23 dicembre 2019

Il matrimonio segreto - Riepilogo

Scritto da Christian
19 dicembre 2019

19. Finale Secondo

Scritto da Daniele Ciccolo

È notte. Ciascuno dovrebbe essere nella propria stanza, ma nessuno sta dormendo veramente. Che si tratti dell'inizio della fine della vicenda è ormai chiaro. Nella storia dell'opera, infatti, l'applicazione delle cosiddette unità aristoteliche al dramma musicato aveva fatto sì che un'opera dovesse svilupparsi lungo un arco temporale non superiore ad una giornata, quindi dall'alba al tramonto (in realtà, le osservazioni di Aristotele furono malamente interpretate già nel teatro del XVI secolo quindi, a maggior ragione, tali errori si ripercossero nei testi delle opere, ma questa è un'altra storia).

Del resto, il finale che prende luogo durante la notte era già stato usato da Mozart (si pensi alle Nozze di Figaro) e sarà usato anche da Rossini (basta citare Il Barbiere di Siviglia), per limitarci giusto agli esempi più celebri. E Mozart e Rossini non sono qui stati citati a caso. È possibile affermare, infatti, che essi sono legati a Cimarosa – fra altri elementi che richiederebbero trattazioni specialistiche – proprio per quello che riguarda la struttura del finale: come nei due capolavori appena citati, anche nel caso del Matrimonio segreto ci troviamo di fronte ad una successione di brani musicati con l'accompagnamento orchestrale senza i recitativi; ciò crea un meccanismo di accumulazione, un climax emotivo per cui gli eventi, in un crescendo drammatico funzionale alla storia e al suo epilogo, vengono a costituire una sorta di "ministoria" all'interno della trama più estesa dell'opera nel suo complesso. Il tema è già stato sviluppato in occasione della trattazione del Finale primo, al quale rimando per approfondimenti. Ulteriori preziose informazioni sull'argomento sono rinvenibili in altri post di questo blog, in particolare quello relativo al finale del primo atto del Barbiere di Siviglia e quello relativo al finale del secondo atto delle Nozze di Figaro.

Tornando alla lunga sezione conclusiva del Matrimonio segreto, vediamone insieme le parti fondamentali.


a) "Deh, ti conforta, o cara"

Il finale prende le mosse da Paolino e Carolina mentre si trovano nella stanza di quest'ultima.
Per loro la fuga è inevitabile. Ecco, pertanto, che appaiono in scena nell'atto di partire. La musica di questa sezione è scritta in un delicato Do maggiore ed è stata chiaramente concepita in modo da assecondare l'intenzione di fuga dei due sposi. Considerando il significato che un gesto del genere poteva avere all'epoca, unito alla sua irreversibilità, i due giovani appaiono comprensibilmente preoccupati e cercano di farsi forza reciprocamente: "ma qui dobbiam far core, / ch'altro per noi non c'è". Ma un rumore li spaventa e li induce a rientrare: in fondo è meglio ritardare la partenza ed aspettare un po' di tempo a scopo precauzionale.  
In effetti, un uscio si è aperto. Come è facile immaginare, è Elisetta, che nella scena precedente ha augurato la buonanotte al Conte, ma questo non ha fatto desistere la donna dalla paranoia che questi potesse comunque tradirla con la sorella minore. Poiché sente dei bisbigli origliando nella porta di Carolina, è convinta che dentro vi sia anche il Conte. Invece di entrare per verificare la correttezza delle sue deduzioni, Elisetta cerca alleati, poiché lei li vuole "svergognar". Così bussa alla zia.

Clicca qui per il testo.

(Paolino e Carolina dalla stanza di lei, indi Elisetta, Fidalma, poi Geronimo, ed infine il Conte, tutti dalle loro stanze.)

PAOLINO
Deh, ti conforta, o cara,
seguimi piano, piano.

CAROLINA
Stendimi pur la mano.
Che mi vacilla il pie'.

PAOLINO, CAROLINA
Oh, che momento è questo
d'affanno e di timore!
Ma qui dobbiam far core,
ch'altro per noi non c'è.
('avviano per partire)

PAOLINO
Zitto... mi par sentire...
Si sente un uscio aprir...

CAROLINA, PAOLINO
Potrebbe alcun venire;
si tardi un po' a partir.
(rientrano nella stanza)

ELISETTA
Sotto voce qua vicino
certo intesi a favellar.
Una porta pian pianino
ho sentito poi serrar...
Ho sospetto... Vo' scoprire...
(va ad ascoltar alla porta di Carolina)
A parlar pian pian si sente...
Vi sta il Conte certamente...
Io li voglio svergognar.



b) "Sortite, sortite"

E qui, è proprio il caso di dirlo, la musica cambia davvero. Dall'iniziale Do maggiore si passa ad un concitato Fa maggiore. Molto interessante l'onomatopea musicale del battito della porta: in particolare, la resa complessiva evidenzia l'impazienza di Elisetta. Fidalma non è l'unica ad essere convocata. Elisetta ha bisogno di affermare le sue ragioni anche nei confronti del padre, che giunge quindi a chiamare. Chiunque di noi fosse svegliato nel cuore della notte e fosse inoltre svegliato di soprassalto, sarebbe comprensibilmente irritato. E irritazione esprimono parole e musica di Geronimo e Fidalma, che vogliono giustamente sapere cosa succede. Elisetta così si spiega: "il Conte sta chiuso / con mia sorellina; / si faccia rovina / di quel traditor". I due credono alla ragazza senza battere ciglio, pertanto tutti e tre cominciano ad imprecare alla porta di Carolina apostrofando il Conte con le seguenti parole: "Conte perfido, malnato, /  Conte indegno, scellerato: / fuori, fuori vi vogliamo / che scoperto siete già". Immaginate adesso di essere non solo svegliati bruscamente, ma anche di sentire qualcuno che vi sta insultando senza apparenti ragioni. Come vi sentireste?
Il Conte non risponde pronunciando volgari improperi, ma è comunque abbastanza stizzito dal modo con cui è stato apostrofato: "Qui dal Conte che si vuole? / Quai indegnissime parole?" Ma la sorpresa è un'altra: il nobile esce dalla sua stanza, non da quella di Carolina.
Ai tre non resta che scusarsi sommessamente. Quando il Conte chiede se siano ubriachi, ecco uno sviluppo da segnalare. L'alleanza (anche musicale) in precedenza instaurata tra Geronimo, Fidalma ed Elisetta si sfalda: i primi due danno la colpa dell'accaduto alla terza. A questo punto, invece che tornare ciascuno nelle proprie stanze, gli interessi dei presenti sembrano collimare, sia pure per ragioni diverse: Elisetta sa quello che ha sentito, quindi anche se non si tratta del Conte qualcuno deve pur trovarsi in compagnia di Carolina. Elisetta e Geronimo vogliono rivoltare la situazione contro Elisetta: convinti che non avrebbero scoperto nulla di eclatante, vogliono "farla pagare" ad Elisetta ("ma confonderla bisogna / e rossor ne proverà") per la posizione in cui costei li ha messi nei confronti del Conte. Quest'ultimo, ormai sveglio, molto probabilmente vuole capirci di più, quindi rimane in scena.

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ELISETTA
(va a battere alla porta di Fidalma)
Sortite, sortite,
venite qua in fretta.

FIDALMA
Chi batte? chi chiama?

ELISETTA
Son io, Elisetta.
(va a battere alla porta di Geronimo)
Aprite! deh! aprite,
sortite, signore.

GERONIMO
(di dentro)
Chi picchia sì forte?
Chi fa tal rumore?

ELISETTA
Venite qua fuori,
si tratta d'onor.

(Sortono Fidalma e Geronimo con lume in mano)

FIDALMA
Che cosa è accaduto?

GERONIMO
Che cosa è mai nato?

FIDALMA
Io sono tremante.

GERONIMO
Io son sconcertato.

ELISETTA
Il Conte sta chiuso
con mia sorellina;
Si faccia rovina
di quel traditor.

GERONIMO, FIDALMA, ELISETTA
(gridando alla porta di Carolina)
Conte perfido, malnato,
Conte indegno, scellerato:
fuori, fuori vi vogliamo,
che scoperto siete già.

CONTE
(uscendo dalla sua stanza)
Qui dal Conte che si vuole?
Che indegnissime parole?
Ecco il Conte, eccolo qua.

I TRE SUDDETTI
Quale sbaglio, qual errore...
Perdonate, mio signore,
Qui un equivoco ci sta.

CONTE
Ubriachi voi sarete.

GERONIMO, FIDALMA
Io no certo: sarà lei.
(additando Elisetta)

ELISETTA
No, signor, lo giurerei:
qualcun altro vi starà.

CONTE, GERONIMO, FIDALMA
Stando in piedi, questa sogna:
ma confonderla bisogna
e rossor ne proverà.



c) "Carolina, fuori, fuori"

La precedente sezione si collega a questa mediante un percorso tonale caratterizzato da un breve ritorno al Do maggiore, cui fa seguito una transizione al Do minore, che esprime una crescente concitazione in corrispondenza della quale Carolina viene invocata a gran voce.
L'uscita di Carolina accompagnata da Paolino sbalordisce tutti. È un colpo di scena musicalmente affascinante in quanto segnalato con un significativo cambiamento di tonalità: si passa al Mi bemolle maggiore. Anche se è un concetto non immediatamente percepibile a chi non abbia rudimenti musicali, tengo comunque a precisare che si tratta di una tonalità lontana rispetto a quella in cui il finale è impostato (Do maggiore). Il che intende esprimere un netto distacco tra la situazione dei due giovani e del resto dei personaggi in questa parte del finale.
Ai due giovani non resta che farsi avanti ed implorare pietà ("Ah! Signore, ai vostri piedi / a implorar veniam pietà"). Alla incalzante richiesta di più chiare spiegazioni, la verità è finalmente svelata: "Vi supplichiamo di compatire / che, d'amor presi, – son già due mesi, / il matrimonio fra noi seguì". Dopo una breve alternanza di domanda e conferma ("Il matrimonio? / Signorì, sì"), Geronimo sbotta dando forse il peggio di sè: appella gli sventurati sposi come "disgraziati", invoca il tradimento, afferma di non provare alcuna pietà per la loro situazione; ancora, ricusa se stesso come padre e si proclama nemico della giovane coppia, che è deciso a cacciare via senza esitazione ("Io vi discaccio, vi maledico: / raminghi andate lontan da me"). A nulla sembrano valere considerazioni ovvie come quella per cui "rimedio al fatto più già non c'è".

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GERONIMO, FIDALMA, ELISETTA
Carolina, fuori, fuori...
Anche questa si vedrà.

CAROLINA, PAOLINO
Ah! Signore, ai vostri piedi
a implorar veniam pietà.

CONTE
(Oh che vedo! resto estatico.)

GERONIMO, ELISETTA
Quest'è un'altra novità.

FIDALMA, GERONIMO
Cosa s'intende?

FIDALMA
Cosa vuol dire?

CAROLINA, PAOLINO
Vi supplichiamo di compatire,
chè, d'amor presi, – son già due mesi,
il matrimonio fra noi seguì.

GERONIMO, FIDALMA
Il matrimonio!

CAROLINA, PAOLINO
Ah, signor sì.

GERONIMO
Ah, disgraziati! qual tradimento!
Andate, o tristi; pietà non sento:
Più non son padre: vi son nemico:
Io vi discaccio, vi maledico:
Raminghi andate lontan da me.

CAROLINA, PAOLINO
Pietà, perdono: colpa è d'amore.

FIDALMA
Pietà non s'abbia d'un traditore.

CONTE, ELISETTA
Deh! vi calmate: deh! vi placate:
rimedio al fatto più già non c'è.

FIDALMA
Sian discacciati, sian castigati:
azion sì nera punir si de'.



d) "Ascoltate un uom di mondo"

L'ultima sezione del Finale si apre con l'intervento del Conte. Deciso a salvare la situazione, ritiene di ottenere maggior attenzione da Geronimo poiché, come egli stesso si definisce, egli è "un uom di mondo" in grado per questo di cogliere l'opportunità di chiudere positivamente la vicenda. A suo giudizio, infatti, non già le urla, ma solo prudenza e buon senso possono sistemare la situazione. Ne segue una dichiarazione che lascerà esterrefatti: il nobile esterna platealmente il suo amore per Carolina, con lo scopo non di complicare la situazione, ma anzi di allentarne la tensione. Egli si dimostra pronto a pagare il prezzo dell'amore che prova: si offre di sposare Elisetta in cambio del perdono di Geronimo. Ad alcuni potrebbe apparire un sacrificio estremo, ad altri una forzatura per favorire il proverbiale lieto fine imposto dalle convenzioni dell'epoca per questo tipo di opera. Qualunque sia la conclusione che se ne può trarre, non sorprenderà sapere che le dichiarazioni del Conte sono rese nella tonalità di Mi bemolle maggiore, la stessa che poco prima ha accompagnato lo stupore dei presenti una volta appresa la verità sul "matrimonio segreto".
A questo punto si assiste ad un graduale mutamento di indirizzo degli altri personaggi. La prima è Elisetta, che, una volta saputo che otterrà ciò che vuole, non ha interesse a che la cosa continui: "m'interesso anch'io signore; / deh! lasciatevi placar".
Geronimo non è ancora convinto. Consulta più volte la sorella, però sembra ancora irremovibile. Qui si scorge per l'ultima volta il carattere comico del personaggio: dopo aver sentenziato di essere "offeso" e "sdegnato", assistiamo ad un repentino cambio di opinione ("ma vi voglio perdonar").
È questo il momento decisivo della catarsi dell'opera, poiché tutte le tensioni accumulate nel corso della giornata all'improvviso svaniscono, esattamente come la neve al sole. Ciò che resta è una generale manifestazione di giubilo acclamata da tutte e sei le voci. La stessa tonalità di Do maggiore che aveva aperto il Finale e che in quella occasione evidenziava cautela e circospezione, adesso si trasforma in un tripudio di felicità, sulla scia del quale l'opera si chiude.
Si suole dire che tutto è bene quel che finisce bene. Qui è proprio così.

Clicca qui per il testo.

CONTE
Ascoltate un uom di mondo!
Qui il gridar non fa alcun frutto,
ma prudenza vuol che tutto
anzi s'abbia d'aggiustar.
Il mio amor per Carolina
m'interessa a suo favore:
perdonate a lor di core,
ch'io Elisetta vo' sposar.

ELISETTA
M'interesso anch'io, signore;
Deh! lasciatevi placar.

GERONIMO
(a Fidalma)
Voi che dite?

FIDALMA
Voi che fate?

PAOLINO, CAROLINA, ELISETTA
(tutti ginocchioni)
Perdonate, perdonate.

CONTE
Già che il caso è disperato,
ci dobbiamo contentar.

GERONIMO
Bricconacci... furfantacci...
Son offeso... son sdegnato...
Ma vi voglio perdonar.

PAOLINO, CAROLINA, CONTE, ELISETTA
Che trasporto d'allegrezza!
Che contento, che dolcezza!
Io mi sento giubilar.

TUTTI
Oh che gioia! oh che piacere!
Già contenti tutti siamo!
Queste nozze noi vogliamo
con gran festa celebrar.
Che si chiamino i parenti,
che s'invitino gli amici,
che vi siano gli stromenti,
che si suoni, che si canti;
Tutti quanti han da brillar!




Paolo Barbacini (Paolino), Antonella Bandelli (Carolina), Valeria Baiano (Elisetta),
Carmen Gonzales (Fidalma), Enrico Fissore (Geronimo), Roberto Coviello (Conte)



Vito Lassandro (Paolino), Edda Vincenzi (Carolina), Irene Calaway (Elisetta),
Giuseppina Salvi (Fidalma), Sesto Bruscantini (Geronimo), Franco Calabrese (Conte)



Ryland Davies, Arleen Augér, Julia Varady, Julia Hamari, Dietrich Fisher-Dieskau, Alberto Rinaldi

Giampaolo Franconi, Patrizia Cigna, Paola Cigna, Monica Minarelli, Paolo Pecchioli, Michele Pierleoni

14 dicembre 2019

18. Duetto: "Il parlar di Carolina"

Scritto da Daniele Ciccolo

L'ultimo tassello prima dell'epilogo finale prevede che vengano concretizzate le intenzioni manifestate in precedenza. È per questo motivo che Geronimo incarica Paolino di inviare nelle prime ore mattutine una lettera indirizzata alla "Madama Intendente" del ritiro in cui ha intenzione di spedire Carolina e, contestualmente, di predisporre una carrozza pronta alla partenza. Paolino si dichiara disposto ad eseguire gli ordini ricevuti, ma, una volta che Geronimo è uscito di scena, capisce che non c'è più tempo da perdere e che occorre dar seguito alla fuga che all'inizio dell'atto aveva pianificato con Carolina (mi riferisco all'aria "Pria che spunti in ciel l'aurora"): per tale motivo si reca nella sua stanza.


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

(Sala, tavolino con lumi accesi; Geronimo e Paolino.)

GERONIMO
Venite qua, Paolino. Questa lettera
spedite per espresso
a Madama Intendente del ritiro
che vedete qui scritto, acciò le arrivi
domani di buon'ora.
Sia cura vostra ancora,
prima di andar a letto
d'avvertire la posta, acciò non manchi
di qui mandarmi all'alba
quattro buoni cavalli... Eh? cosa dite?

PAOLINO
Io non parlo, signor.

GERONIMO
Bene, eseguite,
io mi ritiro adesso. Andate pure.
Stanco oggi son di tante seccature.
(prende un lume ed entra nella sua stanza)

PAOLINO
(solo)
E a risolversi adesso
ad una pronta fuga,
forse ancor tarderà la sposa mia?
Forse ancora potria
in queste circostanze
lusingarsi, e sperar favore, o aiuto?
Da chi? come? in qual modo? ... Io son perduto!
No, no, risolverà. Per affrettarnela,
vado nella sua stanza.
Non v'è più tempo: più non v'è speranza.
(prende un lume, ed entra nella stanza di Carolina)



L'ultima aria che precede il finale del'opera vede nuovamente il Conte in scena. Il brano si mostra costituito da tre parti. Nella prima, il Conte chiarisce a se stesso che le parole di Carolina hanno fatto breccia nel suo cuore ed egli si chiede quale potrebbe essere il segreto che la donna nasconde e che le causa tanto turbamento: se lo sapesse farebbe di tutto per trarla in salvo "dal domestico livor". La vicinanza del Conte è, ancora una volta, espressa dalla musica oltre che dalle parole. A tale riguardo, è interessante notare che la musica pensata da Cimarosa in corrispondenza delle parole "per sì amabile ragazza / io non so quel che farei " è melodicamente molto vicina ad una sezione della precedente aria di Carolina che abbiamo ascoltato nel primo atto, cioè "Perdonate signor mio" (in particolare, quando la donna pronuncia le parole "io meschina vo alla buona, / io cammino alla carlona"). Di questa prima parte dell'aria fa parte anche l'intervento "a parte" di Elisetta, che manifesta a se stessa preoccupazione per il fatto di ritrovare il Conte ancora in giro per la casa, piuttosto che nella sua stanza, soprattutto in considerazione dell'approssimarsi della notte. La parte si conclude con l'affermazione da parte del Conte del desiderio di andare a trovare Carolina direttamente nella sua stanza.

La seconda sezione dell'aria vede un confronto diretto tra Elisetta e il Conte. La donna chiede spiegazioni del suo trovarsi in giro a quell'ora, ma il Conte la liquida rapidamente concludendo che "tempo è già di riposar", cui consegue un reciproco scambio della buona notte.

La terza ed ultima parte vede le due voci esprimere le rispettive considerazioni: se da un lato è vero che si sovrappongono melodicamente, dall'altro lato non si può non notare che ciò avviene mediante interventi verbalmente tra loro scollegati, a indicare sia la non avvenuta conciliazione che la diffidenza reciproca ancora persistente.

Clicca qui per il testo del brano.

CONTE
Il parlar di Carolina
penetrato m'è nel seno;
Ah, saper potessi almeno
il segreto del suo cor!
Per sì amabile ragazza
io non so quel che farei;
E salvarla ben vorrei
dal domestico livor.

ELISETTA
(Ritirato io lo credeva
e lo trovo or qui vagante.
Un sospetto stravagante
mi fa nascere nel sen.)

CONTE
(A trovarla me ne andrei,
se credessi di far ben.)

ELISETTA
Signor Conte, serva a lei.
Che vuol dir che qui la trovo?

CONTE
Vuol dir questo, ch'io mi movo.

ELISETTA
Che stia solo non convien.

CONTE
Grazie, grazie, mia signora:
vada pur, ch'io vado ancora;
tempo è già di riposar.
(ciascuno si prende un lume)

ELISETTA
Buona notte, signor Conte.

CONTE
Dorma bene, Madamina.

ELISETTA
(Finchè venga la mattina
in sospetto devo star.)

CONTE
(Questa furba sopraffina,
non vo' farla sospettar.)

(Si ritirano nelle loro stanze; la scena resta oscura.)




Roberto Coviello, Valeria Baiano



Claudio Nicolai, Barbara Daniels

Alberto Rinaldi, Julia Varady

10 dicembre 2019

17. Aria: "Se son vendicata"

Scritto da Daniele Ciccolo

Il quintetto con cui si è concluso il post precedente ha segnato un momento di concitazione che è il momento di stemperare. Per questo motivo, usciti di scena il Conte, Geronimo e Carolina, Elisetta si sente a suo agio nel comunicare alla zia che sì, Carolina è invaghita del "suo" Conte, ma visto che ha ottenuto di allontanare la sorella, non ha che da tirare un sospiro di sollievo: "ma non ci penso più: sarà finita".


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

ELISETTA
Sarete or persuasa,
ch'è il Conte e non Paolino
quel di cui è invaghita?
Ma non ci penso più: sarà finita.

FIDALMA
Ed io credo benissimo
che sia una civettina:
o che piuttosto una di quelle sia
che s'innamoran sol per debolezza
di ciascun che le guarda e le accarezza.



L'aria successiva costituisce la rappresentazione musicale del sentimento di quella vittoria che Elisetta crede di aver conseguito sulla sorella. Da un punto di vista drammaturgico, quest'aria intenderebbe bilanciare il primato occupato da Carolina nella scena precedente.
Come è possibile constatare dal testo del brano qui sotto riportato, ci troviamo dinanzi a due quartine di senari, cui corrispondono due sezioni musicali, un allegro maestoso seguito da un andantino vivace. Da notare il trattamento frizzante della voce, che qui si confronta con un'invenzione melodica di difficile esecuzione.
Il testo dell'aria ribadisce che l'allontanamento di Carolina costituisce per Elisetta la giusta vendetta che può renderla contenta, giungendo persino a perdonare il Conte per le sue inclinazioni di infedeltà. Elisetta si manifesta consapevole che "se tolto è l'oggetto / che il cor gl'incatena" il nobile avrà mente e cuore liberi per farla sua sposa. Ma se ascoltiamo la resa musicale del testo con attenzione potremo avere un'idea più precisa sui profili caratteriali che il personaggio presenta. In particolare, vorrei attirare l'attenzione dei lettori sulle parole più frequentemente pronunciate da Elisetta: l'una è "infedeltà", l'altra è l'espressione "la man mi darà". Queste reiterazioni rivelano un universo semantico alquanto povero, nel quale la donna è disposta a perdonare i poco convenienti comportamenti del nobile promesso sposo - la sua infedeltà appunto - e a non considerare altro che il suo obiettivo: quello di sposare il proverbiale "buon partito". Il suo interesse è pertanto puramente egoistico, in quanto concentrato solo sul "matrimonio nobile" che per lei rappresenta un esclusivo mezzo di affermazione sociale. Questi tratti possono essere tali da affermare che Elisetta è davvero "figlia di suo padre", dal quale ha ereditato l'inclinazione tipicamente commerciale al calcolo utilitaristico.
L'ultimo rilievo che voglio fare è il seguente. Nella prima metà del brano, una ripetizione della parola "infedeltà" si presta per l'inserzione di una cadenza lunga e di non facile interpretazione, che da sola vale comunque l'ascolto dell'intera aria.

Clicca qui per il testo del brano.

ELISETTA
Se son vendicata,
contenta già sono.
Al Conte perdono
la sua infedeltà.
Se tolto è l'oggetto
che il cor gl'incatena,
con faccia serena
la man mi darà.




Valeria Baiano



Julia Varady

Efrat Ben-Nun

6 dicembre 2019

16. Quintetto: "Deh, lasciate ch'io respiri"

Scritto da Daniele Ciccolo

1) Recitativo (Geronimo, Carolina)

Lasciato solo, Geronimo, ancora stordito dalle voci femminili dell'aria precedente, cerca di razionalizzare la situazione. Non ha ancora compreso, infatti, il vero motivo per cui Elisetta e Fidalma vogliano mandare in un ritiro Carolina, quando anzi il suo interesse economico, cioè il risparmio che il Conte gli ha proposto all'inizio di questo secondo atto, gli suggerirebbe diversamente.
Ma, ancora una volta, sono ragioni prettamente egoistiche a guidare le scelte del vecchio mercante. Infatti, se Fidalma, come ha minacciato in precedenza, togliesse i suoi capitali dall'impresa del fratello, sarebbe un bel problema, una "scossa ch'oggi io non so se sostener la possa".

La decisione che ne consegue è scontata: "Dunque anderà in un ritiro".

Mentre Geronimo comincia a riflettere su un possibile modo per comunicare la notizia alla figlia, ecco che Carolina entra in scena. È turbata, agitata, ma vuole avere l'opportunità di spiegare al padre la sua difficile situazione.

Il padre non è tenero con lei: le intima di "ubbidire al genitore" e, infine, le comunica la notizia: dovrà andare in un ritiro, in convento. A nulla valgono le obiezioni della donna, tra cui il fatto che "fuor di tempo è un ritiro per me". Geronimo non ha, né può avere, argomenti convincenti da proporre, quindi, prima di uscire di scena, si impone d'autorità: "Signora fraschettina, / nel ritiro anderai doman mattina".

Clicca qui per il testo del recitativo.

GERONIMO
(solo)
In un ritiro! E perché in un ritiro
la devo far passar? Se l'interesse
anzi vuol ch'io permetta
che il Conte se la sposi?
No. Piano. E mia sorella,
se sdegnata perciò dal mio negozio
leva i suoi capitali? Ella è una scossa,
ch'oggi io non so se sostener la possa...
Dunque anderà in ritiro.
Pensiamo or dunque in qual miglior maniera
devo darle la nuova innanzi sera.

CAROLINA
(in disparte) Son risoluta io stessa
di vincer il rossor. Io sudo... io gelo...
Ma farlo, oh Dio! convien... M'aiuta, o cielo!
Ah, signore! A' pie' vostri ecco una figlia...

GERONIMO
Che cos'hai? Cosa c'è? Cos'è accaduto?
Alzati, e parla in piedi...

CAROLINA
Ah! no, signore...

GERONIMO
Alzati, ed ubbidisci al genitore.
Io però ti prevengo
In quello che vuoi dirmi.
Tua sorella e tua zia t'hanno già detto,
che devi in un ritiro
passar doman mattina; e tu ten vieni
tremante e sbigottita,
quasi ci avessi da restar in vita.

CAROLINA
Io in un ritiro? Ah! mio signor...

GERONIMO
Tu devi
far la mia volontà.

CAROLINA
Fuori di tempo
è un ritiro per me...

GERONIMO
Soli due mesi,
ci starai e non più.

CAROLINA
Deh! padre mio,
altro è quel che mi affanna...

GERONIMO
Il mio interesse
lo vuole, e la mia pace...

CAROLINA
Ah! permettete
che a' vostri pie' mi getti e che implorando
la pietade paterna...

GERONIMO
Orsù, mi secchi.
Signora fraschettina,
nel ritiro anderai doman mattina.
(parte)



2) Recitativo accompagnato (Carolina sola)

Rimasta sola, Carolina non può far altro che sfogare tutta la sua frustrazione e i suoi sentimenti negativi a se stessa e, ovviamente, al pubblico. È, questo, un momento drammaturgico di grande intensità. La forma che qui Cimarosa utilizza è quella del recitativo accompagnato, dove qui l'accompagnamento è dato dall'utilizzo dell'intera orchestra. Quando il recitativo è accompagnato, gli strumenti utilizzati servono a dar maggior rilievo emozionale alle parole; ma, non essendo un'aria, cioè un brano con voci e strumenti di più ampio respiro, il recitativo accompagnato ha durata generalmente limitata.
Mentre da un lato Carolina invoca il cielo per ritrovare un po' di speranza, nel suo intimo si sente sconfitta, abbandonata, disperata.

Clicca qui per il testo del recitativo accompagnato.

CAROLINA
E possono mai nascere
contrattempi peggiori!
Il padre mio sedotto,
mia sorella e mia zia con me alterate,
tutti in orgasmo. E come mai poss'io
svelar in tai momenti il fallo mio!

Come tacerlo poi, se in un ritiro
ad entrar son costretta!
Misera, in qual contrasto
di pensieri mi trovo; io son smarrita.
Cielo! deh! tu m'addita
il consiglio miglior; qualche speranza
rendi al cor mio; ma il core, oh Dio! mi dice:
Carolina infelice,
pietà di te non sente il ciel tiranno.
Ah! disperata io vo a morir d'affanno!



Antonella Bandelli

Edda Vincenzi


3) Recitativo (Conte, Carolina)

Rientra in scena il Conte. Coglie Carolina turbata e le chiede spiegazioni. Lei sembra volere raccontare al Conte la sua situazione, ma non ne è del tutto convinta. L'uomo, che le dichiara apertamente il suo amore, ne deduce che ci sia un rivale arrivato prima di lui.
Carolina, a questo punto, decide di far leva su questo sentimento per fare del Conte un alleato, dicendogli, press'a poco: se mi amate davvero potete, con una vostra azione eroica, procurarmi consolazione, io che vivo in una situazione del genere? La risposta del Conte è positiva, perché il suo amore è così forte che "d'ogni più bella azion sarà capace": chiede, quindi, alla donna di svelargli l'arcano.
Proprio in questo momento rientrano in scena gli altri personaggi, Elisetta, Fidalma, Geronimo. Leggono la situazione secondo il più banale degli equivoci: pensano sia la prova del tradimento di entrambi verso la famiglia: "colti vi abbiam sul fatto". Ciò finisce per convincere Geronimo della necessità che Carolina vada senza indugio in un ritiro. Naturalmente, a nulla servono le spiegazioni che entrambi cercano di dare. La situazione è in stallo: c'è imbarazzo, tensione, ira, mentre una conclusione positiva della vicenda sembra lontana dal realizzarsi.

Clicca qui per il testo del recitativo.

CONTE
Dove? dove, mia cara,
con tanta agitazione? Ohimè! parlate.
Che avete? che chiedete? Io son per voi
col cor, col sangue, colla vita istessa;
più di voi nulla al mondo or m'interessa,

CAROLINA
Ah, potessi parlar!

CONTE
Chi vi trattiene?

CAROLINA
Mi trattiene il decoro,
e quella diffidenza
che deggio aver nel caso mio importante:
d'uno che già mi si è scoperto amante.

CONTE
Diffidar d'un che v'ama!
Oh, questo caso esser non può che quello
di scoprirgli un rival. Ma udite, o cara:
un uom di mondo io sono:
s'egli è prima di me, ve lo perdono.
D'esser tardi arrivato incolperò
la sorte mia rubella.

CAROLINA
E dareste la mano a mia sorella?

CONTE
Questo poi no.

CAROLINA
Sposata pur l'avreste
senza contraddizion, s'io più di lei,
per un gioco del caso, in quel momento,
non vi fossi piaciuta?

CONTE
Sì, è ver; ma mi piaceste, ed il cor mio
or non vorria che voi.

CAROLINA
Ma però tutto quello che il cor vorrebbe
non è sempre possibil.

CONTE
Ve l'accordo anche questo.

CAROLINA
Dunque se l'ottenermi
impossibile fosse, ah! signor mio,
perché coltivereste un tal desio?
Perché, se voi m'amaste,
mi vorreste infelice,
quando potreste invece
rendermi voi con un'eroica azione
oggi la vita e la consolazione?

CONTE
In orgasmo mi mette
questo vostro parlar, che par d'incanto.
Però non mi confondo;
sì, v'amo; e questo amor, se a voi ciò piace,
d'ogni più bella azion sarà capace.

CAROLINA
Giuratemelo, Conte.

CONTE
Io ve lo giuro
(In questo compariscono Elisetta, Fidalma ed il signor Geronimo, che osservano)
Sull'onor mio, su questa bella mano,
ch'io vo' baciar. Sentiamo ora l'arcano.

ELISETTA
Côlti vi abbiam.

FIDALMA
Côlti vi abbiam sul fatto.

ELISETTA
(a Geronimo)
Vedete la sguaiata?

FIDALMA
Vedete la fraschetta?
Tutti gli uomini alletta;
e la mano si lascia
baciar da ognun che amore a lei protesta.

GERONIMO
Ora da dubitar più non mi resta.

CAROLINA
Ma signor...

GERONIMO
Taci là.

CONTE
Ma non sapete...

ELISETTA
Tacete voi, che ben vi sta.

FIDALMA
Tacete.

GERONIMO
Domani nel ritiro. E voi, signore,
o doman sposerete
quella cui prometteste, o dell'affronto
noi la vedrem se mi farò dar conto.

CONTE
Ma se...

GERONIMO
Non vi do ascolto.

CAROLINA
Ma io...

ELISETTA
Voi in un ritiro.

FIDALMA
In un ritiro.

CAROLINA
(Ah, ch'io pazza divento! Io già deliro.)



4) Quintetto (Carolina, Conte, Fidalma, Elisetta, Geronimo)

La stasi che paralizza la vicenda fornisce a Cimarosa il pretesto per scrivere un quintetto molto interessante. Ciò che è possibile ricavare è il carattere non paritario delle voci per quello che riguarda il loro trattamento musicale. Carolina è l'unica protagonista della prima parte del brano, in cui gli interventi delle altre voci sono alquanto limitati. Questa sezione, che in partitura è un Andante con moto, è caratterizzata dalla più sincera e commovente dichiarazione di innocenza di Carolina: di particolare rilevanza, a mio avviso, è il clarinetto che ne evidenzia più volte il tono malinconico, quasi rassegnato. La voce del Conte tenta inizialmente di difendere Carolina, ma poi si estranea musicalmente quando egli finisce per proclamare "Io divengo fuoribondo / s'anche un poco resto qua". Un terzo blocco è costituito dalle voci di Geronimo, Elisetta e Fidalma, che oppongono una ferma resistenza. Inizialmente Carolina cerca di prendere tempo, chiedendo tre giorni per avere l'opportunità di discolparsi. Ma, in un crescendo di drammaticità, il rifiuto è netto: in corrispondenza del cambio di indicazione agogica (si passa all'Allegro giusto), le tre voci si inseriscono prima separatamente a mo' di falso canone, per poi allearsi musicalmente nel proclama "il ritiro è preparato. / Se cadesse ancora il mondo / deve andarci e ci anderà". A Carolina non resta che sfogare la sua frustrazione, non curante di contribuire a rinvigorire l'alterco familiare. Non ha infatti alcun timore a definire i suoi familiari chiamandoli "cani", poiché non solo non hanno compreso la situazione, ma si ostinano a non volerla comprendere, rimanendo fermi nelle loro posizioni.

Concludo sottolineando che la struttura generale dei quattro episodi appena analizzati sembra essere stata concepita per esaltare il clima drammatico della situazione di impasse. Prova ne è la constatazione per cui al posto di avere l'usuale alternanza tra recitativo e brano qui si ha: un recitativo, un recitativo accompagnato, un altro recitativo e infine il quintetto. La sostituzione dell'aria con il recitativo accompagnato ha, quindi, un duplice scopo: rimarcare la posizione di primato di Carolina, il che giova ad esprimere tutta la sua liricità; accrescere la tensione in vista del successivo quintetto.

*Nota: una breve annotazione per chiarire un punto. Il libretto originario è molto lungo, motivo per cui alcune produzioni scelgono di effettuare dei tagli nei testi sia dei recitativi che dei brani. Poiché queste scelte sono discrezionali, può accadere, come si può notare ad esempio in questo quintetto, che tra il testo del libretto postato (originale) e quanto si può vedere e sentire dai video postati ci siano delle discrepanze dovute alle parti che si è scelto di tagliare.

Clicca qui per il testo del brano.

CAROLINA
Deh! lasciate ch'io respiri,
disgraziata, meschinella.
Io rival di mia sorella?
No, non sono, il ciel lo sa.
Incolpata sono a torto;
Deh! parlate voi, signore,
sincerate il genitore,
che a voi più si crederà.

CONTE
Quest'amabile ragazza...

FIDALMA ED ELISETTA
È un'astuta, una sguaiata.
Siete parte interessata.

GERONIMO
Nel ritiro andar dovrà.

CAROLINA
Sol tre giorni alla partenza
io vi chiedo per pietà.
Palesar la mia innocenza
qualche cosa vi potrà.

FIDALMA, ELISETTA, GERONIMO
No, il ritiro è preparato / destinato.
Se cadesse ancora il mondo
deve andarci e ci anderà.

CONTE
Io divengo furibondo
s'anche un poco resto qua.

CAROLINA
Ma voi siete tanti cani,
senza amor, né carità.
Ah, mi perdo, mi confondo,
il cervel da me sen va.
(Carolina, il Conte e Geronimo partono)




Antonella Bandelli (Carolina), Roberto Coviello (Conte Robinson), Carmen Gonzales (Fidalma),
Valeria Baiano (Elisetta), Enrico Fissore (Geronimo)



Georgine Resick, Claudio Nicolai, Marta Szirmay, Barbara Daniels, Carlos Feller

Arleen Augér, Alberto Rinaldi, Julia Hamari,
Julia Varady, Dietrich Fisher-Dieskau

2 dicembre 2019

15. Terzetto: "Cosa farete? Via, su, parlate"

Scritto da Daniele Ciccolo

Il secondo atto si è aperto con un accordo tra Geronimo e il Conte Robinson: il primo avrebbe acconsentito a dare in sposa al secondo Carolina al posto di Elisetta, ma in cambio Robinson si sarebbe impegnato ad accettare soltanto metà della dote inizialmente pattuita. Ma c'è di più: come ricorderete, infatti, Geronimo ha posto un'altra condizione, dicendo "ma col patto ch'Elisetta / ancor essa accorderà". Così, nell'aria precedente abbiamo assistito al tentativo del Conte di far desistere Elisetta dalle sue pretese, snocciolando una lista di suoi difetti (veri o presunti) in un climax ascendente di gravità. Uscito di scena, possiamo ben comprendere come lo stato d'animo di Elisetta sia di forte shock. Non è un caso che Fidalma si sia accorta del fatto che la nipote è "ben turbata".

Nel nuovo recitativo vediamo palesato un rapporto tra i personaggi che abbiamo già imparato a conoscere musicalmente. In un terzetto del primo atto, infatti, eravamo giunti alla conclusione che Cimarosa era riuscito a mostrarci il legame di solidarietà tra Fidalma ed Elisetta ben prima del libretto. Eccone la prova: solo adesso, ad oltre metà del secondo atto e ad un passo dall'epilogo, il libretto ci mostra una forte comunione d'intenti tra le due donne. Entrambe, infatti, convengono che la causa dei propri problemi sia Carolina. Dal punto di vista di Elisetta, Carolina "fomenta la passione del Conte", impedendogli di onorare l'impegno preso nei suoi confronti; dal punto di vista di Fidalma, invece, Carolina appare come innamorata di Paolino: qui, fra l'altro, Fidalma è costretta a mettere le carte in tavola e a svelare l'oggetto del suo desiderio amoroso, cioè Paolino, sebbene questa informazione ci fosse già nota.

Che fare dunque? Come "sbarazzarsi" di una persona che sembra ostacolare i progetti delle due donne? Ecco l'ingegno femminile all'opera: basta che vada temporaneamente in un ritiro, in un convento, "acciò non ci disturbi".  Solo quando "acchetati che sian tutti i rumori / allora poi, sì, allor tornerà fuori".

Ma bisogna pur sempre convincere Geronimo, che rientra in scena. Il vecchio mercante, forse pensando che il Conte sia riuscito a disimpegnarsi con Elisetta, chiede a quest'ultima se si è convinta a rinunciare al matrimonio, non nascondendo che si sarebbe trattato di un "baratto vantaggiosissimo".
La figlia risponde negativamente, quindi Geronimo non può far altro che cercare l'appoggio della sorella Fidalma che, perentoria, risponde: "anzi dico di no". Ed ecco che propone la soluzione appena concordata con la nipote: bisogna "far sparire" Carolina, "mandarla in un ritiro". E se Geronimo dovesse anche solo pensare di opporsi, ecco il ricatto: "Voi mi farete / de' capitali miei restituzione, / e così finiremo ogni questione". Da questo particolare intuiamo che la fortunata attività commerciale di Geronimo ha potuto avere inizio grazie all'apporto finanziario della sorella, che si era già presentata nel primo atto come "ricca pel primo marito".

Il recitativo si conclude con la promessa di Geronimo, ormai rassegnato: "Farò quanto conviene".


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

FIDALMA
Elisetta mia cara,
vi trovo ben turbata.

ELISETTA
Se dagli occhi del Conte
non si toglie ad un tratto Carolina,
qui nasce una rovina.
Convien togliergli affatto ogni speranza
di poterla sposar.

FIDALMA
Dite benissimo;
Ma se voi la credete
vaghita del Conte, io poi vi dico
che forse forse con ragion fondata
la credo di Paolino innamorata.

ELISETTA
Di quello non mi curo.

FIDALMA
Me ne curo ben io; nè più mi sento
di tenerlo celato.

ELISETTA
Dunque, facciam che debba
passar in un ritiro,
acciò non ci disturbi.

FIDALMA
Ottimamente.
Quest'è il pensier che anch'io volgeva in mente.
Lasciate fare a me; la fraschettina
mandata vi sarà doman mattina.

GERONIMO
Ebben? Sei persuasa
di rinunziare a questo matrimonio?

ELISETTA
Non sarà vero mai ch'io vi rinunzi,
perchè poi mia sorella
debba sposar il Conte.

GERONIMO
Si può fare un baratto
per te vantaggiosissimo.

FIDALMA
Non si fanno baratti.
Anzi, mi meraviglio
che un uomo come voi, prudente e saggio,
proponga adesso un altro maritaggio.

GERONIMO
Sì, un altro maritaggio. Ecco, tua zia
è della mia opinione.

FIDALMA
Anzi, dico di no. Si deve togliere
la causa del disordine.
Carolina fomenta
la passione del Conte; onde si deve
farla sparir, mandarla in un ritiro;
e acchetati che sian tutti i rumori,
allora poi, sì, allor tornerà fuori.

ELISETTA
Avete ben capito?

GERONIMO
Sì, sì: parlate pure.

FIDALMA
E se questo non fate, il mio decoro
non vuol che in questa casa
io me ne resti più. Voi mi farete
de' capitali miei restituzione,
e così finiremo ogni questione.

ELISETTA
Avete inteso bene?

GERONIMO
Sordo non son. Farò quanto conviene.



Il breve terzetto che segue è un piccolo gioiello in termini sia musicali che drammaturgici. Mi limito a segnalare pochi elementi, che possono trovare un più immediato riscontro nell'ascolto successivo.

– Anzitutto, questo brano amplifica l'alleanza tra le due donne, ormai coalizzate contro Geronimo: la sovrapposizione musicale delle voci di zia e nipote è ormai evidente e ben riconoscibile.
– La tonalità d'impianto prescelta (il Do maggiore), il ritmo, i versi del libretto metricamente corti nonché la felice invenzione melodica rendono il brano fresco e frizzante, al punto che è possibile ascoltarlo molte volte di fila senza annoiarsi.
– Da notare come all'incalzare delle frasi delle due donne si innalza progressivamente l'altezza melodica delle frasi.
– Il potere che le donne hanno assunto in questa scena è, in qualche modo, equilibrato dagli interventi di Geronimo, che sente, al posto delle voci femminili, strilli e timpani: le prime hanno una richiesta seria da fare, il secondo lamenta la solita debolezza d'udito; questo contrasto crea comicità.
– Infine, le frasi femminili sono trattate con l'utilizzo di diversi espedienti musicali e sono sempre più incalzanti ed insistenti: ciò risponde a una precisa logica, cioè quella di "far passare il messaggio" al povero vecchio, un po' come succede con le pubblicità televisive, in cui un determinato messaggio ci viene proposto in maniera martellante. In particolare, nella parte culminante del brano vengono ripetute e quasi esasperate le parole-chiave: "In un ritiro, la Carolina... mandar dovete doman mattina... la Carolina, la Carolina... in un ritiro, in un ritiro".

A Geronimo non resta quindi che invocare il silenzio e arrendersi, anche musicalmente, unendo la sua voce al duo zia-nipote. La resa non è motivata da reale convinzione, visto che più volte il povero mercante confessa di non aver capito nulla, ma è il risultato dell'insofferenza per le insistenze delle due donne.


Clicca qui per il testo del brano.

FIDALMA
Cosa farete?
Via, su, parlate.

ELISETTA
Via, risolvete.
Via, non tardate.

FIDALMA ED ELISETTA
Presto, anzi sùbito
si deve far.

GERONIMO
Ma non strillate
tutte due unite;
sento che il timpano
voi mi ferite.
Parlate piano,
senza gridar.

FIDALMA ED ELISETTA
Diremo dunque,
diremo piano,
che in un ritiro
di qua lontano,
per metter ordine
al gran disordine
la Carolina
si dee mandar.
Voi ci sentite?

GERONIMO
Che cosa dite?

FIDALMA ED ELISETTA
Abbiam parlato,
vi abbiamo detto...

GERONIMO
Sia maledetto
questo strillar!

ELISETTA
In un ritiro – la Carolina...

GERONIMO
Già l'ho capito, – cara signora...

FIDALMA
Mandar dovete – doman mattina...

GERONIMO
Già l'ho capito – ch'è un quarto d'ora.
Senza far chiasso,
senza fracasso
si può ben dire,
si può parlar.

ELISETTA E FIDALMA
Oh, che fracasso
di Satanasso!
Tutta la casa
farà tremar.

(Elisetta e Fidalma partono)





Enrico Fissore, Valeria Baiano, Carmen Gonzales



Carlo Torriani, Margherita Pieri, Evgenija Rakowa



Dietrich Fischer-Dieskau, Julia Varady, Julia Hamari

Allan Rizzetti, Paola Cacciatori, Caterina Rufo

1 dicembre 2019

Il matrimonio segreto - La conclusione

Scritto da Christian

Cari amici, da domani riprenderemo (per portarla a termine) la trattazione dell'opera "Il matrimonio segreto" di Cimarosa, che era rimasta ferma da un po' di tempo. Come vedete, non ce ne siamo dimenticati.
Buona lettura a tutti con gli ultimi cinque post!

25 novembre 2019

Il barbiere di Siviglia - Riepilogo

Scritto da Christian
18 novembre 2019

Il barbiere di Siviglia (20) - "Di sì felice innesto"

Scritto da Christian

A Don Bartolo non resta che prendere atto del proprio fallimento ("Insomma, io ho tutti i torti!") e riconoscere che la scelta di togliere la scala dal balcone si è rivelata controproducente: come commenta Figaro, è stata una "inutil precauzione", facendo ironicamente riferimento al titolo dell'opera che Rosina ha cantato in precedenza (nonché al sottotitolo dello stesso "Barbiere"). L'anziano dottore se la prende anche con il suo complice, Don Basilio, che lo ha "tradito" facendo da testimone alle nozze fra il Conte e la ragazza, al che il maestro di musica replica: "Quel signor Conte certe ragioni ha in tasca, certi argomenti a cui non si risponde" (si riferirà alla pistola, o al denaro e ai gioielli che gli sono stati elargiti?).

A risollevare un po' l'umore di Bartolo, come ulteriore testimonianza della munificità del Conte, giunge l'offerta di Almaviva di rinunciare alla dote di Rosina. Visto che, sin dall'inizio, era proprio di questa che il tutore andava a caccia, la mossa rende tutti felici e dunque pronti a cantare il gioioso insieme finale.

La licenza è in forma di vaudeville: il tema iniziale è esposto a turno dai tre personaggi ‘positivi’ dell’opera, e ciascuno ne propone una variazione diversa; qui nell’ordine appaiono prima Figaro, poi Rosina, che aggiunge al tema qualche abbellimento, e infine il Conte, che ne propone la versione più virtuosistica, da vero trionfatore morale e musicale dell’opera. Le tre variazioni sono inframmezzate da un festoso ritornello affidato agli altri personaggi e al coro, al quale è anche dato l’incarico di concludere gioiosamente il breve finaletto e, di conseguenza, l’intera opera.
(Stefano Piana)

Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano (“Insomma, io ho tutti i torti!”).

BARTOLO
Insomma, io ho tutti i torti.

FIGARO
Eh, purtroppo è così!

BARTOLO (a Basilio)
Ma tu, briccone,
tu pur tradirmi e far da testimonio!

BASILIO
Ah, Don Bartolo mio, quel signor Conte
certe ragioni ha in tasca,
certi argomenti a cui non si risponde.

BARTOLO
Ed io, bestia solenne,
per meglio assicurare il matrimonio,
io portai via la scala del balcone.

FIGARO
Ecco che fa un'Inutil Precauzione.

BARTOLO
Ma, e la dote? Io non posso...

CONTE
Eh, via; di dote
io bisogno non ho: va, te la dono.

FIGARO
Ah, ah! Ridete adesso?
Bravissimo, Don Bartolo,
ho veduto alla fin rasserenarsi
quel vostro ceffo amaro e furibondo.
Eh, i bricconi han fortuna in questo mondo.

ROSINA
Dunque, signor Don Bartolo?

BARTOLO
Sì, sì, ho capito tutto.

CONTE
Ebben, dottore?

BARTOLO
Sì, sì, che serve? Quel ch'è fatto è fatto.
Andate pur, che il ciel vi benedica.

FIGARO
Bravo, bravo, un abbraccio;
venite qua, dottore.

ROSINA
Ah, noi felici!

CONTE
Oh, fortunato amore!

Clicca qui per il testo di "Di sì felice innesto".

FIGARO
Di sì felice innesto
serbiam memoria eterna;
io smorzo la lanterna;
qui più non ho che far.

CORO
Amore e fede eterna
si vegga in voi regnar.

ROSINA
Costò sospiri e pene
un sì felice istante:
alfin quest'alma amante
comincia a respirar.

CORO
Amore e fede eterna
si vegga in voi regnar.

CONTE
Dell'umile Lindoro
la fiamma a te fu accetta;
più bel destin t'aspetta,
su, vieni a giubilar.

CORO
Amore e fede eterna
si vegga in voi regnar.




Hermann Prey (Figaro), Teresa Berganza (Rosina), Luigi Alva (Conte)
dir: Claudio Abbado (1971)


Sherrill Milnes (Figaro), Beverly Sills (Rosina),
Nicolai Gedda (Conte)
dir: James Levine (1975)

Leo Nucci (Figaro), Cecilia Bartoli (Rosina),
William Matteuzzi (Conte)
dir: Giuseppe Patanè (1989)

Ma anche se l'opera è terminata, per i personaggi naturalmente non finisce qui. Li ritroveremo tutti, con qualche anno in più e (alcuni) profondamente cambiati, nel sequel ufficiale "Le nozze di Figaro", seconda commedia della trilogia di Beaumarchais, resa immortale dalle musiche di Wolfgang Amadeus Mozart (che le compose nel 1786: prima di Rossini ma dopo la versione di Paisiello). La trattazione completa di quell'opera è già presente su questo stesso blog (fu la prima che scrissi!) a questo link. Vi scopriremo, fra l'altro, qual è l'origine segreta di Figaro (l'identità di suo padre, in particolare, è davvero sorprendente) e se il matrimonio fra il Conte e Rosina sarà stato davvero felice come ci si augura in questo finale.

Le due persone che Figaro aveva intravisto alla porta con una lanterna in mano, durante il terzetto precedente, sono Don Basilio e il notaio, che Bartolo aveva mandato a chiamare affinché celebrasse quella notte stessa le sue nozze con Rosina. Dopo un attimo di sconcerto nello scoprire che la scala con cui progettavano di fuggire non è più al suo posto (scorpriremo poi che a toglierla dal balcone è stato lo stesso Don Bartolo, intenzionato a impedire l'uscita di scena di coloro che vuol fare arrestare come ladri), Figaro e il Conte riescono ancora una volta a capovolgere con astuzia la situazione a proprio vantaggio.

Figaro si rivolge infatti spavaldamente al notaio, lasciandogli intendere di essere stato lui a convocarlo in quella che è la propria casa: "Dovevate in mia casa stipular questa sera un contratto di nozze fra il Conte d'Almaviva e mia nipote", gli dice. Alle timide proteste di Don Basilio risponde subito il Conte, che traendolo da parte gli offre un prezioso anello che aveva al dito in cambio del suo silenzio e, anzi, della sua disponibilità a fare da testimone per le nozze. Il venale Basilio non perde tempo ad accettare (anche perché l'alternativa propostagli da Almaviva è molto meno allettante: "Per voi vi son ancor due palle nel cervello se v'opponete." - "Ohibò, prendo l'anello. Chi firma?"), dimostrandosi comicamente un voltagabbana.

Da notare che quella del notaio è una parte muta: l'attore è presente sulla scena ma non recita né canta una sola parola, il che è paradossale se si pensa che solitamente un notaio esercita la propria professione proprio attraverso le parole (ne "Le nozze di Figaro" un altro notaio, Don Curzio, parlerà si, ma balbettando, un altro sfregio verso un ruolo che nelle opere buffe, come tutte le autorità pubbliche, è sempre rappresentato con una certa ironia).

E così, con Figaro e Basilio come testimoni, il tanto agognato matrimonio fra il Conte e Rosina è celebrato, seppur furtivamente e nel cuor della notte. Appena in tempo prima che giunga Don Bartolo, con un alcalde (ossia un giudice) e alcuni soldati al seguito, ai quali intima: "Signor, son ladri. Arrestate, arrestate". A questo punto il Conte lascia cadere la maschera e rivela finalmente a tutti la sua identità: "Il mio nome è quel d'un uom d'onore. Il Conte d'Almaviva io sono".

Tutta questa lunga scena, che segna di fatto la conclusione della tormentata vicenda, è svolta attraverso semplici recitativi, ed è un peccato. La partitura prevede però a questo punto una grande aria tripartita ("Cessa di più resistere" – "Il più lieto, il più felice"), l'unica fra l'altro in tutta l'opera a essere accompagnata dal coro. In essa il Conte, con tutta la sua nobile prosopopea, mette a tacere le ultime, timide e inutili proteste di Bartolo, per poi esprimere la propria felicità nell'aver conseguito l'obiettivo. Tale aria, però, è frequentemente omessa dagli allestimenti dell'opera, per diversi motivi. Innanzitutto è estremamente lunga e difficile dal punto di vista vocale. Inoltre giunge quando la situazione drammatica si è ormai conclusa, rallentando e posticipando inutilmente le battute conclusive che gli spettatori ora si attendono. Infine, i suoi toni da opera seria contrastano terribilmente con quelli comici che l'hanno preceduta: qui non ci si prende gioco della nobiltà del Conte, e il personaggio risulta anche un po' arrogante e meschino nell'accanirsi sul suo rivale dopo aver già ottenuto la vittoria. Non aiuta poi il fatto che tale scena non era presente nella commedia di Beaumarchais, e dunque risulta decisamente superflua.

Per fortuna, la felice melodia della sezione finale "Il più lieto, il più felice" non andrà sprecata: Rossini, come suo solito, la riciclerà più volte in seguito, dapprima nell'opera "Le nozze di Teti e Peleo" (l'aria “Ah, non potrian resistere”) e poi soprattutto ne "La Cenerentola" (il rondò finale “Non più mesta accanto al fuoco”: al link trovate anche alcune variazioni – come quelle di Chopin – sul tema). Meno noto è il fatto che, in occasione di una rappresentazione a Padova, il compositore adattò l'aria virandola in chiave femminile e facendola cantare a Rosina, che nell'occasione era interpretata da Geltrude Righetti Giorgi.

La consuetudine di tagliare quest’aria rimane spesso ancora oggi (anche un direttore filologicamente molto attento come Claudio Abbado, interprete fondamentale nella storia recente del "Barbiere", non la ha mai eseguita), anche se proprio il suo virtuosismo estremo ha fatto sì che negli ultimi anni divenisse cavallo di battaglia di star internazionali del belcanto quali Rockwell Blake o Juan Diego Flórez. Lo stile e il tono musicale di quest’aria è decisamente "serio": lo rivela innanzitutto la struttura formale in tre sezioni, utilizzata sovente per le grandi arie delle opere serie e, quand’anche si riscontrino esempi in quelle buffe, sono sempre collocati in contesti "seri" (un esempio ne è l’aria di Don Ramiro nell’atto secondo della "Cenerentola"). Anche il contenuto musicale non è da meno: il tono di nobile ed eroico sdegno che domina il Maestoso d’esordio (a cui Rossini non manca di aggiungere pennellate di umana comprensione per «la beltà dolente») è seguito dalla dolcezza e dall’amore con cui il Conte guarda la misera situazione di Rosina nel cantabile, per poi concludersi con un rondò brillante nel quale il ritornello viene seguito da due variazioni dalla difficoltà e dalla spettacolarità vocale sempre crescente che conducono verso la coda, dove il virtuosismo vocale raggiunge vette davvero siderali. Il Conte, abbandonato finalmente ogni travestimento e ogni accento da opera buffa, riprende i panni di nobile e illuminato Grande di Spagna e, tra il giubilo generale, si fa difensore dei più deboli riscattando Rosina dal miserabile stato di oppressione in cui la teneva rinchiusa il malvagio Don Bartolo. Almaviva è così proiettato in una dimensione drammatica e anche sociale abissalmente superiore rispetto alla borghese, furbesca e talvolta un po’ meschina quotidianità degli altri personaggi; in una dimensione cioè (si perdoni il paragone forse un po’ forzoso) che lo accomuna in qualche maniera a quella schiera di sovrani di ascendenza metastasiana che col loro agire illuminato fanno in modo che la virtù trionfi sempre sulla malvagità. Fors’anche tale contenuto morale e sociale, così lontano dalla comicità realistica di fondo, ha contribuito alla sparizione di questo brano dal Barbiere per un così lungo periodo. La struttura stessa dell’opera, così come è sinora stata intessuta da librettista e compositore, rischia in questo punto di spezzarsi di fronte ad un volo di contenuto così elevato. Quando Rossini riutilizzerà la stessa musica nella "Cenerentola" (dove si fa portatrice di contenuti in gran parte simili), lo farà ben conscio che l’intera struttura drammatica di quell’opera sarebbe stata proiettata proprio verso quel sublime punto di astrazione musicale e morale.
(Stefano Piana)

Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano (“Ah, disgraziati noi! Come si fa?”).

FIGARO (con angoscia)
Ah, disgraziati noi! Come si fa?

CONTE
Che avvenne mai?

FIGARO
La scala...

CONTE
Ebben?

FIGARO
La scala non v'è più.

CONTE (sorpreso)
Che dici?

FIGARO
Chi mai l'avrà levata?

CONTE
Quale inciampo crudel!

ROSINA (con dolore)
Me sventurata!

FIGARO
Zi-zitti... Sento gente. Ora ci siamo.
Signor mio, che si fa?

CONTE
Mia Rosin, coraggio.
(si avvolge nel mantello)

FIGARO
Eccoli qua.

(Si ritirano verso una delle quinte. Entra Don Basilio con lanterna in mano, introducendo un Notaro con carte.)

BASILIO (chiamando alla quinta opposta)
Don Bartolo! Don Bartolo!

FIGARO (accennando al Conte)
Don Basilio.

CONTE
E quell'altro?

FIGARO
Ve', ve', il nostro notaro. Allegramente.
Lasciate fare a me. Signor Notaro:
(Basilio e il Notaro si rivolgono e restano sorpresi. Il Notaro si avvicina a Figaro.)
dovevate in mia casa
stipular questa sera
il contratto di nozze
fra il conte d'Almaviva e mia nipote.
Gli sposi, eccoli qua. Avete indosso la scrittura?
(I1 notaro cava la scrittura.)
Benissimo.

BASILIO
Ma piano.
Don Bartolo dov'è?

CONTE (chiamando a parte Basilio, cavandosi un anello dal dito, e additandogli di tacere)
Ehi, Don Basilio,
quest'anello è per voi.

BASILIO
Ma io...

CONTE (cavando una pistola)
Per voi
vi son ancor due palle nel cervello
se v'opponete.

BASILIO (prende l'anello)
Oibò, prendo l'anello.
Chi firma?

CONTE E ROSINA
Eccoci qua.
(sottoscrivono)

CONTE
Son testimoni Figaro e Don Basilio.
Essa è mia sposa.

FIGARO E BASILIO
Evviva!

CONTE
Oh, mio contento!

ROSINA
Oh, sospirata mia felicità!

FIGARO
Evviva!

(Nell'atto che il Conte bacia la mano a a Rosina, Figaro abbraccia goffamente Basilio, ed entrano Don Bartolo e un uffiziale con soldati.)

BARTOLO (additando Figaro ed il Conte all'Alcade ed ai soldati)
Fermi tutti. Eccoli qua.

UFFIZIALE
Colle buone, signor.

BARTOLO
Signor, son ladri.
Arrestate, arrestate.

UFFIZIALE (al Conte)
Mio signore, il suo nome?

CONTE
Il mio nome è quel d'un uom d'onor.
Lo sposo io sono di questa...

BARTOLO
Eh, andate al diavolo! Rosina
esser deve mia sposa: non è vero?

ROSINA
Io sua sposa? Oh, nemmeno per pensiero.

BARTOLO
Come? Come, fraschetta?
(additando il Conte)
Arrestate, vi dico è un ladro.

FIGARO
Or or l'accoppo.

BARTOLO
È un furfante, è un briccon.

UFFIZIALE (al Conte)
Signore...

CONTE
Indietro!

UFFIZIALE (con impazienza)
Il nome?

CONTE
Indietro, dico, indietro!

UFFIZIALE
Ehi, mio signor! Basso quel tono.
Chi è lei?

CONTE
Il Conte d'Almaviva io sono.

BARTOLO
Il Conte! Ah, che mai sento!
Ma cospetto!

CONTE
T'accheta, invan t'adopri,
resisti invan. De' tuoi rigori insani
giunse l'ultimo istante. In faccia al mondo
io dichiaro altamente
costei mia sposa.
(a Rosina)
Il nostro nodo, o cara,
opra è d'amore. Amore,
che ti fe' mia consorte
a te mi stringerà fino alla morte.
Respira omai: del fido sposo in braccio,
vieni, vieni a goder sorte più lieta.

BARTOLO
Ma io...

CONTE
Taci.

BASILIO
Ma voi...

CONTE
Olà, t'accheta.

Clicca qui per il testo di "Cessa di più resistere - Il più lieto, il più felice".

CONTE
Cessa di più resistere,
non cimentar mio sdegno.
Spezzato è il gioco indegno
di tanta crudeltà.
Della beltà dolente,
d'un innocente amore
l'avaro tuo furore
più non trionferà.
E tu, infelice vittima
d'un reo poter tiranno,
sottratta al giogo barbaro,
cangia in piacer l'affanno
e in sen d'un fido sposo
gioisci in libertà.
Cari amici...

CORO
Non temete.

CONTE
Questo nodo...

CORO
Non si scioglie,
sempre a lei vi stringerà.

CONTE
Ah, il più lieto, il più felice
è il mio cor de' cori amanti;
non fuggite, o lieti istanti
della mia felicità.

CORO
Annodar due cori amanti
è piacer che egual non ha.




Juan Diego Flórez (Conte)
dir: Gianluigi Gelmetti (2005)


Rockwell Blake

Michael Spyres

7 novembre 2019

Il barbiere di Siviglia (18) - "Ah, qual colpo"

Scritto da Christian

A mezzanotte in punto, come avevano promesso a Rosina, e mentre il temporale va scemando, il Conte e Figaro entrano nella camera della ragazza passando per la finestra: hanno raggiunto il balcone dall'esterno con una scala e hanno aperto la "gelosia" (la persiana) con la chiave che il barbiere aveva sottratto in precedenza dal mazzo di Don Bartolo. Come il libretto ci comunica, sono "avvolti in mantello e bagnati dalla pioggia".

Ad attendere i due, però, c'è una Rosina che non mostra affatto la complicità che essi si aspettavano, bensì aperta sfida e ostilità, essendo stata ingannata da Bartolo e convinta che "Lindoro" intenda portarla via soltanto per cederla alle voglie del Conte d'Almaviva. Ma per sciogliere l'equivoco ci vuol poco: basta che il Conte, dopo essersi nuovamente assicurato che la ragazza sia sinceramente innamorata del povero studente e non brami affatto le ricchezze del nobiluomo altolocato, le sveli la sua vera identità: "Mirami, o mio tesoro. / Almaviva son io: non son Lindoro".

Il delizioso terzetto che ne consegue è forse l'ultimo dei tanti gioielli di quest'opera. Nella prima parte ("Ah, qual colpo inaspettato!"), assistiamo alla meraviglia e allo stupore di Rosina nel venire a conoscenza dell'identità del suo amato: la gioia nel scoprirsi ingannata sì, ma non come aveva creduto fino ad allora, si fonde con la felicità del Conte stesso (che si bea del proprio "trionfo") e con la soddisfazione di Figaro (che con malcelato orgoglio vede i propri intrighi giungere a lieta conclusione: "Guarda, guarda il mio talento / che bel colpo seppe far!"). E dopo un attimo di esitazione da parte della ragazza che non sa più come rivolgersi al Conte ("Ma signor... ma voi... ma io..."), il quale subito la tranquillizza e le assicura che sarà presto sua sposa, i due innamorati si lanciano in un canto vorticoso e intrecciato, esprimendo uno stato d'animo colmo di gioia e di passione ("Dolce nodo avventurato / che fai paghi i miei desiri").

A questo punto il barbiere, più pragmatico, inizia (dapprima timidamente, intrufolandosi fra un verso e l'altro del flusso musicale dei due innamorati, e poi con sempre maggior convinzione) a far loro presente che non è il momento per perdersi in romanticherie: il tempo stringe ed è necessario fuggire dalla casa prima che qualcuno si accorga della loro presenza. "Presto, andiamo, vi sbrigate, / via, lasciate quei sospiri. / Se si tarda i miei raggiri / fanno fiasco in verità", dice, arrogandosi ancora una volta l'intero merito della riuscita dell'operazione (che invece, a ben vedere, è più il frutto dell'improvvisazione di Almaviva). Rossini sfrutta l'occasione per amplificare al massimo l'effetto comico, lasciando che Figaro imiti e faccia ironicamente il verso ai fluviali gorgheggi e alle infiorettature belcantistiche (alquanto esagerate) del Conte e di Rosina. Non a caso il terzetto, almeno nella prima parte, è definito "una sorta di duetto con terzo incomodo". Purtroppo in certe versioni questa sezione è abbreviata di diverse battute e risulta perciò meno divertente.

La transizione verso la seconda parte del terzetto avviene quando Figaro, scorgendo fuori dalla finestra due persone avvicinarsi alla casa con una lanterna, scuote definitivamente il Conte e Rosina dai loro "sospiri amorosi" con un grido d'allarme. Il Conte chiede conferma, e a questo punto, dopo essersi interrogati sul da farsi ("Che si fa?"), i tre personaggi si lanciano in una definita manifestazione d'intenti (per la cui melodia Rossini si sarebbe ispirato a un'aria dall'oratorio "Le stagioni" di Joseph Haydn):

Zitti zitti, piano piano,
non facciamo confusione,
per la scala del balcone
presto andiamo via di qua.
Da notare le similitudini con il "Piano, pianissimo" che apriva il primo atto dell'opera. Anche stavolta, nonostante ci sarebbe da aspettarsi un'azione silenziosa e fulminea, i personaggi impiegano un'eternità – la partitura prosegue per ben 93 battute – a sollecitarsi a vicenda e a ribadire (anche ad altissima voce!) la necessità di fare piano e di scendere dal balcone in silenzio.
Rossini prende a pretesto la necessità della fuga in punta di piedi per intessere la sua trama musicale. Mutato il tempo metronomico, sopra un tappeto di archi pizzicati le tre voci ripetono a turno un tema dominato da note staccate: Il brano prosegue tra estemporanei quanto brevi fortissimo con l’intreccio delle tre voci a costituire un pezzo dove, come già tante volte in quest’opera, la situazione scenica funge da movente per l’inarrestabile e calibratissimo gioco musicale.
(Stefano Piana)
Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano (“Alfine, eccoci qua”).

(Scoppia un temporale. Dalla finestra di prospetto si vedono freguenti lampi, e si sente il rumore del tuono. Sulla fine del temporale si vede dal di fuori aprirsi la gelosia, ed entrano uno dopo l'altro Figaro ed il Conte avvolti in mantelli e bagnati dalla pioggia. Figaro avrà in mano una lanterna accesa.)

FIGARO
Alfine, eccoci qua.

CONTE
Figaro, dammi man. Poter del mondo!
Che tempo indiavolato!

FIGARO
Tempo da innamorati.

CONTE
Ehi, fammi lume.
(Figaro accende i lumi.)
Dove sarà Rosina?

FIGARO
Ora vedremo. Eccola, appunto.

CONTE (con trasporto)
Ah, mio tesoro!

ROSINA (respingendolo)
Indietro, anima scellerata; io qui di mia
stolta credulità venni soltanto
a riparar lo scorno, a dimostrarti
qual sono, e quale amante
perdesti, anima indegna e sconoscente.

CONTE (sorpreso)
Io son di sasso.

FIGARO (sorpreso)
lo non capisco niente.

CONTE
Ma per pietà...

ROSINA
Taci. Fingesti amore
per vendermi alle voglie
di quel tuo vil Conte Almaviva...

CONTE (con gioia)
Al Conte?
Ah, sei delusa! Oh me felice!
Adunque tu di verace amore
ami Lindor? Rispondi!

ROSINA
Ah, sì! T'amai purtroppo!

CONTE
Ah, non è tempo
di più celarsi, anima mia.
(s'inginocchia gettando il mantello che viene raccolto da Figaro)
Ravvisa colui che sì gran tempo
seguì tue tracce, che per te sospira,
che sua ti vuole.
Mirami, o mio tesoro:
Almaviva son io, non son Lindoro.

Clicca qui per il testo di "Ah, qual colpo inaspettato".

ROSINA (stupefatta, con gioia)
(Ah, qual colpo inaspettato!
Egli stesso? O Ciel, che sento!
Di sorpresa e di contento
son vicina a delirar.)

FIGARO
(Son rimasti senza fiato:
ora muoion di contento.
Guarda, guarda il mio talento
che bel colpo seppe far!)

CONTE
(Qual trionfo inaspettato!
Me felice! Oh, bel momento!
Ah! D'amore e di contento
son vicino a delirar.)

ROSINA
Mio signor! Ma voi... Ma io...

CONTE
Ah, non più, non più, ben mio.
Il bel nome di mia sposa,
idol mio, t'attende già.

ROSINA
Il bel nome di tua sposa
oh, qual gioia al cor mi dà!

CONTE
Sei contenta?

ROSINA
Ah! mio signore!

ROSINA E CONTE
Dolce nodo avventurato
che fai paghi i miei desiri!
Alla fin de' miei martiri
tu sentisti, amor, pietà.

FIGARO
Presto, andiamo, vi sbrigate;
via, lasciate quei sospiri.
Se si tarda, i miei raggiri
fanno fiasco in verità.
(guardando fuori del balcone)
Ah! cospetto! che ho veduto!
Alla porta... una lanterna...
due persone! Che si fa?

CONTE
Hai veduto due persone?

FIGARO
Sì, signore.

ROSINA, CONTE E FIGARO
Che si fa?
Zitti zitti, piano piano,
non facciamo confusione,
per la scala del balcone
presto andiamo via di qua.




Teresa Berganza (Rosina), Hermann Prey (Figaro), Luigi Alva (Conte)
dir: Claudio Abbado (1971)


Anna Bonitatibus (Rosina), Leo Nucci (Figaro), Raul Giménez (Conte)
dir: Maurizio Barbacini (2005)


Maria Callas, Tito Gobbi, Luigi Alva
(1957)

Giulietta Simionato, Ettore Bastianini,
Alvinio Misciano (1956)


"Zitti zitti, piano piano"
Danielle de Niese (Rosina), Björn Bürger (Figaro), Taylor Stayton (Conte)
dir: Enrique Mazzola (2016)

4 novembre 2019

Il barbiere di Siviglia (17) - Il temporale

Scritto da Christian

Prima del gran finale, c'è una parentesi strumentale. Si tratta di un temporale notturno, brano autonomo di grande suggestione che il compositore “ricicla” da una sua opera precedente, “La pietra del paragone” (sia pure con qualche modifica alla partitura), e che ha qui una precisa funzione drammaturgica, quella di rappresentare il momento in cui l'intreccio degli eventi ha raggiunto l'istante di massima tensione, in attesa di una risoluzione che riporti finalmente il sereno. In quanto tale, come intermezzo che punta a posticipare di qualche minuto il progredire della vicenda, il temporale è un vero e proprio topos ricorrente in molte opere liriche di Rossini: si pensi alla "Cenerentola", ma anche al "Guglielmo Tell" e molti altri.

Rossini separa [i precedenti] eventi dal finale scrivendo un intermezzo strumentale di una certa ampiezza ed elaborazione, che descrive con 'realismo musicale’ l’arrivo, il culmine e il placarsi di un violento temporale (anche Paisiello aveva piazzato un temporale fra gli atti terzo e quarto, così come accadeva nella pièce di Beaumarchais). Non è certo questo l’unico caso in cui appare un temporale nelle opere rossiniane: un anno dopo il compositore utilizzerà lo stesso espediente nella “Cenerentola”, mentre qualcosa di simile aveva già fatto quattro anni prima nella “Pietra del paragone” in una scena la cui musica viene in gran parte qui riciclata (non mancano ovviamente neppure i temporali ‘seri’, da quello di “Otello” fino al “Guillaume Tell”). Alle prime gocce di pioggia, descritte nella parte iniziale del brano da semiminime staccate sottovoce degli archi, segue la parte centrale, in do, dove il crescere e l’infuriare del temporale sono descritti con folate di semicrome, prima in piano poi in fortissimo, a cui si aggiunge in scena la presenza della macchina del tuono (in partitura appare ad un certo punto l’indicazione “Tuono”). Quando la forza del temporale scema, riappare la figurazione iniziale, che ora descrive le ultime gocce, e nel contempo il discorso musicale si riporta sul Do che chiude il brano.
(Stefano Piana)


dir: Maurizio Barbacini


dir: James Levine

dir: Alceo Galliera

31 ottobre 2019

Il barbiere di Siviglia (16) - "Ah, se è ver"

Scritto da Christian

Ho già scritto di come il lunghissimo recitativo nel primo atto in cui si spiegano le premesse della storia mi lasci perplesso: si tratta di quasi sette-otto minuti senza musica orchestrale. Qualcosa di simile accade nella seconda metà del secondo atto: con l'eccezione del temporale (un brano soltanto strumentale), del terzetto “Ah, qual colpo inaspettato” e della breve licenza finale, il resto dell'opera prevede soltanto recitativi secchi, ai quali è affidato il compito di narrare gli ultimi colpi di scena e di tirare le fila della vicenda. Questa strana situazione, a dire il vero, è esacerbata dalla consuetudine di eliminare la grande aria del Conte “Cessa di più resistere” con il suo rondò finale “Il più lieto, il più felice”, ritenuta troppo lunga e poco consona al resto dell'opera (ne parleremo più avanti). A compensare almeno in parte, invece, c'è un brano aggiuntivo scritto dallo stesso Rossini per Rosina, quando si era già consolidato l'uso di far cantare questa parte a un soprano anziché a un contralto. Ma andiamo per ordine.

Don Bartolo ha richiamato Don Basilio, che era stato mandato via di casa incerimoniosamente durante il quintetto precedente, e ha ottenuto da lui la conferma dei suoi sospetti: Don Alonso era un impostore, un inviato del Conte d'Almaviva o forse – come sospetta il maestro di musica – il Conte in persona. Per anticipare le mosse del rivale, il tutore decide di passare all'azione e di affrettare le proprie nozze con Rosina: ordina così a Basilio di convocare la sera stessa il notaio per stipulare il contratto di matrimonio.

Partito Basilio, Don Bartolo decide di mostrare a Rosina il biglietto d'amore che ha ricevuto in precedenza dal finto Don Alonso. Qui il tutore mette in pratica il suggerimento che gli aveva dato lo stesso Almaviva (far credere alla ragazza che il Conte si prende gioco di lei, e che aveva affidato per gioco il suo biglietto a un'altra amante). Rosina interpreta invece la cosa in altro modo: Lindoro la sta corteggiando soltanto per conto del potente Almaviva, in braccio al quale la vuole condurre. Ferita e sbigottita, la ragazza medita vendetta. E per ripicca accetta di sposare il vecchio tutore, rivelandogli anche l'intenzione di Lindoro e di Figaro – in possesso della chiave dell'inferriata alla finestra – di giungere a prenderla quella sera stessa. A questa notizia Bartolo si accommiata, deciso a chiamare le guardie per far arrestare gli intrusi.

(La frase di Bartolo “Don Alonso e il barbiere congiuran contro voi: non vi fidate. In potere del Conte d'Almaviva vi vogliono condurre...” non ha molto senso, visto che il tutore non sa di Lindoro e non ha motivo di credere che Rosina non desideri proprio il Conte come amante).

In questo punto si colloca l'aria aggiuntiva (“Ah, se è ver – L'innocenza di Lindoro”) composta da Rossini attorno al 1820 per il soprano Joséphine Fodor-Mainvielle, che interpretava Rosina in occasione di una rappresentazione a Parigi, quando si stava già consolidando l'uso di far cantare questa parte a un soprano anziché a un contralto. Pur raramente conservato negli allestimenti tradizionali dell'opera (viene invece eseguito talvolta come brano da concerto), questo numero è utile per dare maggior spazio e spessore ai turbamenti della ragazza, che manifesta i propri dubbi e si domanda se Lindoro, in fondo, possa essere innocente (“Ma forse, ahimè, Lindoro avrà perduto / questo dell'amor mio pegno soave”).


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano (“Dunque voi Don Alonso”).

BARTOLO (introducendo Don Basilio)
Dunque voi Don Alonso
non conoscete affatto?

BASILIO
Affatto.

BARTOLO
Ah, certo il Conte lo mandò.
Qualche gran tradimento
qui si prepara.

BASILIO
Io poi dico che quell'amico
era il Conte in persona.

BARTOLO
Il Conte?

BASILIO
Il Conte.
(La borsa parla chiaro.)

BARTOLO
Sia chi si vuole, amico,
dal notaro vo' in questo punto andare;
in questa sera
stipular di mie nozze io vo' il contratto.

BASILIO
Il notar? siete matto?
Piove a torrenti, e poi
questa sera il notaro è impegnato con Figaro;
il barbiere marita sua nipote.

BARTOLO
Una nipote? Che nipote?
Il barbiere non ha nipoti.
Ah, qui v'è qualche imbroglio.
Questa notte i bricconi me la voglion far.
Presto, il notaro qua venga sull'istante.
(gli dà una chiave)
Ecco la chiave del portone:
andate, presto, per carità.

BASILIO
Non temete; in due salti io torno qua.
(parte)

BARTOLO
Per forza o per amore
Rosina avrà da cedere. Cospetto!
Mi viene un'altra idea. Questo biglietto
(cava dalla tasca il biglietto datogli dal Conte)
che scrisse la ragazza ad Almaviva
potria servir che colpo da maestro!
Don Alonso, il briccone,
senza volerlo mi diè l'armi in mano.
Ehi, Rosina, Rosina, avanti, avanti;
(Rosina dalle sue camere entra senza parlare.)
del vostro amante io vi vò dar novella.
Povera sciagurata! In verità
collocaste assai bene il vostro affetto!
Del vostro amor sappiate
ch'ei si fa gioco in sen d'un'altra amante.
Ecco la prova.
(Le dà il biglietto.)

ROSINA (con doloroso stupore)
(Oh cielo! il mio biglietto!)

BARTOLO
Don Alonso e il barbiere congiuran
contro voi; non vi fidate.
Nelle braccia del Conte d'Almaviva
vi vogliono condurre.

ROSINA
(In braccio a un altro!
Che mai sento ah, Lindoro! ah, traditore!
Ah sì! vendetta e vegga,
vegga quell'empio chi è Rosina.)
Dite signore, di sposarmi
voi bramavate...

BARTOLO
E il voglio.

ROSINA
Ebben, si faccia!
Io son contenta! ma all'istante.
Udite: a mezzanotte qui sarà l'indegno
con Figaro il barbier; con lui fuggire
per sposarlo io voleva.

BARTOLO
Ah, scellerati!
Corro a sbarrar la porta.

ROSINA
Ah, mio signore!
Entran per la finestra. Hanno la chiave.

BARTOLO
Non mi muovo di qui.
Ma e se fossero armati? Figlia mia,
poiché tu sei sì bene illuminata
facciam così. Chiuditi a chiave in camera,
io vo a chiamar la forza;
dirò che son due ladri, e come tali,
corpo di Bacco! l'avrem da vedere!
Figlia, chiuditi presto; io vado via.
(parte)

ROSINA
Quanto, quanto è crudel la sorte mia!

Clicca qui per il testo di "Ah, se è ver che in tal momento".

ROSINA
Ma forse, ahimè, Lindoro avrà perduto
questo dell'amor mio pegno soave.
Troppo il poter d'un vivo amore ei sente!
Oh, me lo dice il cor: egli è innocente!

Ah, se è ver che in tal momento
ti scordasti, oh Dio, di me,
il rimorso, il pentimento,
mi ritorni la tua fé.
Se innocente è il caro bene
qual maggior felicità:
più non sento le mie pene.
Di più il cor bramar non sa.

L'innocenza di Lindoro
deh, tu svela, amor pietoso.
Per te l'alma avrà riposo,
per te il cor giubilerà!
Ah, se riede il caro bene,
qual maggior felicità!




Maria Bayo (Rosina)


Marinella Devia

Annick Massis