principi – le cui dinamiche risentono delle forze inconsce che sottendono da sempre i rapporti tra i sessi, come le strutture dei miti ci mostrano – troviamo nell'opera di Mozart piena conferma delle dinamiche archetipiche che sottendono la lotta per liberarsi dalla regressione rappresentata da un eccessivo legame con la madre, che assume l'aspetto del drago come Grande Madre divorante.

Sappiamo, soprattutto da Jung e dalla sua psicologia archetipica, che ogni archetipo ha due aspetti, positivo e negativo, benevolo e maligno, fecondo e distruttivo, due facce insomma della stessa medaglia, che possono alternarsi o cristallizzarsi a seconda delle circostanze e delle fasi della vita. In sintesi l'archetipo materno, in particolare, presenta i due aspetti sotto la forma positiva di origine della vita, grembo accogliente, amore incondizionato, per rivelare poi quello di matrigna crudele, portatrice di morte o comunque di ostacolo alla crescita e all'autonomia dei figli. I due aspetti possono essere iconicamente visibili nelle tante immagini di Maria col bambino, di Iside e Horus, e nelle figure della strega, della Baba-yaga, delle Erinni, di Medusa...

Nella Regina della Notte troviamo all'inizio la figura della madre tenera e protettrice, addolorata e in pena per la figlia rapita da un maschile prevaricatore e tiranno. Ma Pamina non è più una bambina, è già una fanciulla in età da marito, tanto che la madre stessa sceglie un giovane uomo per liberarla, promettendogliela in moglie! Quindi si prefigura un amore possessivo, un eccesso che vorrebbe tenere la figlia legata a sé oltre l'età consentita e che perciò ne preclude lo sviluppo. Un matrimonio in queste condizioni è del tutto inadeguato, e la fanciulla rischia di non crescere mai, di non conoscere la vita e di rimanere sempre e solo “la figlia di mammà”. Allontanarla dalla madre è l'unico modo per consentirle la crescita, anche se può sembrare traumatico e ingiusto. La madre che non riconosce la necessità di un distacco diventa sempre più furiosa e ostile, fino a maledire la figlia prima tanto amata e ora diventata nemica perché si oppone ai suoi piani di vendetta! Solo il sostegno paterno e l'innamoramento possono dare alla fanciulla la forza di sopportare la rabbia materna e i suoi ricatti, e avviarla, se pur con tanti pericoli, verso un'autentica crescita e al raggiungimento della forza d'animo per affrontare la vita da adulta. Ma la vera vittoria si prefigura nella conquista di una protezione materna superiore, diversa dalla prima madre possessiva che diventa con la sua pretesa di esclusività affettiva l'incarnazione della Grande Madre divorante, il drago da vincere con l'aiuto della parte eroica: la protezione di Iside, simbolo di un materno non egoisticamente attaccato alla figlia, un simbolo materno divino più vasto e universale, che assicura l'amore che può espandersi a tutte le creature...

Nelle “Metamorfosi” di Apuleio, il protagonista Lucio, trasformato in asino per la sua lussuria, riconquista la figura umana mangiando le rose di Iside in una sua processione e viene iniziato ai suoi misteri. Consacrandosi sacerdote di Iside, supera il mero istinto sessuale e diviene degno di partecipare alla conoscenza e alla trascendenza. Iside viene così salutata: “Tu sì sei santa, tu sei in ogni tempo salvatrice dell'umana specie, tu, nella tua generosità, porgi sempre aiuto ai mortali, tu offri ai miseri in travaglio il dolce affetto che può avere una madre... Te onorano gli dei del cielo e rispettano quelli dell'inferno, tu fai ruotare la terra, dai la luce al sole, governi l'universo, calchi col tuo piede il Tartaro. A te obbediscono le stelle, per te ritornano le stagioni, di te si rallegrano i numi, a te servono gli elementi...”. Seguono altre lodi e ringraziamenti, simili a quelli che Dante rivolge a Maria per bocca di San Bernardo nell'ultimo canto del Paradiso, a testimonianza dell'unicità dei sentimenti positivi verso il materno superiore divinizzato...

Concludendo l'opera con l'iniziazione a Iside, ogni sospetto di misoginia cade e il trionfo della coppia viene consacrato proprio al principio femminile nel suo aspetto più alto e più sacro. Quello che viene condannato è il materno regressivo, la parte mortifera che, pur di tenere la figlia con sé, la consegnerebbe anche a Monostatos, il nero violentatore. Ma questa condanna non prevede la morte: la Regina della Notte viene fatta sprofondare, il che vuol dire che l'aspetto negativo viene ricacciato nell'inconscio, per ora... E nell'inconscio continuerà a lavorare, come ben ha immaginato Goethe nel suo lavoro sul seguito del “Flauto magico”. Infatti, nella psiche umana niente muore. Si possono solo superare i problemi che ostacolano il passaggio da uno stadio all'altro, ma essi ritornano in altra forma quando, in ulteriori momenti di passaggio e di crisi, essi si riattivano e costringono ad ulteriori confronti. Nessuna vittoria è in realtà definitiva, e i vecchi complessi e conflitti sono sempre in agguato, a volte proprio quando meno ce lo aspettiamo...

Ma la novità assoluta del “Flauto magico”, quella che sfata ogni accusa di misoginia, è il fatto che anche Pamina è ammessa all'iniziazione, processo di crescita e di consapevolezza non più riservato solo al maschile. Il cammino verso la parità e la stessa dignità tra i sessi è quindi aperto, non solo come pari responsabilità, ma soprattutto come riconoscimento di un analogo percorso spirituale e di saggezza.

20 dicembre 2020

I miti nel flauto magico/5 - Orfeo, Pan e Krishna

Scritto da Marisa



Il tema centrale di tutta l'opera, e da cui essa prende il nome stesso, riguarda la musica e il suo potere. Non si può perciò non pensare ad Orfeo, il divino cantore che con la sua lira, donatagli dal padre Apollo, affascinava tutti gli esseri, umani e animali, le piante e persino le rocce e anche gli dei. La musica di Orfeo aveva il potere di instaurare il paradiso in terra, perché anche le belve si ammansivano e, per udire il suo canto, tutto si fermava in ascolto rapito...

La dama che consegna il flauto d'oro a Tamino ne decanta così le proprietà: “Il flauto magico ti proteggerà, ti sosterrà nelle maggiori sventure. Con questo puoi ritenerti onnipotente, puoi mutare le passioni umane, il triste diverrà lieto, l'amore conquisterà lo scapolo”. È il potere della musica! Che essa sia una consolazione non è mai messo in dubbio, ma che abbia un potere così esteso lo abbiamo forse dimenticato. Eppure, a ben riflettere, l'avventura umana deve l'uscita dallo stato ferino e l'inizio della civilizzazione e soprattutto l'addolcimento dei costumi proprio alla scoperta della musica, a quei primi tentativi ritmici di accompagnare una qualche attività (di caccia o di richiamo) con suoni, percussioni o voce ritmata... Il formarsi dell'attività simbolica, che è il vero contrassegno della civiltà, prima ancora che con la pittura o la parola evocativa di miti e leggende, inizia con la musica, di cui già si intravedevano le differenti ed enormi potenzialità: dai ritmi incalzanti per darsi coraggio e potenziare l'aggressività per fini bellici, ai canti magici per propiziarsi la caccia, a quelli solenni dei riti religiosi e i canti epici per tramandare le imprese, fino alle modulazioni più dolci per cantare l'amore e la nostalgia. Tutta la gamma delle emozioni e dei sentimenti si è dispiegata e potenziata con l'accompagnamento musicale.

Nella mitologia greca il primato tra gli dei spetta ad Apollo, il dio raffigurato sempre con la lira, signore delle arti e padre-protettore delle Muse; e tra gli umani, per suo esplicito dono, ad Orfeo, modello e precursore di ogni artista. Ma non è da dimenticare Pan, il potente dio-capro, signore della natura, che con il suo flauto di canne, la siringa (dal nome della ninfa di cui era innamorato e che fuggì trasformandosi in canna) percorreva i boschi suonando e seducendo le ninfe, mentre tutta la natura era in ascolto... E proprio in Apollo e Pan possiamo intravedere gli archetipi dei due tipi di musica che ritroviamo nell'opera di Mozart: uno più lirico ed elevato spiritualmente (il flauto d'oro consegnato al principe) e l'altro più agreste e vicino alla natura (i campanelli d'argento consegnati a Papageno, che peraltro suona proprio una siringa). C'è' sempre un padre all'origine dello strumento musicale sacro. Per Orfeo si tratta di Apollo; per Tamino, come ci viene rivelato nel secondo atto, il flauto è stato intagliato dal padre di Pamina, “in un'ora magica, dalla radice più profonda di una quercia millenaria, fra lampi e tuoni, tempesta e scrosci”. Ma invece che del sacro legno, il flauto che arriva nelle mani del giovane è d'oro, una trasmutazione alchemica che conserva comunque il simbolismo paterno e solare.

L'evento centrale del mito di Orfeo è la sua discesa agli inferi dopo la morte della sposa Euridice, per ottenere da Ade e Persefone, le divinità del regno dei morti, la possibilità di riportarla in vita. Il cantore affida tale inaudita richiesta proprio alla capacità che ha la sua musica di incantare e commuovere tutti. Sappiamo che Orfeo ottiene ciò che ha chiesto, ma la condizione posta di non voltarsi fino all'uscita non viene ottemperata, ed Euridice rimane per sempre nel regno dei morti. Come nel “Flauto magico”, la musica quindi accompagna e protegge un viaggio pericoloso nel regno oscuro. L'impresa di Orfeo non raggiunge il fine inizialmente desiderato, la resurrezione di Euridice (cosa comunque impossibile), ma porta al superamento del dolore, l'elaborazione del lutto con l'ultimo saluto all'amata, e la trasformazione di Orfeo stesso, in quanto dopo il suo ritorno nel mondo dei vivi egli vivrà appartato e si dedicherà ad instaurare i misteri orfici, misteri iniziatici importantissimi nell'antichità, a cui aderivano personaggi intellettuali di prim'ordine come Pitagora. Guidato dalla musica, si è compiuto quindi un vero e proprio percorso iniziatico che, come tale, include sempre una morte e rinascita, un viaggio agli inferi e l'uscita verso la luce.



Tamino ottiene di percorrere il suo viaggio agli inferi non solo con l'aiuto del flauto ma, dopo aver vinto la prova del silenzio, in compagnia della donna amata, e torna alla luce per realizzare quell'unione con la sposa che è il vero modello di una nuova possibilità di relazione, in cui il femminile e il maschile non sono solo legati da un legame biologico-sessuale ma da un'autentica concordia d'anima e unione spirituale, avendo già insieme superate le prove più dure: il terrore delle belve che rappresentano quegli aspetti ferini sempre pronti ad inghiottire e distruggere la coscienza, le pulsioni più pericolose della psiche inconscia (le tre belve di Dante!) e i pericoli legati alla sfera del fuoco e dell'acqua, i substrati psichici delle passioni che bruciano e i laghi paludosi e minaccianti della depressione.

Altra figura mitica per approfondire il potere della musica è la divinità induista Krishna, raffigurato spesso nell'atto di suonare il flauto, accompagnato da Radha, la sua innamorata. Su Wikipedia leggiamo:

"Krishna, ottavo avatara di Visnù, o aspetto originario del dio stesso, è qui raffigurato come Krishna Veṇugopāla, ovvero Krishna suonatore di flauto (veṇu) e pastore delle mucche (gopāla). Ha una corona regale (kirīṭa mukuṭa) con penne di pavone (mayūrapattra) che simboleggiano l'immortalità, richiamata anche dal pavone in basso a destra della figura. Il pavone simboleggia l'immortalità in quanto il suo progenitore nacque da una piuma di Garuḍa. La ghirlanda di Krishna è una ghirlanda di fiori (tulasī) ed è composta da cinque filari di fiori che rappresentano i cinque sensi dell'uomo. La sua postura è la ardhasamasthānaka pādasvastika, la postura a gambe incrociate con il piede destro che tocca con le punte delle dita il terreno mostrando leggerezza e calma e appoggiandosi alla mucca posta dietro di lui. Alla sinistra di Krishna, la sua eterna paredra, l'innamorata Rādhā, che simboleggia l'anima individuale eternamente legata al Dio. Dietro Krishna, l'immagine di una mucca, Surabhī, che vive nel paradiso di Krishna, Goloka. La mucca è dispensatrice di beni e per questo è sacra e non può essere uccisa. Sono le mucche che dopo la morte degli uomini consentono loro di attraversare un fiume sotterraneo (il Vaitaraṇī) pieno di coccodrilli per giungere all'altra riva dove disporranno di un nuovo corpo per la successiva reincarnazione. Krishna è vestito di giallo (pitāṁbara) colore della divinità solare che illumina il cosmo; la sua pelle è invece blu, o nera, sia per indicarne la pervasività nello spazio, sia per segnalarlo come manifestazione dell'Essere supremo nell'attuale era del kali (kaliyuga), essendo le altre tre precedenti ere contrassegnate da manifestazioni della divinità rispettivamente bianca, rossa e gialla (questi colori delle manifestazioni delle divinità delle differenti ere corrispondono ai quattro colori dei varṇa)."

La figura di Krishna è molto complessa e interessante e, per alcuni versi, ricorda quella di Cristo (la nascita miracolosa incarnata nell'umanità, l'infanzia perseguitata, l'amore come mezzo di redenzione...), ma si amplia immensamente diventando, nella Bhagavad Gita, il Dio assoluto, padrone di tutti i mondi e di tutte le ere, il Supremo Assoluto che continuamente si manifesta e si nasconde... Ma a noi qui interessa per il suo rapporto con la musica come suonatore di flauto, lo strumento che utilizza per incantare le Gopi che simboleggiano le anime degli uomini distratti nelle occupazioni mondane e che lui vuole sedurre per riportarle all'unico amore degno di riscattare e liberare dall'egoismo e dalle sofferenze terrene: quello divino. Krishna è soprattutto il Dio della gioia e della concezione della vita come gioco, colui che insegna ad attraversare la vita adempiendo in pieno il proprio compito senza però appropriarsene dei vantaggi e liberandosi da ogni attaccamento.

18 dicembre 2020

I miti nel flauto magico/4 - Puer aeternus

Scritto da Marisa

Non si può sorvolare sulla presenza dei Tre Fanciulli senza chiedersi quale sia il loro significato nell'economia di tutta l'opera, perché, come ha sottolineato Christian, la loro comparsa costella dei momenti altamente significativi e il loro ruolo è fondamentale nell'indirizzare, guidare e sorreggere i nostri eroi nel loro cammino. Pur essendo inviati dalla Madre, la Regina della Notte (ma presto vediamo come essi siano svincolati da tale regno e ricompaiano in quello di Sarastro per incoraggiare e continuare a guidare nel percorso iniziatico), essi ci appaiono subito come esseri luminosi, puri, eterei. E la loro estrema fanciullezza non può non richiamare l'immagine di quegli angioletti che nell'iconografia cristiana proteggono e accompagnano soprattutto i giovani. Gli angeli custodi, insomma. Ma qual è il fondamento archetipico di tali figure? Ebbene, bisogna ricorrere alla psicologia archetipica di Jung per riconoscere in essi raffigurazioni dell'archetipo del Puer Aeternus.

“Il concetto di Puer Aeternus si riferisce a quella dominante archetipica che personifica o è in relazione speciale con le forze spirituali trascendenti dell'inconscio collettivo”, dice Hillman. Esso si attiva quando c'è bisogno di un rinnovamento, di una svolta, di un nuovo inizio (l'iniziazione, appunto), quando il richiamo alla trascendenza e all'ideale si fanno sentire e si accende il desiderio di elevazione. La dimensione del Puer è infatti la verticalità, il volo, la purezza... E in questi elementi stanno anche i suoi pericoli: la caduta, l'impulsività, l'inesperienza, la mancanza di concretezza e di costanza (Icaro insegna...). Per questo il Puer deve essere sempre in contatto con il suo contraltare, il Senex, il Vecchio Saggio, che rappresenta e incarna i valori opposti: l'esperienza, la ponderazione, la lentezza. Muovendosi nel regno di Sarastro, che rappresenta proprio il Senex, i Tre Fanciulli (una trinità che in realtà rimanda all'unità, come tutte le triadi) possono conservare la forza propulsiva del Puer senza partecipare ai suoi pericoli.

16 dicembre 2020

I miti nel flauto magico/3 - Amore e Psiche

Scritto da Marisa

Un altro tema mitologico che sottende “Il flauto magico” è quello di Amore e Psiche, per lo meno per quanto riguarda Pamina. Lei è una bellissima fanciulla che corre un grande pericolo, rapita, tenuta prigioniera e sul punto di essere violentata. Le viene annunciata una possibile salvezza e, al solo sentire di un giovane principe incaricato di salvarla e innamorato di lei, arde già d'amore ed è pronta a seguirlo dovunque. Dunque si innamora senza averlo mai visto.

Questa situazione ci ricorda il mito di Psiche, che si unisce a Eros senza conoscerlo e anzi con la proibizione persino di vederne il volto e saperne il nome (è il motivo dello sposo sconosciuto che permea anche il "Lohengrin" di Wagner). Ma questo primo trasporto d'amore, del tutto proiettivo e motivato dal bisogno di essere salvata, è destinato a subire un grave trauma. Psiche infatti infrange la promessa di non cercare di conoscere il proprio amante: e non appena scopre, munita di una fiaccola, che lo sposo nascosto è nientemeno che Eros stesso, viene punita con l'abbandono immediato. Per il dolore tenta più volte il suicidio, e dovrà affrontare delle difficili prove che alla fine la condurranno a ricongiungersi con l'amato. L'ultima prova la porta addirittura nel mondo infero; ne esce che sta morendo per una nuova trasgressione, e viene salvata finalmente da Eros stesso, che ottiene da Zeus di renderla degna di accedere all'Olimpo. Un percorso iniziatico, quindi, che la rende simile agli dei.

Anche Pamina deve sperimentare quello che a lei si presenta come un abbandono totale. Il silenzio di Tamino, che ha accettato di affrontare le prove imposte dai sacerdoti, viene interpretato come disamore e indifferenza nei suoi confronti: e anche Pamina pensa al suicidio. Dopo la prima beatitudine d'amore vissuta in completa ignoranza dell'altro, arrivano la disperazione e la paura dell'abbandono. Soltanto dopo aver superato tale pericolo anche Pamina potrà accedere alle prove iniziatiche, e lo farà insieme all'amato, cosa ancora impensabile per la povera Psiche che deve affrontare tutte le prove da sola – ma in realtà avrà aiuti insperati da varie forze della natura – e soltanto alla fine rivedrà lo sposo.

Psiche deve superare delle prove difficilissime impostale da Venere, la madre di Eros (quindi la suocera...), ostile alla scelta del figlio e nemica della fanciulla che incarna una nuova concezione dell'amore, un rapporto più “psicologico” per l'appunto rispetto ad un'unione solamente biologica affidata all'attrazione sessuale. Anche Pamina è in fondo messa nella situazione più difficile proprio dalla madre che, prima amorevole, diventa poi sempre più ostile fino a progettare di rapirla lei stessa con l'aiuto proprio di quel Monostatos che stava già per violentarla e promettendogliela in sposa, continuando a credere di poter disporre della figlia a suo piacimento, senza tener assolutamente conto dei desideri e del percorso diverso che Pamina ha deciso di intraprendere.

Il tema simile alla favola di Amore e Psiche ci parla dunque di un percorso pericoloso ma importantissimo per arrivare a una relazione erotica in cui non agisce solo l'attrazione iniziale (il colpo di fulmine) ma il bisogno di conoscersi veramente, superando grandi difficoltà e uscendo dall'illusione del primo amore romantico e inconscio, dove si dà tutto per scontato. Conoscersi, superare insieme grandi percoli e rinforzare l'amore con un reale reciproco aiuto non è cosa da tutti. Spesso si preferisce rimanere nell'illusione della “luna di miele” e, quando la vita costringe ad uscirne, le cose vanno molto male e la delusione spesso prevale, distruggendo le possibilità di una relazione consapevole e più solida.

13 dicembre 2020

I miti nel flauto magico/2 - Demetra e Kore

Scritto da Marisa

Ed eccoci al fatto che sottende tutta l'opera, il motore che attiva l'azione, come ci viene presentato nella versione delle Tre Dame, che per prime ne informano il principe Tamino. Pamina, figlia amatissima della regina della Notte, Astrifiammante, è stata fatta rapire da un uomo potente, il malvagio Sarastro, che la tiene prigioniera contro la sua volontà nei sotterranei del castello. La madre, non potendo raggiungere personalmente il regno di Sarastro, addolorata e furente per la perdita della figlia amata, vuole incaricare del suo salvataggio Tamino, il giovane principe bello e virtuoso. A tale scopo, smarritosi nel suo regno, gli manda contro il dragone-serpente e, dopo averlo fatto salvare dalle Tre Dame, sue ancelle, gli fa consegnare una immagine della figlia, di cui Tamino si innamora immediatamente. Subito dopo lei stessa, in una celeberrima apparizione, gli ordina di liberare la figlia promettendogliela in moglie. L'intreccio ripropone dunque (per lo meno nella prima parte, perché vedremo che l'evoluzione segue poi uno schema diverso) il tema fondamentale del celebre mito del ratto di Kore, che tanta parte ha nella mitologia e in tutta la cultura del mondo greco, essendo il mito fondante dei Misteri Eleusini, centro iniziatico e spirituale di tutta l'antichità.

Brevemente riassumiamo il mito: Kore, la “fanciulla”, figlia amatissima di Demetra, la grande dea della fecondità della terra e delle messi, è rapita dal potente dio degli inferi Ade, fratello di Zeus e della stessa Demetra, per farla sua sposa. Il rapimento avviene mentre Kore sta cogliendo fiori, e sprofonda la madre in un dolore terribile e un desiderio di vendetta che attua facendo inaridire e rendendo sterile la terra con tutti i suoi frutti e gli animali. Finalmente Demetra, nel suo vagabondaggio in cerca della figlia, accompagnata da Ecate, la terribile e triplice dea della notte, riesce a sapere del ratto da Elio, il sole che tutto vede, e chiede a Zeus di costringere Ade a restituirle la figlia. Per placare la furia della dea e riportare sulla terra la fertilità Zeus acconsente, ma il ritorno è parziale perché, avendo la fanciulla mangiato tre chicchi di melograno offerti da Ade, sarà costretta a passare comunque una parte dell'anno nel mondo infero con lo sposo: e da allora il suo nome sarà Persefone, la potente dea degli inferi. Il ritorno sulla terra della figlia sarà celebrato con l'istituzione dei celebri misteri di Eleusi, in cui le due dee, madre e figlia, saranno per sempre riunite nelle iniziazioni più segrete e sacre dell'antichità, quelle che hanno come tema centrale i segreti della vita, della morte e della beatitudine eterna...

Come si vede, il tema della figlia legata alla madre e rapita da un potere maschile è centrale, e prosegue con la madre addolorata e vendicativa che si mette in moto. Sono altresì evidenti la passività e l'innocenza iniziale delle due fanciulle, la loro totale dedizione e dipendenza dalla madre, la dea potente, e la segregazione forzata in un mondo tenebroso da parte di maschile strapotente. Si delinea quindi un conflitto terribile tra i due princìpi fondamentali, il materno-femminile e il maschile-patriarcale che reclama la fanciulla per sé. Ad una prima lettura naturalistica che vede nel mito una semplice rappresentazione dei cicli della natura, l'inaridimento invernale e il ritorno della fecondità segnata dal ricongiungimento della figlia con la madre, ovvero l'eterno ciclo di morte e rinascita della vegetazione, si è sovrapposto un significato simbolico psichico e spirituale, che ha fatto dell'iniziazione ad Eleusi l'esperienza misterica di morte e rinascita universale, con la speranza di una vita oltre la morte e la beatitudine eterna.

Analogie e differenze fondamentali rendono “Il flauto magico” archetipicamente fedele, ma anche portatore di uno sviluppo inaudito e moderno. Demetra è una grande dea-madre anche con caratteristiche diurne, perché presiede la crescita e la fecondità che hanno bisogno del calore solare, ed è infatti amica del sole, Elio, che le rivela il ratto, mentre la regina Astrifiammante ha tutte le caratteristiche che la renderanno celebre come “Regina della Notte”, e la parte solare è rappresentata soltanto dall'uomo rapitore, Sarastro. Ma tale differenza è ingannevole, perché gli aspetti positivi e negativi, luminosi e oscuri, si invertono continuamente e si sovrappongono. Demetra, nella sua ricerca, è infatti accompagnata da una potente dea notturna, Ecate, che con le sue torce le indica il cammino. Ecate, antica dea di origine tracia (“Colei che detiene le chiavi del cosmo”, secondo Epiteto), è sempre rappresentata nel suo triplice aspetto (celeste, terrestre e marino) e spesso con tre teste e con una fiaccola in mano. Regnava sulla notte, i fantasmi, i demoni e i morti. Era anche la dea della negromanzia e del parto e, conservando pur sempre l'aspetto della Luna nella sua fase calante, è stata poi sostituita da Artemide nel suo aspetto di Luna crescente e da Selene come Luna piena. Il numero tre legato ad Ecate ritorna nelle tre ancelle della regina e nei tre fanciulli. Dunque la simbologia notturna e lunare del femminile viene riconfermata, così come la fecondità ritorna nel mondo della Regina del “Flauto magico” attraverso la figura di Papageno e il suo legame con la natura.

Nel mito, Kore viene rapita per diventare la sposa del dio rapitore, mentre lo scopo di Sarastro è solo quello di allontanarla dalla madre e da un rapporto troppo esclusivo e dipendente. In realtà, però, nel regno luminoso e virtuoso di Sarastro vediamo che Pamina è insidiata e molestata dalle attenzioni erotiche di Monostatos. Quindi la sessualità non solo non è esclusa, ma compare in modo ambiguo e minaccioso, come “ombra”, il servo nero. Di fronte a tale assalto la passività di Pamina comincia a diminuire e la fanciulla oppone una netta resistenza, mentre Kore rimane nell'assoluto dominio di Ade e solo l'azione della madre riuscirà a liberarla parzialmente. Nell'opera di Mozart si delinea quindi un possibile sviluppo diverso, in cui la fanciulla potrà giocare una parte attiva e non essere una semplice pedina di scambio.

Il mito è tutto volto alla riunificazione del femminile nel suo aspetto di madre e figlia, e culmina nella celebrazione dell'unità fondamentale delle due dee, in quanto riconoscimento della pienezza del femminile nel mistero della nascita: la madre che contiene la figlia, e la figlia che diventando madre essa stessa (il culmine dei misteri eleusini era rappresentato dalla nascita di Jacco da Persefone, con le tre spighe di grano mostrate ai fedeli) si identifica con lei. Nel “Flauto magico” alla situazione iniziale simile fa invece seguito uno svolgimento molto diverso. Pamina non solo non viene riconsegnata alla madre, ma essa stessa – dopo una dura lotta interiore, lacerata dall'amore verso la madre e da un inizio di consapevolezza della giustezza del mondo di Sarastro che la madre le ordina di uccidere – sceglie di seguire comunque il proprio amore per il giovane principe. Dopo aver superato persino un tentativo di suicidio per la disperazione di non sentirsi amata, viene a sua volta resa degna di accedere all'iniziazione insieme a lui, per concludere a pari merito il cammino. A giusto riconoscimento della regina Astrifiammante c'è da dire che è lei stessa a individuare il giovane che può diventare il partner della figlia: non è quindi del tutto ostile a un possibile matrimonio, purché si faccia come vuole lei... Diventa decisamente ostile e rappresentante a pieno titolo della parte negativa del materno solo quando la situazione le sfugge dalle mani.

La fanciulla strappata alla madre con la quale viveva simbioticamente, per crescere deve comunque sperimentare il dolore della frattura dal mondo protettivo e la possibile violenza di un maschile che si presenta con richieste sessuali a cui non è preparata. Ma se esiste un universo paterno superiore e diversamente protettivo dall'esclusivo e totalizzante amore materno, riesce a trovare quella via di sviluppo che la rende una degna compagna dell'uomo amato e non semplicemente una replica del modello femminile di sola figlia o madre... Il mito, modello archetipico dell'antichità e, purtroppo, ancora di tante donne schiacciate dal passaggio dalla madre a un matrimonio di stampo patriarcale, viene qui riproposto con un possibile sviluppo della donna in piena sintonia con la sempre crescente esigenza di una parità non fittizia e un superamento del conflitto uomo-donna, sempre ancora in agguato.



Il fascino che ancora tante donne, fanciulle o non più, subiscono da parte di un uomo potente e molto più anziano, parla purtroppo e pur sempre della possibilità di un novello Ade che, con il suo potere, riesce ad impossessarsi di Kore, soprattutto se la fanciulla è rimasta per troppo tempo legata a una madre, anch'essa potente, che la mantiene in uno stato di “beata ignoranza”... o se comunque conosce solo rapporti di forza tra femminile e maschile. Il nuovo modello che permette alla coppia di affrontare insieme un percorso di maturazione, dopo una crisi in cui ognuno dei due ha potuto sperimentare l'impossibilità di aderire completamente ai propri desideri e a quelli dell'amata o dell'amato, resta ancora da introiettare e maturare. E sicuramente una lettura più profonda del “Flauto magico” potrebbe aiutare, perché simile capolavori non sono solo un godimento estetico ma motori di sviluppo psicologico in quanto portatori di intuizioni che i grandi artisti hanno sempre saputo cogliere, anticipando i grandi movimenti della coscienza.

10 dicembre 2020

I miti nel flauto magico/1 - Il tema dell'eroe

Scritto da Marisa

La grande complessità del “Flauto magico” permette vari livelli di lettura e offre molteplici suggestioni, già quasi tutte esplorate e analizzate. In questa serie di post cercherò di mettere in risalto i filoni mitologici e archetipici che affiorano, tralasciando quelli inerenti ai significati simbolici legati al mondo della massoneria e ai suoi riti di iniziazione, pur presenti ma di cui non ho nessuna esperienza.
A mio parere sette sono i principali motivi mitologici che si intrecciano e si rincorrono lungo tutta l'opera, contribuendo alla ricchezza incommensurabile di questo capolavoro perché, in maniera sotterranea e proprio per questo tanto più potente, fanno risuonare le corde più intime dell'anima come solo loro possono fare. La musica è per sua natura il mezzo più potente per veicolare i contenuti mitologici e archetipici, e quella di Mozart è particolarmente efficace e felicemente adatta. I sette filoni sono questi:

1) Il tema dell'eroe
2) Il mito di Demetra e Kore
3) Amore e Psiche
4) Puer aeternus
5) Orfeo, Pan e Krishna
6) Iside e l'iniziazione ai misteri
7) il Vecchio Saggio

Il tema dell'eroe è il primo che compare nell'opera, perché essa si apre con il giovane principe Tamino alle prese con un drago. La lotta col drago, sotto qualsiasi forma si presenti (serpente, toro, leone...), costituisce il punto centrale di tutti i miti che caratterizzano l'eroe e lo definiscono come tale: da Teseo che deve uccidere il Minotauro, a Sigfrido che uccide il drago a guardia del tesoro, passando per Eracle con le sue dodici imprese, e Perseo che libera Andromeda. Persino nell'iconografia cristiana troviamo un santo eroe, San Giorgio, alle prese con un drago per liberare una fanciulla. Il tema non manca nemmeno nei poemi cavallereschi con in testa “L'Orlando furioso”, poema eroico per eccellenza, dove assistiamo alla liberazione di Angelica da parte di Ruggiero, che piomba sul drago a cavallo dell'Ippogrifo.

In tutti questi miti e leggende naturalmente l'eroe sconfigge il drago, e quasi sempre la vittoria porta alla liberazione di una fanciulla, spesso destinata ad appartenergli. Il coraggio del giovane è indiscutibile e proprio il suo coraggio e la vittoria sul mostro lo qualificano come eroe. Nel “Flauto magico”, però, le cose si svolgono diversamente perché assistiamo, al primo apparire del drago, alla fuga del principe, in preda ad una paura che lo porta persino a svenire, e al suo salvataggio a opera di tre donne... Che smacco per un aspirante eroe! Ma poi Tamino è un aspirante eroe o semplicemente un giovane ricco e inesperto, un figlio di papà in cerca di avventure e forse di guai? La risposta l'avremo da tutto lo svolgimento successivo, e impareremo a conoscere una figura completamente nuova di eroe, un eroe che non uccide il drago ma che impara a vincere la paura e fa crescere il proprio coraggio attraverso prove diverse, motivato dall'amore e dal desiderio di acquisire saggezza: e lo strumento non sarà la spada, ma un flauto, cioè la musica...

Quest'opera spariglia completamente le carte. A prima vista sembra solo una fiaba, per giunta del tutto assurda e paradossale, e forse solo l'estrema bellezza della musica (il genio incomparabile di Mozart!) l'ha salvata dal dimenticatoio. Ritorniamo alla situazione iniziale: un giovane che, dice la didascalia, "scende da una roccia in splendido abito da caccia giavanese, con un arco ma senza freccia; un serpente lo insegue". Quindi si tratta di un cacciatore, un principe esotico, che si è allontanato dai suoi territori e si ritrova in un altro regno, in quelle terre che scopriremo appartenere a una Regina. Il suo arco è – cosa inedita persino per un cacciatore – senza frecce. E non appena il serpente-drago si avvicina, dopo aver invocato aiuto, cade svenuto! È quindi praticamente inerme ed ha estremo bisogno di aiuto. Per fortuna l'aiuto arriva immediatamente, ma per opera di donne, le Tre Dame mandate proprio dalla Regina per salvarlo.

Il tema dell'eroe è completamente sovvertito! Il principe non solo non ha frecce al proprio arco e ha paura, ma viene salvato da... donne... che hanno, loro sì, un arco con frecce; anzi un arco d'argento. L'argento è il metallo simbolicamente legato al femminile e alla Luna, mentre l'oro è associato al Sole e al potere regale maschile. Dunque è perfettamente in linea che le frecce delle Tre Dame siano d'argento: ma che le donne abbiano frecce e l'uomo no, è una realtà che si trova soltanto presso le Amazzoni e nelle mitologie più arcaiche, dove il potere femminile e della Grande Dea Madre è del tutto preponderante. E qui, nella prima scena, ci troviamo proprio nel regno dove il femminile è preponderante e potente. Tutto è preordinato dalla grande Regina che domina in questo strano paese ed è lei che ha attirato il giovane nei suoi domini, ha mandato il drago e inviato le tre dame a soccorrerlo (vedremo in seguito il significato di questa triade femminile, così come della triade maschile composta dai tre fanciulli: sempre tre, numero magico, la trinità...). Siamo dunque ritornati nel periodo mitico del matriarcato, la favolosa età mai dimostrata storicamente, ma presente nella stratificazione più profonda della psiche e delle religioni arcaiche?

Questo comunque è solo l'inizio, e il giovane è naturalmente ancora legato al mondo materno; si è appena allontanato dalla propria casa e dal proprio ambiente in cerca di avventure, e sta tentando il primo passo verso l'autonomia... ma è ben lungi dalla determinazione maschile dell'eroe pronto a combattere e ad uccidere. Il tema dell'eroe è sempre stato visto come la vittoria del bene sul male, del patriarcato sul matriarcato, della cultura sulla natura... L'Io eroico ha connotazioni maschili di coraggio e determinazione e si serve della forza e di un'arma fallica (spesso proprio la lancia o le frecce) per uccidere il mostro che raffigura un aspetto arcaico della natura da civilizzare e da dominare. Apollo ne è il modello per eccellenza, l'archetipo della natura eroica, perché la caratteristica principale che lo consacra signore di Delphi e dell'oracolo deriva proprio dall'uccisione del grande Pitone (da cui il nome di Apollo Pizio), evento che instaura il predominio maschile e solare (Apollo è anche Elio, il condottiero del carro solare) sul vecchio potere matriarcale e i suoi oracoli, rappresentati appunto dal dragone-serpente che occupava il suolo di Delphi.



Dal punto di vista psicoanalitico la vicenda dell'eroe è vista come la lotta dell'Io e della coscienza sul caos dell'inconscio, sul regno dell'istintualità bestiale e del complesso materno negativo, forze che tenderebbero sempre a far regredire e ad ostacolare la luce della razionalità. Valgano per tutti il grande lavoro di Erich Neumann (“Storia delle origini della coscienza”, “La psicologia del femminile”, “La grande Madre”) e il sapiente testo di Joseph Campbell “L'eroe dai mille volti”. Ma ora che tale distacco è stato fatto e la coscienza maschile-patriarcale si è affermata da più millenni, siamo sicuri che il primordiale strato femminile-matriarcale non vada recuperato, e con esso tutta la ricchezza di una sapienza fondata sulla Natura e gli strati più originali e profondi della psiche? Le gravi conseguenze di un'eccessiva valorizzazione del patriarcato e della coscienza centrata sulla razionalità (che spesso diventa semplice razionalizzazione), l'eccessiva differenziazione e l'utilizzo egoistico di ogni bene, con la conseguente svalorizzazione del femminile e della natura, stanno ormai sotto gli occhi di tutti. Sempre più si sente il bisogno di sanare tali fratture e di sviluppare un nuovo modello, recuperando e integrando quello che è stato rimosso. E forse il modello dell'eroe che uccide il drago andrebbe sostituito con una nuova figura di eroe che protegge, ripara e integra... Il “Flauto magico” sembra proprio anticipare tale modello.

Il giovane principe senza frecce al suo arco, soccorso e amato dalle Tre Dame, può diventare il nuovo eroe che salva la fanciulla in altro modo, e ne seguiremo le tracce. Intanto non si presenta come nemico e oppositore del materno. Viene anzi prescelto proprio dalla Madre, addolorata per la perdita della figlia, come possibile salvatore, e, per compiere tale impresa, munito di un flauto, dono prezioso, molto diverso dalle usuali armi maschili. Gli viene anche consegnata un'immagine della figlia con l'evidente intento di indurlo a innamorarsene per motivarlo più pressantemente all'azione. Da ultimo, gli si dà come compagno uno strano personaggio suddito del suo regno, Papageno, l'uomo-uccello, tutt'altro che coraggioso ed eroico ma molto vicino alla natura e ai suoi istinti, uno che partecipa della natura aerea degli uccelli, da sempre però rappresentanti dello Spirito... Papageno non è una semplice macchietta che ha il compito di alleggerire la serietà dell'opera rinforzandone la parte umoristica, ma realmente un altro aspetto del nuovo eroe, la parte più umana e meno retorica, che non nega mai di avere paura e che si sottopone alle prove solo se proprio non ne può fare a meno. Anche lui mira alla conquista di una compagna, l'anima gemella che sogna da tanto tempo, sentendo che senza di essa la propria esistenza è come dimezzata, priva di un vero valore o di fecondità; già, perché Papageno intuisce che il femminile è la controparte essenziale, la portatrice di “anima” a cui il principe anela senza saperlo, ma che viene riconosciuta e proiettata sulla donna non appena ne vede l'immagine...



L'eroe del “Flauto magico”, Tamino, non parte per uccidere un mostro, che è già stato fatto fuori da tre donne. E l'unione con la sposa, di cui si è già innamorato solo vedendone l'immagine, avverrà in seguito a delle prove iniziatiche che hanno come fondamento l'autocontrollo e la capacità di mantenere il silenzio anche di fronte al dolore di lei (che credendosi rifiutata arriverà persino sull'orlo del suicidio) e proseguono con quella che è una vera e propria discesa agli inferi per vincere le potenze del fuoco e dell'acqua. Queste imprese finali verranno affrontate insieme alla donna amata e con l'aiuto della musica del flauto che dà il nome all'intera opera. Il tutto distaccandosi dal dominio pulsionale e possessivo della Madre negativa, e scegliendo come modello ideale le virtù dell'autocontrollo e della conoscenza legate alla saggezza del mondo sacerdotale che Sarastro incarna.

In questo viene riconfermato il cammino dell'eroe che pretende che esso segni la vittoria sul materno primordiale e l'affermazione della coscienza centrata sul “Logos”, ma non si uccide più nessun drago. Il femminile diventato troppo ostile viene relegato e sprofondato nei regni sotterranei insieme alla parte oscura del mondo luminoso di Sarastro, quel Monostatos che insidiava Pamina e che pur di averla passa al servizio della Regina. Per il momento gli aspetti negativi vengono quindi “rimossi” e ricacciati nell'inconscio, passibili perciò di nuove escursioni e ritorni (è quello che Goethe immagina scrivendo un possibile seguito dell'opera). Ma vedremo che non tutto il femminile è maledetto, perché l'iniziazione avviene con la consacrazione a Iside, una dea molto potente ma con caratteristiche diverse da quelle della Regina della Notte, incarnando la faccia misericordiosa e positiva dell'archetipo della Grande Madre.

Ricordo per inciso che un'altra opera lirica inizia con l'uccisione di un mostro, un terribile toro (anche se l'evento è solo raccontato come antefatto), da parte del protagonista eroe, per salvare la fanciulla di cui si innamora e ne è subito riamato. Si tratta di Edgardo della “Lucia di Lammermoor”, e sappiamo che la cosa non finisce bene...



Sistemati Tamino e Pamina (che torneranno in scena soltanto per unirsi al coro finale dei sacerdoti), e ora anche Papageno e Papagena, chi rimane? Rimangono i "cattivi", ovvero la Regina della Notte e le sue Tre Dame, alle quali – un po' a sorpresa (ma non troppo: in fondo era inevitabile) – si è unito Monostatos, che in seguito alle continue punizioni ricevute da Sarastro ha deciso di tradire il suo padrone e di aiutare Astrifiammante a penetrare nel tempio. In cambio, la Regina gli ha promesso la mano di Pamina (dopo che all'inizio dell'opera l'aveva promessa a Tamino!).

Il quintetto "Nur stille! stille!" è l'unico dedicato esclusivamente ai cinque antagonisti dell'opera: in precedenza la Regina, oltre alle sue due meravigliose arie, aveva scambiato delle frasi soltanto con Tamino e Pamina, nemmeno mai con le Tre Dame, che qui (insieme a Monostatos) le si inginocchiano attorno, intonando una specie di preghiera a lei rivolta ("A te, grande Regina della Notte, la nostra vendetta sia portata in offerta!").

Ma all'improvviso (e in maniera forse anticlimatica) "tuoni, lampi, tempesta" prorompono nei sotterranei del tempio dove i cinque si trovavano, spazzandoli via e facendo sprofondare definitivamente il male, ricacciandolo nelle tenebre ("Annientata, annullata è la nostra forza, noi tutti precipitiamo nella notte eterna!", è il loro commento). È la forza della luce, impersonificata dai sacerdoti e da Sarastro, che, tramutata la scena con un grande sole che illumina e scalda tutti, possono infine intonare il loro canto di giubilo.

La scena che conclude l'opera è infatti riservata a Sarastro. "Die Strahlen der Sonne vertreiben die Nacht" ("I raggi del sole dissipano la notte, annullano il potere carpito con frode da ipocriti") è il suo monito arioso, rivolto forse più agli spettatori che agli altri personaggi sul palcoscenico (non si riferisce tanto ai malvagi appena sconfitti, ma a tutti coloro che, nel mondo reale, si oppongono al progresso personale, sociale e culturale). Al suo recitativo accompagnato segue il coro dei sacerdoti (ma Mozart vi inserisce anche voci femminili, che a questo punto sono evidentemente accettate all'interno di quello che era un rigido mondo maschile) che inneggiano a Iside e Osiride. E al canto finale partecipano, a seconda degli allestimenti, anche Tamino, Pamina ed eventualmente Papageno, Papagena e i Tre Fanciulli, che tornano in scena tutti insieme per salutare gli spettatori prima della calata del sipario. La morale finale che celebra il trionfo della luce è esplicita:

Es siegte die Stärke
Und krönet zum Lohn
Die Schönheit und Weisheit
Mit ewiger Kron’!
La fermezza ha vinto,
E incorona quale premio
La bellezza e la saggezza
Con lode eterna!



Alcuni registi approfittano anche per mostrare qui un (nuovo) incontro o confronto fra Sarastro e la Regina della Notte, in certi casi suggerendo addirittura una riconciliazione degli opposti, anche se di questo non vì è traccia nel libretto di Schikaneder.
Il grande coro finale, che in apparenza loda Iside e Osiride per aver penetrato i recessi della tenebra con la loro luce sfolgorante, è un inno di lode alla virtù ed alla saggezza di qualunque credenza religiosa o filosofica.
(Charles Osborne)
Meravigliosa favola; e tale è, in sostanza, il «Flauto magico». Quella che nel libretto era sbozzatura grossolana dei più elementari caratteri e dei più elementari moti dell'anima, diventa nell'opera in musica la preziosa definizione di sentimenti e di atti che sono alla radice di ogni uomo: e la favola diventa apologo. In essa tutti ci troviamo, felici di assistere al facile trionfo del bene sul male, della luce della verità sull'oscurantismo, al raggiungimento della felicità. Se nelle «Nozze di Figaro» il chiudersi della vicenda ha un amaro sapore, se nel «Don Giovanni» la tragica scomparsa del protagonista malvagio lascia i personaggi in un'ombra nella quale invano cercheranno gioia, se in «Così fan tutte» il chiarirsi della burla svela la infedeltà di Fiordiligi e Dorabella, qui nel «Flauto Magico» la conclusione è davvero nella felicità. Favola anche per questo, ché solo la fantasia può darci quello che la realtà materiale ci nega.
(Mario Labroca)

Clicca qui per il testo di "Nur stille! stille! stille! stille!".

(Der Mohr, die Königin mit allen ihren Damen kommen von beiden Versenkungen; sie tragen schwarze Fackeln in der Hand.)

MONOSTATOS, DIE KÖNIGIN UND DIE DAMEN
Nur stille! stille! stille! stille!
Bald dringen wir im Tempel ein!

MONOSTATOS
Doch, Fürstin! halte Wort! erfülle!
Dein Kind muß meine Gattin sein! -

KÖNIGIN
Ich halte Wort! es ist mein Wille,
Mein Kind soll deine Gattin sein!

DIE DREI DAMEN
Ihr Kind soll deine Gattin sein!

(Man hört dumpfen Donner und Wassergeräusch)

MONOSTATOS
Doch still, ich höre schrecklich Rauschen,
Wie Donnerton und Wasserfall. -

KÖNIGIN UND DIE DREI DAMEN
Ja, fürchterlich ist dieses Rauschen,
Wie fernen Donners Widerhall! -

MONOSTATOS
Nun sind sie in des Tempels Hallen.

ALLE
Dort wollen wir sie überfallen,
Die Frömmler tilgen von der Erd’
Mit Feuersglut und mächt’gem Schwert!

DIE DREI DAMEN UND MONOSTATOS
(kniend)
Dir, große Königin der Nacht,
Sei unsrer Rache Opfer gebracht!

(Donner, Blitz, Sturm)

MONOSTATOS, KÖNIGIN UND DIE DREI DAMEN
Zerschmettert, zernichtet ist unsere Macht,
Wir alle gestürzet in ewige Nacht! -

(Sie versinken. Sogleich verwandelt sich das ganze Theater in eine Sonne.)
(Il moro, la Regina con tutte le sue dame giungono da entrambe le botole; portano in mano fiaccole nere.)

MONOSTATO, LA REGINA E LE TRE DAME
Ma zitti, zitti, zitti, zitti!
Tra poco penetriamo nel Tempio.

MONOSTATO
Però, Regina! mantieni la parola! Sii leale!
Tua figlia deve essere mia sposa! -

REGINA
Io mantengo la parola! è mia volontà:
Mia figlia sarà tua sposa!

LE TRE DAME
Sua figlia sarà tua sposa!

(S’ode un tuono cupo e rumore d’acqua)

MONOSTATO
Ma silenzio, io sento un rumore tremendo,
Come di tuoni e cascate. -

REGINA E LE TRE DAME
Sì, questo rumore è spaventoso
Come eco di tuono lontano! -

MONOSTATO
Ora si trovano nelle sale del Tempio.

TUTTI
Là li vogliamo sorprendere,
Cancellare i bigotti dalla Terra
Con fiamme infuocate e spada potente!

LE TRE DAME E MONOSTATO
(in ginocchio)
A te, grande Regina della Notte,
La nostra vendetta sia portata in offerta!

(Tuoni, lampi, tempesta)

MONOSTATO, LA REGINA E LE TRE DAME
Annientata, annullata è la nostra forza,
Noi tutti precipitiamo nella notte eterna! -

(Sprofondano. Tosto l’intera scena si trasforma in un sole.)

Clicca qui per il testo di "Die Strahlen der Sonne".

(Sarastro steht erhöht; Tamino, Pamina, beide in priesterlicher Kleidung. Neben ihnen die ägyptischen Priester auf beiden Seiten. Die drei Knaben halten Blumen.)

SARASTRO
Die Strahlen der Sonne vertreiben die Nacht,
Zernichten der Heuchler erschlichene Macht.

CHOR VON PRIESTERN
Heil sei euch Geweihten!
Ihr dränget durch Nacht!
Dank sei dir, Osiris!
Dank dir Isis gebracht!

Es siegte die Stärke
Und krönet zum Lohn
Die Schönheit und Weisheit
Mit ewiger Kron’!
(Sarastro sta in alto; Tamino, Pamina, entrambi in abito sacerdotale. Accanto a loro i sacerdoti egizi da entrambi i lati. I tre fanciulli reggono fiori.)


SARASTRO
I raggi del sole dissipano la notte,
Annullano il potere carpito con frode da ipocriti.

CORO DI SACERDOTI
Sia salve a voi consacrati!
Voi penetraste attraverso la notte!
Sia grazie a te, Osiride!
Si rechi grazie a te, Iside!

La fermezza ha vinto,
E incorona quale premio
La bellezza e la saggezza
Con lode eterna!





Adrian Thompson (Monostatos), Diana Damrau (Regina della Notte), Franz-Josef Selig (Sarastro),
Gillian Webster (Prima Dama), Christine Rice (Seconda Dama), Yvonne Howard (Terza Dama)
dir: Colin Davis (2003)


Heinz Zednik (Monostatos), Luciana Serra (Regina della Notte), Kurt Moll (Sarastro),
Juliana Gondek (Prima Dama), Mimi Lerner (Seconda Dama), Judith Christin (Terza Dama)
dir: James Levine (1991)


Gerhard Unger, Lucia Popp, Gottlob Frick
dir: Otto Klemperer (1964)


Steven Cole, Natalie Dessay, Reinhard Hagen
dir: William Christie (1996)


Uwe Peper, Cyndia Sieden, Harry Peeters
dir: John Eliot Gardiner (1995)

Burkhard Ulrich, Diana Damrau, René Pape
dir: Riccardo Muti (2006)


Con questo post, termina la trattazione della parte musicale dell'opera. Nelle prossime settimane, come già anticipato, lascerò la parola a Marisa per un'analisi dei miti alla base del "Flauto magico".

30 novembre 2020

Il flauto magico (28) - "Pa-pa-pa-pa"

Scritto da Christian



Il gioioso duetto fra Papageno e Papagena è probabilmente il secondo brano più noto dell'intero "Flauto magico" dopo l'aria della Regina della Notte "Der Hölle Rache". In esso anche il simpatico uccellatore ottiene il proprio meritato lieto fine: per lui, a differenza del traguardo spiritualmente elevato di Tamino (e Pamina), si tratta di soddisfare quel desiderio più terreno e "materiale" che sin dall'inizio aveva espresso, ovvero trovare una compagna ("[Alla] mia preferita / darei volentieri uno zuccherino. Lei allora mi bacerebbe affettuosa, sarebbe mia moglie ed io suo marito", cantava già nella sua aria introduttiva). Ma la ragazza promessagli, Papagena, gli è stata fatta balenare davanti per un attimo, prima di essergli portata via. E adesso, in preda alla disperazione, Papageno si sente abbandonato da tutti e medita addirittura il suicidio.

La scena che precede il duetto è dunque drammatica. O meglio, lo sarebbe se, visto il personaggio, Mozart e Schikaneder non la colorassero di tinte vagamente umoristiche, pur restando nell'alveo di una "commovente dignità". D'altronde la scelta di suicidarsi sembra un po' fuori personaggio per un Papageno che fino ad adesso non ha mai preso nulla sul serio e ha sempre vissuto alla giornata, contando su quello che la natura gli regala. Rispetto al precedente tentativo di suicidio di Pamina, pertanto, l'atmosfera è ben diversa, anche se Mozart ricorre ancora una volta alla tonalità di sol minore con cui accompagna le sue pagine più tragiche. Un Papageno che si dichiara "stanco della vita" si rivolge così direttamente al pubblico ("Gridate solo Sì o No": e chissà se non sia mai capitato durante una rappresentazione che qualche ragazza in platea, impietosita, non abbia risposto "Sì") e, prima di impiccarsi, afferma di voler "contare fino a tre" per attendere l'arrivo in extremis della sua bella. Intermezzando il conteggio con lo zufolo, lo protrae il più possibile, ma invano. All'ultimo momento, tuttavia, come nel caso di Pamina, a fermare la sua mano arrivano i Tre Fanciulli.

I tre spiriti salvifici ricordano a Papageno – che non sembra volerli prendere sul serio per via della loro apparente giovane età ("Se vi ardesse il cuore come a me, andreste anche voi in cerca di ragazze", dice loro) – che ha ancora un'ultima risorsa a sua disposizione: i campanelli d'argento. L'uccellatore (come forse anche noi spettatori) aveva completamente dimenticato il Glockenspiel! Tirato fuori "l'aggeggio magico" ("der Zauberdinge"), lo suona e invoca l'arrivo della sua bella. E infatti, condotta per mano dai Tre Fanciulli, ecco apparire Papagena, senza che stavolta nessuno dei sacerdoti di Sarastro abbia da ridire.

Il duetto "Pa-pa-pa-pa" celebra dunque l'unione fra due personaggi simili. Di Papagena, a dire il vero, non sappiamo praticamente nulla (chi è? da dove viene?), se non l'età (18 anni) e il fatto che si veste come Papageno ed è pertanto la perfetta sposa per lui. D'altronde, a parte la breve comparsata precedente nei finti panni di una vecchia, essa appare in scena quando ormai l'opera sta volgendo alla conclusione. Fra la gioia e l'estasi, la coppia non perde tempo a fare progetti di vita, ovvero a immaginare una numerosissima famiglia composta da tanti piccoli Papageni e Papagene: è come se da essi, novelli Adamo ed Eva, debba sorgere un'umanità pronta a ripopolare la terra (il testo, con quel "Pa-pa-pa-pa" ripetuto, ci ricorda il canto degli uccelli – persino i nomi Papageno e Papagena richiamano in italiano quello di un volatile, il pappagallo, così come il loro piumaggio colorato – e di conseguenza quello delle creature della natura), mentre a Tamina e Pamino è riservato un mondo più "elevato", quello degli iniziati, illuminati dalla saggezza.

Si tratta di una delle pagine più celebri e divertenti della Zauberflöte, nella quale la musica dispiega un’irresistibile vis comica. Lo stupore iniziale dei due personaggi, che rimangono sbalorditi senza riuscire a parlare, viene sottolineato da un motivo staccato e saltellante degli archi di otto battute, che forma un ritornello ripetuto altre due volte di seguito. A partire dalla seconda entrata i cantanti iniziano a balbettare le prime sillabe del loro nome («Pa-pa-pa»), alternandosi e imitandosi, ma con entrate sempre più rapide, fino ad arrivare a una raffica di crome ribattute («pa-pa-pa-pa-pa-Pa-pa-ge-no/a»), un vero scioglilingua o, se si preferisce, un assaggio di poesia dadaista con più di un secolo d’anticipo. Poiché anche i figli avranno i nomi dei genitori, e si prevede una prole assai numerosa, Papageno e Papagena continuano a sciorinare cascate di «Pa-pa-pa» fino alla fine del pezzo. In uno dei passaggi musicalmente più divertenti i violini rispondono all’elenco dei nuovi nati con delle scale ascendenti di crome in Re maggiore, sempre uguali, che a noi ascoltatori del XXI secolo fanno pensare a una catena di montaggio. I compositori italiani degli anni successivi, Rossini in primo luogo, sfrutteranno a piene mani la possibilità di creare una situazione comica grazie alla ripetizione ossessiva di un semplice inciso melodico, accompagnato da frasi prive di senso dei cantanti e da una scansione delle sillabe accelerata all’estremo. Le oltre 350 battute dedicate a Papageno nel finale II, sommate alle due arie solistiche nel primo e nel secondo atto, finiscono per farne il protagonista assoluto dell’opera, almeno sul piano musicale. Ciò in parte si spiega col fatto che il ruolo fu scritto per l’autore del libretto, Schikaneder, che era un brillante attore comico e che pertanto si è riservato una parte principale; del resto, l’opera è una farsa popolaresca, e pertanto è più che giustificato il fatto che il registro comico abbia una grande importanza nell’economia complessiva della Zauberflöte. Ma è indubbio anche che la lunga parentesi comica del finale II assume un significato speciale, come trionfo dello spirito vitale e della pura gioia musicale sulla gravità del mondo etico e fin troppo ascetico di Sarastro, al quale si sono votati – o forse sarebbe meglio dire condannati? – Tamino e Pamina.
(Marco Marica)

Clicca qui per il testo di "Papagena! Papagena!".

PAPAGENO
(pfeift)
Papagena! Papagena! Papagena!
(pfeift)
Weibchen! Täubchen! meine Schöne! -
Vergebens! Ach, sie ist verloren!
Ich bin zum Unglück schon geboren! -
Ich plauderte - und das war schlecht,
Und drum geschieht es mir schon recht! -
Seit ich gekostet diesen Wein -
Seit ich das schöne Weibchen sah,
So brennt’s im Herzenskämmerlein,
So zwicket’s hier, so zwicket’s da!
Papagena! Herzensweibchen!
Papagena! Liebes Täubchen!
’S ist umsonst, es ist vergebens,
Müde bin ich meines Lebens!
Sterben macht der Lieb’ ein End’,
Wenn’s im Herzen noch so brennt.
(nimmt einen Strick von seiner Mitte)
Diesen Baum da will ich zieren,
Mir an ihm den Hals zuschnüren,
Weil das Leben mir mißfällt;
Gute Nacht, du schwarze Welt! -
Weil du böse an mir handelst,
Mir kein schönes Kind zubandelst,
So ist’s aus, so sterbe ich.
Schöne Mädchen, denkt an mich! -
Will sich eine um mich Armen,
Eh’ ich hänge, noch erbarmen -
Wohl, so laß’ ich’s diesmal sein!
Rufet nur, Ja, oder Nein. -
Keine hört mich! alles stille!
(sieht sich um)
Also ist es euer Wille!
Papageno frisch hinauf,
Ende deinen Lebenslauf.
(sieht sich um)
Nun! ich warte noch! es sei -
Bis man zählet: eins, zwei, drei!…
(sieht sich um, pfeift)
Nun wohlan! es bleibt dabei!
Weil mich nichts zurücke hält,
Gute Nacht, du falsche Welt!
(will sich hängen)

DIE DREI KNABEN
(fahren herunter)
Halt ein! o Papageno, und sei klug!
Man lebt nur einmal, dies sei dir genug!

PAPAGENO
Ihr habt gut reden, habt gut scherzen;
Doch brennt’ es euch, wie mich im Herzen,
Ihr würdet auch nach Mädchen gehn.

DIE DREI KNABEN
So lasse deine Glöckchen klingen,
Dies wird dein Weibchen zu dir bringen.

PAPAGENO
Ich Narr vergaß der Zauberdinge! -
(nimmt sein Instrument heraus)
Erklinge Glockenspiel, erklinge,
Ich muß mein liebes Mädchen sehn!
(Die drei Knaben laufen die zu ihrem Flugwerk und bringen das Weib heraus)
Klinget Glöckchen klinget,
Schafft mein Mädchen her! -
Klinget Glöckchen klinget,
Bringt mein Weibchen her! -

DIE DREI KNABEN
Nun, Papageno, sieh dich um!

PAPAGENO
(zufola)
Papagena! Papagena! Papagena!
(zufola)
Mogliettina! colombella! mia bellezza! -
Inutile! - Ah! ella è perduta!
Io già son nato alla sfortuna! -
Ho chiacchierato - e questo era male,
E perciò mi sta proprio bene! -
Da quando ho assaggiato quel vino -
Da quando ho visto quella bella ragazza,
Ecco sento ardermi nel profondo del cuore,
Ecco pizzica qui, ecco pizzica là.
Papagena! fanciulla del cuore!
Papagena! cara colombella!
È inutile, è perduta,
Stanco son della mia vita!
La morte pone fine all’amore,
Quando nel cuore s’arde ancor così.
(prende una corda dalla sua cintola)
Ecco, voglio adornare quest’albero,
Legandomi il collo a lui,
Giacché la vita non mi piace;
Buona notte, mondo nero! -
Poiché sei cattivo con me,
E non mi mandi una bella bambina,
La faccio finita, allora io muoio.
Bella fanciulla, pensa a me! -
Se almeno una vorrà ancora impietosirsi
Di me poveretto, prima ch’io m’appenda -
Ebbene, per questa volta lascio perdere!
Gridate solo Sì o No! -
Nessuna mi ode, tutto tace!
(si guarda intorno)
Dunque è questo che volete!
Papageno, sbrìgati!
Poni fine alla tua esistenza!
(si guarda intorno)
Ecco! io aspetto ancora che succeda,
Finché si conti: uno, due, tre!…
(si guarda intorno, zufola)
Dunque orsù, è deciso!
Poiché niente mi trattiene,
Buona notte, mondo bugiardo!
(fa per impiccarsi)

I TRE FANCIULLI
(giungono dall’alto)
Ferma! Papageno, e sii assennato!
Si vive solo una volta, ciò ti basti.

PAPAGENO
Avete un bel parlare, ben da scherzare;
Ma se vi ardesse il cuore come a me,
Andreste anche voi in cerca di ragazze.

I TRE FANCIULLI
Allora fai risuonare i tuoi campanelli,
Essi ti porteranno la tua mogliettina.

PAPAGENO
Che stupido, ho dimenticato l’aggeggio magico! -
(prende fuori il suo strumento)
Risuona, cassettina, risuona!
Io devo vedere la mia cara fanciulla.
(I tre fanciulli corrono alla loro macchina volante e portano fuori la donna)
Suonate, campanelli, suonate!
Conducete qui la mia fanciulla! -
Suonate, campanelli, suonate!
Portate qui la mia mogliettina!

I TRE FANCIULLI
Ora, Papageno, guàrdati attorno!


Clicca qui per il testo di "Pa-Pa-Pa-Pa".

PAPAGENO
Pa-Pa-Pa-Pa-Papagena!

PAPAGENA
Pa-Pa-Pa-Pa-Papageno!

PAPAGENO
Bist du mir nun ganz gegeben? -

PAPAGENA
Nun bin ich dir ganz gegeben.

PAPAGENO
Nun so sei mein liebes Weibchen!

PAPAGENA
Nun so sei mein Herzenstäubchen!

BEIDE
Welche Freude wird das sein,
Wenn die Götter uns bedenken,
Unsrer Liebe Kinder schenken,
So liebe, kleine Kinderlein!

PAPAGENO
Erst einen kleinen Papageno!

PAPAGENA
Dann eine kleine Papagena!

PAPAGENO
Dann wieder einen Papageno!

PAPAGENA
Dann wieder eine Papagena!

BEIDE
Es ist das höchste der Gefühle,
Wenn viele, viele Papageno/Papagena
Der Eltern Segen werden sein.
PAPAGENO
Pa-Pa-Pa-Pa-Papagena!

PAPAGENA
Pa-Pa-Pa-Pa-Papageno!

PAPAGENO
Mi sei data ora completamente? -

PAPAGENA
Ti son data ora completamente.

PAPAGENO
Allora, sii dunque la mia cara mogliettina!

PAPAGENA
Allora, sii dunque il colombello del mio cuore!

A DUE
Quale gioia sarà,
Se gli dèi ci terranno cari
E manderanno bambini al nostro amore,
Tanti cari piccoli bambinelli!

PAPAGENO
Prima un piccolo Papageno!

PAPAGENA
Poi una piccola Papagena!

PAPAGENO
Poi di nuovo un Papageno!

PAPAGENA
Poi di nuovo una Papagena!

A DUE
È la cosa più bella,
Se tanti/e e tanti/e Papageni/e
Saranno la benedizione dei genitori.





Detlef Roth (Papageno), Gaële Le Roi (Papagena)
dir: Iván Fischer (2001)


Manfred Hemm, Barbara Kilduff
dir: James Levine (1991)

Simon Keenlyside, Lisa Larsson
dir: Riccardo Muti (1995)


Wolfgang Brendel (Papageno), Gudrun Sieber (Papagena)
dir: Wolfgang Sawallisch (1983)


Christian Gerhaher (Papageno), Irena Bespalovaote (Papagena)
dir: Riccardo Muti (2006)


Roderick Williams, Christina Gansch
dir: Julia Jones

Bryn Terfel, Cecilia Bartoli
dir: Myung-Whun Chung