30 dicembre 2012

La Cenerentola (18) - "Questo è un nodo avviluppato"

Scritto da Christian

Rossini si è certamente divertito nel mettere in musica questo sestetto, che gioca sulla pronuncia delle consonanti per creare un effetto comico e rafforzare il senso di stupore e di straniamento che segue alla rivelazione delle rispettive identità del Principe e di Cenerentola. Forse il brano più famoso dell'opera, è un tipico momento di “stasi” drammaturgica, in cui l'azione si arresta e tutti i personaggi – sbalorditi, perplessi o frastornati – si fermano a manifestare i propri pensieri (ne abbiamo già visti alcuni esempi in precedenza: “Nel volto estatico”, “Parlar, pensar, vorrei” e la stretta del finale del primo atto, “Mi par d'essere sognando”), per poi riprendere con impeto ancora maggiore.

Percepiamo la consistenza fonica del groviglio, con tutti quei gr, tr, pp... Ma al tempo stesso il concertato, col suo contrappunto, ci parla con la massima lucidità anche del groviglio della trama dell'opera, con i suoi affetti contraddittori e i suoi imbrogli, generatori di confusione e abbagli, che si scioglieranno infine con l'apoteosi di Cenerentola.
(Fausto Petrella)
Per la sua struttura insolita, il sestetto può dare qualche grattacapo ai registi durante l'allestimento, oppure – al contrario – permettere loro di scatenarsi nelle più fantasiose scenografie, mostrando visivamente quello stesso "intreccio aggrovigliato" di cui parla il testo.

Clicca qui per il testo del brano.

RAMIRO
Siete voi?

CENERENTOLA
Voi prence siete?

CLORINDA, TISBE
Qual sorpresa!

DANDINI
Il caso è bello!

DON MAGNIFICO
Ma...

RAMIRO
Tacete!

DON MAGNIFICO
Addio cervello!
Se...

RAMIRO, DANDINI
Silenzio!

TUTTI
Che sarà?

TUTTI
Questo è un nodo avviluppato,
questo è un gruppo rintrecciato.
Chi sviluppa più inviluppa,
chi più sgruppa, più raggruppa;
ed intanto la mia testa
vola, vola e poi s'arresta;
vo tenton per l'aria oscura,
e comincio a delirar.



Frederica Von Stade, Claudio Desderi, Francisco Araiza, Paolo Montarsolo,
Margherita Guglielmi, Laura Zannini – dir: Claudio Abbado


Giulietta Simionato, Sesto Bruscantini, Ugo Benelli, Paolo Montarsolo, Dora Carral, Miti Truccato Pace – dir: Oliviero de Fabritiis


Cecilia Bartoli, Alessandro Corbelli, Raúl Giménez, Enzo Dara, Laura Knoop, Jill Grove – dir: Bruno Campanella


Sonia Ganassi, Marco Vinco, Alfonso Antoniozzi, Antonino Siragusa, Paola Gardina, Carla Di Censo – dir: Renato Palumbo

Joyce DiDonato, David Menéndez, Juan Diego Flórez, Bruno de Simone, Cristina Obregón, Itxaro Mentxaca – dir: Patrick Summers


Sul blog "L'orecchio curioso" trovate una bella analisi del brano.

Il sestetto “Questo è un nodo avviluppato” è stato utilizzato da Pascal Roulin nel film “L'Opéra Imaginaire”, una sorta di cartone animato simile a “Fantasia” della Disney ma con brani d'opera anziché sinfonici (la versione che si ascolta è quella con Simionato, Bruscantini e Benelli).


26 dicembre 2012

La Cenerentola (17) - Il temporale

Scritto da Christian

Il secondo atto è narrativamente diviso in due da un piccolo brano, solo strumentale, che evoca un "temporale", spezza momentaneamente l'azione e prepara la scena per il gran finale. Non si tratta di un caso unico nelle opere di Rossini: basti ricordare il temporale del “Barbiere di Siviglia” (a sua volta ripreso da quello di un'opera giovanile, “La pietra del paragone”, riciclato poi anche ne “L'occasione fa il ladro”), così come alcuni passaggi dell'ouverture del “Guglielmo Tell”. La furia degli elementi e il successivo ritorno del sereno sono descritti musicalmente dal compositore con la consueta maestria. Da notare che giusto qualche anno prima, probabilmente nel 1813, Rossini aveva già scritto una serie di brevi brani strumentali che richiamavano proprio le forze e le atmosfere della natura (“La notte, temporale, preghiera, caccia”), nel solco delle suggestioni romantiche e pastorali che non avevano mai abbandonato la musica e l'arte nei due secoli precedenti e che nell'Ottocento trovavano ancora maggior spazio in seguito ai nuovi sviluppi della tecnica sinfonica. In quegli stessi anni, per esempio, avevano fatto la loro comparsa in Italia le sinfonie di Beethoven: proprio nel 1813 a Milano erano state eseguite la Quarta, la Quinta e soprattutto la Sesta (la “Pastorale”), alcuni echi della quale sembrano riecheggiare proprio nelle ultime note del temporale della “Cenerentola”, quando cessa la tormenta e torna finalmente il sereno.

La scena è cambiata, e siamo nuovamente nella cadente villa di Don Magnifico. Tornati a casa irati e furibondi, il patrigno e le due sorellastre si scagliano contro Cenerentola (che ovviamente ha avuto il tempo di precederli e di cambiarsi nuovamente d'abito), “colpevole” soltanto di assomigliare alla misteriosa dama il cui arrivo nella casa del principe ha scombussolato i loro piani. L'impaziente Ramiro, nel frattempo, sta battendo la campagna con la propria carrozza, alla disperata ricerca della donna che ha rapito il suo cuore. Approfittando della tempesta, e con la complicità di Dandini, il saggio Alidoro inscena un incidente, ovvero il ribaltamento della carrozza reale, proprio dinnanzi alla villa di Don Magnifico, costringendo così Ramiro a cercare riparo al suo interno e dandogli la possibilità di riconoscere in Cenerentola la donna da lui amata.

Al cessar del temporale, ecco dunque battere alla porta della villa. Don Magnifico, vedendo ricomparire il principe così presto, intuisce che c'è sotto qualcosa: sussurra a Clorinda e Tisbe “Non senza un perché venuto è qua”, essendo ancora convinto che intenda sposare una delle due figlie, e ordina a Cenerentola di portare al principe la “sedia nobile” – ovvero la poltrona imbottita, con i braccioli, destinata agli ospiti più importanti. La ragazza, ancora ignara della vera identità di Ramiro, si appresta a portare la sedia a Dandini, quando il patrigno la corregge. Contemporaneamente il principe si accorge dello smaniglio al suo polso: è il momento del reciproco riconoscimento fra Ramiro e Angelina, che lascia tutti senza parole.


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

CENERENTOLA
Una volta c'era un re,
che a star solo s'annoiò;
cerca, cerca, ritrovò!
Ma il volean sposar in tre.
Cosa fa?
Sprezza il fasto e la beltà,
e alla fin scelse per sé
l'innocenza e la bontà.
La la là
li li lì
la la là.

(guarda lo smaniglio)
Quanto sei caro!
E quello cui dato ho il tuo compagno,
è più caro di te. Quel signor principe
che pretendea con quelle smorfie? Oh bella!
Io non bado a' ricami, ed amo solo
bel volto e cor sincero,
e do la preferenza al suo scudiero.
Le mie sorelle intanto... ma che occhiate!
Parean stralunate!
(s'ode bussare fortemente, ed apre)
Qual rumore! (Uh? chi vedo! che ceffi!)
Già di ritorno?
Non credea che tornaste avanti giorno.

CLORINDA
(entrando, accennando Cenerentola)
Ma ve l'avevo detto...

DON MAGNIFICO
Ma cospetto, cospetto!
Similissime sono affatto affatto.
Quella è l'original, questa è il ritratto.
(a Cenerentola)
Hai fatto tutto?

CENERENTOLA
Tutto.
Perché quel ceffo brutto
voi mi fate così?

DON MAGNIFICO
Perché, perché...
per una certa strega
che rassomiglia a te!

CLORINDA
Sulle tue spalle
quasi mi sfogherei.

CENERENTOLA
Povere spalle mie,
cosa c'hanno a che far?

(Cominciano lampi e tuoni.)

TISBE
Oh, fa mal tempo!
Minaccia un temporale.

DON MAGNIFICO
Altro che temporale!
Un fulmine vorrei che incenerisse il cameriere!

CENERENTOLA
Ma dite, cosa è accaduto?
Avete qualche segreta pena?

DON MAGNIFICO
Sciocca! Va' là, va' a preparar la cena.

CENERENTOLA
Vado sì, vado. (Ah, che cattivo umore.
Ah! Lo scudiero mio mi sta nel core.)


Clicca qui per il testo del recitativo che segue il brano.

DANDINI
Scusate, amici.
La carrozza del principe ribaltò...
(riconoscendo don Magnifico)
Ma chi vedo?

DON MAGNIFICO
Uh! Siete voi!
Ma il principe dov'è?

DANDINI
(accennando Ramiro)
Lo conoscete!

DON MAGNIFICO
(rimanendo sorpreso)
Lo scudiero? Oh, guardate.

RAMIRO
Signore, perdonate
se una combinazione...

DON MAGNIFICO
Che dice! Si figuri! Mio padrone!
(sottovoce, a Clorinda e Tisbe)
Eh, non senza perché venuto è qua.
La sposa, figlie mie, fra voi sarà.
(a Cenerentola)
Ehi, presto, Cenerentola,
porta la sedia nobile!

RAMIRO
No, no: pochi minuti.
Altra carrozza pronta ritornerà.

DON MAGNIFICO
Ma che! Gli pare!

CLORINDA
Ti sbriga, Cenerentola!

CENERENTOLA
(recando la sedia a Dandini, che crede il principe)
Son qui.

DON MAGNIFICO
Dalla al principe, bestia, eccolo lì.

CENERENTOLA
Questo! Ah, che vedo! Principe!
(sorpresa, riconoscendo per principe don Ramiro, si pone le mani sul volto e vuol fuggire)

RAMIRO
T'arresta!
Che? Lo smaniglio!...
È lei! Che gioia è questa!




direttore: Claudio Abbado



direttore: Vladimir Jurowski



direttore: Sergio Renan

direttore: Walter Attanasi

20 dicembre 2012

La Cenerentola (16) - "Un segreto d'importanza"

Scritto da Christian

E Dandini? Ricevuto da Ramiro l'ordine di cessare la mascherata, ha un'ultima opportunità per fingersi principe quando Don Magnifico, ancora ignaro dell'accaduto, lo approccia per “sollecitare la scelta” della sposa fra le sue due figlie. Il valletto approfitta della situazione per prendersi gioco ancora una volta del barone. In questo divertente duetto (non meno movimentato e ironico di altri celebri duetti rossiniani, a partire da quello del “Barbiere di Siviglia” fra Figaro e Almaviva, “All'idea di quel metallo”), ecco finalmente i due personaggi prettamente comici dell'opera impegnati direttamente l'uno contro l'altro.


Numerosi i momenti esilaranti: dall'equivoco, nel recitativo, con cui Don Magnifico inizia a sospettare che il “principe” voglia “maritarsi” con lui (si ripensi, a tal proposito, agli eccessivi complimenti che Dandini aveva fatto in precedenza proprio al barone, paragonando per esempio le due figlie a lui: “son tutte papà!”), al buffissimo verso “Sua eccellenza – Bestia! – Altezza” in cui il barone interpola un epiteto rivolto a sé stesso fra i due titoli destinati al principe.

Dandini è sincero, all'inizio, nel dire che il "segreto d'importanza" che sta per rivelare al barone lo farà "strasecolar". Ma non come Don Magnifico intende. La tira per le lunghe e lo prende in giro definendolo "uomo saggio e stagionato", mentre lui si ritiene consigliere "già stampato". Divertente anche la lista delle pretese di Don Magnifico ("Abbia sempre pronti in sala / trenta servi in piena gala, / centosedici cavalli, / duchi, conti e mareschialli...") quando Dandini gli chiede come dovrà essere lo stile di vita delle figlie, cui il valletto risponde confessando finalmente al barone la verità. E nel finale, Dandini si rivela "collega" di Figaro, non solo musicalmente ma anche per via degli stessi strumenti di lavoro ("Se vuol rasoio, / sapone e pettine, / saprò arricciarla, / sbarbificarla"). Da notare che per questo brano il libretto originale di Jacopo Ferretti presentava molti versi in più rispetto a quelli musicati da Rossini e compresi nell'edizione critica.


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

DANDINI
Ma dunque io sono un ex?
Dal tutto al niente
precipito in un tratto?
Veramente ci ho fatto una bella figura!

DON MAGNIFICO
(entra premuroso)
Scusi la mia premura...
ma quelle due ragazze
stan con la febbre a freddo.
Si potrebbe... sollecitar la scelta?

DANDINI
È fatta, amico.

DON MAGNIFICO
(con sorpresa)
È fatta! Ah! Per pietà! Dite, parlate...
È fatta! E i miei germogli
in queste stanze a vegetar verranno?

DANDINI
Tutti poi lo sapranno;
per ora è un gran segreto.

DON MAGNIFICO
E quale, e quale?
Clorindina o Tisbetta?

DANDINI
Non giudicate in fretta.

DON MAGNIFICO
Lo dica ad un papà.

DANDINI
Ma silenzio.

DON MAGNIFICO
Si sa; via, dica presto.

DANDINI
Non ci ode alcuno?

DON MAGNIFICO
In aria non si vede una mosca.

DANDINI
È un certo arcano
che farà sbalordir.

DON MAGNIFICO
(smaniando)
Sto sulle spine.

DANDINI
Poniamoci a sedere.

DON MAGNIFICO
Presto, per carità.

DANDINI
Voi sentirete
un caso assai bizzarro.

DON MAGNIFICO
(Che volesse
maritarsi con me?)

DANDINI
Mi raccomando.

DON MAGNIFICO
(con smania che cresce)
Ma si lasci servir.

DANDINI
Sia sigillato
quanto ora udrete dalla bocca mia.

DON MAGNIFICO
Io tengo in corpo una segreteria.

Clicca qui per il testo del brano.

DANDINI
Un segreto d'importanza,
un arcano interessante
io vi devo palesar.
È una cosa stravagante,
vi farà strasecolar.

DON MAGNIFICO
Senza battere le ciglia,
senza manco trarre il fiato
io mi pongo ad ascoltar.
Starò qui pietrificato,
ogni sillaba a contar.

DANDINI
Uomo saggio e stagionato
sempre meglio ci consiglia.
Se sposassi una sua figlia,
come mai l'ho da trattar?

DON MAGNIFICO
(Consiglier son già stampato!)
Ma che eccesso di clemenza!
Mi stia dunque Sua eccellenza...
(Bestia!)... Altezza, ad ascoltar.
Abbia sempre pronti in sala
trenta servi in piena gala,
cento sedici cavalli,
duchi, conti e marescialli
a dozzine convitati,
pranzi sempre coi gelati
poi carrozze, poi bombè.

DANDINI
Vi rispondo senza arcani
che noi siamo assai lontani.
Io non uso far de' pranzi;
mangio sempre degli avanzi,
non m'accosto a' gran signori,
tratto sempre servitori.
Me ne vado sempre a piè.

DON MAGNIFICO
Mi corbella?

DANDINI
Gliel prometto.

DON MAGNIFICO
Questo dunque...?

DANDINI
È un romanzetto.
È una burla il principato,
sono un uomo mascherato.
Ma venuto è il vero principe,
m'ha strappata alfin la maschera.
Io ritorno al mio mestiere:
son Dandini il cameriere.
Rifar letti, spazzar abiti,
far la barba e pettinar.

DON MAGNIFICO
Far la barba... e pettinar...?
Di quest'ingiuria,
di quest'affronto
il vero principe
mi renda conto.

DANDINI
Oh, non s'incomodi,
non farà niente.
Ma parta subito,
immantinente.

DON MAGNIFICO
Non partirò.

DANDINI
Lei partirà.

DON MAGNIFICO
Sono un barone.

DANDINI
Pronto è il bastone.

DON MAGNIFICO
Ci rivedremo,
ci parleremo!

DANDINI
Ci rivedremo,
ci parleremo!

DON MAGNIFICO
Tengo nel cerebro
un contrabbasso
che basso basso
frullando va.
Da cima a fondo,
poter del mondo!
Che scivolata,
che gran cascata!
Eccolo eccolo,
tutti diranno,
mi burleranno
per la città.

DANDINI
Povero diavolo!
È un gran sconquasso
che d'alto in basso
piombar lo fa.
Vostr'eccellenza
abbia prudenza.
Se vuol rasoio,
sapone e pettine,
saprò arricciarla,
sbarbificarla.
Ah ah! Guardatelo,
l'allocco è là.




Claudio Desderi e Paolo Montarsolo


Pietro Spagnoli e Alessandro Corbelli


Marco Vinco e Alfonso Antoniozzi


Sesto Bruscantini
e Alfredo Mariotti

Alessandro Corbelli
ed Enzo Dara


Vi segnalo infine questo interessantissimo filmato che mostra due grandi interpreti dell'opera italiana, Roberto De Candia e Alfonso Antoniozzi, esibirsi nel duetto in questione durante un seminario.

15 dicembre 2012

La Cenerentola (15) - "Sì, ritrovarla io giuro"

Scritto da Christian

Non solo Ramiro è rimasto fulminato dalla bellezza di Cenerentola: “anche Dandini ne sembra innamorato”. Ma il corteggiamento del falso principe alla dama non ha successo: a differenza delle sorellastre arrampicatrici, Angelina gli confessa di essere innamorata del suo “scudiero”. Tanto basta a Ramiro per farsi avanti a sua volta e chiedere alla ragazza di sposarlo: Cenerentola però, consapevole del proprio stato (e cioè di essere una serva, nonostante i lussuosi abiti che indossa), non può accettare su due piedi, e spiega al giovane che dovrà prima conoscerla meglio, ed “esaminare la sua fortuna”. Ma come, senza svelare immediatamente la sua identità?

È questo un altro punto in cui la trama dell'opera di Rossini differisce in maniera sensibile dalla fiaba tradizionale: non c'è la celebre scarpetta di cristallo, né la fuga obbligata a mezzanotte, ma uno “smaniglio” (ovvero “un braccialetto prezioso in oro e gemme su una fascia di velluto nero”) che Angelina dona di sua iniziativa al pretendente, prima di eclissarsi dal palazzo. Per ritrovarla, afferma, gli basterà cercare la donna che ne indossa uno identico al braccio destro. “E allor... se non ti spiaccio... allor m'avrai”.

Quella di farsi cercare attraverso questo stratagemma è una scelta precisa della protagonista, dettata dalla sua grande sensibilità: credendo che Ramiro sia un semplice scudiero, vuole dare anche a lui la possibilità di decidere se accettarla come sposa o meno. Quando vedrà lo smaniglio al suo braccio e la riconoscerà, se rimarrà deluso, potrà far finta di nulla ed evitare spiegazioni imbarazzanti: “un gesto di estrema delicatezza”. Alcuni critici hanno fatto notare, comunque, come la trovata porti con sé alcuni problemi di incongruenza scenica: se tanto Angelina – nei panni della dama elegante e ingioiellata – e Cenerentola – vestita di stracci – indossano un identico smaniglio, “uno dei due dovrebbe stonare”!.

L'aria “Sì, ritrovarla io giuro”, che Ramiro canta – accompagnato dal coro – dopo aver ripreso il proprio ruolo di principe, rappresenta il momento di bravura per il tenore, che oltre a questo brano ha a disposizione in tutta l'opera solo un paio di duetti (con Cenerentola e con Dandini, nel primo atto) per mettersi in mostra in scena: un po' poco. Musicalmente il pezzo è diviso in tre parti: un incipit virtuosistico (dopo il quale partono talvolta i primi applausi degli spettatori, ignari che l'aria deve proseguire), un secondo “movimento” più lento ("Pegno adorato e caro"), e il finale vivace ("Noi voleremo, domanderemo") con il coro dei cortigiani che accompagna l'impeto del principe e la sua decisione di andare alla ricerca della misteriosa donna amata.


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

RAMIRO
Ah! Questa bella incognita,
con quella somiglianza all'infelice
che mi colpì stamane,
mi va destando in petto
certa ignota premura...
Anche Dandini ne sembra innamorato.
Eccoli: udirli or qui potrò celato.
(si nasconde)

DANDINI
Ma non fuggir, per Bacco! quattro volte
mi hai fatto misurar la galleria.

CENERENTOLA
O mutate linguaggio, o vado via.

DANDINI
Ma che? Il parlar d'amore
è forse una stoccata?

CENERENTOLA
Ma se d'un altro io sono innamorata!

DANDINI
E me lo dici in faccia?

CENERENTOLA
Ah! mio signore,
deh! non andate in collera
col mio labbro sincero.

DANDINI
Ed ami?

CENERENTOLA
Scusi...

DANDINI
Ed ami?

CENERENTOLA
Il suo scudiero.

RAMIRO
(palesandosi)
Oh gioia! Anima mia!

ALIDORO
(Va a meraviglia!)

RAMIRO
Ma il grado e la ricchezza
non seduce il tuo core?

CENERENTOLA
Mio fasto è la virtù, ricchezza è amore.

RAMIRO
Dunque saresti mia?

CENERENTOLA
Piano, tu devi pria
ricercarmi, conoscermi, vedermi,
esaminar la mia fortuna.

RAMIRO
Io teco, cara, verrò volando.

CENERENTOLA
Fermati: non seguirmi. Io te 'l comando.

RAMIRO
E come dunque?

CENERENTOLA
(gli dà un smaniglio)
Tieni.
Cercami; e alla mia destra
il compagno vedrai.
E allor... se non ti spiaccio... allor m'avrai.
(parte)

(momento di silenzio)

RAMIRO
Dandini, che ne dici?

DANDINI
Eh! Dico che da principe
sono passato a far da testimonio.

RAMIRO
«E allor... se non ti spiaccio... allor m'avrai.»
Quali enigmi son questi?
(ad Alidoro)
Ah! Mio sapiente, venerato maestro.
Il cor m'ingombra misterioso amore.
Che far degg'io?

ALIDORO
Quel che consiglia il core.

RAMIRO
(a Dandini)
Principe più non sei:
di tante sciocche si vuoti il mio palazzo.
(chiamando i seguaci che entrano)
Olà, miei fidi,
sia pronto il nostro cocchio, e fra momenti...
così potessi aver l'ali dei venti.

Clicca qui per il testo del brano.

RAMIRO
Sì, ritrovarla io giuro.
Amore, amor mi muove:
se fosse in grembo a Giove,
io la ritroverò.

(contempla lo smaniglio)
Pegno adorato e caro
che mi lusinghi almeno.
Ah, come al labbro e al seno,
come ti stringerò!

CORO
Oh! Qual tumulto ha in seno
comprenderlo non so.

RAMIRO E CORO
Noi voleremo, domanderemo,
ricercheremo, ritroveremo.
Dolce speranza, freddo timore
dentro al mio/suo cuore stanno a pugnar.
Amore, amore, m'hai/l'hai da guidar.


Da notare, nelle clip qui sotto, le notevoli variazioni presenti nella versione di Matteuzzi.



Francisco Araiza



Juan Diego Flórez


Raul Gimenez


William Matteuzzi

Luigi Alva

9 dicembre 2012

La Cenerentola (14) - "Sia qualunque delle figlie"

Scritto da Christian

Nel libretto originale, il secondo atto de “La Cenerentola” si apriva con un coro musicato da Luca Agolini, “Ah! Della bella incognita”, in cui i cortigiani commentavano con ilarità l'effetto che l'arrivo della misteriosa dama aveva avuto su Clorinda e Tisbe. In ossequio alle edizioni critiche sorte nella seconda metà del ventesimo secolo, tale coro è solitamente omesso dalle rappresentazioni moderne dell'opera, ma ne resta un accenno nel recitativo successivo di Don Magnifico, in cui il padre spiega collericamente alle figlie “Mi par che quei birbanti / ridessero di noi sotto cappotto”, aggiungendo poi un'espressione insolita e colorita, “Corpo del mosto cotto” (che storpia “Corpo mistico del Cristo”, naturalmente – visto il personaggio – in chiave enologica).

Nello scambio di battute che segue, Don Magnifico accenna al fatto di essersi impadronito in maniera fraudolenta del patrimonio di Angelina. La figliastra aveva evidentemente ereditato i beni del defunto padre; ma la madre, risposandosi con Magnifico, ha nominato il secondo marito tutore di Angelina. E il barone ne ha dilapidato il capitale (addirittura nascondendone l'esistenza alla figliastra, che in precedenza aveva infatti spiegato ad Alidoro di non aver “mezzo soldo”). Don Magnifico teme che qualcuno scopra il suo misfatto: l'espressione “avrei trovato il resto del Carlino” non fa riferimento al quotidiano bolognese ma a un'antica moneta, coniata da Carlo d'Angiò, che valeva pochissimo e il cui resto era dunque ben poca cosa, indi per cui la locuzione significa "sarei agli sgoccioli".

Clorinda e Tisbe lo rassicurano: con la supponenza che le accompagna, sono certe che il principe sia già cotto di loro e che le abbia scelte come consorti (il buffo è che ne sono convinte entrambe, cosa evidentemente impossibile, come Dandini stesso aveva osservato: “Maritarmi a due sorelle / tutte insieme non si può”). Il padre, a sua volta, comincia a immaginarsi nel ruolo di genitore di una “figlia reale”, figurandosi di fare mercato delle richieste di audizione presso il sovrano: il clientelismo, le tangenti e i favori, per chi ne dubitasse, erano pratiche comuni già agli inizi dell'ottocento! Esilaranti, comunque, le varie richieste che Don Magnifico si prefigura, provenienti da chi “ha torto e vuol ragione” o da chi aspira a “una cattedra” (universitaria, si capisce) ma è un “ciuccio” (ossia un asino!), per non parlare dei campi più disparati, dall'“appalto delle spille” alla “pesca delle anguille”.

L'aria “Sia qualunque delle figlie” è già la terza (dopo “Miei rampolli femminini” e “Conciossiacosaché”) che Ferretti e Rossini riservano a Don Magnifico, più di ogni altro personaggio (principe e Cenerentola compresi): quale miglior indicazione del fatto che ci troviamo di fronte a un'opera buffa (seppur il libretto indichi “dramma giocoso”), dove le figure di contorno – soprattutto se caricaturali o ridicole – hanno spazio quanto e più di quelle centrali, ed è a loro che vanno le maggiori simpatie degli autori? Il tema delle “vanterie” (dove cioè un personaggio sbruffone e vanesio già pregusta un momento di gloria futura in cui tutti accorreranno a chiedere i suoi favori, e della qual situazione se ne approfitterà in maniera più o meno lecita), peraltro, è tipico dell'opera buffa in generale e di Rossini in particolare: ricordiamo, per esempio, l'aria del giornalista Macrobio “Chi è colei che s'avvicina?” ne “La pietra del paragone” (ma anche certi passaggi della cavatina di Figaro: "Tutti mi cercano / tutti mi vogliono / ...")

Il brano non è facile da cantare, per via della velocità e della dizione richiesta da certi passaggi, e può rivelarsi ostico per un cantante non a proprio agio con la lingua italiana. Non a caso il ruolo di Don Magnifico (così come anche quello di Dandini) è solitamente riservato a cantanti di madrelingua italiana anche nelle produzioni internazionali (mentre invece la parte di Ramiro, meno impegnativa, è spesso appannaggio di cantanti stranieri). La performance richiesta al basso buffo in quest'occasione è naturalmente paragonabile a quella di un altro celebre pezzo rossiniano, vale a dire “A un dottor della mia sorte”, l'aria di Don Bartolo nel “Barbiere di Siviglia”.


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

[CORO DI CAVALIERI
Ah! Della bella incognita
l'arrivo inaspettato
peggior assai del fulmine
per certe ninfe è stato.
La guardano, e taroccano;
sorridono, ma fremono;
hanno una lima in core
che a consumar le va.
Guardate! Già regnavano!
Ci ho gusto. Ah ah ah.
(partono deridendole)]

DON MAGNIFICO
(in collera caricata)
Mi par che quei birbanti
ridessero di noi sotto cappotto.
Corpo del mosto cotto!
Fo un cavaliericidio.

TISBE
Papà, non v'inquietate.

DON MAGNIFICO
Ho nella testa quattromila pensieri.
Ci mancava quella madama anonima.

CLORINDA
E credete che del principe
il core ci contrasti?
Somiglia Cenerentola e vi basti.

DON MAGNIFICO
Somiglia tanto e tanto
che son due gocce d'acqua.
[E quando a pranzo
faceva un certo verso con la bocca,
brontolavo fra me: per Bacco, è lei.
Ma come dagli Ebrei
prender l'abito a nolo!
Aver coraggio di venire fra noi?
E poi parlar coi linci e squinci? E poi
starsene con sì gran disinvoltura,
e non temere una schiaffeggiatura?]

TISBE
Già già questa figliastra
fino in chi la somiglia è a noi funesta.

DON MAGNIFICO
Ma tu sai che tempesta
mi piomberebbe addosso,
se scuopre alcun come ho dilapidato
il patrimonio suo! Per abbigliarvi,
al verde l'ho ridotta. È diventata
un vero sacco d'ossa. Ah, se si scopre,
avrei trovato il resto del carlino.

CLORINDA
E paventar potete a noi vicino?

DON MAGNIFICO
Vi son buone speranze?

TISBE
Eh! niente niente.
Posso dir ch'è certezza.

CLORINDA
Io quasi quasi
potrei dar delle cariche.

TISBE
In segreto mi ha detto: anima mia,
ha fatto un gran sospiro, è andato via.

CLORINDA
Un sospiro cos'è?
Quando mi vede, subito ride.

DON MAGNIFICO
(riflettendo e guardando ora l'una ora l'altra)
Ah! dunque,
qui sospira, e qui ride.

CLORINDA
Dite, papà barone
voi che avete un testone:
qual è il vostro pensier? Ditelo schietto.

DON MAGNIFICO
Giocato ho un ambo e vincerò l'eletto.
Da voi due non si scappa. [Oh come, oh come,
figlie mie benedette,
si parlerà di me nelle gazzette!
Questo è il tempo opportuno
per rimettermi in piedi. Lo sapete,
io sono indebitato.
Fino i stivali a tromba ho ipotecato.
Ma che flusso e riflusso
avrò di memoriali! Ah, questo solo
è il paterno desìo.
Che facciate il rescritto a modo mio.]
C'intenderem fra noi;
viscere mie, mi raccomando a voi.

Clicca qui per il testo del brano.

DON MAGNIFICO
Sia qualunque delle figlie
che fra poco andrà sul trono,
ah! non lasci in abbandono
un magnifico papà.

Già mi par che questo e quello,
conficcandomi a un cantone
e cavandosi il cappello,
incominci: "Sor barone:
alla figlia sua reale
porterebbe un memoriale?"
Prende poi la cioccolata, ["Prenda, per la cioccolata"]
e una doppia ben coniata
faccia intanto scivolar.

Io rispondo: "Eh sì, vedremo.
Già è dipeso. Parleremo,
da palazzo può passar."

Mi rivolto, e vezzosetta,
tutta odori e tutta unguenti,
mi s'inchina una scuffietta
fra sospiri e complimenti:
"Baroncino! Si ricordi
quell'affare", e già m'intende;
senza argento parla ai sordi.
La manina alquanto stende,
fa una piastra sdrucciolar.

Io galante: "Occhietti bei!
Ah! Per voi che non farei!
Io vi voglio contentar!"

Mi risveglio a mezzo giorno:
suono appena il campanello,
che mi vedo al letto intorno
supplichevole drappello:
questo cerca protezione,
quello ha torto e vuol ragione,
chi vorrebbe un impieguccio,
chi una cattedra ed è un ciuccio;
chi l'appalto delle spille,
chi la pesca dell'anguille,
ed intanto in ogni lato
sarò zeppo e contornato
di memorie e petizioni,
di galline, di sturioni,
di bottiglie, di broccati,
di candele e marinati,
di ciambelle e pasticcetti,
di canditi e di confetti,
di piastroni, di dobloni,
di vaniglia e di caffè.

Basta basta, non portate!
Terminate, ve n'andate!
Serro l'uscio a catenaccio.
Importuni, seccatori,
fuori fuori, via da me!

Clicca qui per il testo del recitativo che segue il brano.

TISBE
(accostandosi in confidenza)
Di': sogni ancor che il principe
vada pensando a te?

CLORINDA
Me lo domandi?

TISBE
Serva di vostr'altezza.

CLORINDA
A' suoi comandi.

(partono, scostandosi e complimentandosi ironicamente)




Alessandro Corbelli



Alfonso Antoniozzi



Enzo Dara


Paolo Montarsolo


Bruno Praticò

Luciano Miotto

5 dicembre 2012

La Cenerentola (13) – Finale dell'atto I

Scritto da Christian



Cenerentola, mascherata e a bordo della carrozza di Alidoro, giunge finalmente al palazzo del principe: anche attraverso il velo la sua bellezza è tale che i cortigiani – su ordine del saggio filosofo – la fanno passare pur in assenza del sovrano (“Anticamera non v'è”) e ne lodano la beltà (“Ah! se velata ancor / dal seno il cor ci hai tolto, / se svelerai quel volto / che sarà?”).

Ramiro, Dandini e le due sorellastre, udendo il trambusto, chiedono ad Alidoro cosa stia accadendo. Il filosofo fa il finto tonto: spiega che è giunta una “dama incognita” ma che ignori chi sia. Tanto basta, però, per incuriosire tutti gli astanti (e per ingelosire Clorinda e Tisbe, che temono che si tratti di una rivale per la conquista del principe). Da notare, nel quintetto che ne segue, la comica differenza fra l'aulica reazione del nobile Ramiro (“Un ignoto arcano palpito / ora m'agita, perché?”) e quella ben più prosaica del servo Dandini, che si rallegra nel vedersi attorniato da così tante donne (“Diventato son di zucchero: / quante mosche intorno a me”).

Introdotta la misteriosa dama, Dandini le chiede di togliersi il velo: il suo volto, così bello e simile a quello di Angelina, crea un “momento di sorpresa, di riconoscimento, di incertezza” che si esplica nella felice melodia di “Parlar, pensar, vorrei” (intonata dapprima dai vari personaggi separatamente, e poi da tutti insieme). A questo punto ricompare Don Magnifico, reduce dal “tour” nelle cantine, e anche lui rimane stupefatto dalla somiglianza della nuova arrivata con la figliastra. Ma gli abiti sfarzosi ed eleganti, e la certezza che Angelina sia ancora a casa “fra la polvere”, convincono tanto il patrigno quanto le sorellastre che si tratti soltanto di una curiosa coincidenza. Per di più, Clorinda e Tisbe affermano che in fondo “non è una Venere / da farci spaventar”: la loro supponenza è così forte che sono davvero convinte di non avere rivali!

Dandini invita tutti a tavola (e tanto per ribadire la propria natura, spiega a sé stesso e agli spettatori che approfitterà del fatto di recitare il ruolo di principe per mangiare, una volta tanto, a crepapelle), preannunciando il futuro ballo. Il verso "Poi balleremo il taice" merita però una spiegazione:

Per tradizione, nelle rappresentazioni fino all’apparire dell’edizione critica firmata da Alberto Zedda, alla fine degli anni Settanta del Novecento, Dandini cantava “poi balleremo il valzer”. La battuta non ha mai posto problemi, perché il valzer è una danza che nasce nell’Ottocento appunto, ma, confrontando il libretto originale e la partitura, Zedda ha rilevato che la parola non è “valzer”, bensì “taice”. Si tratta di una danza simile al valzer, ma non ancora identificata con questi. Rossini utilizzerà il termine valzer soltanto nel 1823, dedicando un’omonima composizione a Francesca Barbaja, sorella del celebre impresario Domenico.
(Bruno Belli)
Il primo atto si conclude con una stretta in cui tutti i personaggi esprimono la sensazione di trovarsi in un sogno (per motivi diversi: avidità per Don Magnifico e le sorellastre, appetito per Dandini, amore per Ramiro e Cenerentola, desiderio di giustizia per Alidoro), con il timore che “un certo foco” stia covando sotto terra e che alla fine il proprio sogno svanisca (o meglio... vada in fumo). La melodia, con il tipico “crescendo” rossininano, riprende qui un tema già presentato nell'ouverture.

Clicca qui per il testo del brano.

CORO
(dietro le scene)
Venga, inoltri, avanzi il piè:
anticamera non v'è.

RAMIRO
Sapientissimo Alidoro,
questo strepito cos'è?

ALIDORO
Dama incognita qui vien,
sopra il volto un velo tien.

CLORINDA E TISBE
Una dama!

ALIDORO
Signor sì.

RAMIRO E DANDINI
Ma chi è?

ALIDORO
Nol palesò.

CLORINDA E TISBE
Sarà bella?

ALIDORO
Sì e no.

RAMIRO E DANDINI
Chi sarà?

ALIDORO
Ma non si sa.

CLORINDA
Non parlò?

ALIDORO
Signora no.

TISBE
E qui vien?

ALIDORO
Chi sa perché?

TUTTI
Chi sarà? Chi è? Perché?
Non si sa. Si vedrà.

CLORINDA E TISBE
(Gelosia già già mi lacera,
già il cervel più in me non è.)

ALIDORO
(Gelosia già già le rosica,
più il cervello in lor non è.)

RAMIRO
(Un ignoto arcano palpito
ora m'agita; perché?)

DANDINI
(Diventato son di zucchero!
Quante mosche intorno a me!)

(Cavalieri che precedono, e Schierani in doppia fila per ricevere Cenerentola, che in abito ricco ed elegante avanzasi velata.)

CORO
Ah! se velata ancor
dal seno il cor ci hai tolto,
se svelerai quel volto,
che sarà?

CENERENTOLA
Sprezzo quei don che versa
fortuna capricciosa;
m'offra, chi mi vuol sposa,
rispetto, amor, bontà.

RAMIRO
(Di quella voce il suono
ignoto al cor non scende;
perché la speme accende,
di me maggior mi fa.)

DANDINI
Begli occhi, che dal velo
vibrate un raggio acuto,
svelatevi un minuto
almen per civiltà.

CLORINDA E TISBE
(Vedremo il gran miracolo
di questa rarità.)

(Cenerentola svelasi. Momento di sorpresa, di riconoscimento, d'incertezza.)

TUTTI
Ah!

CENERENTOLA, RAMIRO
(Parlar ~ pensar ~ vorrei,
parlar ~ pensar ~ non so.
Quest'è un incanto, oh dèi!
Quel volto m'atterrò.)

CLORINDA, TISBE, DANDINI
(Parlar ~ pensar ~ vorrei,
parlar ~ pensar ~ non so.
Quest'è un inganno, oh dèi!
Quel volto m'atterrò.)

ALIDORO
(Parlar ~ pensar ~ vorrebbe,
parlar ~ pensar ~ non può.
Amar già la dovrebbe:
il colpo non sbagliò.)

DON MAGNIFICO
(accorrendo)
Signora altezza, è in tavola...
che... co... chi... sì, che bestia!
Quando si dice i simili!
Non sembra Cenerentola?

CLORINDA E TISBE
Pareva ancor a noi,
ma a riguardarla poi,
la nostra è goffa e attratta,
questa è un po' più ben fatta;
ma poi non è una Venere
da farci spaventar.

DON MAGNIFICO
Quella sta nella cenere;
ha stracci sol per abiti.

CENERENTOLA
(Il vecchio guarda e dubita.)

RAMIRO
(Mi guarda e par che palpiti.)

DANDINI
Ma non facciam le statue,
patisce l'individuo:
andiamo, andiamo a tavola,
poi balleremo il taice
e quindi la bellissima
con me s'ha da sposar.

TUTTI
(meno Dandini)
Andiamo, andiamo a tavola,
si voli a giubilar.

DANDINI
(Oggi che fo da principe
per quattro vo' mangiar.)

TUTTI
Mi par d'essere sognando
fra giardini e fra boschetti.
I ruscelli sussurrando,
gorgheggiando gli augelletti
in un mare di delizie
fanno l'animo nuotar.
Ma ho timor che sotto terra
piano piano, a poco a poco
si sviluppi un certo foco;
e improvviso a tutti ignoto
balzi fuori un terremoto,
che crollando ~ strepitando,
fracassando ~ sconquassando,
poi mi venga a risvegliar.
E ho paura che il mio sogno
vada in fumo a dileguar.




Frederica Von Stade (Cenerentola), Francisco Araiza (Ramiro), Claudio Desderi (Dandini),
Margherita Guglielmi (Clorinda), Laura Zannini (Tisbe), Paolo Montarsolo (Don Magnifico),
Paul Plishka (Alidoro) - dir: Claudio Abbado



Cecilia Bartoli (Cenerentola), William Matteuzzi (Ramiro), Alessandro Corbelli (Dandini),
Fernanda Costa (Clorinda), Gloria Banditelli (Tisbe), Enzo Dara (Don Magnifico),
Michele Pertusi (Alidoro) - dir: Riccardo Chailly



Jennifer Larmore (Cenerentola), Rockwell Blake (Ramiro), Alessandro Corbelli (Dandini),
Jeannette Fisher (Clorinda), Claire Larcher (Tisbe), Pietro Spagnoli (Don Magnifico),
Carlos Chausson (Alidoro) - dir: Maurizio Benini