27 ottobre 2017

Salomè (5) - La principessa e il profeta

Scritto da Marisa

Salomè ha ottenuto la prima vittoria. Il giovane capitano Narraboth non ha saputo resistere alla promessa di una futura e possibile attenzione della principessa (“Ti guarderò e forse ti sorriderò”), tanto è posseduto dalla fascinazione, e contravvenendo agli ordini del tetrarca stesso – e quindi con un grave atto di insubordinazione e abuso di potere – dà ordine alle guardie di condurre il prigioniero fuori della cisterna. Vediamo in atto come si possa usare il proprio fascino, con freddezza e determinazione, per raggiungere i propri scopi, utilizzando il potere di chi subisce la seduzione. Non assistiamo continuamente ad abusi di potere per compiacere mogli, amanti, figli? Qui è solo tutto molto più “poetico” e “arcano”...

Ed arriviamo al confronto diretto, alla lunga scena dell'incontro drammaticissimo tra la principessa e il profeta. Ma il dramma e lo sconvolgimento sono del tutto unilaterali, perché Jochanaan rimane “ieratico” e impassibile per tutta la scena, emotivamente lontano e irraggiungibile, mentre Salomè appare sconvolta e incontrollata. La vediamo impallidire (non l'aveva già vista incredibilmente “pallida come la bianca luna” il giovane capitano?) ed arretrare, come fulminata davanti all'emergere di Jochanaan dalla buia cisterna, apparizione che sembra già una “resurrezione”.

Egli sale dalla sua prigione sotterranea già inveendo prima contro Erode e poi contro Erodiade, accusandola di ogni lussuria e nefandezza (“Dov'è colei che si offriva ai principi d'Assiria? Dov'è colei che s'è data ai giovani d'Egitto, superbi delle vesti di lino e delle gemme iacintine, con scudi d'oro e corpi di giganti? Andate, e dite a lei di sorgere dal suo letto di obbrobri, dal letto dell'incesto...”). Salomè sa benissimo che sta parlando della madre (anche se i servi si affannano a dichiarare che non è vero, che non si può sapere di chi parli, visto che farnetica di cose oscure), ma questo non importa. Quello che conta e che colpisce la principessa è il tono della voce (“Parla ancora, Jochanaan, nelle mie orecchie la tua voce è musica”), non il contenuto, oltre all'aspetto dell'uomo uscito dal buio, la sua fisicità così lontana da lei e da tutto quello che le appartiene. In fondo Salomè al potere violento di Erode (che ha ucciso suo padre e sposato la madre) e alla lussuria di Erodiade è abituata da sempre e non se ne è mai meravigliata, essendo cose considerate persino “ovvie” nelle corti corrotte d'oriente e anche nell'impero romano. A una situazione del genere reagirà molto diversamente Amleto, ma la tormentata coscienza del principe danese è moderna, forgiata da un'abitudine alla riflessione e al pensiero del tutto estranea alla principessa orientale.

Dall'alto della inaccessibile ascesi, Jochanaan lancia anatemi con occhi spiritati che guardano lontano, senza fermarsi su nessuno. E Salomè, abituata a sentirsi guardata sempre con desiderio dagli uomini (Narraboth ed Erode), ne è profondamente turbata (“Di tutto più terribili gli occhi. Sono caverne nere dove hanno nido i draghi! Sono nere lagune da cui guizzano raggi erranti di luna”). Ecco la luna che si riflette negli occhi oscuri e minacciosi!

Dagli occhi si passa a tutta la figura dell'ascetico profeta (“Com'è consunto! È come una statua d'avorio. Certo è casto come la luna. La sua carne deve esser fredda, fredda come l'avorio”). Ancora la luna! Lei stessa era stata appena paragonata alla luna, pallida e lontana, e ora la similitudine cade sull'uomo. Come non vedere in questo una segreta affinità, una corrispondenza tra apparenti opposti, che però viene negata e, invece di unire, separa ancora di più fino all'annullamento? Il pensiero corre ad un'altra figura femminile, folgorata da un altro profeta, anzi dal Messia stesso: Maria Maddalena. Ma l'esito dell'innamoramento di Maddalena è del tutto diverso perché lei, che è una donna esperta e ha conosciuto l'amore carnale a sazietà e quindi anche i suoi limiti, riesce ad andare oltre il corpo e raggiungere quella zona dell'anima che entra in risonanza con l'amato, senza volerne possedere il corpo. Ed è proprio perché lei “ha molto amato” e può passare oltre, che viene accolta nella cerchia degli apostoli e diviene la confidente più intima. Per Salomè invece, appena adolescente e da sempre immersa e intrappolata nell'equivoca e promiscua atmosfera libidinosa della corte, questo è impossibile: come una bambina davanti a un nuovo giocattolo, vuole subito possederlo. E quindi subito si passa ad esplicitare il desiderio, un'attrazione irresistibile davanti a qualcosa che parla d'altro, ma di cui si vede solo l'involucro esterno, il corpo. Ma ogni forma di conoscenza non inizia sempre dalla “percezione” dei sensi? “Non c'è niente nell'intelletto che prima non passi dai sensi”, dicono i filosofi. E anche l'amore, per raggiungere l'anima, deve passare dagli occhi... Ricordiamo che Gesù non ha disprezzato Maddalena, come vediamo fare a Giovanni nei confronti di Salomè, anzi ha permesso a lei di toccare più volte il proprio corpo e spargere di profumo i propri piedi, di farseli asciugare con i capelli...

Jochanaan! Io sono innamorata del tuo corpo, Jochanaan! Hai il corpo bianco come i gigli di un prato, mai toccato dalla falce. Hai il corpo bianco come la neve sui monti di Giudea. Le rose nel giardino della regina d'Arabia non sono bianche come il tuo corpo, non le rose nel giardino della regina né i passi dell'alba sulle foglie né i seni della luna sul mare, nulla nel mondo è bianco come hai il corpo. Il tuo corpo, lascia che lo tocchi!“. I gigli, la neve, le rose bianche... Tutte immagini di purezza e di qualcosa di intatto, non contaminato e non colto. Salomè sta forse parlando della nostalgia per la sua parte già perduta in partenza, quell'innocenza e purezza da sempre contaminate e di cui conserva solo una dolorosa impronta, una reminiscenza corporea che la figura dell'uomo casto davanti a lei risveglia prepotentemente?

All'orgoglioso rifiuto del profeta, che la respinge senza nemmeno guardarla (“Indietro, figlia di Babilonia! Con la donna venne il male nel mondo. Non parlarmi, lo non t'ascolto! Solo ascolto la voce del Signore, mio Dio”), lei oppone il rovesciamento delle immagini precedenti, una completa svalutazione di quello che un momento prima ha idealizzato (“Il tuo corpo è orrendo. È il corpo di un lebbroso, è uno scialbo muro, dove strisciano vipere; uno scialbo muro dove s'annidano scorpioni. È un sepolcro imbiancato ricolmo di lordure. È orribile, il tuo corpo è orribile”). Stiamo assistendo a un meccanismo di difesa tra i più infantili e primitivi: la negazione e il disprezzo, l'odio per quello che come oggetto d'amore ci si rifiuta. Non è vero che è bello, anzi è orribile, la fata che non ci accontenta diventa la strega cattiva. Sentiamo spesso i bambini piccoli, magari durante un gioco, passare dall'idealizzazione all'odio, quando sono contrariati (da “Sei la mamma più bella del mondo” al “Va via, sei brutta e cattiva!”): è l'antica ed eterna favola della “Volpe e l'uva”!

Questo meccanismo di capovolgimento immediato si ripete per due volte, dal corpo che non si lascia toccare, ai capelli, che da profumati cedri del libano diventano grovigli di serpenti, ma significativamente non avviene per la bocca, rossa come le rose dei giardini di Tiro, che Salomè vorrebbe baciare e che rimane il desiderio sospeso... L'incapacità di accettare la frustrazione qui è massima e non lascia alcuna possibilità di trasformazione, ma prepara la strada ad una soluzione perversa.

Chi non regge a tale escalation è Narraboth, che di fronte all'ossessiva richiesta della principessa di baciare la bocca di Jochanaan si suicida davanti a lei, che però nemmeno se ne accorge, tutta ormai persa nel suo folle desiderio. Vedere colei che egli idealizza e adora (“Principessa, principessa, tu, giardino di mirra, tu, colomba delle colombe, non guardare quest'uomo. Non parlargli così. Non posso sopportarlo...”) completamente in preda di un delirio erotico così inadeguato è veramente troppo! Ad una scena simile può sottrarsi solo con la morte. Il suicidio del giovane siriano anticipa la catastrofe e il suo sangue, su cui scivola Erode quando entra, segna il capovolgimento in tragedia dell'amore basato sull'idealizzazione e sull'incapacità di reggere alla frustrazione.

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(Salome, in seinen Anblick versunken, weicht langsam vor ihm zurück.)

JOCHANAAN
(stark) Wo ist er, dessen Sündenbecher jetzt voll ist? Wo ist er, der eines Tages im Angesicht alles Volkes in einem Silbermantel sterben wird? Heißt ihn herkommen, auf daß er die Stimme Dessen höre, der in den Wüsten und in den Häusern der Könige gekündet hat.

SALOME
Von wem spricht er?

NARRABOTH
Niemand kann es sagen, Prinzessin.

JOCHANAAN
Wo ist sie, die sich hingab der Lust ihrer Augen, die gestanden hat vor buntgemalten Männerbildern und Gesandte ins Land der Chaldäer schickte?

SALOME
(tonlos)
Er spricht von meiner Mutter.

NARRABOTH
(heftig)
Nein, nein Prinzessin.

SALOME
(matt)
Ja, er spricht von meiner Mutter.

JOCHANAAN
Wo ist sie, die den Hauptleuten Assyriens sich gab? Wo ist sie, die sich den jungen Männern der Ägypter gegeben hat, die in feinen Leinen und Hyazinthgesteinen prangen, deren Schilde von Gold sind und die Leiber wie von Riesen? Geht, heißt sie aufstehn von dem Bett ihrer Greuel, vom Bett ihrer Blutschande; auf daß sie die Worte Dessen vernehme, der dem Herrn die Wege bereitet, und ihre Missetaten bereue. Und wenn sie gleich nicht bereut, heißt sie herkommen, denn die Geißel des Herrn ist in Seiner Hand.

SALOME
Er ist schrecklich. Er ist wirklich schrecklich.

NARRABOTH
Bleibt nicht hier, Prinzessin, ich bitte Euch!

SALOME
Seine Augen sind von allem das Schrecklichste. Sie sind wie die schwarzen Höhlen, wo die Drachen hausen! Sie sind wie schwarze Seen, aus denen irres Mondlicht flackert. Glaubt ihr, daß er noch einmal sprechen wird?

NARRABOTH
(immer aufgeregter)
Bleibt nicht hier, Prinzessin. Ich bitte Euch, bleibt nicht hier.

SALOME
Wie abgezehrt er ist! Er ist wie ein Bildnis aus Elfenbein. Gewiß ist er keusch wie der Mond. Sein Fleisch muß sehr kühl sein, kühl wie Elfen-bein. Ich möchte ihn näher besehn.

NARRABOTH
Nein, nein, Prinzessin.

SALOME
Ich muß ihn näher besehn.

NARRABOTH
Prinzessin! Prinzessin...

JOCHANAAN
Wer ist dies Weib, das mich ansieht? Ich will ihre Augen nicht auf mir haben. Warum sieht sie mich so an mit ihren Goldaugen unter den gleißenden Lidern? Ich weiß nicht, wer sie ist. Ich will nicht wissen, wer sie ist. Heißt sie gehn! Zu ihr will ich nicht sprechen.

SALOME
Ich bin Salome, die Tochter der Herodias. Prinzessin von Judäa.

JOCHANAAN
Zurück, Tochter Babylons! Komm dem Erwählten des Herrn nicht nahe! Deine Mutter hat die Erde erfüllt mit dem Wein ihrer Lüste, und das Unmaß ihrer Sünden schreit zu Gott.

SALOME
Sprich mehr, Jochanaan, deine Stimme ist wie Musik in meinen Ohren.

NARRABOTH
Prinzessin! Prinzessin! Prinzessin!

SALOME
Sprich mehr! Sprich mehr, Jochanaan, und sag mir, was ich tun soll?

JOCHANAAN
Tochter Sodoms, komm mir nicht nahe! Vielmehr bedecke dein Gesicht mit einem Schleier, streue Asche auf deinen Kopf, mach dich auf in die Wüste und suche des Menschen Sohn.

SALOME
Wer ist das, des Menschen Sohn? Ist er so schön wie du, Jochanaan?

JOCHANAAN
Weiche von mir! Ich höre die Flügel des Todesengels im Palaste rauschen...

SALOME
Jochanaan!

NARRABOTH
Prinzessin, ich flehe, geh hinein!

SALOME
Jochanaan! Ich bin verliebt in deinen Leib, Jochanaan! Dein Leib ist weiß wie die Lilien auf einem Felde, von der Sichel nie berührt. Dein Leib ist weiß wie der Schnee auf den Bergen Judäas. Die Rosen im Garten von Arabiens Königin sind nicht so weiß wie dein Leib, nicht die Rosen im Garten der Königin, nicht die Füße der Dämmerung auf den Blättern, nicht die Brüste des Mondes auf dem Meere, nichts in der Welt ist so weiß wie dein Leib. Laß mich ihn berühren, deinen Leib!

JOCHANAAN
Zurück, Tochter Babylons! Durch das Weib kam das Übel in die Welt. Sprich nicht zu mir. Ich will dich nicht anhör'n! Ich höre nur auf die Stimme des Herrn, meines Gottes.

SALOME
Dein Leib ist grauenvoll. Er ist wie der Leib eines Aussätzigen. Er ist wie eine getünchte Wand, wo Nattern gekrochen sind; wie eine getünchte Wand, wo die Skorpione ihr Nest gebaut. Er ist wie ein übertünchtes Grab voll widerlicher Dinge. Er ist gräßlich, dein Leib ist gräßlich. In dein Haar bin ich verliebt, Jochanaan. Dein Haar ist wie Weintrauben, wie Büschel schwarzer Trauben, an den Weinstöcken Edoms. Dein Haar ist wie die Cedern, die großen Cedern vom Libanon, die den Löwen und Räubern Schatten spenden. Die langen schwarzen Nächte, wenn der Mond sich verbirgt, wenn die Sterne bangen, sind nicht so schwarz wie dein Haar. Des Waldes Schweigen... Nichts in der Welt ist so schwarz wie dein Haar. Laß mich es berühren, dein Haar!

JOCHANAAN
Zurück, Tochter Sodoms! Berühre mich nicht! Entweihe nicht den Tem¬pel des Herrn, meines Gottes!

SALOME
Dein Haar ist gräßlich! Es starrt von Staub und Unrat. Es ist wie eine Dornenkrone auf deinen Kopf gesetzt. Es ist wie ein Schlangenknoten gewickelt um deinen Hals. Ich liebe dein Haar nicht. (Mit höchster Leidenschaft) Deinen Mund begehre ich, Jochanaan. Dein Mund ist wie ein Scharlachband an einem Turm von Elfenbein. Er ist wie ein Granatapfel, von einem Silbermesser zerteilt. Die Granatapfelblüten in den Gärten von Tyrus, glüh'nder als Rosen, sind nicht so rot. Die roten Fanfaren der Trompeten, die das Nah'n von Kön'gen künden und vor denen der Feind erzittert, sind nicht so rot wie dein roter Mund. Dein Mund ist röter als die Füße der Männer, die den Wein stampfen in der Kelter. Er ist röter als die Füße der Tauben, die in den Tempeln wohnen. Dein Mund ist wie ein Korallenzweig in der Dämm'rung des Meer's, wie der Purpur in den Gruben von Moab, der Purpur der Könige. (Außer sich) Nichts in der Welt ist so rot wie dein Mund. Laß mich ihn küssen, deinen Mund.

JOCHANAAN
(leise, in tonlosem Schauder)
Niemals, Tochter Babylons, Tochter Sodoms... Niemals!

SALOME
Ich will deinen Mund küssen, Jochanaan. Ich will deinen Mund küssen...

NARRABOTH
(in höchster Angst und Verzweiflung)
Prinzessin, Prinzessin, die wie ein Garten von Myrrhen ist, die die Taube aller Tauben ist, sieh diesen Mann nicht an. Sprich nicht solche Worte zu ihm. Ich kann es nicht ertragen...

SALOME
Ich will deinen Mund küssen, Jochanaan. Ich will deinen Mund küssen.
(Narraboth ersticht sich und fällt tot zwischen Salome Jochanaan)
Laß mich deinen Mund küssen, Jochanaan!

JOCHANAAN
Wird dir nicht bange, Tochter der Herodias?

SALOME
Laß mich deinen Mund küssen, Jochanaan!

JOCHANAAN
Tochter der Unzucht, es lebt nur Einer, der dich retten kann. Geh', such' ihn. Such' ihn.
(Mit größter Wärme)
Er ist in einem Nachen auf dem See von Galiläa und redet zu seinen Jüngern.
(sehr feierlich)
Knie nieder am Ufer des Sees, ruf ihn an und rufe ihn beim Namen. Wenn er zu dir kommt, und er kommt zu allen, die ihn rufen, dannbücke dich zu seinen Füßen, daß er dir deine Sünden vergebe.

SALOME
(wie verzweifelt)
Laß mich deinen Mund küssen, Jochanaan!

JOCHANAAN
Sei verflucht, Tochter der blutschänderischen Mutter. Sei verflucht!

SALOME
Laß mich deinen Mund küssen, Jochanaan.

JOCHANAAN
Ich will dich nicht ansehn. Du bist verflucht, Salome. Du bist verflucht.

(Er geht wieder in die Cisterne hinab.)

(Salome, tutta immersa nella contemplazione di lui, retrocede lentamente)

JOCHANAAN
(con forza)
Dov'è colui che ha ormai colmato la sua coppa d'infamia? Dov'è colui che davanti al popolo deve morire un giorno nella veste d'argento? Che qui venga e ascolti la voce di Colui che ha gridato nelle case dei re e nei deserti.

SALOME
Di chi parla?

NARRABOTH
Nessuno può dirlo, principessa.

JOCHANAAN
Dov'è colei che s'è abbandonata alla febbre degli occhi, che immobile ha fissato variopinte figure di uomini e ha spedito messaggeri in terra dei Caldei?

SALOME
(a bassa voce)
Parla di mia madre.

NARRABOTH
(con foga)
No, principessa, no.

SALOME
(languidamente)
Sì, parla dì mia madre.

JOCHANAAN
Dov'è colei che si offriva ai principi d'Assiria? Dov'è colei che s'è data ai giovani d'Egitto, superbi delle vesti di lino e delle gemme iacintine, con scudi d'oro e corpi di giganti? Andate, e dite a lei di sorgere dal suo letto di obbrobri, dal letto dell'incesto; che oda le parole di Colui che prepara la strada del Signore, e delle colpe si penta. E quand'anche non sappia pentirsi, dite a lei che qui venga, perché il Signore già scuote la sferza.



SALOME
È un uomo terribile, davvero terribile.

NARRABOTH
Andate via, principessa. Vi supplico!

SALOME
Di tutto più terribili gli occhi. Sono caverne nere dove hanno nido i draghi! Sono nere lagune da cui guizzano raggi erranti di luna. Pensate ch'egli parlerà ancora?


NARRABOTH
(sempre più inquieto)
Andate via, principessa. Vi supplico, andate via.


SALOME
Com'è consunto! È come una statua d'avorio. Certo è casto come la luna. La sua carne deve esser fredda, fredda come l'avorio. Voglio osservarlo più dappresso.

NARRABOTH
No, principessa, no.

SALOME
Devo osservarlo più dappresso.

NARRABOTH
Principessa, principessa...

JOCHANAAN
Chi è questa donna che mi fissa? Su di me io non voglio quegli occhi. Perché mi fissa così con le pupille d'oro sotto fulgenti palpebre? Non so chi ella sia e non voglio saperlo. Vada via! A lei io non voglio parlare.


SALOME
Sono Salome, figlia d'Erodiade, principessa di Giudea.

JOCHANAAN
Indietro, figlia di Babilonia! Non t'accostare all'Eletto del Signore! Tua madre ha saziato la terra col vino dei suoi vizi, e l'eccesso delle colpe grida vendetta a Dio.

SALOME
Parla ancora, Jochanaan, nelle mie orecchie la tua voce è musica.

NARRABOTH
Principessa! Principessa! Principessa!

SALOME
Parla ancora! Parla, Jochanaan, e dimmi, che devo fare?

JOCHANAAN
Figlia di Sodoma, non venirmi vicino! Copriti, invece, il viso con un velo, sul capo spargi cenere, prendi la via del deserto e cerca il Figlio dell'Uomo.


SALOME
Chi è costui, il Figlio dell'Uomo? È bello anche lui come te, Jochanaan?

JOCHANAAN
Scostati da me! qui nella reggia sento stridere l'ala dell'angelo di morte...

SALOME
Jochanaan!

NARRABOTH
Principessa, t'imploro, torna dentro!

SALOME
Jochanaan! lo sono innamorata del tuo corpo, Jochanaan! Hai il corpo bianco come i gigli di un prato, mai toccato dalla falce. Hai il corpo bianco come la neve sui monti di Giudea. Le rose nel giardino della regina d'Arabia non sono bianche come il tuo corpo, non le rose nel giardino della regina né i passi dell'alba sulle foglie né i seni della luna sul mare, nulla nel mondo è bianco come hai il corpo. Il tuo corpo, lascia che lo tocchi!


JOCHANAAN
Indietro, figlia di Babilonia! Con la donna venne il male nel mondo. Non parlarmi, lo non t'ascolto! Solo ascolto la voce del Signore, mio Dio.


SALOME
Il tuo corpo è orrendo. È il corpo di un lebbroso, è uno scialbo muro, dove strisciano vipere; uno scialbo muro dove s'annidano scorpioni. È un sepolcro imbiancato ricolmo di lordure. È orribile, il tuo corpo è orribile.
Dei tuoi capelli sono innamorata, Jochanaan. Hai i capelli come grappoli d'uva, ciocche di nera uva, nelle vigne di Edom. Hai i capelli come i cedri, i grandi cedri del Libano, che ai leoni donano ombra e ai banditi. Le lunghe notti nere, quando si nasconde la luna e gli astri tremano, non sono nere come i tuoi capelli. Il silenzio del bosco... Nulla nel mondo è nero come i tuoi capelli. I tuoi capelli, lascia che li tocchi!



JOCHANAAN
Indietro, figlia di Sodoma! Non mi toccare! Non profanare il tempio del Signore, mio Dio!


SALOME
I tuoi capelli sono orrendi! Sono imbrattati di polvere e sterco, sono una corona di spine posta sulla tua testa. Sono un nodo di serpi che s'avvinghiano al collo. Non amo i tuoi capelli.
(con la massima passione)
La tua bocca desidero, Jochanaan. La tua bocca è un nastro scarlatto sopra una torre eburnea. È una melagrana incisa da una lama d'argento. I fiori del granato nei giardini di Tiro, più ardenti delle rose, non sono tanto rossi. Le rosse fanfare di trombe che salutano i re e scorano i nemici, non sono tanto rosse quanto la rossa tua bocca. La tua bocca è più rossa dei piedi degli uomini che pigiano il vino nei frantoi. È più rossa dei piedi dei colombi che hanno nido nei templi. La tua bocca è un ramo di corallo nel tramonto del mare, è il cinabro nelle cave di Moab, il cinabro dei re.
(fuori di sé)
Nulla nel mondo è rosso come la tua bocca. La tua bocca, lascia che la baci!

JOCHANAAN
(piano, con ammutolito ribrezzo)
Mai, figlia di Babilonia, figlia di Sodoma...
Mai!

SALOME
Voglio baciarti la bocca, Jochanaan. Voglio baciarti la bocca...

NARRABOTH
(con estrema angoscia e disperazione)
Principessa, principessa, tu, giardino di mirra, tu, colomba delle colombe, non guardare quest'uomo. Non parlargli così. Non posso sopportarlo...


SALOME
Voglio baciarti la bocca, Jochanaan. Voglio baciarti la bocca.
(Narraboth si trafigge e cade morto tra Salome e Jochanaan)
Lascia ch'io baci la tua bocca, Jochanaan!

JOCHANAAN
Non hai paura, figlia di Erodiade?

SALOME
Lascia ch'io baci la tua bocca, Jochanaan!

JOCHANAAN
Figlia della lussuria, c'è solo Uno che ti può salvare. Va', va' a cercarlo.
(con grande fervore)
È in una barca sul lago di Galilea e parla ai suoi devoti.
(molto solenne)
Tu, piega il ginocchio sulla riva dell'acqua, chiamalo e dinne il nome. E quando a te s'accosta, perché s'accosta a chiunque lo chiami, allora prostrati ai piedi suoi, che egli ti rimetta i peccati.

SALOME
(come una disperata)
Lascia ch'io baci la tua bocca, Jochanaan!

JOCHANAAN
Sii maledetta, figlia dell'incestuosa madre, sii maledetta!

SALOME
Lascia ch'io baci la tua bocca, Jochanaan.

JOCHANAAN
Non voglio più guardarti. Tu sei maledetta, Salome. Sei maledetta.

(Jochanaan ridiscende nella cisterna)




Teresa Stratas (Salomè), Bernd Weikl (Jochanaan), Wieslaw Ochman (Narraboth)
dir: Karl Böhm (1974)


Catherine Malfitano (Salomè), Simon Estes (Jochanaan), Clemens Bieber (Narraboth)
dir: Giuseppe Sinopoli (1990)


Catherine Naglestad (Salomè), Tomasz Konieczny (Jochanaan), Norbert Ernst (Narraboth)
dir: Simone Young (2015)



Astrid Varnay (Salomè), Hans Braun (Jochanaan), Hans Hopf (Narraboth)
dir: Hermann Weigert (1953)

24 ottobre 2017

Salomè (4) - Il desiderio onnipotente

Scritto da Marisa

Il dramma, di cui abbiamo visto i presupposti, comincia ora inesorabilmente a prendere forma e a svilupparsi, come da un seme non può che crescere quella pianta che in potenzialità già conteneva. Salomè esce tutta agitata dalla sala del banchetto, intollerante sia dello sguardo troppo fisso su di lei del tetrarca, sia delle continue polemiche degli ebrei (“che l'un l'altro si sbranano per quei culti sciocchi”), sia degli astuti egizi e dei romani (“zotici, brutali, di parola sguaiata...”). Trova rifugio solo nella luna: ”È piacevole guardare la luna. La luna è un fiore d'argento, freddo e casto. Sì, è come la bellezza di una fanciulla che sia restata pura”. Ecco stabilita la corrispondenza tra la pura e intatta lontananza della luna e la casta freddezza della fanciulla ancora non toccata dalla passione (“...che sia restata pura”). Ma questa casta verginità durerà ben poco. Assediata dallo sguardo pieno di desiderio del giovane capitano e da quello carico di libidine incestuosa del tetrarca, la sognante fanciulla troverà presto un oggetto in grado di risvegliare potentemente la sua libido: un oggetto che sia l'opposto dei suoi troppo vicini e umani spasimanti, un oggetto freddo e lontano come la luna...

Salomè viene distolta dalla contemplazione della luna dalla voce tonante che sale dalla cisterna: “Ecco, il Signore è venuto, il Figlio dell'Uomo è vicino”. È una voce diversa da tutte quelle che ha udito finora, una voce che parla di eventi misteriosi che si proiettano in un futuro enigmatico e strano (“Non gioire, terra di Palestina, se è spezzato il bastone di colui che ti colpiva. Perché dal seme del serpente verrà un basilisco e la sua prole inghiottirà gli uccelli”). Lei conosce benissimo sia l'oscura paura di Erode per quest'uomo (“Ah, il profeta! Quello di cui ha paura il tetrarca?") che il suo disprezzo e la condanna morale verso la madre (“Dice cose tremende di mia madre, non è così?”). anche se chi la circonda cerca di sviare e finge di ignorare la situazione; ma tutto questo non la tocca perché è immediatamente colpita dalla voce, come da una vera sferzata, un potente vento in grado di sradicarla e di scaraventarla in un terreno altro, lontano da tutto e da tutti... Da questo momento tutta l'attenzione e la tensione di Salomè sono dirette, come una freccia, all'uomo che parla in modo così potente e oscuro, un modo così diverso da tutto quello che ha udito fino ad ora nella corte dove il linguaggio è asservito al potere e alla compiacenza. Si presume che anche il tono della voce, non solo il contenuto, sia radicalmente diverso dalle modalità usate nel linguaggio comune e da quello celebrativo e falsamente adulatorio a cui è abituata, e questo tono, totalmente altro, la colpisce come una folgore.

Dopo aver ricevuto l'informazione che il profeta non è vecchio, anzi è giovanissimo (Giovanni Battista ha qualche mese più di Gesù, secondo le informazioni del Vangelo riguardo la visita di Maria a Santa Elisabetta incinta di Giovanni), Salomè vorrebbe vederlo subito, ma si scontra con il divieto posto dal tetrarca. Nessuno può vedere Jochanaan! Come aggirare l'ostacolo e raggiungere quello che il desiderio messo in moto indica? Ecco che si rivolge a colui che fino ad ora sembrava ignorare completamente, tanto da non rispondere nemmeno alle pressanti sollecitazioni di mettersi al riparo dall'umidità della notte rientrando nella sala, e lo fa con la sicurezza di chi sa di avere un potere irresistibile sull'altro. Quindi, pur essendo così lontana e sembrando del tutto sorda e indifferente alla passione del giovane, Salomè se ne era accorta benissimo; e ora è arrivato il momento di sfruttarla per i suoi scopi, di acuirla per meglio strumentalizzarla: ”Per me lo farai, Narraboth. Tu sai che per me lo farai. E domani mattina ti getterò uno sguardo di tra i veli di mussola, Narraboth, si, ti guarderò e forse ti sorriderò. Guardami, Narraboth, guardami. Ah! Sai bene che farai ciò che ti chiedo! Quanto lo sai bene!”.

Da questo punto in avanti la figura di Salomè si allontana definitivamente e totalmente dalla scarna narrazione biblica e storica, e prende la forma che gli artisti, maestri nell'esplorazione del desiderio e delle sue conseguenze più estreme, hanno immaginato per lei. Comincia l'esplorazione di uno degli aspetti più pericolosi (e perciò in genere rimosso) e affascinanti della psiche: realizzare una pulsione, un desiderio che si impossessa di tutto l'essere e che ci domina, con qualsiasi mezzo ed a tutti i costi, spesso manipolando gli altri senza alcuno scrupolo, saltando e non tenendo più in alcun conto qualsiasi richiamo alla realtà. La fanciulla finora innocente si trasforma in un'astuta manipolatrice, che sfrutta a proprio vantaggio la debolezza degli altri o la loro stessa passione nei suoi confronti... È un passaggio molto importante, su cui la psicoanalisi ha ovviamente richiamato l'attenzione, soprattutto per la ricostruzione degli aspetti perversi della personalità.

Quello che sembra un enigma e rende inquietante al massimo la figura di Salomè, così come viene fuori dalle fantasie degli artisti, è la compresenza della fanciulla, quasi una bambina, con la donna crudele, determinata e irremovibile. Ma è proprio questa compresenza la chiave di lettura, secondo la psicoanalisi! Le fantasie di “onnipotenza narcisistica” presenti in ogni bambino, a compensazione del suo reale stato di debolezza e dipendenza assoluta dalle cure e dall'amore degli altri (soprattutto, ovviamente, dalla madre, che è la prima fonte di vita), si scontrano e vengono ridimensionate dalle inevitabili frustrazioni che, se dosate con amorevolezza, rendono possibile uno sviluppo equilibrato e l'accesso ad uno stadio adulto in cui la stima di sé si coniuga con l'accettazione della realtà (il famoso passaggio dallo stadio del piacere a quello della realtà). Ma nel caso di un eccessivo investimento narcisistico da parte della madre o altre circostanze analoghe (bambini abituati ad essere sempre “idealizzati” e assecondati in qualsiasi desiderio, come nel caso di alcuni “principi e principesse”), specie se a questa situazione si accompagna un'eccessiva esposizione alla seduzione e alle sregolatezze della sessualità degli adulti che lo circondano, per il bambino è difficilissimo sfuggire ad un destino di perversione e di disturbo della personalità, perché rimarrà fissato alla fase di “onnipotenza” in cui continua a vivere come se tutto gli fosse possibile, non conoscendo alcun limite e distinzione tra bene e male. Il suo Super-Io (riassunto nel famoso detto kantiano “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”) infatti non si è formato e rimarrà sempre il bambino che può ottenere tutto, specialmente se arriva a una posizione di reale potere (gli “imperatori folli” Caligola, Nerone, Eliogabalo...) o se potrà disporre del potere altrui, com'è il caso di Salomè che per giungere al proprio scopo fa leva sul giovane capitano e poi sul potere reale del tetrarca. La stessa cosa, un uso eccessivo e perverso del potere, può avvenire anche in chi nell'infanzia ha avuto eccessivi traumi dovuti a maltrattamenti, svalutazioni e umiliazioni, e cova quindi profondi bisogni di rivalsa e risarcimento che preparano, da adulti, azioni distruttive e sadiche sugli altri, su larga scala in chi arriva al potere (dittatori psicopatici come Hitler o Stalin...) o solo sfoghi sistematici sui propri figli o dipendenti per le persone di più comune destino.

Una parte del “bambino perverso onnipotente” rimane comunque sepolto dentro di noi, rimosso più o meno accuratamente ma in grado di entrare in risonanza e di permetterci di essere affascinati – pur prendendo ogni possibile distanza grazie soprattutto agli artifici dell'arte e del teatro – e di riavvicinarci a tali profonde zone della psiche che gli artisti hanno il coraggio di “guardare” anche per noi. “Stai attento a quello che desideri, potrebbe avverarsi!”, ci ammonisce proprio Oscar Wilde in un suo famoso e folgorante aforisma...

Clicca qui per il testo.

(Salome tritt erregt ein.)

SALOME
Ich will nicht bleiben. Ich kann nicht bleiben. Warum sieht mich der Tetrarch fortwährend so an mit seinen Maulwurfsaugen unter den zuckenden Lidern? Es ist seltsam, daß der Mann meiner Mutter mich so ansieht. Wie süß ist hier die Luft! Hier kann ich atmen... Da drinnen sitzen Juden aus Jerusalem, die einander über ihre närrischen Gebräuche in Stücke reißen... Schweigsame, list'ge Ägypter und brutale ungeschlachte Römer mit ihrer plumpen Sprache... Oh, wie ich diese Römer hasse!

PAGE
(zu Narraboth)
Schreckliches wird geschehn. Warum siehst du sie so an?

SALOME
Wie gut ist's, in den Mond zu sehn. Er ist wie eine silberne Blume, kühl und keusch. Ja, wie die Schönheit einer Jungfrau, die rein geblieben ist.

DIE STIMME DES JOCHANAAN
Siehe, der Herr ist gekommen, des Menschen Sohn ist nahe.

SALOME
Wer war das, der hier gerufen hat?

ZWEITER SOLDAT
Der Prophet, Prinzessin.

SALOME
Ach, der Prophet! Der, vor dem der Tetrarch Angst hat?

ZWEITER SOLDAT
Wir wissen davon nichts, Prinzessin. Es war der Prophet Jochanaan, der hier rief.

NARRABOTH
(zu Salome)
Beliebt es Euch, daß ich Eure Sänfte holen lasse, Prinzessin? Die Nacht ist schön im Garten.

SALOME
Er sagt schreckliche Dinge über meine Mutter, nicht wahr?

ZWEITER SOLDAT
Wir verstehn nie, was er sagt, Prinzessin.

SALOME
Ja, er sagt schreckliche Dinge über sie.

(Ein Sklave tritt ein.)

SKLAVE
Prinzessin, der Tetrarch ersucht Euch, wieder zum Fest hineinzugehn.

SALOME
(heftig)
Ich will nicht hineingehn.
(Der Sklave geht ab.)
Ist dieser Prophet ein alter Mann?

NARRABOTH
(dringender)
Prinzessin, es wäre besser hineinzugehen. Gestattet, daß ich Euch führe.

SALOME
(gesteigert)
Ist der Prophet ein alter Mann?

ERSTER SOLDAT
Nein, Prinzessin, er ist ganz jung.

DIE STIMME DES JOCHANAAN
Jauchze nicht, du Land Palästina, weil der Stab dessen, der dich schlug, gebrochen ist. Denn aus dem Samen der Schlange wird ein Basilisk kommen, und seine Brut wird die Vögel verschlingen.

SALOME
Welch seltsame Stimme! Ich möchte mit ihm sprechen...

ZWEITER SOLDAT
Prinzessin, der Tetrarch duldet nicht, daß irgend wer mit ihm spricht. Er hat selbst dem Hohenpriester verboten, mit ihm zu sprechen.

SALOME
Ich wünsche mit ihm zu sprechen.

ZWEITER SOLDAT
Es ist unmöglich, Prinzessin.

SALOME
(immer heftiger)
Ich will mit ihm sprechen...
Bringt diesen Propheten heraus!

ZWEITER SOLDAT
Wir dürfen nicht, Prinzessin.

SALOME
(tritt an die Cisterne heran und blickt hinunter)
Wie schwarz es da drunten ist! Es muß schrecklich sein, in so einer schwarzen Höhle zu leben... Es ist wie eine Gruft...
(wild)
Habt ihr nicht gehört? Bringt den Propheten heraus! Ich möchte ihn sehn!

ERSTER SOLDAT
Prinzessin, wir dürfen nicht tun, was Ihr von uns begehrt!

SALOME
(erblickt Narraboth)
Ah!

PAGE
Oh, was wird geschehn? Ich weiß, es wird Schreckliches geschehn.

SALOME
(tritt an Narraboth heran, leise und lebhaft sprechend)
Du wirst das für mich tun, Narraboth, nicht wahr? Ich war dir immer gewogen. Du wirst das für mich tun. Ich möchte ihn bloß sehn, diesen seltsamen Propheten. Die Leute haben soviel von ihm gesprochen. Ich glaube, der Tetrach hat Angst vor ihm.

NARRABOTH
Der Tetrarch hat es ausdrücklich verboten, daß irgend wer den Deckel zu diesem Brunnen aufhebt.

SALOME
Du wirst das für mich tun, Narraboth,
(sehr hastig) und morgen, wenn ich in meiner Sänfte an dem Torweg, wo die Göt-zenbilder stehn, vorbeikomme, werde ich eine kleine Blume für dich fallen lassen, ein kleines grünes Blümchen.

NARRABOTH
Prinzessin, ich kann nicht, ich kann nicht.

SALOME
(bestimmter)
Du wirst das für mich tun, Narraboth. Du weißt, daß du das für mich tun wirst. Und morgen früh werde ich unter den Muss'linschleiern dir einen Blick zuwerfen, Narraboth, ich werde dich ansehn, kann sein, ich werde dir ulächeln. Sieh mich an, Narraboth, sieh mich an. Ah! wiegut du weißt, daß du tun wirst, um was ich dich bitte! Wie du es weißt! (Stark) Ich weiß, du wirst das tun.

NARRABOTH
(gibt den Soldaten ein Zeichen)
Laßt den Propheten herauskommen... die Prinzessin Salome wünscht ihn zu sehn.

SALOME
Ah!

(Der Prophet kommt aus der Cisterne.)
(Appare Salome agitata)

SALOME
Non voglio restarci. Non posso. Perché il tetrarca sta continuamente a guardarmi con quegli occhi di talpa sotto le palpebre convulse? È strano che lo sposo di mia madre mi guardi in quel modo. Quanto dolce è qui l'aria! Qui mi torna il respiro... Là dentro siedono Ebrei di Gerusalemme che l'un l'altro si sbranano per quei culti sciocchi... Taciti, astuti Egizi, e Romani zotici, brutali, di parola sguaiata... Oh, questi Romani, come li odio!


IL PAGGIO
(zu Narraboth)
Accadrà una cosa orribile. Perché la guardi così?


SALOME
È piacevole guardare la luna. La luna è un fiore d'argento, freddo e casto. Si, è come la bellezza di una fanciulla che sia restata pura.

LA VOCE DI JOCHANAAN
Ecco, il Signore è venuto, il Figlio dell'Uomo è vicino.

SALOME
Chi era che ha gridato?

IL SECONDO SOLDATO
Principessa, era il profeta.

SALOME
Ah, il profeta! Quello di cui ha paura il tetrarca?


IL SECONDO SOLDATO
Di ciò noi non sappiamo nulla, principessa. Colui che qui ha gridato, era il profeta Jochanaan.

NARRABOTH
(a Salome)
Comandate, principessa, ch'io chiami la lettiga? Nel giardino la notte è bella.

SALOME
Dice cose tremende di mia madre, non è così?


IL SECONDO SOLDATO
Non comprendiamo mai, principessa, ciò che dice.

SALOME
Si, ne dice cose tremende.

(Entra uno schiavo)

LO SCHIAVO
Principessa, il tetrarca vi chiede di tornare alla festa.

SALOME
(con violenza)
Non voglio tornarci.
(Lo schiavo va via)
Questo profeta è vecchio?

NARRABOTH
(con insistenza)
Principessa, sarebbe meglio tornare dentro. Concedete che vi accompagni.

SALOME
(decisa)
È vecchio il profeta?

IL PRIMO SOLDATO
No, principessa, è giovanissimo.

LA VOCE DI JOCHANAAN
Non gioire, terra di Palestina, se è spezzato il bastone di colui che ti colpiva. Perché dal seme del serpente verrà un basilisco e la sua prole inghiottirà gli uccelli.

SALOME
Che strana voce! Mi piacerebbe parlargli...


IL SECONDO SOLDATO
Principessa, il tetrarca non consente che gli parli alcuno. Perfino al Gran Sacerdote egli ha vietato di parlargli.

SALOME
Desidero parlargli.

IL SECONDO SOLDATO
Principessa, è impossibile.

SALOME
(con impeto sempre maggiore)
Voglio parlargli...
Traete fuori questo profeta!

IL SECONDO SOLDATO
Non possiamo, principessa.

SALOME
(si avvicina alla cisterna e guarda giù)
Come è scuro là in fondo! Deve essere orribile vivere in una grotta così nera... È come una tomba...
(feroce)
Non avete sentito? Traete fuori il profeta! Desidero vederlo!

IL PRIMO SOLDATO
Principessa, quello che ci chiedete, noi non possiamo farlo.

SALOME
(vede Narraboth)
Ah!

IL PAGGIO
Oh, che accadrà? Lo so, accadrà una cosa orribile.


SALOME
(si avvicina a Narraboth e gli parla sottovoce e con animazione)
Tu lo farai per me, Narraboth, non è così? lo ti voglio bene da sempre. Tu lo farai per me. Lo strano profeta, voglio solo vederlo. La gente ne ha parlato tanto. Penso che il tetrarca lo tema.



NARRABOTH
Il tetrarca ha vietato che alzi alcuno il coperchio del pozzo.

SALOME
Tu lo farai per me, Narraboth,
(in gran fretta)
e domani, quando passerò con la lettiga lungo l'atrio degli idoli, per te farò cadere un piccolo fiore, un fiorellino verde.

NARRABOTH
Principessa, non posso, no, non posso.

SALOME
(con decisione maggiore)
Per me lo farai, Narraboth. Tu sai che per me lo farai. E domani mattina ti getterò uno sguardo di tra i veli di mussola, Narraboth, si, ti guarderò e forse ti sorriderò. Guardami, Narraboth, guardami. Ah! Sai bene che farai ciò che ti chiedo! Quanto lo sai bene!
(con forza)
Io so che lo farai.

NARRABOTH
(con un cenno ai soldati)
Conducete fuori il profeta... La principessa Salome desidera vederlo.

SALOME
Ah!

(Il profeta esce dalla cisterna)



Teresa Stratas (Salomè), Wieslaw Ochman (Narraboth), Hanna Schwarz (Paggio)
dir: Karl Böhm (1974)


Catherine Malfitano (Salomè), Clemens Bieber (Narraboth), Camille Capasso (Paggio)
dir: Giuseppe Sinopoli (1990)


Catherine Naglestad, Norbert Ernst, Ulrike Helzel
dir: Simone Young (2015)

Astrid Varnay, Hans Hopf, Hertha Topper
dir: Hermann Weigert (1953)

20 ottobre 2017

Salomè (3) - Pallida come la luna

Scritto da Marisa

La prima scena dell'opera ci scaraventa subito nella piena atmosfera in cui svolgerà il dramma, che occupa infatti poche ore e si consuma tutto sotto lo sguardo indifferente della luna che è già sorta. Già, perché forse proprio la luna è la vera protagonista di tutta la vicenda, o per lo meno lo sono il suo influsso, il suo simbolismo e le analogie con gli stati d'animo dei protagonisti (ad esclusione di Giovanni, che nella sua concentrazione mistica e profetica, rimane impenetrabile a qualsiasi suggestione terrena). L'atmosfera notturna è qui importantissima per dare sfondo e forma ai desideri indicibili alla chiara luce diurna della coscienza solare, ai suoi fantasmi e alle sue illusioni.

Potrebbe essere tutto un sogno, il che ci permetterebbe di continuare a pensare che sia tutto senza senso ed irreale, senonché sono proprio i sogni che ci svelano e possono metterci in contatto con ciò che la luce solare ci nasconde e che costituisce il nucleo più originario e profondo del nostro essere, la parte accuratamente rimossa e che torna come incubo notturno... “Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni”, ci ricordava Shakespeare ben tre secoli prima che fosse pubblicata “L'interpretazione dei sogni” di Freud. E questa non è la prima né la sola opera in cui la notte e la luna dominano la scena e ne impregnano il significato. Ricordiamo “Turandot” (di cui ci siamo occupati diffusamente in questo blog, e a cui rimandiamo per il simbolismo sulla Luna), tutto il primo atto della "Norma" (opera anch'essa commentata nel blog), che si svolge sotto lo sguardo della Luna, dea casta e benigna in quel caso, e ancora tutto il "Tristano", che non si può capire a prescindere dalla esaltazione della notte come unica amica dell'anima amante...

Ma cominciamo ad entrare nel merito dell'opera. Nella terrazza della reggia ci sono i soldati di guardia, il loro giovane capitano siriano Narraboth e il paggio, che ingannano le ore di guardia, ognuno a modo suo. Narraboth è chiaramente innamorato della principessa e non può distogliere i suoi pensieri e lo sguardo da lei. La sovrapposizione con la luna compare immediatamente.

NARRABOTH
Wie schön ist die Prinzessin Salome heute nacht!

PAGE
Sieh die Mondscheibe, wie sie seltsam aussieht. Wie eine Frau, die aufsteigt aus dem Grab.

NARRABOTH
Sie ist sehr seltsam. Wie eine kleine Prinzessin, deren Füße weiße Tauben sind. Man könnte meinen, sie tanzt.

PAGE
Wie eine Frau, die tot ist. Sie gleitet langsam dahin.

NARRABOTH
Quanto è bella la principessa Salome stasera!

IL PAGGIO
Guarda la luna, che aspetto strano. Sembra una donna che s'alza dalla tomba.

NARRABOTH
Sì, molto strano. Sembra una piccola principessa dai piedi come bianche colombe. Pare che stia danzando.

IL PAGGIO
Sembra una donna morta. E scivola via lentamente.

Queste prime battute rivelano già l'imprigionamento del giovane innamorato entro un amore impossibile e la lontananza incolmabile dall'oggetto amato: Salomè è bella, pallida e lontana come la luna, che a lui sembra danzare con piccoli piedi bianchi come colombe, ma che all'amico paggio, testimone non innamorato, sembra già annunciatrice di morte e foriera di sangue e sciagure. Il dialogo tra loro è un dialogo tra sordi, come sarà un dialogo tra sordi quello di Salomè con Giovanni, di Erode con Erodiade.

Tutta l'opera infatti può essere letta all'insegna dell'isolamento dei protagonisti: ognuno prigioniero della propria ossessione, impenetrabile totalmente alla reale situazione e al vissuto dell'altro e a qualsiasi richiamo al buon senso. Il paggio cerca inutilmente più di una volta di distogliere l'attenzione di Narraboth, troppo concentrata sulla fascinazione della principessa, intuendone il pericolo, così come Erodiade cercherà di distogliere inutilmente l'attenzione di Erode dalla figlia. Il paggio ed Erodiade fungono ambedue da testimoni razionali ed oculati, ma perfettamente inutili e inefficaci perché non c'è nessun richiamo alla realtà e al buon senso che possa spezzare una fascinazione che diventa ossessione erotica, del tutto irrazionale e impermeabile quindi alla ragione. Siamo in un altro mondo...

Non devi guardarla. La guardi troppo. Può accadere una cosa orribile”, continua a ripetere il paggio al giovane capitano totalmente preso dalla sua visione: “È pallida la principessa. Così pallida non l'ho mai vista. È come l'ombra di una candida rosa in uno specchio d'argento”. Il pallore di Salomè ritorna costantemente ed è la prova del suo appartenere al mondo lunare, argentea e distante, inafferrabile. I piedi come “bianche colombe”, il volto come “ombra di candida rosa in uno specchio d'argento” sono tutte immagini che rimandano alla dea dell'amore, Afrodite, cui erano sacre le colombe e che vediamo spesso riflessa nello specchio circondata di rose, ma che qui si presentano spettrali ed esangui, ben lontane dal famoso “sorriso” che spande gioia in tutto l'universo...

È impressionante come in quest'opera, pur così breve, sia rappresentata in modo esemplare e sconvolgente la natura tragica di un certo aspetto dell'innamoramento: la sua impossibilità di raggiungere l'oggetto amato e la paradossalità dell'amore che invece di “unire” e causare gioia, distrugge e separa. L'amore si nutre sempre di proiezioni, ma quando queste sovrastano ogni possibile ritorno e rispecchiamento (un minimo di reciprocità) sfocia sempre nella catastrofe. Così vediamo come Narraboth si perda completamente in Salomè, che non si cura minimamente di lui e lo utilizzerà solo per accedere a Giovanni (Jochanaan), da cui viene irresistibilmente attratta e che a sua volta non la guarda nemmeno, tutto preso dalla sua visione interiore, per arrivare ad Erode che è affascinato dalla figliastra, che lo ignora totalmente, mentre non ascolta Erodiade che lo ama ancora, ma da cui ora lui è lontano... Ognuno insomma ama qualcuno che non lo ama e che ama a sua volta qualcuno a cui non può accedere...

Forse quest'aspetto paradossale dell'amore, che vuol unirsi all'impossibile e a ciò che è lontano, fonda l'atteggiamento “religioso” e “mistico”, a patto però di riconoscerne la radice dentro di noi e di spostare la tensione erotica (la psicoanalisi chiama questo processo “sublimazione”) sul divino, trasformandola in tensione spirituale. Finché si rimane imprigionati nell'innamoramento assoluto e “coatto” verso una singola persona e al suo corpo, non può che accadere “qualcosa di orribile”, come avverte il paggio.
Un mio giovane amico poeta ha scritto questi versi:
Io per amare ho bisogno della distanza
Ed è per questo che le cose che amo
Sono prossime alle stelle.
Grazie, Paolo!

Segue un breve anticipo – quasi un rumore di fondo – dell'atteggiamento degli ebrei, sempre in polemica tra di loro, impegnati in discussioni teologiche incomprensibili agli estranei, soprattutto ai soldati romani, abituati alla concretezza e all'ordine. “Sempre gli stessi. Litigano sulla loro religione”, dice un soldato, e un altro commenta: “Trovo che sia ridicolo litigare per questo”. Come non ricordare, a questo proposito, l'intelligente ironia dei Monty Python nel loro esilarante film del 1979 “Brian di Nazareth”?

Intanto si sente, proveniente dalla cisterna, la voce tuonante del profeta prigioniero, che preannuncia il Regno celeste: “Dopo di me verrà uno che di me è più forte, lo non sono degno di slacciare le cinghie dei suoi sandali. E quando viene, esulteranno le terre inaridite. Quando viene, gli occhi dei ciechi vedranno il giorno. Quando viene, ai sordi si apriranno le orecchie”. Anche questo sembra incomprensibile e ridicolo ai soldati (“Fallo tacere! Dice sempre cose ridicole”), anche se qualcuno riconosce che forse è un uomo santo e che tanta gente lo segue. Persino il tetrarca Erode, pur avendolo fatto imprigionare, ne ha una qualche paura e forse prova “rispetto” per lui, tanto che non ha dato ancora l'ordine di ucciderlo, cosa che aveva invece fatto con grande leggerezza per il fratello Filippo, a cui ha usurpato il regno e del quale sposato la moglie Erodiade (ed è proprio questo che ha scatenato gli anatemi di Giovanni/Jochanaan).

La scena si conclude con l'apparizione di Salomè, che esce dalla stanza del banchetto perché non sopporta più di essere guardata continuamente da Erode con lascivia, e cerca refrigerio sulla terrazza contemplando la luna, Narraboth, nonostante i continui richiami del paggio, non riesce a distogliere lo sguardo da lei, affascinato e calamitato: “La principessa si alza! Abbandona la tavola. È assai agitata. Viene da questa parte”... “È una colomba smarrita”.

Breve, fulminea, priva di ouverture, l’opera inizia in medias res e attanaglia a ogni modo l’ascoltatore, quale che sia il suo convincimento estetico sull’autenticità della drammaturgia straussiana, in un vortice, quando di inaudita violenza fonica e quando di tagliente leggerezza. È un fuoco che si consuma in un attimo, ma non senza aver prima evidenziato la necessaria varietà di modi d’essere, vocali e drammatici, dei personaggi: la vacuità tenorile dell’inconsistente e superstizioso Erode, la composta e quasi fatalistica tragicità di Erodiade, l’esterrefatta umanità di Narraboth, l’agghiacciante e stentoreo diatonismo di Jochanaan e la sensualità, la corporeità animalesca di Salome.
(Dizionario dell'Opera, ed. Baldini & Castoldi)

Clicca qui per il testo.

(Eine grosse Terrasse im Palast des Herodes, die an den Bankettsaal stösst. Einige Soldaten lehnen sich über die Brüstung. Rechts eine mächtige Treppe, links im Hintergrund eine alte Zisterne mit einer Einfassung aus grüner Bronze. Der Mond scheint sehr hell.)

NARRABOTH
Wie schön ist die Prinzessin Salome heute nacht!

PAGE
Sieh die Mondscheibe, wie sie seltsam aussieht. Wie eine Frau, die aufsteigt aus dem Grab.

NARRABOTH
Sie ist sehr seltsam. Wie eine kleine Prinzessin, deren Füße weiße Tauben sind. Man könnte meinen, sie tanzt.

PAGE
Wie eine Frau, die tot ist. Sie gleitet langsam dahin.

(Lärm im Bankettsaal.)

ERSTER SOLDAT
Was für ein Aufruhr! Was sind das für wilde Tiere, die da heulen?

ZWEITER SOLDAT
Die Juden.
(Trocken)
Sie sind immer so. Sie streiten über ihre Religion.

ERSTER SOLDAT
Ich finde es lächerlich, über solche Dinge zu streiten.

NARRABOTH
Wie schön ist die Prinzessin Salome heute abend!

PAGE
(unruhig)
Du siehst sie immer an. Du siehst sie zuviel an. Es ist gefärlich, Menschen auf diese Art anzusehn. Schreckliches kann geschehn.

NARRABOTH
Sie ist sehr schön heute abend.

ERSTER SOLDAT
Der Tetrach sieht finster drein.

ZWEITER SOLDAT
Ja, er sieht finster drein.

ERSTER SOLDAT
Auf wen blickt er?

ZWEITER SOLDAT
Ich weiß nicht.

NARRABOTH
Wie blaß die Prinzessin ist. Niemals habe ich sie so blaß gesehn. Sie ist wie der Schatten einer weißen Rose in einem silbernen Spiegel.

PAGE
(sehr unruhig)
Du mußt sie nicht ansehn. Du siehst sie zuviel an. Schreckliches kann geschehn.

STIMME DES JOCHANAAN
(aus der Cisterne)
Nach mir wird Einer kommen, der ist stärker als ich. Ich bin nicht wert, ihm zu lösen den Riemen an seinen Schuh'n. Wenn er kommt, werden die verödeten Stätten frohlocken. Wenn er kommt, werden die Augen der Blinden den Tag sehn. Wenn er kommt, die Ohren der Tauben geöffnet.

ZWEITER SOLDAT
Heiß' ihn schweigen! Er sagt immer lächerliche Dinge.

ERSTER SOLDAT
Er ist ein heil'ger Mann. Er ist sehr sanft. Jeden Tag, den ich ihm zu essen gebe, dankt er mir.

EIN KAPPADOZIER
Wer ist es?

ERSTER SOLDAT
Ein Prophet.

EIN KAPPADOZIER
Wie ist sein Name?

ERSTER SOLDAT
Jochanaan.

EIN KAPPADOZIER
Woher kommt er?

ERSTER SOLDAT
Aus der Wüste. Eine Schar von Jüngern war dort immer um ihn.

EIN KAPPADOZIER
Wovon redet er?

ERSTER SOLDAT
Unmöglich ist's, zu verstehn, was er sagt.

EIN KAPPADOZIER
Kann man ihn sehn?

ERSTER SOLDAT
Nein, der Tetrarch hat es verboten.

NARRABOTH
(sehr erregt)
Die Prinzessin erhebt sich! Sie verläßt die Tafel. Sie ist sehr erregt. Sie kommt hierher.

PAGE
Sieh sie nicht an!

NARRABOTH
Ja, sie kommt auf uns zu.

PAGE
Ich bitte dich, sie sie nicht an!

NARRABOTH
Sie ist wie eine verirrte Taube.

(Nella reggia di Erode, un'ampia terrazza attigua al salone del banchetto. Alcuni soldati si appoggiano alla balaustra. A destra un'imponente scalinata, a sinistra, verso il fondo, un'antica cisterna con una ringhiera di bronzo verdastro. La luna splende chiarissima.)

NARRABOTH
Quanto è bella la principessa Salome stasera!

IL PAGGIO
Guarda la luna, che aspetto strano. Sembra una donna che s'alza dalla tomba.

NARRABOTH
Sì, molto strano. Sembra una piccola principessa dai piedi come bianche colombe. Pare che stia danzando.

IL PAGGIO
Sembra una donna morta. E scivola via lentamente.

(Strepito nel salone del banchetto.)

IL PRIMO SOLDATO
Quanto chiasso! Che bestie sono quelle là che urlano?

IL SECONDO SOLDATO
Ebrei.
(secco)
Sempre gli stessi. Litigano sulla loro religione.

IL PRIMO SOLDATO
Trovo che sia ridicolo litigare per questo.


NARRABOTH
Quanto è bella la principessa Salome stasera!

IL PAGGIO
(inquieto)
Tu la guardi sempre. La guardi troppo. È pericoloso guardare qualcuno in questo modo. Può accadere una cosa orribile.

NARRABOTH
È bellissima stasera.

IL PRIMO SOLDATO
Il tetrarca ha lo sguardo torvo.

IL SECONDO SOLDATO
Sì, ha lo sguardo torvo.

IL PRIMO SOLDATO
Chi sta fissando?

IL SECONDO SOLDATO
Non so.

NARRABOTH
È pallida la principessa. Così pallida non l'ho mai vista. È come l'ombra di una candida rosa in uno specchio d'argento.

IL PAGGIO
(molto agitato)
Non devi guardarla. La guardi troppo. Può accadere una cosa orribile.

LA VOCE DI JOCHANAAN
(dalla cisterna)
Dopo di me verrà uno che di me è più forte, lo non sono degno di slacciare le cinghie dei suoi sandali. E quando viene, esulteranno le terre inaridite. Quando viene, gli occhi dei ciechi vedranno il giorno. Quando viene, ai sordi si apriranno le orecchie.


IL SECONDO SOLDATO
Fallo tacere! Dice sempre cose ridicole.


IL PRIMO SOLDATO
È un uomo santo. È molto mite. Ogni giorno, quando gli porto il cibo, mi ringrazia.

UN UOMO DI CAPPADOCIA
Chi è?

IL PRIMO SOLDATO
Un profeta.

UN UOMO DI CAPPADOCIA
Qual è il suo nome?

IL PRIMO SOLDATO
Jochanaan.

UN UOMO DI CAPPADOCIA
Da dove viene?

IL PRIMO SOLDATO
Dal deserto. Là aveva sempre intorno una folla di devoti.

UN UOMO DI CAPPADOCIA
E di che parla?

IL PRIMO SOLDATO
È impossibile intendere quel che dice.

UN UOMO DI CAPPADOCIA
Si può vederlo?

IL PRIMO SOLDATO
No, il tetrarca l'ha vietato.

NARRABOTH
(con grande agitazione)
La principessa si alza! Abbandona la tavola. È assai agitata. Viene da questa parte.

IL PAGGIO
Non guardarla!

NARRABOTH
Sì, viene verso di noi.

IL PAGGIO
Ti prego, non guardarla!

NARRABOTH
È una colomba smarrita.




Wieslaw Ochman (Narraboth), Hanna Schwarz (Paggio)
dir: Karl Böhm (1974)


Clemens Bieber (Narraboth), Camille Capasso (Paggio)
dir: Giuseppe Sinopoli (1990)


Norbert Ernst (Narraboth), Ulrike Helzel (Paggio)
dir: Simone Young (2015)


Hans Hopf, Hertha Topper
dir: Hermann Weigert (1953)

Rudolf Schock
dir: Franz Konwitschny (1947)

16 ottobre 2017

Salomè (2) - Premessa

Scritto da Marisa

L'idea di occuparmi della complessa e conturbante figura di Salomè mi girava in testa da parecchi mesi, ma cercavo continuamente di rimandarne l'attuazione, spaventata dalla mole di fantasie, interpretazioni e leggende che si sono accumulate su di essa, nutrendo il nostro immaginario e arricchendo filoni più disparati di sensibilità, da chi vuole la principessa giudaica semplice strumento della madre, secondo una concezione di dipendenza assoluta e simbiotica madre-figlia, a chi la vede donna autonoma, assetata di potere e desiderio di vendetta libidinosa, o ancora chi la vuole esempio di un percorso iniziatico spirituale... In genere, più scarse sono le notizie storiche e maggiormente l'inconscio ha la possibilità di proiettare i propri contenuti quando nuclei profondi vengano toccati e risvegliati. Ed è proprio quello che è accaduto con la figura di Salomè, che si è rivelata un perfetto contenitore di fantasie e di immagini inconsce sempre più complesse e sfumate, con angolature che rivelano i recessi abissali della psiche quando ha la possibilità di uscire allo scoperto attraverso immagini che possano supportarla.

L'opera di Strauss è completamente rispettosa, nella stesura del libretto, all'atto unico di Oscar Wilde, e ne amplifica, nelle straordinarie suggestioni musicali, le emozioni indicibili con il linguaggio verbale. Noi cercheremo di entrare nel mondo fantastico creato dai due grandi artisti, ma anche di spaziare attingendo ad altre sensibilità e provando ad andare oltre la più scontata interpretazione che ne vede nel “decadentismo” la chiave di lettura, intrappolando così in uno schema “rassicurante” – perché legato comunque ad un preciso periodo storico – un complesso modo di sentire che appartiene a tutte le epoche, in quanto attinge direttamente da quella fonte universale e senza tempo che è l'inconscio collettivo, un preciso nucleo archetipico (sepolto quindi nella psiche profonda di ogni uomo, secondo l'illuminata concezione di Jung) che gli artisti hanno slatentizzato dandogli una grande e sublime forma simbolica. Il grande successo, sia dell'opera teatrale di Wilde che di quella musicale di Strauss, è dovuto proprio all'aver toccato quelle corde nascoste ma universali, che possiamo reggere solo attraverso la grande arte che ci permette (come avevano ben intuito i greci con l'invenzione del teatro tragico) di essere messi in contatto con le patri più oscure e “rimosse” della psiche, senza dovercene vergognare (perché in fondo quello che vediamo sta accadendo ad altri) ma contemporaneamente provandone emotivamente l'esperienza, che diventa “catartica” per il solo fatto che può essere detta e comunicata in qualche modo, essere vissuta almeno a livello fantastico...

Tutti conoscono il breve episodio, riportato dai vangeli di Marco e Matteo, che lega la morte di Giovanni Battista alla richiesta della figlia di Erodiade della sua testa su un piatto d'argento, dopo aver danzato per il tetrarca Erode Antipa, su istigazione della madre. Nei vangeli non compare il nome della principessa giudaica, che conosciamo come Salomè solo attraverso lo storico Flavio Giuseppe. Ecco il passo del vangelo di Marco:

Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodiade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata. Giovanni diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodiade lo odiava e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodiade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». La ragazza uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re ne fu rattristato; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto. E subito il re mandò una guardia con l'ordine che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
(Vangelo secondo Marco 6, 17-29)
Il passo di Matteo (14, 3-11) è analogo, perciò lo omettiamo. Ricordiamo comunque come nell'antichità, presso tutti i popoli, fosse molto frequente mandare a morte i nemici politici e chiunque potesse dare ombra ai potenti, senza destare alcuno scandalo.



Flavio Giuseppe, nelle sue “Antichità giudaiche”, riferisce che in seguito Salomè, la principessa giudaica figlia di Erodiade e di Erode Filippo, sposò il tetrarca Filippo e successivamente Aristobulo, re di Calcide, dal quale ebbe tre figli. Siamo quindi ben lungi dalla morte che vediamo rappresentata nel dramma di Wilde e nell'opera di Strauss, a conclusione dell'orrore... Vero è che circolano già dall'antichità leggende su una presunta fine violenta di Salomè, in linea con una punizione degna della legge del più rigoroso contrappasso dantesco, come leggiamo da Wikipedia:
Alcune leggende narrano che Salomè, in realtà, non sarebbe morta in tarda età ma di un'orribile morte prematura. Un documento apocrifo, la Lettera di Erode a Pilato, nella Leggenda Aurea, racconta della morte di una principessa Erodiade (che si vorrebbe identificare con Salomé) quando essa decise di danzare su una pozza d'acqua ghiacciata: mentre era impegnata nella sua danza la lastra di ghiaccio si ruppe facendola sprofondare nelle acque gelide; sua madre tentò di salvarla dai flutti dell'acqua tenendola per il capo, ma questo si staccò, rimanendo in mano alla madre, mentre il corpo rimase nell'acqua.
(da Wikipedia)
Ma la vera esplosione nell'immaginario collettivo della figura di Salomè inizia in pieno XIX secolo e ha come capostipite letterario Baudelaire, che nel 1857, nel XXVII sonetto della sezione “Spleen et Ideal”, canta la donna amata Jeanne sovrapponendole una figura femminile in cui si riconosce Salomè, in linea comunque con la sua visione molto ambivalente della donna, indifferente e lontana emotivamente, dominatrice e seduttiva, del tutto irresistibile e affascinante, nei suoi sinuosi movimenti di danza: un idolo.
Con le vesti ondeggianti e iridescenti,
anche quando cammina si direbbe che danzi
come i lunghi serpenti che i sacri giocolieri
agitano in cadenza in cima a dei bastoni.

Con che indifferenza lei si volge,
come la sabbia cupa e l'azzurro dei deserti,
insensibili all'umana sofferenza,
come le lunghe trame delle onde marine!

Che splendidi minerali quei suoi occhi tersi!
È una strana e simbolica natura,
un misto d'angelo inviolato e sfinge antica,

un tutto d'oro, acciaio, luce e diamanti:
ma è un astro inutile! Quel che eterno splende in lei
è fredda maestà di donna sterile!
(Charles Baudelaire)
In questi versi c'è già tutto il fascino dell'oriente, immaginato proiettivamente dagli europei colti di allora come terra di estetiche ed estatiche esperienze lussuriose, dove il femminile appare come la donna innocente e perversa allo stesso tempo, fanciulla e scaltra ammaliatrice, angelo e sfinge: l'archetipo insomma della parte pericolosa dell'eterno femminino che vive nell'inconscio come Sirena, Circe, Elena... e che anche Salomè incarna.

Da allora Salomè, non più figura storica, semplice strumento della madre che vuole eliminare un fastidioso censore delle sue colpe, ma autonoma dispensatrice di vita e di morte, fredda come una lama o appassionata come una vampa, diventa una vera e propria ossessione maschile. La ritroviamo in Flaubert ("Hérodias" del 1877), in Mallarmé ("Hérodiade", 1864-1896), in Huysmans ("A rebours"), per approdare infine alla "Salomè" di Oscar Wilde nel 1893, unica opera teatrale scritta in francese dall'artista irlandese ma londinese di vita, tradotta (male, tanto che Wilde stesso dovette intervenire per porre rimedio...) poi in inglese dal suo giovane amico-amante Lord Alfred Douglas e illustrata da un talentuoso Aubrey Beardsley, una Salomè che, soprattutto grazie poi alla musica di Richard Strauss, sarebbe rimasta l'insuperata icona artistica che conosciamo. A proposito delle illustrazioni di Beardsley, pare che all'inizio Wilde non ne fosse contento perché le trovava troppo “giapponesi”, mentre lui aveva in mente uno stile più “bizantino”; ma in seguito le ha apprezzate in pieno.

Ricchissima anche la produzione pittorica, da Filippo Lippi a Tiziano, da Caravaggio a Klimt, passando per Henri Régnault (1870) e Franz von Stuck (1906), ammirato da Hitler, ma che trova in Gustave Moreau l'interprete più celebre per le sue numerose raffigurazioni simboliche e visionarie della principessa che esibisce come un sole la testa decapitata, tanto da essere identificato quasi solo come “Il pittore di Salomè”. Numerose anche le produzioni teatrali e cinematografiche che hanno preso spunto dalle opere precedenti, dall'epoca del muto fino a Carmelo Bene. Persino nell'immaginario di Jung, Salomè occupa un posto speciale: nel famoso “Libro Rosso” ha una parte importante nei suoi sogni e immaginazioni attive e compare come una fanciulla cieca in compagnia di Elia vecchio, una delle prime apparizioni dell'anima nel suo stadio immaturo, che si accompagna al Vecchio Saggio... Vedremo i possibili significati di tutte queste varianti nel corso delle nostre riflessioni.

10 ottobre 2017

Salomè (1) - Introduzione

Scritto da Christian

Salomè
Dramma musicale in un atto, op. 54
Libretto di Hedwig Lachmann, dal dramma di Oscar Wilde
Musica di Richard Strauss

Prima rappresentazione: Dresda (Semperoper),
9 dicembre 1905

Personaggi e voci:
- Erode (tenore), tetrarca di Giudea
- Erodiade (mezzosoprano), sua moglie
- Salomè (soprano), figlia di Erodiade
- Jochanaan (baritono), il profeta
- Narraboth (tenore), capitano della guardia di Erode
- Un paggio di Erodiade (contralto)
- Cinque ebrei (4 tenori, 1 basso)
- Due nazareni (tenore, basso)
- Due soldati (bassi)
- Un uomo della Cappadocia (basso)
- Uno schiavo (tenore)

Ero al Piccolo Teatro di Max Reinhardt, a Berlino, per vedere Gertrud Eysoldt nella "Salomé" di Wilde. Dopo la rappresentazione incontrai Heinrich Grünfeld, che mi disse: «Strauss, questo sarebbe proprio un soggetto d'opera per Lei». Fui in grado di rispondere: «Già lo sto componendo». Il poeta viennese Anton Lindner mi aveva già mandato il raffinato dramma e si era offerto di trarne un "libretto" per me. Acconsentii, e mi mandò alcune scene iniziali messe in versi con ingegno, senza che io mi decidessi a iniziare la composizione della musica. Finché un giorno mi domandai: perché non comincio subito, senza aspettare altro, da «Wie schön ist die Prinzessin Salome heute Nacht!» ("Com'è bella la principessa Salomè questa sera!")? Da quel momento in poi non fu difficile ripulire il testo dalle fioriture letterarie, fino a farlo diventare proprio un bel «libretto». E ora che la danza e specialmente l'intera scena finale sono intessute di musica, non ci vuol molta bravura a dire che il lavoro «reclamasse la musica». Sì, sicuro. Ma bisognava saperlo intendere! Già da tempo disapprovavo che nelle opere di soggetto orientale ed ebraico mancassero il colore autenticamente orientale e il sole ardente. Questa esigenza m'ispirò un'armonia veramente esotica, variegata da insolite cadenze come seta cangiante. Il desiderio di caratterizzare al massimo i personaggi mi portò alla bitonalità: una caratterizzazione soltanto ritmica, quale è impiegata da Mozart nel più geniale dei modi, non mi pareva sufficientemente forte con il contrasto fra Erode e i Nazareni.
(Richard Strauss)
Quando nel dicembre del 1905 "Salomè" (alla cui lavorazione Strauss si era dedicato sin dall'estate precedente) venne rappresentata per la prima volta al teatro dell'opera di Dresda, il compositore bavarese (nessuna parentela con gli Strauss di Vienna) era già piuttosto noto per i suoi poemi sinfonici (da "Tod und Verklärung" a "Così parlò Zarathustra") e le sue sinfonie di stampo wagneriano. Ma fu proprio quest'opera, ispirata direttamente al dramma di Oscar Wilde (di cui il libretto di Hedwig Lachmann è praticamente la traduzione in tedesco, con i necessari tagli e adattamenti alla musica operati dallo stesso Strauss) a renderlo istantaneamente una celebrità in tutto il mondo. Il successo fu immediato, così come lo scandalo (per gli stessi elementi che avevano fatto scalpore nel testo di Wilde: la combinazione fra il tema biblico e religioso, l'erotismo e le forti passioni delittuose). Fra i detrattori, o che comunque manifestarono perplessità di fronte al soggetto, ci fu addirittura il Kaiser Guglielmo II, che in occasione della prima rappresentazione a Berlino disse: «Mi dispiace che Strauss abbia composto questa "Salomè". Lui mi è molto simpatico, ma si farà un danno enorme con quest'opera». Nelle sue memorie, il compositore replica: «Con questo danno mi sono costruito la villa a Garmisch!». Persino alcuni dei primi interpreti si mostrarono riluttanti nel portare sul palco il materiale così come era stato scritto, e la prima Salomè, Marie Wittich, rifiutò di esibirsi nella "Danza dei Sette Veli", costringendo il teatro ad assoldare una ballerina che la sostituisse in quella scena (ancora oggi nel ruolo si alternano spesso una cantante e una danzatrice, e raramente la stessa artista svolge entrambi i compiti: fra le poche eccezioni, la soprano Aino Ackté, che Strauss stesso definì "la sola e unica Salomè").

D'altro canto, come detto, il successo di pubblico fu immenso. Nel giro di due anni, l'opera venne allestita in oltre cinquanta teatri in tutto il mondo. Quando giunse a Parigi, nel 1907, fu un evento mondano che richiamò al Théàtre du Chatelet tutta l'aristocrazia e il panorama culturale e politico del paese, a partire dal Presidente della Repubblica. Pare che in quella occasione qualcuno disse a Strauss: «Posso annunziarle che il Presidente Le consegnerà la Légion d'Honneur». «Me la merito», rispose lui, consapevole di aver fatto centro. Eppure, proprio questa popolarità finì col giocare a suo sfavore nel breve periodo dal punto di vista della fortuna critica. Non c'è dubbio che Strauss avesse ben calcolato l'effetto che la "Salomè", con la sua commistione di arte, scandalo, costume, religione, musica e danza, avrebbe provocato sul piano mondano e culturale. Ma, come d'altronde capitò anche a Puccini, il successo impedì a lungo a molti commentatori di considerare i suoi lavori come "artisticamente meritevoli". Strauss era acclamato e discusso, finì un paio di volte sulla copertina di "Time", ma in ampi settori culturali europei era biasimato con toni di riprovazione morale e di snobismo contro lo spiritualismo tardoromantico e l'estetismo decadente. "Da parte di Gide e di Thomas Mann, di Gabriel Fauré, di Max Reger, di Busoni, come da parte di Cosima Wagner e di Pfitzner, di Boito e di Barilli o di un qualsiasi cronista musicale di allora, un interesse per "Salomè" era quasi sempre l'occasione di un giudizio ironico, infastidito e perfino sprezzante", scrive Franco Serpa.

Oggi, naturalmente, le cose sono cambiate, e non si può non riconoscere nell'opera di Strauss una forte impronta innovativa, nonché elementi di reale inquietudine e angoscia legati al particolare contesto storico (un'epoca di "passaggio" verso la modernità, non a caso alla vigilia di quella Prima Guerra Mondiale che avrebbe cambiato tutte le carte in tavola). Lungi dall'essere "una geniale e calcolata provocazione gettata alla decenza borghese di un secolo fa" (cito ancora Serpa), "l'esaltazione degli impulsi psichici oscuri, il solipsismo maniaco, tipico di tutti i personaggi, la loro indifferenza cieca al principio di realtà, il simbolismo del Nulla, l'onnivora ossessione descrittiva di questa musica, la poetica, infine, della decorazione fanno anche di "Salomè" un'opera necessaria al nostro concetto di arte moderna".

Come detto, nel mettere in scena l'episodio biblico Strauss si appoggia alla "Salomè" di Oscar Wilde: scegliere tale dramma come punto di partenza fu senza dubbio una mossa audace e provocatoria, visto che già in anticipo si potevano predire le reazioni di una parte del pubblico e lo scandalo che ne sarebbe sorto, per non parlare dei bastoni fra le ruote che diversi organi di censura avrebbero frapposto (a Vienna, per esempio, fu proibita la prima rappresentazione austriaca, con grande rammarico di Mahler che avrebbe voluto dirigerla: l'evento fu dirottato nella più "tranquilla" e periferica Graz, dove pure divenne un importante appuntamento mondano che richiamò fra il pubblico, tra gli altri, lo stesso Mahler, Schönberg, Berg, Puccini e – in galleria – un diciassettenne Adolf Hitler, allora più interessato all'arte che alla politica). Dopo aver già perfezionato negli anni precedenti la tecnica sinfonica, Strauss era ormai pronto per introdurre nel suo mondo musicale anche la voce umana (in effetti aveva già composto due opere, "Guntram" nel 1894 e "Feuersnot" nel 1901, senza lasciare particolare traccia).
La parola (...) si aggiunse quale elemento chiarificatore dell'invenzione musicale-drammatica, la cui estrinsecazione primaria restò di competenza dell'orchestra, secondo il genuino talento del compositore. Tuttavia, essendo Strauss un vero musicista di teatro, contano anche la ricchezza, l'originalità, la varietà delle forme vocali, e pertanto la facezia su "Salomè" definita «concerto per orchestra con accompagnamento di voce umana» (si dice sia stata una trovata di Gabriel Fauré) è, come tutte le battute del genere, immeritatamente nota, futile e poco pertinente in tutti e due i termini. Infatti, la prodigiosa invenzione strumentale, anche se è tutta tematica e densamente contrappuntistica, non tanto costruisce forme strumentali autonome quanto mira alla narrazione e all'evidenza teatrale (e compiutamente le attua); e la parola cantata trae dalle suggestioni decadenti del testo ma soprattutto dalle decise sollecitazioni dell'orchestra un'energia espressiva di efficacia infallibile. (...) L'opera, come si avverte anche al primo ascolto, è interamente concepita su alcuni (in verità, molti) temi collegati ai personaggi, alle loro emozioni, ai loro pensieri. Questi temi, tutti mirabilmente concisi ed eloquenti, si incontrano, si sovrappongono, si svolgono, si mutano secondo un dinamismo sinfonico-contrappuntistico che, sebbene sia molto avanzato nell'elaborazione, non tradisce né confonde le necessità drammatiche e narrative, anzi le approfondisce. Tutto ciò che passa e che si agita nella psiche e nella mente dei personaggi noi lo ascoltiamo nella vicenda sonora.
(Franco Serpa)
Un altro aspetto importante della "Salomè" è la sua presa di distanza (diciamo pure che rappresenta un deciso passo in avanti) rispetto alla musica operistica tedesca che l'aveva preceduta, e che sembrava non potesse più prescindere da Wagner. In questo, è semmai in parte debitrice alla cultura francese, e non solo perché in questa lingua Oscar Wilde aveva originariamente scritto il suo dramma (lo stesso Strauss, nel 1907, realizzerà una versione alternativa della sua opera in francese, che sebbene poco nota, viene occasionalmente usata in alcuni allestimenti).
["Salomè" e la successiva "Elektra"] sono una grandiosa esasperazione degli spiriti dell'ultimo Ottocento, sono l'immagine conclusiva e contratta della tradizione wagneriana, che in esse si consuma. Da allora ogni altro tentativo di dramma musicale in Germania, in Italia, in Francia, è sembrato tardo e fragile. (...) La strada a "Salomè" passa attraverso l'esperienza di un mutamento di civiltà. Con Wagner la musica, affermando sé stessa come arte delle arti e forma superiore di conoscenza, cioè come unitaria espressione di tutte le energie intellettuali e psichiche dell'uomo, si era fatta dramma. Ma poi, in una società che con esigenze sempre più decise pretendeva dall'arte la decorazione della banalità quotidiana e il risarcimento della perdita di emozioni spirituali, alla musica vennero meno i valori assoluti. Il passo che Strauss seppe compiere per primo, da artista responsabile e colto entro una grande tradizione e dotato di straordinario istinto scenico, fu quello di tradurre in atto nel teatro musicale il cambiamento delle condizioni civili, sostituendo una nuova concezione dell'opera a quella, estinta, del dramma nazionale di idee. Così si spiega l'ostilità di tutti i wagneriani di Bayreuth, con a capo Siegfried Wagner, Thode e Houston-Chamberlain, a "Salomè" e poi alle altre opere di Strauss (dopo aver ascoltato qualche pagina di "Salomè" suonata al pianoforte da Strauss stesso, Cosima Wagner fu molto scortese: «Questa è pura follia! Lei è per l'esotico, Siegfried per il popolare!»). (...) Magnifico simbolo di una società cosmopolita, facoltosa, edonistica, elegante, "Salomè" è una delle ultime manifestazioni dell'intesa culturale franco-tedesca, già produttiva dalla metà dell'Ottocento e rianimata dall'incontro tra wagnerismo ed estetismo simbolistico. Fu, come è noto, la cultura dell'alta borghesia europea. E nella musica significò la moda della strumentazione lussureggiante in funzione di una scrittura prevalentemente cromatica e, nel contenuto, dei soggetti esotici o leggendari, e simbolici: tutti caratteri a metà via tra Wagner e il gusto francese, i quali contribuirono a disegnare la fisionomia stilistica di questa "Salomè", che non somiglia a nessuna opera tedesca del tempo.
(Franco Serpa)

Alcune delle incisioni più celebri:














Link utili:

Articolo su Wikipedia in italiano
Articolo su Wikipedia in inglese
Libretto completo (anche in italiano)
Partitura