23 dicembre 2019

Il matrimonio segreto - Riepilogo

Scritto da Christian
19 dicembre 2019

19. Finale Secondo

Scritto da Daniele Ciccolo

È notte. Ciascuno dovrebbe essere nella propria stanza, ma nessuno sta dormendo veramente. Che si tratti dell'inizio della fine della vicenda è ormai chiaro. Nella storia dell'opera, infatti, l'applicazione delle cosiddette unità aristoteliche al dramma musicato aveva fatto sì che un'opera dovesse svilupparsi lungo un arco temporale non superiore ad una giornata, quindi dall'alba al tramonto (in realtà, le osservazioni di Aristotele furono malamente interpretate già nel teatro del XVI secolo quindi, a maggior ragione, tali errori si ripercossero nei testi delle opere, ma questa è un'altra storia).

Del resto, il finale che prende luogo durante la notte era già stato usato da Mozart (si pensi alle Nozze di Figaro) e sarà usato anche da Rossini (basta citare Il Barbiere di Siviglia), per limitarci giusto agli esempi più celebri. E Mozart e Rossini non sono qui stati citati a caso. È possibile affermare, infatti, che essi sono legati a Cimarosa – fra altri elementi che richiederebbero trattazioni specialistiche – proprio per quello che riguarda la struttura del finale: come nei due capolavori appena citati, anche nel caso del Matrimonio segreto ci troviamo di fronte ad una successione di brani musicati con l'accompagnamento orchestrale senza i recitativi; ciò crea un meccanismo di accumulazione, un climax emotivo per cui gli eventi, in un crescendo drammatico funzionale alla storia e al suo epilogo, vengono a costituire una sorta di "ministoria" all'interno della trama più estesa dell'opera nel suo complesso. Il tema è già stato sviluppato in occasione della trattazione del Finale primo, al quale rimando per approfondimenti. Ulteriori preziose informazioni sull'argomento sono rinvenibili in altri post di questo blog, in particolare quello relativo al finale del primo atto del Barbiere di Siviglia e quello relativo al finale del secondo atto delle Nozze di Figaro.

Tornando alla lunga sezione conclusiva del Matrimonio segreto, vediamone insieme le parti fondamentali.


a) "Deh, ti conforta, o cara"

Il finale prende le mosse da Paolino e Carolina mentre si trovano nella stanza di quest'ultima.
Per loro la fuga è inevitabile. Ecco, pertanto, che appaiono in scena nell'atto di partire. La musica di questa sezione è scritta in un delicato Do maggiore ed è stata chiaramente concepita in modo da assecondare l'intenzione di fuga dei due sposi. Considerando il significato che un gesto del genere poteva avere all'epoca, unito alla sua irreversibilità, i due giovani appaiono comprensibilmente preoccupati e cercano di farsi forza reciprocamente: "ma qui dobbiam far core, / ch'altro per noi non c'è". Ma un rumore li spaventa e li induce a rientrare: in fondo è meglio ritardare la partenza ed aspettare un po' di tempo a scopo precauzionale.  
In effetti, un uscio si è aperto. Come è facile immaginare, è Elisetta, che nella scena precedente ha augurato la buonanotte al Conte, ma questo non ha fatto desistere la donna dalla paranoia che questi potesse comunque tradirla con la sorella minore. Poiché sente dei bisbigli origliando nella porta di Carolina, è convinta che dentro vi sia anche il Conte. Invece di entrare per verificare la correttezza delle sue deduzioni, Elisetta cerca alleati, poiché lei li vuole "svergognar". Così bussa alla zia.

Clicca qui per il testo.

(Paolino e Carolina dalla stanza di lei, indi Elisetta, Fidalma, poi Geronimo, ed infine il Conte, tutti dalle loro stanze.)

PAOLINO
Deh, ti conforta, o cara,
seguimi piano, piano.

CAROLINA
Stendimi pur la mano.
Che mi vacilla il pie'.

PAOLINO, CAROLINA
Oh, che momento è questo
d'affanno e di timore!
Ma qui dobbiam far core,
ch'altro per noi non c'è.
('avviano per partire)

PAOLINO
Zitto... mi par sentire...
Si sente un uscio aprir...

CAROLINA, PAOLINO
Potrebbe alcun venire;
si tardi un po' a partir.
(rientrano nella stanza)

ELISETTA
Sotto voce qua vicino
certo intesi a favellar.
Una porta pian pianino
ho sentito poi serrar...
Ho sospetto... Vo' scoprire...
(va ad ascoltar alla porta di Carolina)
A parlar pian pian si sente...
Vi sta il Conte certamente...
Io li voglio svergognar.



b) "Sortite, sortite"

E qui, è proprio il caso di dirlo, la musica cambia davvero. Dall'iniziale Do maggiore si passa ad un concitato Fa maggiore. Molto interessante l'onomatopea musicale del battito della porta: in particolare, la resa complessiva evidenzia l'impazienza di Elisetta. Fidalma non è l'unica ad essere convocata. Elisetta ha bisogno di affermare le sue ragioni anche nei confronti del padre, che giunge quindi a chiamare. Chiunque di noi fosse svegliato nel cuore della notte e fosse inoltre svegliato di soprassalto, sarebbe comprensibilmente irritato. E irritazione esprimono parole e musica di Geronimo e Fidalma, che vogliono giustamente sapere cosa succede. Elisetta così si spiega: "il Conte sta chiuso / con mia sorellina; / si faccia rovina / di quel traditor". I due credono alla ragazza senza battere ciglio, pertanto tutti e tre cominciano ad imprecare alla porta di Carolina apostrofando il Conte con le seguenti parole: "Conte perfido, malnato, /  Conte indegno, scellerato: / fuori, fuori vi vogliamo / che scoperto siete già". Immaginate adesso di essere non solo svegliati bruscamente, ma anche di sentire qualcuno che vi sta insultando senza apparenti ragioni. Come vi sentireste?
Il Conte non risponde pronunciando volgari improperi, ma è comunque abbastanza stizzito dal modo con cui è stato apostrofato: "Qui dal Conte che si vuole? / Quai indegnissime parole?" Ma la sorpresa è un'altra: il nobile esce dalla sua stanza, non da quella di Carolina.
Ai tre non resta che scusarsi sommessamente. Quando il Conte chiede se siano ubriachi, ecco uno sviluppo da segnalare. L'alleanza (anche musicale) in precedenza instaurata tra Geronimo, Fidalma ed Elisetta si sfalda: i primi due danno la colpa dell'accaduto alla terza. A questo punto, invece che tornare ciascuno nelle proprie stanze, gli interessi dei presenti sembrano collimare, sia pure per ragioni diverse: Elisetta sa quello che ha sentito, quindi anche se non si tratta del Conte qualcuno deve pur trovarsi in compagnia di Carolina. Elisetta e Geronimo vogliono rivoltare la situazione contro Elisetta: convinti che non avrebbero scoperto nulla di eclatante, vogliono "farla pagare" ad Elisetta ("ma confonderla bisogna / e rossor ne proverà") per la posizione in cui costei li ha messi nei confronti del Conte. Quest'ultimo, ormai sveglio, molto probabilmente vuole capirci di più, quindi rimane in scena.

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ELISETTA
(va a battere alla porta di Fidalma)
Sortite, sortite,
venite qua in fretta.

FIDALMA
Chi batte? chi chiama?

ELISETTA
Son io, Elisetta.
(va a battere alla porta di Geronimo)
Aprite! deh! aprite,
sortite, signore.

GERONIMO
(di dentro)
Chi picchia sì forte?
Chi fa tal rumore?

ELISETTA
Venite qua fuori,
si tratta d'onor.

(Sortono Fidalma e Geronimo con lume in mano)

FIDALMA
Che cosa è accaduto?

GERONIMO
Che cosa è mai nato?

FIDALMA
Io sono tremante.

GERONIMO
Io son sconcertato.

ELISETTA
Il Conte sta chiuso
con mia sorellina;
Si faccia rovina
di quel traditor.

GERONIMO, FIDALMA, ELISETTA
(gridando alla porta di Carolina)
Conte perfido, malnato,
Conte indegno, scellerato:
fuori, fuori vi vogliamo,
che scoperto siete già.

CONTE
(uscendo dalla sua stanza)
Qui dal Conte che si vuole?
Che indegnissime parole?
Ecco il Conte, eccolo qua.

I TRE SUDDETTI
Quale sbaglio, qual errore...
Perdonate, mio signore,
Qui un equivoco ci sta.

CONTE
Ubriachi voi sarete.

GERONIMO, FIDALMA
Io no certo: sarà lei.
(additando Elisetta)

ELISETTA
No, signor, lo giurerei:
qualcun altro vi starà.

CONTE, GERONIMO, FIDALMA
Stando in piedi, questa sogna:
ma confonderla bisogna
e rossor ne proverà.



c) "Carolina, fuori, fuori"

La precedente sezione si collega a questa mediante un percorso tonale caratterizzato da un breve ritorno al Do maggiore, cui fa seguito una transizione al Do minore, che esprime una crescente concitazione in corrispondenza della quale Carolina viene invocata a gran voce.
L'uscita di Carolina accompagnata da Paolino sbalordisce tutti. È un colpo di scena musicalmente affascinante in quanto segnalato con un significativo cambiamento di tonalità: si passa al Mi bemolle maggiore. Anche se è un concetto non immediatamente percepibile a chi non abbia rudimenti musicali, tengo comunque a precisare che si tratta di una tonalità lontana rispetto a quella in cui il finale è impostato (Do maggiore). Il che intende esprimere un netto distacco tra la situazione dei due giovani e del resto dei personaggi in questa parte del finale.
Ai due giovani non resta che farsi avanti ed implorare pietà ("Ah! Signore, ai vostri piedi / a implorar veniam pietà"). Alla incalzante richiesta di più chiare spiegazioni, la verità è finalmente svelata: "Vi supplichiamo di compatire / che, d'amor presi, – son già due mesi, / il matrimonio fra noi seguì". Dopo una breve alternanza di domanda e conferma ("Il matrimonio? / Signorì, sì"), Geronimo sbotta dando forse il peggio di sè: appella gli sventurati sposi come "disgraziati", invoca il tradimento, afferma di non provare alcuna pietà per la loro situazione; ancora, ricusa se stesso come padre e si proclama nemico della giovane coppia, che è deciso a cacciare via senza esitazione ("Io vi discaccio, vi maledico: / raminghi andate lontan da me"). A nulla sembrano valere considerazioni ovvie come quella per cui "rimedio al fatto più già non c'è".

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GERONIMO, FIDALMA, ELISETTA
Carolina, fuori, fuori...
Anche questa si vedrà.

CAROLINA, PAOLINO
Ah! Signore, ai vostri piedi
a implorar veniam pietà.

CONTE
(Oh che vedo! resto estatico.)

GERONIMO, ELISETTA
Quest'è un'altra novità.

FIDALMA, GERONIMO
Cosa s'intende?

FIDALMA
Cosa vuol dire?

CAROLINA, PAOLINO
Vi supplichiamo di compatire,
chè, d'amor presi, – son già due mesi,
il matrimonio fra noi seguì.

GERONIMO, FIDALMA
Il matrimonio!

CAROLINA, PAOLINO
Ah, signor sì.

GERONIMO
Ah, disgraziati! qual tradimento!
Andate, o tristi; pietà non sento:
Più non son padre: vi son nemico:
Io vi discaccio, vi maledico:
Raminghi andate lontan da me.

CAROLINA, PAOLINO
Pietà, perdono: colpa è d'amore.

FIDALMA
Pietà non s'abbia d'un traditore.

CONTE, ELISETTA
Deh! vi calmate: deh! vi placate:
rimedio al fatto più già non c'è.

FIDALMA
Sian discacciati, sian castigati:
azion sì nera punir si de'.



d) "Ascoltate un uom di mondo"

L'ultima sezione del Finale si apre con l'intervento del Conte. Deciso a salvare la situazione, ritiene di ottenere maggior attenzione da Geronimo poiché, come egli stesso si definisce, egli è "un uom di mondo" in grado per questo di cogliere l'opportunità di chiudere positivamente la vicenda. A suo giudizio, infatti, non già le urla, ma solo prudenza e buon senso possono sistemare la situazione. Ne segue una dichiarazione che lascerà esterrefatti: il nobile esterna platealmente il suo amore per Carolina, con lo scopo non di complicare la situazione, ma anzi di allentarne la tensione. Egli si dimostra pronto a pagare il prezzo dell'amore che prova: si offre di sposare Elisetta in cambio del perdono di Geronimo. Ad alcuni potrebbe apparire un sacrificio estremo, ad altri una forzatura per favorire il proverbiale lieto fine imposto dalle convenzioni dell'epoca per questo tipo di opera. Qualunque sia la conclusione che se ne può trarre, non sorprenderà sapere che le dichiarazioni del Conte sono rese nella tonalità di Mi bemolle maggiore, la stessa che poco prima ha accompagnato lo stupore dei presenti una volta appresa la verità sul "matrimonio segreto".
A questo punto si assiste ad un graduale mutamento di indirizzo degli altri personaggi. La prima è Elisetta, che, una volta saputo che otterrà ciò che vuole, non ha interesse a che la cosa continui: "m'interesso anch'io signore; / deh! lasciatevi placar".
Geronimo non è ancora convinto. Consulta più volte la sorella, però sembra ancora irremovibile. Qui si scorge per l'ultima volta il carattere comico del personaggio: dopo aver sentenziato di essere "offeso" e "sdegnato", assistiamo ad un repentino cambio di opinione ("ma vi voglio perdonar").
È questo il momento decisivo della catarsi dell'opera, poiché tutte le tensioni accumulate nel corso della giornata all'improvviso svaniscono, esattamente come la neve al sole. Ciò che resta è una generale manifestazione di giubilo acclamata da tutte e sei le voci. La stessa tonalità di Do maggiore che aveva aperto il Finale e che in quella occasione evidenziava cautela e circospezione, adesso si trasforma in un tripudio di felicità, sulla scia del quale l'opera si chiude.
Si suole dire che tutto è bene quel che finisce bene. Qui è proprio così.

Clicca qui per il testo.

CONTE
Ascoltate un uom di mondo!
Qui il gridar non fa alcun frutto,
ma prudenza vuol che tutto
anzi s'abbia d'aggiustar.
Il mio amor per Carolina
m'interessa a suo favore:
perdonate a lor di core,
ch'io Elisetta vo' sposar.

ELISETTA
M'interesso anch'io, signore;
Deh! lasciatevi placar.

GERONIMO
(a Fidalma)
Voi che dite?

FIDALMA
Voi che fate?

PAOLINO, CAROLINA, ELISETTA
(tutti ginocchioni)
Perdonate, perdonate.

CONTE
Già che il caso è disperato,
ci dobbiamo contentar.

GERONIMO
Bricconacci... furfantacci...
Son offeso... son sdegnato...
Ma vi voglio perdonar.

PAOLINO, CAROLINA, CONTE, ELISETTA
Che trasporto d'allegrezza!
Che contento, che dolcezza!
Io mi sento giubilar.

TUTTI
Oh che gioia! oh che piacere!
Già contenti tutti siamo!
Queste nozze noi vogliamo
con gran festa celebrar.
Che si chiamino i parenti,
che s'invitino gli amici,
che vi siano gli stromenti,
che si suoni, che si canti;
Tutti quanti han da brillar!




Paolo Barbacini (Paolino), Antonella Bandelli (Carolina), Valeria Baiano (Elisetta),
Carmen Gonzales (Fidalma), Enrico Fissore (Geronimo), Roberto Coviello (Conte)



Vito Lassandro (Paolino), Edda Vincenzi (Carolina), Irene Calaway (Elisetta),
Giuseppina Salvi (Fidalma), Sesto Bruscantini (Geronimo), Franco Calabrese (Conte)



Ryland Davies, Arleen Augér, Julia Varady, Julia Hamari, Dietrich Fisher-Dieskau, Alberto Rinaldi

Giampaolo Franconi, Patrizia Cigna, Paola Cigna, Monica Minarelli, Paolo Pecchioli, Michele Pierleoni

14 dicembre 2019

18. Duetto: "Il parlar di Carolina"

Scritto da Daniele Ciccolo

L'ultimo tassello prima dell'epilogo finale prevede che vengano concretizzate le intenzioni manifestate in precedenza. È per questo motivo che Geronimo incarica Paolino di inviare nelle prime ore mattutine una lettera indirizzata alla "Madama Intendente" del ritiro in cui ha intenzione di spedire Carolina e, contestualmente, di predisporre una carrozza pronta alla partenza. Paolino si dichiara disposto ad eseguire gli ordini ricevuti, ma, una volta che Geronimo è uscito di scena, capisce che non c'è più tempo da perdere e che occorre dar seguito alla fuga che all'inizio dell'atto aveva pianificato con Carolina (mi riferisco all'aria "Pria che spunti in ciel l'aurora"): per tale motivo si reca nella sua stanza.


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

(Sala, tavolino con lumi accesi; Geronimo e Paolino.)

GERONIMO
Venite qua, Paolino. Questa lettera
spedite per espresso
a Madama Intendente del ritiro
che vedete qui scritto, acciò le arrivi
domani di buon'ora.
Sia cura vostra ancora,
prima di andar a letto
d'avvertire la posta, acciò non manchi
di qui mandarmi all'alba
quattro buoni cavalli... Eh? cosa dite?

PAOLINO
Io non parlo, signor.

GERONIMO
Bene, eseguite,
io mi ritiro adesso. Andate pure.
Stanco oggi son di tante seccature.
(prende un lume ed entra nella sua stanza)

PAOLINO
(solo)
E a risolversi adesso
ad una pronta fuga,
forse ancor tarderà la sposa mia?
Forse ancora potria
in queste circostanze
lusingarsi, e sperar favore, o aiuto?
Da chi? come? in qual modo? ... Io son perduto!
No, no, risolverà. Per affrettarnela,
vado nella sua stanza.
Non v'è più tempo: più non v'è speranza.
(prende un lume, ed entra nella stanza di Carolina)



L'ultima aria che precede il finale del'opera vede nuovamente il Conte in scena. Il brano si mostra costituito da tre parti. Nella prima, il Conte chiarisce a se stesso che le parole di Carolina hanno fatto breccia nel suo cuore ed egli si chiede quale potrebbe essere il segreto che la donna nasconde e che le causa tanto turbamento: se lo sapesse farebbe di tutto per trarla in salvo "dal domestico livor". La vicinanza del Conte è, ancora una volta, espressa dalla musica oltre che dalle parole. A tale riguardo, è interessante notare che la musica pensata da Cimarosa in corrispondenza delle parole "per sì amabile ragazza / io non so quel che farei " è melodicamente molto vicina ad una sezione della precedente aria di Carolina che abbiamo ascoltato nel primo atto, cioè "Perdonate signor mio" (in particolare, quando la donna pronuncia le parole "io meschina vo alla buona, / io cammino alla carlona"). Di questa prima parte dell'aria fa parte anche l'intervento "a parte" di Elisetta, che manifesta a se stessa preoccupazione per il fatto di ritrovare il Conte ancora in giro per la casa, piuttosto che nella sua stanza, soprattutto in considerazione dell'approssimarsi della notte. La parte si conclude con l'affermazione da parte del Conte del desiderio di andare a trovare Carolina direttamente nella sua stanza.

La seconda sezione dell'aria vede un confronto diretto tra Elisetta e il Conte. La donna chiede spiegazioni del suo trovarsi in giro a quell'ora, ma il Conte la liquida rapidamente concludendo che "tempo è già di riposar", cui consegue un reciproco scambio della buona notte.

La terza ed ultima parte vede le due voci esprimere le rispettive considerazioni: se da un lato è vero che si sovrappongono melodicamente, dall'altro lato non si può non notare che ciò avviene mediante interventi verbalmente tra loro scollegati, a indicare sia la non avvenuta conciliazione che la diffidenza reciproca ancora persistente.

Clicca qui per il testo del brano.

CONTE
Il parlar di Carolina
penetrato m'è nel seno;
Ah, saper potessi almeno
il segreto del suo cor!
Per sì amabile ragazza
io non so quel che farei;
E salvarla ben vorrei
dal domestico livor.

ELISETTA
(Ritirato io lo credeva
e lo trovo or qui vagante.
Un sospetto stravagante
mi fa nascere nel sen.)

CONTE
(A trovarla me ne andrei,
se credessi di far ben.)

ELISETTA
Signor Conte, serva a lei.
Che vuol dir che qui la trovo?

CONTE
Vuol dir questo, ch'io mi movo.

ELISETTA
Che stia solo non convien.

CONTE
Grazie, grazie, mia signora:
vada pur, ch'io vado ancora;
tempo è già di riposar.
(ciascuno si prende un lume)

ELISETTA
Buona notte, signor Conte.

CONTE
Dorma bene, Madamina.

ELISETTA
(Finchè venga la mattina
in sospetto devo star.)

CONTE
(Questa furba sopraffina,
non vo' farla sospettar.)

(Si ritirano nelle loro stanze; la scena resta oscura.)




Roberto Coviello, Valeria Baiano



Claudio Nicolai, Barbara Daniels

Alberto Rinaldi, Julia Varady

10 dicembre 2019

17. Aria: "Se son vendicata"

Scritto da Daniele Ciccolo

Il quintetto con cui si è concluso il post precedente ha segnato un momento di concitazione che è il momento di stemperare. Per questo motivo, usciti di scena il Conte, Geronimo e Carolina, Elisetta si sente a suo agio nel comunicare alla zia che sì, Carolina è invaghita del "suo" Conte, ma visto che ha ottenuto di allontanare la sorella, non ha che da tirare un sospiro di sollievo: "ma non ci penso più: sarà finita".


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

ELISETTA
Sarete or persuasa,
ch'è il Conte e non Paolino
quel di cui è invaghita?
Ma non ci penso più: sarà finita.

FIDALMA
Ed io credo benissimo
che sia una civettina:
o che piuttosto una di quelle sia
che s'innamoran sol per debolezza
di ciascun che le guarda e le accarezza.



L'aria successiva costituisce la rappresentazione musicale del sentimento di quella vittoria che Elisetta crede di aver conseguito sulla sorella. Da un punto di vista drammaturgico, quest'aria intenderebbe bilanciare il primato occupato da Carolina nella scena precedente.
Come è possibile constatare dal testo del brano qui sotto riportato, ci troviamo dinanzi a due quartine di senari, cui corrispondono due sezioni musicali, un allegro maestoso seguito da un andantino vivace. Da notare il trattamento frizzante della voce, che qui si confronta con un'invenzione melodica di difficile esecuzione.
Il testo dell'aria ribadisce che l'allontanamento di Carolina costituisce per Elisetta la giusta vendetta che può renderla contenta, giungendo persino a perdonare il Conte per le sue inclinazioni di infedeltà. Elisetta si manifesta consapevole che "se tolto è l'oggetto / che il cor gl'incatena" il nobile avrà mente e cuore liberi per farla sua sposa. Ma se ascoltiamo la resa musicale del testo con attenzione potremo avere un'idea più precisa sui profili caratteriali che il personaggio presenta. In particolare, vorrei attirare l'attenzione dei lettori sulle parole più frequentemente pronunciate da Elisetta: l'una è "infedeltà", l'altra è l'espressione "la man mi darà". Queste reiterazioni rivelano un universo semantico alquanto povero, nel quale la donna è disposta a perdonare i poco convenienti comportamenti del nobile promesso sposo - la sua infedeltà appunto - e a non considerare altro che il suo obiettivo: quello di sposare il proverbiale "buon partito". Il suo interesse è pertanto puramente egoistico, in quanto concentrato solo sul "matrimonio nobile" che per lei rappresenta un esclusivo mezzo di affermazione sociale. Questi tratti possono essere tali da affermare che Elisetta è davvero "figlia di suo padre", dal quale ha ereditato l'inclinazione tipicamente commerciale al calcolo utilitaristico.
L'ultimo rilievo che voglio fare è il seguente. Nella prima metà del brano, una ripetizione della parola "infedeltà" si presta per l'inserzione di una cadenza lunga e di non facile interpretazione, che da sola vale comunque l'ascolto dell'intera aria.

Clicca qui per il testo del brano.

ELISETTA
Se son vendicata,
contenta già sono.
Al Conte perdono
la sua infedeltà.
Se tolto è l'oggetto
che il cor gl'incatena,
con faccia serena
la man mi darà.




Valeria Baiano



Julia Varady

Efrat Ben-Nun

6 dicembre 2019

16. Quintetto: "Deh, lasciate ch'io respiri"

Scritto da Daniele Ciccolo

1) Recitativo (Geronimo, Carolina)

Lasciato solo, Geronimo, ancora stordito dalle voci femminili dell'aria precedente, cerca di razionalizzare la situazione. Non ha ancora compreso, infatti, il vero motivo per cui Elisetta e Fidalma vogliano mandare in un ritiro Carolina, quando anzi il suo interesse economico, cioè il risparmio che il Conte gli ha proposto all'inizio di questo secondo atto, gli suggerirebbe diversamente.
Ma, ancora una volta, sono ragioni prettamente egoistiche a guidare le scelte del vecchio mercante. Infatti, se Fidalma, come ha minacciato in precedenza, togliesse i suoi capitali dall'impresa del fratello, sarebbe un bel problema, una "scossa ch'oggi io non so se sostener la possa".

La decisione che ne consegue è scontata: "Dunque anderà in un ritiro".

Mentre Geronimo comincia a riflettere su un possibile modo per comunicare la notizia alla figlia, ecco che Carolina entra in scena. È turbata, agitata, ma vuole avere l'opportunità di spiegare al padre la sua difficile situazione.

Il padre non è tenero con lei: le intima di "ubbidire al genitore" e, infine, le comunica la notizia: dovrà andare in un ritiro, in convento. A nulla valgono le obiezioni della donna, tra cui il fatto che "fuor di tempo è un ritiro per me". Geronimo non ha, né può avere, argomenti convincenti da proporre, quindi, prima di uscire di scena, si impone d'autorità: "Signora fraschettina, / nel ritiro anderai doman mattina".

Clicca qui per il testo del recitativo.

GERONIMO
(solo)
In un ritiro! E perché in un ritiro
la devo far passar? Se l'interesse
anzi vuol ch'io permetta
che il Conte se la sposi?
No. Piano. E mia sorella,
se sdegnata perciò dal mio negozio
leva i suoi capitali? Ella è una scossa,
ch'oggi io non so se sostener la possa...
Dunque anderà in ritiro.
Pensiamo or dunque in qual miglior maniera
devo darle la nuova innanzi sera.

CAROLINA
(in disparte) Son risoluta io stessa
di vincer il rossor. Io sudo... io gelo...
Ma farlo, oh Dio! convien... M'aiuta, o cielo!
Ah, signore! A' pie' vostri ecco una figlia...

GERONIMO
Che cos'hai? Cosa c'è? Cos'è accaduto?
Alzati, e parla in piedi...

CAROLINA
Ah! no, signore...

GERONIMO
Alzati, ed ubbidisci al genitore.
Io però ti prevengo
In quello che vuoi dirmi.
Tua sorella e tua zia t'hanno già detto,
che devi in un ritiro
passar doman mattina; e tu ten vieni
tremante e sbigottita,
quasi ci avessi da restar in vita.

CAROLINA
Io in un ritiro? Ah! mio signor...

GERONIMO
Tu devi
far la mia volontà.

CAROLINA
Fuori di tempo
è un ritiro per me...

GERONIMO
Soli due mesi,
ci starai e non più.

CAROLINA
Deh! padre mio,
altro è quel che mi affanna...

GERONIMO
Il mio interesse
lo vuole, e la mia pace...

CAROLINA
Ah! permettete
che a' vostri pie' mi getti e che implorando
la pietade paterna...

GERONIMO
Orsù, mi secchi.
Signora fraschettina,
nel ritiro anderai doman mattina.
(parte)



2) Recitativo accompagnato (Carolina sola)

Rimasta sola, Carolina non può far altro che sfogare tutta la sua frustrazione e i suoi sentimenti negativi a se stessa e, ovviamente, al pubblico. È, questo, un momento drammaturgico di grande intensità. La forma che qui Cimarosa utilizza è quella del recitativo accompagnato, dove qui l'accompagnamento è dato dall'utilizzo dell'intera orchestra. Quando il recitativo è accompagnato, gli strumenti utilizzati servono a dar maggior rilievo emozionale alle parole; ma, non essendo un'aria, cioè un brano con voci e strumenti di più ampio respiro, il recitativo accompagnato ha durata generalmente limitata.
Mentre da un lato Carolina invoca il cielo per ritrovare un po' di speranza, nel suo intimo si sente sconfitta, abbandonata, disperata.

Clicca qui per il testo del recitativo accompagnato.

CAROLINA
E possono mai nascere
contrattempi peggiori!
Il padre mio sedotto,
mia sorella e mia zia con me alterate,
tutti in orgasmo. E come mai poss'io
svelar in tai momenti il fallo mio!

Come tacerlo poi, se in un ritiro
ad entrar son costretta!
Misera, in qual contrasto
di pensieri mi trovo; io son smarrita.
Cielo! deh! tu m'addita
il consiglio miglior; qualche speranza
rendi al cor mio; ma il core, oh Dio! mi dice:
Carolina infelice,
pietà di te non sente il ciel tiranno.
Ah! disperata io vo a morir d'affanno!



Antonella Bandelli

Edda Vincenzi


3) Recitativo (Conte, Carolina)

Rientra in scena il Conte. Coglie Carolina turbata e le chiede spiegazioni. Lei sembra volere raccontare al Conte la sua situazione, ma non ne è del tutto convinta. L'uomo, che le dichiara apertamente il suo amore, ne deduce che ci sia un rivale arrivato prima di lui.
Carolina, a questo punto, decide di far leva su questo sentimento per fare del Conte un alleato, dicendogli, press'a poco: se mi amate davvero potete, con una vostra azione eroica, procurarmi consolazione, io che vivo in una situazione del genere? La risposta del Conte è positiva, perché il suo amore è così forte che "d'ogni più bella azion sarà capace": chiede, quindi, alla donna di svelargli l'arcano.
Proprio in questo momento rientrano in scena gli altri personaggi, Elisetta, Fidalma, Geronimo. Leggono la situazione secondo il più banale degli equivoci: pensano sia la prova del tradimento di entrambi verso la famiglia: "colti vi abbiam sul fatto". Ciò finisce per convincere Geronimo della necessità che Carolina vada senza indugio in un ritiro. Naturalmente, a nulla servono le spiegazioni che entrambi cercano di dare. La situazione è in stallo: c'è imbarazzo, tensione, ira, mentre una conclusione positiva della vicenda sembra lontana dal realizzarsi.

Clicca qui per il testo del recitativo.

CONTE
Dove? dove, mia cara,
con tanta agitazione? Ohimè! parlate.
Che avete? che chiedete? Io son per voi
col cor, col sangue, colla vita istessa;
più di voi nulla al mondo or m'interessa,

CAROLINA
Ah, potessi parlar!

CONTE
Chi vi trattiene?

CAROLINA
Mi trattiene il decoro,
e quella diffidenza
che deggio aver nel caso mio importante:
d'uno che già mi si è scoperto amante.

CONTE
Diffidar d'un che v'ama!
Oh, questo caso esser non può che quello
di scoprirgli un rival. Ma udite, o cara:
un uom di mondo io sono:
s'egli è prima di me, ve lo perdono.
D'esser tardi arrivato incolperò
la sorte mia rubella.

CAROLINA
E dareste la mano a mia sorella?

CONTE
Questo poi no.

CAROLINA
Sposata pur l'avreste
senza contraddizion, s'io più di lei,
per un gioco del caso, in quel momento,
non vi fossi piaciuta?

CONTE
Sì, è ver; ma mi piaceste, ed il cor mio
or non vorria che voi.

CAROLINA
Ma però tutto quello che il cor vorrebbe
non è sempre possibil.

CONTE
Ve l'accordo anche questo.

CAROLINA
Dunque se l'ottenermi
impossibile fosse, ah! signor mio,
perché coltivereste un tal desio?
Perché, se voi m'amaste,
mi vorreste infelice,
quando potreste invece
rendermi voi con un'eroica azione
oggi la vita e la consolazione?

CONTE
In orgasmo mi mette
questo vostro parlar, che par d'incanto.
Però non mi confondo;
sì, v'amo; e questo amor, se a voi ciò piace,
d'ogni più bella azion sarà capace.

CAROLINA
Giuratemelo, Conte.

CONTE
Io ve lo giuro
(In questo compariscono Elisetta, Fidalma ed il signor Geronimo, che osservano)
Sull'onor mio, su questa bella mano,
ch'io vo' baciar. Sentiamo ora l'arcano.

ELISETTA
Côlti vi abbiam.

FIDALMA
Côlti vi abbiam sul fatto.

ELISETTA
(a Geronimo)
Vedete la sguaiata?

FIDALMA
Vedete la fraschetta?
Tutti gli uomini alletta;
e la mano si lascia
baciar da ognun che amore a lei protesta.

GERONIMO
Ora da dubitar più non mi resta.

CAROLINA
Ma signor...

GERONIMO
Taci là.

CONTE
Ma non sapete...

ELISETTA
Tacete voi, che ben vi sta.

FIDALMA
Tacete.

GERONIMO
Domani nel ritiro. E voi, signore,
o doman sposerete
quella cui prometteste, o dell'affronto
noi la vedrem se mi farò dar conto.

CONTE
Ma se...

GERONIMO
Non vi do ascolto.

CAROLINA
Ma io...

ELISETTA
Voi in un ritiro.

FIDALMA
In un ritiro.

CAROLINA
(Ah, ch'io pazza divento! Io già deliro.)



4) Quintetto (Carolina, Conte, Fidalma, Elisetta, Geronimo)

La stasi che paralizza la vicenda fornisce a Cimarosa il pretesto per scrivere un quintetto molto interessante. Ciò che è possibile ricavare è il carattere non paritario delle voci per quello che riguarda il loro trattamento musicale. Carolina è l'unica protagonista della prima parte del brano, in cui gli interventi delle altre voci sono alquanto limitati. Questa sezione, che in partitura è un Andante con moto, è caratterizzata dalla più sincera e commovente dichiarazione di innocenza di Carolina: di particolare rilevanza, a mio avviso, è il clarinetto che ne evidenzia più volte il tono malinconico, quasi rassegnato. La voce del Conte tenta inizialmente di difendere Carolina, ma poi si estranea musicalmente quando egli finisce per proclamare "Io divengo fuoribondo / s'anche un poco resto qua". Un terzo blocco è costituito dalle voci di Geronimo, Elisetta e Fidalma, che oppongono una ferma resistenza. Inizialmente Carolina cerca di prendere tempo, chiedendo tre giorni per avere l'opportunità di discolparsi. Ma, in un crescendo di drammaticità, il rifiuto è netto: in corrispondenza del cambio di indicazione agogica (si passa all'Allegro giusto), le tre voci si inseriscono prima separatamente a mo' di falso canone, per poi allearsi musicalmente nel proclama "il ritiro è preparato. / Se cadesse ancora il mondo / deve andarci e ci anderà". A Carolina non resta che sfogare la sua frustrazione, non curante di contribuire a rinvigorire l'alterco familiare. Non ha infatti alcun timore a definire i suoi familiari chiamandoli "cani", poiché non solo non hanno compreso la situazione, ma si ostinano a non volerla comprendere, rimanendo fermi nelle loro posizioni.

Concludo sottolineando che la struttura generale dei quattro episodi appena analizzati sembra essere stata concepita per esaltare il clima drammatico della situazione di impasse. Prova ne è la constatazione per cui al posto di avere l'usuale alternanza tra recitativo e brano qui si ha: un recitativo, un recitativo accompagnato, un altro recitativo e infine il quintetto. La sostituzione dell'aria con il recitativo accompagnato ha, quindi, un duplice scopo: rimarcare la posizione di primato di Carolina, il che giova ad esprimere tutta la sua liricità; accrescere la tensione in vista del successivo quintetto.

*Nota: una breve annotazione per chiarire un punto. Il libretto originario è molto lungo, motivo per cui alcune produzioni scelgono di effettuare dei tagli nei testi sia dei recitativi che dei brani. Poiché queste scelte sono discrezionali, può accadere, come si può notare ad esempio in questo quintetto, che tra il testo del libretto postato (originale) e quanto si può vedere e sentire dai video postati ci siano delle discrepanze dovute alle parti che si è scelto di tagliare.

Clicca qui per il testo del brano.

CAROLINA
Deh! lasciate ch'io respiri,
disgraziata, meschinella.
Io rival di mia sorella?
No, non sono, il ciel lo sa.
Incolpata sono a torto;
Deh! parlate voi, signore,
sincerate il genitore,
che a voi più si crederà.

CONTE
Quest'amabile ragazza...

FIDALMA ED ELISETTA
È un'astuta, una sguaiata.
Siete parte interessata.

GERONIMO
Nel ritiro andar dovrà.

CAROLINA
Sol tre giorni alla partenza
io vi chiedo per pietà.
Palesar la mia innocenza
qualche cosa vi potrà.

FIDALMA, ELISETTA, GERONIMO
No, il ritiro è preparato / destinato.
Se cadesse ancora il mondo
deve andarci e ci anderà.

CONTE
Io divengo furibondo
s'anche un poco resto qua.

CAROLINA
Ma voi siete tanti cani,
senza amor, né carità.
Ah, mi perdo, mi confondo,
il cervel da me sen va.
(Carolina, il Conte e Geronimo partono)




Antonella Bandelli (Carolina), Roberto Coviello (Conte Robinson), Carmen Gonzales (Fidalma),
Valeria Baiano (Elisetta), Enrico Fissore (Geronimo)



Georgine Resick, Claudio Nicolai, Marta Szirmay, Barbara Daniels, Carlos Feller

Arleen Augér, Alberto Rinaldi, Julia Hamari,
Julia Varady, Dietrich Fisher-Dieskau

2 dicembre 2019

15. Terzetto: "Cosa farete? Via, su, parlate"

Scritto da Daniele Ciccolo

Il secondo atto si è aperto con un accordo tra Geronimo e il Conte Robinson: il primo avrebbe acconsentito a dare in sposa al secondo Carolina al posto di Elisetta, ma in cambio Robinson si sarebbe impegnato ad accettare soltanto metà della dote inizialmente pattuita. Ma c'è di più: come ricorderete, infatti, Geronimo ha posto un'altra condizione, dicendo "ma col patto ch'Elisetta / ancor essa accorderà". Così, nell'aria precedente abbiamo assistito al tentativo del Conte di far desistere Elisetta dalle sue pretese, snocciolando una lista di suoi difetti (veri o presunti) in un climax ascendente di gravità. Uscito di scena, possiamo ben comprendere come lo stato d'animo di Elisetta sia di forte shock. Non è un caso che Fidalma si sia accorta del fatto che la nipote è "ben turbata".

Nel nuovo recitativo vediamo palesato un rapporto tra i personaggi che abbiamo già imparato a conoscere musicalmente. In un terzetto del primo atto, infatti, eravamo giunti alla conclusione che Cimarosa era riuscito a mostrarci il legame di solidarietà tra Fidalma ed Elisetta ben prima del libretto. Eccone la prova: solo adesso, ad oltre metà del secondo atto e ad un passo dall'epilogo, il libretto ci mostra una forte comunione d'intenti tra le due donne. Entrambe, infatti, convengono che la causa dei propri problemi sia Carolina. Dal punto di vista di Elisetta, Carolina "fomenta la passione del Conte", impedendogli di onorare l'impegno preso nei suoi confronti; dal punto di vista di Fidalma, invece, Carolina appare come innamorata di Paolino: qui, fra l'altro, Fidalma è costretta a mettere le carte in tavola e a svelare l'oggetto del suo desiderio amoroso, cioè Paolino, sebbene questa informazione ci fosse già nota.

Che fare dunque? Come "sbarazzarsi" di una persona che sembra ostacolare i progetti delle due donne? Ecco l'ingegno femminile all'opera: basta che vada temporaneamente in un ritiro, in un convento, "acciò non ci disturbi".  Solo quando "acchetati che sian tutti i rumori / allora poi, sì, allor tornerà fuori".

Ma bisogna pur sempre convincere Geronimo, che rientra in scena. Il vecchio mercante, forse pensando che il Conte sia riuscito a disimpegnarsi con Elisetta, chiede a quest'ultima se si è convinta a rinunciare al matrimonio, non nascondendo che si sarebbe trattato di un "baratto vantaggiosissimo".
La figlia risponde negativamente, quindi Geronimo non può far altro che cercare l'appoggio della sorella Fidalma che, perentoria, risponde: "anzi dico di no". Ed ecco che propone la soluzione appena concordata con la nipote: bisogna "far sparire" Carolina, "mandarla in un ritiro". E se Geronimo dovesse anche solo pensare di opporsi, ecco il ricatto: "Voi mi farete / de' capitali miei restituzione, / e così finiremo ogni questione". Da questo particolare intuiamo che la fortunata attività commerciale di Geronimo ha potuto avere inizio grazie all'apporto finanziario della sorella, che si era già presentata nel primo atto come "ricca pel primo marito".

Il recitativo si conclude con la promessa di Geronimo, ormai rassegnato: "Farò quanto conviene".


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

FIDALMA
Elisetta mia cara,
vi trovo ben turbata.

ELISETTA
Se dagli occhi del Conte
non si toglie ad un tratto Carolina,
qui nasce una rovina.
Convien togliergli affatto ogni speranza
di poterla sposar.

FIDALMA
Dite benissimo;
Ma se voi la credete
vaghita del Conte, io poi vi dico
che forse forse con ragion fondata
la credo di Paolino innamorata.

ELISETTA
Di quello non mi curo.

FIDALMA
Me ne curo ben io; nè più mi sento
di tenerlo celato.

ELISETTA
Dunque, facciam che debba
passar in un ritiro,
acciò non ci disturbi.

FIDALMA
Ottimamente.
Quest'è il pensier che anch'io volgeva in mente.
Lasciate fare a me; la fraschettina
mandata vi sarà doman mattina.

GERONIMO
Ebben? Sei persuasa
di rinunziare a questo matrimonio?

ELISETTA
Non sarà vero mai ch'io vi rinunzi,
perchè poi mia sorella
debba sposar il Conte.

GERONIMO
Si può fare un baratto
per te vantaggiosissimo.

FIDALMA
Non si fanno baratti.
Anzi, mi meraviglio
che un uomo come voi, prudente e saggio,
proponga adesso un altro maritaggio.

GERONIMO
Sì, un altro maritaggio. Ecco, tua zia
è della mia opinione.

FIDALMA
Anzi, dico di no. Si deve togliere
la causa del disordine.
Carolina fomenta
la passione del Conte; onde si deve
farla sparir, mandarla in un ritiro;
e acchetati che sian tutti i rumori,
allora poi, sì, allor tornerà fuori.

ELISETTA
Avete ben capito?

GERONIMO
Sì, sì: parlate pure.

FIDALMA
E se questo non fate, il mio decoro
non vuol che in questa casa
io me ne resti più. Voi mi farete
de' capitali miei restituzione,
e così finiremo ogni questione.

ELISETTA
Avete inteso bene?

GERONIMO
Sordo non son. Farò quanto conviene.



Il breve terzetto che segue è un piccolo gioiello in termini sia musicali che drammaturgici. Mi limito a segnalare pochi elementi, che possono trovare un più immediato riscontro nell'ascolto successivo.

– Anzitutto, questo brano amplifica l'alleanza tra le due donne, ormai coalizzate contro Geronimo: la sovrapposizione musicale delle voci di zia e nipote è ormai evidente e ben riconoscibile.
– La tonalità d'impianto prescelta (il Do maggiore), il ritmo, i versi del libretto metricamente corti nonché la felice invenzione melodica rendono il brano fresco e frizzante, al punto che è possibile ascoltarlo molte volte di fila senza annoiarsi.
– Da notare come all'incalzare delle frasi delle due donne si innalza progressivamente l'altezza melodica delle frasi.
– Il potere che le donne hanno assunto in questa scena è, in qualche modo, equilibrato dagli interventi di Geronimo, che sente, al posto delle voci femminili, strilli e timpani: le prime hanno una richiesta seria da fare, il secondo lamenta la solita debolezza d'udito; questo contrasto crea comicità.
– Infine, le frasi femminili sono trattate con l'utilizzo di diversi espedienti musicali e sono sempre più incalzanti ed insistenti: ciò risponde a una precisa logica, cioè quella di "far passare il messaggio" al povero vecchio, un po' come succede con le pubblicità televisive, in cui un determinato messaggio ci viene proposto in maniera martellante. In particolare, nella parte culminante del brano vengono ripetute e quasi esasperate le parole-chiave: "In un ritiro, la Carolina... mandar dovete doman mattina... la Carolina, la Carolina... in un ritiro, in un ritiro".

A Geronimo non resta quindi che invocare il silenzio e arrendersi, anche musicalmente, unendo la sua voce al duo zia-nipote. La resa non è motivata da reale convinzione, visto che più volte il povero mercante confessa di non aver capito nulla, ma è il risultato dell'insofferenza per le insistenze delle due donne.


Clicca qui per il testo del brano.

FIDALMA
Cosa farete?
Via, su, parlate.

ELISETTA
Via, risolvete.
Via, non tardate.

FIDALMA ED ELISETTA
Presto, anzi sùbito
si deve far.

GERONIMO
Ma non strillate
tutte due unite;
sento che il timpano
voi mi ferite.
Parlate piano,
senza gridar.

FIDALMA ED ELISETTA
Diremo dunque,
diremo piano,
che in un ritiro
di qua lontano,
per metter ordine
al gran disordine
la Carolina
si dee mandar.
Voi ci sentite?

GERONIMO
Che cosa dite?

FIDALMA ED ELISETTA
Abbiam parlato,
vi abbiamo detto...

GERONIMO
Sia maledetto
questo strillar!

ELISETTA
In un ritiro – la Carolina...

GERONIMO
Già l'ho capito, – cara signora...

FIDALMA
Mandar dovete – doman mattina...

GERONIMO
Già l'ho capito – ch'è un quarto d'ora.
Senza far chiasso,
senza fracasso
si può ben dire,
si può parlar.

ELISETTA E FIDALMA
Oh, che fracasso
di Satanasso!
Tutta la casa
farà tremar.

(Elisetta e Fidalma partono)





Enrico Fissore, Valeria Baiano, Carmen Gonzales



Carlo Torriani, Margherita Pieri, Evgenija Rakowa



Dietrich Fischer-Dieskau, Julia Varady, Julia Hamari

Allan Rizzetti, Paola Cacciatori, Caterina Rufo

30 giugno 2013

14. Aria con pertichino: "Son lunatico, bilioso"

Scritto da Daniele Ciccolo

La nuova scena si apre con l'entrata di Elisetta, che si lamenta per la stasi della situazione, cioè per il fatto che nulla sembra muoversi e ciò va a svantaggio della sua situazione di promessa sposa del Conte. Se ricordate, questo secondo atto si era aperto con un accordo tra Geronimo ed il Conte: mi riferisco al "baratto" per cui il Conte avrebbe accettato solo metà della somma pattuita a titolo di dote, ma in cambio avrebbe potuto sposare Carolina in luogo di Elisetta. Geronimo si è mostrato favorevole a questo "accomodamento", ma ha anche affermato che Elisetta avrebbe dovuto dare il suo assenso. Ecco, dunque, che il Conte entra in scena. Non mi soffermo sul recitativo, che serve solo da preparazione all'aria.

Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

ELISETTA
Qua nulla si conclude,
Qua ognuno sta in silenzio
Ed io mastico intanto amaro assenzio.

CONTE
Qui la ritrovo alfin. Voglio provarmi
Se la posso ridurre a ricusarmi.
Servo, servo umilissimo.

ELISETTA
Venite come sposo o mancatore?

CONTE
Vengo qual mi volete;
Conoscitor del vostro
Merito singolar, degno d'un soglio,
Sol dal vostro voler dipender voglio.

ELISETTA
Voi parlate d'incanto.

CONTE
E più v'incanterò se mi ascoltate.

ELISETTA
Benissimo, parlate.

CONTE
In primo luogo
Creder voi mi dovete
Il più sincero, il più ingenuo di tutti:
Che ho il core sulle labbra, e che son tale,
Che di me pur io dico il bene e il male.

ELISETTA
Vediamone una prova. Per esempio:
Quel di far all'amor con mia sorella,
Essendo a me promesso,
Lo dite male o bene?

CONTE
Male, male, malissimo.
Ecco ch'io lo confesso. In certi incontri
Sono di un naturale
Facile a sdrucciolar. Ma meglio udite,
S'è ver che son sincero. In me sicuro
Che c'è del buon: ma prima
Che i lacci d'Imeneo fra noi sian stretti,
Io vi avverto d'aver de' gran difetti.

ELISETTA
Quando li conoscete, è cosa facile
Che possiate emendarvi.

CONTE
Oh, io credo impossibile
Sempre ho sentito a dire
Che colla vita si mantiene e dura
Quel vizio che nell'uom passa in natura.

ELISETTA
Voi mi sgomentereste
Se vi credessi in tutto.

CONTE
Basta ... credete pure
Quello che sol vi piace. Io con voi tratto
Da galantuomo e in termini assai schietti.
Io vi avverto di aver de' gran difetti.

ELISETTA
Poichè me lo avvertite,
Obbligata vi son. Ma ... non temete,
Cercherò d'adattarmi.

CONTE
Oh, questo poi
Sarà difficilissimo.
Ve ne sono di fisici,
Ve ne son di morali. Insomma, io parlo
Ingenuamente e tocca a voi, signora,
Di far poi riflessione a questi detti,
Ch'io vi avverto d'aver de' gran difetti.

ELISETTA
(A mettermi comincia
Un poco in apprensione.) Orsù, signore,
Giacchè siete sincero anche vi piaccia
Di dirmi quali sono
Per poter regolarmi.
(Alla fin non vorrei sacrificarmi.)

CONTE
Sentite io ve li dico
Perchè voi lo volete e vi ubbidisco;
Per altro in verità, me ne arrossisco.



Il punto della questione è: come fare a far desistere le mire di Elisetta? Qui inserisce quella che, a mio avviso, è una delle arie più divertenti dell'opera.

Si potrebbero riportare molte delle riflessioni fatte per l'aria di Carolina; si può anzi dire che l'aria del Conte ne costituisce il riflesso. In entrambi i casi, infatti, si parla tecnicamente di "aria di catalogo al contrario". Faccio un esempio per spiegarmi. La celeberrima aria di Leporello nel Don Giovanni ("Madamina, il catalogo è questo") è un'aria "di catalogo" perché esprime con tono di soddisfazione le conquiste amorose di Don Giovanni. Qui, invece, il catalogo è rovesciato perché il personaggio che la canta presenta una lista di difetti.

Nel "matrimonio segreto" questo tipo di aria è utilizzata per un medesimo scopo, cioè per far desistere pretendenti amorosi inopportuni. Carolina aveva fatto un elenco dei suoi difetti nella speranza di far cessare le smanie del Conte nei suoi confronti; adesso è il nobile che decide di fare lo stesso nel confronto con Elisetta, tentando, così, di farsi rifiutare senza ferire i sentimenti della donna. Ecco, dunque, che il Conte si impegna nella declamazione di quelli che egli stesso definisce "gran difetti".

Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un'aria in cui, oltre al momento solistico, si inserisce uno scambio dialogico con Elisetta, che interviene a titolo di pertichino. Possiamo dividere l'aria in due parti. Nella prima, il Conte fa un elenco abbastanza dettagliato dei suoi presunti difetti: dalla lunaticità all'inclinazione per il "delirio", dal sonnambulismo al "trasporti per gli amori", dal vizio del gioco a quello del bere. Elisetta reagisce simulando indifferenza: mostrandosi "fredda" alla lista del Conte tenta di sminuirne la portata. Nella seconda parte, il Conte non riesce più a contenersi e finisce per esprimere direttamente i suoi sentimenti: questa seconda sezione, infatti, si presenta musicalmente più rapida ed incalzante. Alla fine il Conte non può che uscire di scena con l'ira in corpo, mentre Elisetta vi rimane, disperata.

Clicca qui per il testo del brano.

CONTE
Son lunatico, bilioso;
Son soggetto all'emicrania,
Ho sovente certa smania,
Che in delirio mi fa andar.
Son sonnambulo perfetto,
Che dormendo vo a girar.
Sogno poi, se sono a letto,
Di dar calci e di pugnar.

ELISETTA
Tutto questo, tutto questo?
Bagattelle, bagattelle!
Qua ci va della mia pelle,
Ma saprommi riguardar.

CONTE
Piano piano; non è tutto.
Per gli amori ho un gran trasporto.
Per le donne casco morto;
E di questo che vi par?

ELISETTA
Quest'è un vizio troppo brutto,
Ma il potrete un dì lasciar.

CONTE
Ma aspettate, mia signora,
Tutto detto non ho ancora.
Son vizioso giocatore,
Crapulone, bevitore,
M'ubbriaco spesso spesso,
Che vo fuori di me stesso;
Casco in terra o pur traballo,
Son più strambo d'un cavallo,
Vado tutti a maltrattar.

ELISETTA
Ora poi non credo niente,
Voi lo dite per scherzar.

CONTE
Quando poi non lo credete,
Dico questo e ve lo giuro:
Che a me nulla voi piacete,
Che non v'amo, non vi curo,
Non vi posso tollerar.
(parte)




Roberto Coviello, Valeria Baiano



Claudio Nicolai, Barbara Daniels

Alberto Rinaldi, Julia Varady

16 aprile 2013

13. Aria: "Pria che spunti in ciel l'aurora"

Scritto da Daniele Ciccolo

Siamo giunti ad un punto critico.
Nell'aria precedente abbiamo assistito ad una situazione paradossale: Fidalma ha dichiarato a Paolino l'intenzione di sposarlo, credendo di essere ricambiata dal giovane, il quale, invece, voleva chiederle di intercedere presso il fratello circa il suo matrimonio segreto con Carolina. Proprio al culmine dell'equivoco entra in scena Carolina, che comincia a nutrire dei dubbi circa la fedeltà dello sposo.

Questo travagliato recitativo, infatti, ci mostra la discussione dei due personaggi una volta che Fidalma è uscita di scena. Inizialmente Carolina invita Paolino a seguire Fidalma, ma poi chiede spiegazioni con veemenza. Dopo uno scambio di battute, Carolina cede e ritrova la fiducia per Paolino. Quest'ultimo chiude il recitativo esprimendo alla sposa l'intenzione di fuggire.

Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

CAROLINA
Vanne, vanne: la séguita... No, arrestati.
Dimmi, tristo, su, dimmi,
quante pensi sposarne? Ora comprendo
perché a svelar non pensi
il nodo clandestin che ci ha legati.
Lo fai per il piacere
di tradire due donne a un solo istante,
me come sposa e l'altra come amante.

PAOLINO
No, Carolina, chetati ed ascoltami.

CAROLINA
E che deggio ascoltar? Non ti ho trovato
svenuto per amore
al fianco di mia zia? Non l'ho sentita
vantarsi del tuo affetto?
E che l'hai da sposar non ha già detto?

PAOLINO
Questo è un inganno, o cara...

CAROLINA
Eh, sì, un inganno
che da te si commette.
Se tu amavi mia zia,
perché non sposar lei?
Perché sedurre una fanciulla onesta,
priva d'ogni esperienza e d'accortezza,
per farla poi crepar dall'amarezza?

PAOLINO
M'ascolta, per pietà...

CAROLINA
Che vuoi che ascolti?
Comprendo in questo istante
il peso del mio fallo.
Ma senti, io corro adesso
a' piedi di mio padre;
Svelerò quel che ho fatto...
A qualunque castigo
mi renderò soggetta.
Di te poi, seduttor, tristo, spergiuro,
segua quel che si voglia, io non mi curo.
(per partire)

PAOLINO
Ferma, ferma, ti prego...

CAROLINA
Oibò... mi lascia.

PAOLINO
No, ti dico.

CAROLINA
Vo' andar.

PAOLINO
Sentimi, e poi
subito te ne andrai se andar tu vuoi.

CAROLINA
Ah! Chi poteva mai
questo da te aspettarsi!

PAOLINO
Ascolta, io dico.

CAROLINA
Io mi sento morir!

PAOLINO
Calmati un poco.

CAROLINA
(piangendo)
Così resterai libero,
così la sposerai.

PAOLINO
Ah! no, che tu così morir mi fai.
Nell'inganno tu sei, ragion non senti,
e ti scordi in un punto di furore,
chi sei tu, chi son io, tutto l'amore?

CAROLINA
Cosa potresti dir?

PAOLINO
Dir che tua zia
soltanto in quest'istante,
mi si scoperse amante;
e la sorpresa mia fu che mi tolse
l'uso de' sensi. Or vanne a pubblicarmi
qual seduttor. Rovinami, ma prima
prendi questo coltello,
e poichè sei impazzita,
qui dammi prima una mortal ferita.

CAROLINA
Guarda ch'io te la do.

PAOLINO
Non mi ritiro.

CAROLINA
Ma non disse ella stessa
che tu l'amavi?

PAOLINO
Equivocò Fidalma.

CAROLINA
Confessa, o fo davvero.

PAOLINO
Se un bugiardo mi credi,
spingi senza pietade.

CAROLINA
Ah! mi vien freddo ed il coltel mi cade.

PAOLINO
Or sappi, sposa mia, che più maneggio
non trovo al scoprimento
per salvar il decoro. A noi non resta
che di fuggir. Coi buoni uffizi il padre
farem poi che si plachi.
Quel ch'è fatto è già fatto; ed alla fine
presto o tardi lo sdegno ha il suo confine.


Fuggire si configura come extrema ratio. Come ricorderete, i due protagonisti hanno cercato di fare di tutto per svelare il loro matrimonio segreto alla famiglia di lei senza per questo creare scandali ed imbarazzi. All'inizio si è cercato di usare il matrimonio combinato del Conte con Elisetta, dovuto essenzialmente a Paolino, come occasione adatta per rendere meno dura la reazione familiare, soprattutto di Geronimo. Ma, come si è visto, il Conte ha dimostrato interesse verso Carolina. Successivamente, si è sperato nell'aiuto di Fidalma, ma questa ha mostrato la sua infatuazione per Paolino. Che fare, dunque? A Paolino viene naturale proporre alla sposa di fuggire. E il tema della fuga è l'oggetto dell'aria che segue.

Si tratta di una delle arie più perlustrate e conosciute dell'opera cimarosiana; ciò è dimostrato dal fatto che nelle proposte video vi sono contributi di artisti quali Florez ed Alva.

Ciò che mi preme sottolineare è questo: Si tratta di un'aria, se vogliamo, dal contenuto atipico. Voglio dire, dopo la lite tra Carolina e Paolino sviluppatasi nel recitativo precedente, ci saremmo dovuti aspettare un'aria in cui il giovane confermava i sentimenti amorosi nei confronti della sposa. Ma così non è. E' un'aria descrittiva, in cui il piano di fuga è espresso con dovizia di particolari.

Come ogni fuga che si rispetti, questa avverrà di notte. Ad attendere gli sposi ci sarà una carrozza, che li condurrà da un'anziana parente di Paolino. In un ambiente non ostile si potrà poi pensare a tutto il resto: l'unica cosa che conta al momento, l'unico sostegno imprescindibile, infatti, è l'amore che lega i nostri protagonisti.

Da un punto di vista strutturale, l'aria si divide in due parti, un Andante sostenuto e un Allegro vivace.
E' importante perché contengono differenti indicazioni circa lo stato d'animo di Paolino, cui l'aria è interamente affidata. Infatti, nella prima parte il testo è esposto in modo timido, quasi che il pensiero della fuga non fosse premeditato, ma fosse conseguenza sopravvenuta della situazione creatasi nella scena precedente. Nella seconda parte, invece, vi sono delle ripetizioni, a significare che Paolino ha pienamente aderito al suo proposito e si è convinto della bontà della sua idea.

Clicca qui per il testo del brano.

PAOLINO
Pria che spunti in ciel l'aurora,
cheti cheti, a lento passo,
scenderemo fin abbasso,
che nessun ci sentirà.
Sortiremo pian pianino
per la porta del giardino:
tutta pronta una carrozza
là da noi si troverà.
Chiusi in quella, il vetturino,
per schivar qualunque intoppo,
i cavalli di galoppo
senza posa caccerà.
Da una vecchia mia parente,
buona donna e assai pietosa,
ce ne andremo, cara sposa,
e staremo cheti là.
Come poi s'avrà da fare
penseremo a mente cheta.
Sposa cara, sta pur lieta,
che l'amor ci assisterà.
(parte)


Seguono alcune proposte di ascolto.


Paolo Barbacini


David Kuebler

Ryland Davies


Luigi Alva

Juan Diego Florez

1 febbraio 2013

12. Terzetto: "Sento, ohimè, che mi vien male"

Scritto da Daniele Ciccolo

Visto che è da un po' di tempo che non scrivo mi sembra opportuno riprendere per sommi capi le fila della nostra storia, onde poter continuare.

Paolino e Carolina sono due giovani innamorati, anzi, sposati. Lui lavora come garzone presso la bottega del padre di lei, un borghese arricchito. E' la disparità sociale tra i due che li ha costretti a consacrare il loro amore in segreto: la celebrazione del matrimonio, infatti, è l'antefatto dell'intero intreccio.
E' proprio quando i due giovani decidono di svelare l'arcano che cominciano i problemi.
Tanto per cominciare, il Conte Robinson (promesso sposo per contratto alla sorella maggiore di Carolina, Elisetta) si invaghisce proprio di Carolina. E il primo atto si chiude all'insegna dell'equivoco e dell'imbarazzo generale.

Ci siamo lasciati commentando la prima scena del secondo atto. Come abbiamo visto, qui la situazione si complica, nel senso che il Conte si accorda con Geronimo in modo da avere il suo "placet" per sposare Carolina, rinunziando in cambio a metà della dote inizialmente concordata che Geronimo avrebbe dovuto corrispondergli. Da buon mercante, il vecchio non può che accettare una simile offerta. Così, i due escono di scena, felici di aver raggiunto un accordo che renda soddisfatti entrambi.

Ed ecco che entra in scena Paolino. Si lamenta del fatto che è stato impossibile per lui trovare una soluzione. Teme addirittura che l'affare possa scoppiare e sfuggirgli di mano. Infatti, quando si è rivolto al Conte, il tentativo di risolvere la questione è fallito miseramente, dato che lo stesso nobile gli ha manifestato il suo amore per Carolina. Ma il giovane non si lascia scoraggiare più di tanto e cerca aiuto "nel buon cuor di Fidalma". Probabilmente, infatti, Paolino è consapevole di una certa simpatia di Fidalma nei suoi confronti. Di certo, però, non si aspetta che lei si sia addirittura innamorata di lui e che intende sposarlo! Come ricorderete, lo abbiamo scoperto qui.

Come è facile immaginare, la passione dell'attempata Fidalma nei confronti del giovane Paolino rappresenta un ulteriore ostacolo che si frappone allo svelamento del nodo clandestino che lega i due sposi. Ma ciò che è divertente è la situazione che si viene a creare in questo recitativo.

Paolino si avvicina fiducioso a Fidalma. E un classico qui pro quo dà occasione a Bertati per montare un momento comico. Infatti, l'uso di espressioni volutamente equivoche fa sì che ciascuno ritenga l'altro personaggio consapevole delle rispettive intenzioni ed addirittura contento per questo! Insomma, Fidalma ritiene che Paolino ricambi il suo amore e che sia contento di sposarla, mentre Paolino crede che Fidalma abbia capito la sua richiesta di aiuto e pensa che sia disposta ad intercedere presso il fratello.

Tutti i dubbi si sciolgono quando Fidalma solennemente proclama, dando la sua parola, che Paolino sarà suo sposo: il giovane, ovviamente, ne rimane oltremodo sconvolto.


PAOLINO
Ecco che or ora scoppia
da sè la cosa. Io sono rovinato!
Scacciato colla sposa, e disperato.
Ma no. Mi resta ancora una speranza
nel buon cuor di Fidalma. A lei men volo
benchè tutto tremante...
Ma Fidalma qui giunge... Ecco l'istante.

FIDALMA
(Egli è qua solo.)

PAOLINO
(Ella mi sembra
che volga in sè qualche pensier molesto.
Orsù, coraggio!
Il tempo passa, ed io me le avvicino.)
Se mi è permesso...

FIDALMA
Addio, caro Paolino,
non mi avete veduta altro che adesso?

PAOLINO
Vi vidi pensierosa, e non mi parve
di dover disturbarvi.

FIDALMA
Voi non mi disturbate.
Pensieroso però, se non m'inganno,
eravate anche voi.

PAOLINO
Questo è ben vero.

FIDALMA
Paolino?

PAOLINO
Signora.

FIDALMA
I pensier nostri
da un'istessa cagion per avventura
sarebbero prodotti?

PAOLINO
È ciò impossibile.

FIDALMA
Non pensavate a me?

PAOLINO
Non so negarlo.

FIDALMA
Ed io pensava a voi.
Via, non vi confondete.
Parlatemi con tutta confidenza.

PAOLINO
Ah! Signora....

FIDALMA
Mi avrete
pietosa e non crudel.

PAOLINO
La bontà vostra
il mio merito eccede, e mi consola,
ma con vostro fratello...

FIDALMA
Il fratel mio
deve bene accordar quel che vogl'io.

PAOLINO
E non farà rumore?

FIDALMA
Quale rumore?
Contento ei dee mostrarsi
quando ancor non lo fosse.

PAOLINO
Ah, mio conforto!
Dunque, quando?

FIDALMA
Prestissimo.

PAOLINO
Anzi, senza dimora.

FIDALMA
Ebbene in questo punto
vi do la mia parola
che sarete mio sposo...

PAOLINO
Sposo?

FIDALMA
Sì, caro mio.

PAOLINO
Io?

FIDALMA
Sì, mio caro,
sì, mio bene, consolati...
Ma di color tu cangi?... E che cos'hai?

PAOLINO
(Qual nuovo contrattempo è questo mai!)


È davvero un duro colpo per il nostro Paolino. Una notizia del genere non può che porre in scompiglio il giovane garzone, considerando che proprio in Fidalma era stata riposta l'ultima speranza per tentare di salvare la situazione senza troppi guai: più avanti, infatti, vedremo che la soluzione che sceglieranno i due sposi sarà drastica proprio perché si renderanno conto di non aver più alcuna opzione.

L'animo del nostro personaggio è stato caricato di troppe notizie negative e la conseguenza è che il corpo ne risente, motivo per cui Paolino sviene. Fidalma ritiene, erroneamente, che si tratti di un "effetto del piacer" per nulla preoccupante. Ma, realizzato l'effettivo mancamento del giovane amato, decide di porgergli aiuto e di chiamare qualcuno in suo soccorso.

Chi pensate che venga? Carolina, naturalmente.

Immaginatevi la situazione: Carolina sente la zia gridare, si volge verso di lei e trova lo sposo per terra; e, come se non bastasse, la zia giustifica l'accaduto dicendo che Paolino sta "per gioia in delinquio". Così Fidalma intima alla nipote di fermarsi lì mentre lei esce momentaneamente di scena per procurarsi "un certo elisire".

Anche Carolina è comprensibilmente sconvolta da ciò che vede. Nel poco tempo in cui è sola con lo sposo riesce a svegliarlo e a chiedergli spiegazioni. Paolino vorrebbe che la sposa andasse via, non giudicando il momento adeguato a spiegarle l'accaduto; Carolina, com'è ovvio, equivoca credendo all'innamoramento di Paolino per Fidalma.

Quando si prospetta l'inizio di una lite ecco che rientra Fidalma, che trova Paolino già in piedi. Gli porge la sua mano perché il giovane la baci, ma questi garbatamente rifiuta. Carolina, ingelosita, intima alla zia di andarci piano, ma Fidalma insiste, adducendo che la nipote non deve entrare nella questione.

Il terzetto si conclude all'insegna del turbamento generale: con Carolina che crede lo sposo infedele; con Paolino che è amareggiato perché non può contare sull'aiuto di Fidalma; e con quest'ultima che comincia a trovare inopportuna Carolina a causa del suo atteggiamento eccessivamente apprensivo nei confronti di Paolino.

Così Fidalma esce di scena.

Clicca qui per il testo del brano.


PAOLINO
Sento, ohimè, che mi vien male,
già mi manca quasi il fiato!

FIDALMA
Non è niente, sposo amato,
questo è effetto del piacer.

PAOLINO
Per pietà, che in svenimento
io mi sento già cader.

FIDALMA
È l'effetto del contento,
passerà, no, non temer.
Mio caro Paolino
Ma!.... certo è svenuto,
porgiamogli aiuto...
C'è alcuno di là?
(entra Carolina)
L'amore, il contento
vedete che fa?

CAROLINA
Ma cosa è accaduto?
Che cosa è mai stato?

FIDALMA
Il povero giovine
di me innamorato,
per gioia in deliquio
vedete che sta.
Io vado a pigliare
un certo elisire,
non state a partire.
Restatevi qua.

CAROLINA
(Che creder, che dire,
da me non si sa.)
Giusto Cielo! Quale affanno,
qual sospetto mi martella!
Su, ti scuoti, su favella!
Io mi sento lacerar.

PAOLINO
Carolina, deh, va via!

CAROLINA
Tu invaghito di mia zia,
e mi vieni ad ingannar.

PAOLINO
Taci, taci, che per ora
non mi posso qui spiegar.

CAROLINA
Ci mancava questa ancora
Per più farmi delirar.

FIDALMA
(entrando)
Son qui pronta... Son qua lesta,
ma già in piedi ti ritrovo.
Per la gioia che ne provo
questa man ti do a baciar.

PAOLINO
(imbarazzato)
Non mi prendo tanto ardire.

CAROLINA
Mia signora, pian pianino.

FIDALMA
Bacia, bacia, Paolino.
(a Carolina)
Non ci avete voi da entrar.

CAROLINA, PAOLINO
Questa certa confidenza
di fanciulla alla presenza,
che stia bene non mi par.

FIDALMA
Di qualunque alla presenza
posso dar tal confidenza
a colui che ho da sposar.

(Fidalma parte. Carolina e Paolino mostrano di partire, ma poi si arrestano.)


Seguono alcune versioni video dell'aria.

Da un punto di vista musicale, vorrei che notaste come la musica di questo brano sia in grado di "farsi in tre", nel senso che si presta bene ad esprimere i diversi sentimenti dei tre personaggi coinvolti: il tono preoccupato di Paolino (espresso da una musica con frasi ripetute e a tratti sillabata), la contentezza di Fidalma (che è resa con un tono abbastanza concitato), la preoccupazione di Carolina (per lo svenimento di Paolino e per la sua presunta infedeltà).



Paolo Barbacini, Carmen Gonzales, Antonella Bandelli




David Kuebler, Marta Szirmay, Georgine Resick

Ryland Davies, Julia Hamari, Arleen Augér




Vito Lassandro, Giuseppina Salvi, Edda Vincenzi

Aldo Caputo, Damiana Pinti, Cinzia Forte

11 giugno 2012

11. Duetto: "Se fiato in corpo avete"

Scritto da Daniele Ciccolo

Il primo atto dell'opera si è concluso in modo davvero impressionante. Secondo i meccanismi dell'accumulazione e dell'accelerazione tanto cari a Da Ponte, Cimarosa e Bertati sono riusciti a creare un finale degno di questo nome. Nella scena precedente, infatti, abbiamo assistito al trionfo dell'imbarazzo e del caos di fronte alla rivelazione della verità da parte del Conte, che ha comunicato a Geronimo di non volere sposare Elisetta, preferendo Carolina, sorella minore di quest'ultima.

È, questo, un punto importante, che permette di agganciarmi alla scena oggetto di questo post. Infatti, la verità è stata sì svelata, ma non poteva in quella situazione essere "capita", perché ciò avrebbe reso vani gli espedienti formali usati per creare un Finale primo conforme al carattere di un'opera buffa. Nel nostro caso l'incertezza è stata favorita grazie alla durezza d'orecchi di Geronimo.

Adesso, però, è venuto il momento di far capire questa verità al diretto interessato. Il Conte, cioè, è chiamato ad assumersi le sue responsabilità di fronte a Geronimo, con tutte le conseguenze del caso, che descriverò fra breve. Ma andiamo con ordine. Nel recitativo che precede l'aria Geronimo è inizialmente solo. Invece che ammettere la sua sordità dichiara che sono gli altri a "masticar parole" perch'egli non le possa intendere. Ma ecco che il Conte entra in scena, così il vecchio mercante porge a lui la fatidica domanda: "mi volete ora dir quello che è stato?".

Senza troppi giri di parole il Conte rivela di non volere più sposare Elisetta, ma stavolta Geronimo lo ha inteso così bene da urtarne l'animo suscettibile e da mandarlo letteralmente su tutte le furie. Il Conte tenta di proseguire accennando ad un generico "accomodamento", cioè ad una risoluzione amichevole della situazione, che Geronimo dimostra di non volere accogliere in alcun modo. È su questo contrasto (il Conte che rifiuta di adempiere all'originario impegno ma che propone un accomodamento e Geronimo che non ne vuole sentir parlare) che si chiude il recitativo per dar spazio all'aria successiva.

È singolare che il vecchio parli di se stesso usando la terza persona. È un elemento testuale molto interessante. Egli in tal modo rivela la sua vera natura, di avaro mercante interessato agli scambi. Perché un rifiuto del Conte significa prima di tutto il fallimento di quel suo personale progetto di elevarsi al rango nobiliare: sarebbe, insomma, una dura sconfitta per il suo ego. 

Clicca qui per il testo del recitativo.

GERONIMO
Questa invero è curiosa:
sembran d'accordo in masticar parole
perché io non intenda.
Ma voglio ben scoprir questa faccenda.
Venite, sì, venite, o conte amato;
Mi volete ora dir quello ch'è stato?

CONTE
Anzi men vengo apposta,
e dico il tutto
senza riguardo alcuno.

GERONIMO
No, non c'è alcuno.

CONTE
Alcun riguardo, ho detto,
non ho di dirvi il tutto, e parlo schietto.
Vi dirò in primo luogo in stil laconico,
che Elisetta sposar più non intendo.

GERONIMO
Che? Cosa avete detto?

CONTE
Ho detto, che non trovo
cosa in lei che mi piaccia,
e che più non la voglio.

GERONIMO
Non la volete più, mia figlia?
Quella per cui steso è il contratto?
Non la volete più?
Voi siete matto!
La vorrete benissimo,
la sposerete. Signor sì. A Geronimo
non se ne fan di queste.
E non è un uomo Geronimo da prendersi
per un qualche babbeo.
E Geronimo dice e vi ripete,
che la vorrete, e che la sposerete.

CONTE
Ed al signor Geronimo
io pur dico e ripeto
che non la sposerò; ma che lo prego
di mostrarsi contento
che fra noi segua un accomodamento.

GERONIMO
Ed io vi torno a dire in brevi accenti
che non si parli di accomodamenti.


Similmente all'inizio del primo atto, l'aria in questione è un duetto. Come sempre, occorre distinguere tra il piano testuale (cioè delle parole così come risultano dal libretto) e quello strettamente musicale.

Parlando del testo si può dire quanto segue. Da un lato osserviamo un Geronimo arrabbiatissimo che non vuole farsi prendere in giro (lui, che di professione fa il mercante!) e che vorrebbe imporre le sue intenzioni al Conte; dall'altro abbiamo quest'ultimo che non intende in alcun modo firmare un contratto di matrimonio già steso: egli ha un "aggiustamento" da proporre, ma il vecchio sembra non voler sentire ragioni. Ad un certo punto, dopo che i personaggi si sono ritirati a pensare con se stessi sull'accaduto riaffermando il proprio punto di vista, il clima si fa più disteso: ciascuno si apre all'ascolto dell'altro. Così il Conte ha finalmente occasione per calmare Geronimo col suo discorso. Egli vorrebbe sì non adempiere al contratto sposando Elisetta, ma si dichiara disposto ad accettare metà della dote promessagli (cioè 50.000 scudi in luogo di 100.000) nel caso in cui Geronimo accetti di fargli sposare Carolina, sulla quale il nostro nobile aveva messo gli occhi fin dalla sua prima entrata in scena.

Geronimo fa finta di pensarci, ma ha già preso la sua decisione: accetterà il patto, impressionato com'è dalla possibilità di risparmiare ben metà della somma che aveva preventivato di spendere per l'evento; il Conte, com'è prevedibile, intuisce i pensieri dell'amico che "al risparmio va pensando". Geronimo, così, comunica il suo assenso allo scambio, "ma col patto che Elisetta ancor essa accorderà". Se questa frase può indurre a pensare che parli un padre effettivamente preoccupato per la figlia che in questo matrimonio aveva sperato tanto (vi ricordate con quale altezzosità Elisetta tratta Carolina in questo post?), in realtà non è così. Ci troviamo di fronte ad un vero do ut des, dove i nostri personaggi scambiano qualcosa con un'altra essendone consapevoli; è quel ragionamento di prevalenza degli interessi sugli affetti di cui ho parlato agli inizi del nostro viaggio nell'opera. Il duetto si conclude con frasi eloquenti: "Siamo, siamo accomodati / e ritorniam di buon umore. / Abbracciamoci di core / e speriam felicità".

A questo punto la tensione accumulatasi nel finale primo sembra quasi ad un tratto venire meno per merito del felice accordo raggiunto da Geronimo e dal Conte: vedremo in seguito cosa succederà.

Per quanto riguarda l'aspetto musicale si possono fare le seguenti annotazioni. Osservando la partitura ci si accorge che il duetto è costruito su quattro sezioni, in corrispondenza delle quali si verificano dei cambi di tempo. La prima può definirsi del contrasto e finisce grosso modo in corrispondenza del testo "Con questo uom frenetico / sfiatare io non mi vò". Il contrasto sfocia ben presto in scontro aperto: è la seconda sezione, nella quale le parti commentano con se stessi (cioè ciascuno singolarmente) il comportamento dell'altro. Nella transizione dalla seconda alla terza sezione le parti si propongono di ascoltarsi reciprocamente; Geronimo dice "via, dite pur quel che vi par" e allo stesso tempo il Conte dice "il mio discorso vi può calmar". Si entra nel pieno della terza sezione, nella quale ciascuna parte spiega all'altra il proprio punto di vista sulla faccenda del matrimonio. Per finire, la quarta sezione vede i personaggi ormai riconciliati e tornati di buon umore.

Nelle prime tre sezioni i personaggi si oppongono l'uno all'altro (intendo da un punto di vista melodico), a simboleggiare il contrasto che esiste tra di essi. Però, il fatto che si oppongano con gli stessi incisi melodici ci rivela in realtà che essi si riferiscono agli stessi contenuti, appunto a quel do ut des cui ho fatto riferimento qualche riga fa. Inoltre, la pace ritrovata tra i due uomini è resa evidente dalla sovrapposizione delle voci ad intervallo di terza a partire dalle parole "Siamo, siamo accomodati / e ritorniam di buon umore"; si indica, insomma, quella ritrovata comunione di propositi che musicalmente è resa in modo del tutto analogo ad alcune scene precedenti (ad esempio, nel primo duetto iniziale tra Carolina e Paolino, oppure nel terzetto tra Fidalma, Carolina ed Elisetta).

Seguono, come di consueto, il testo del duetto ed alcune versioni dello stesso.

Clicca qui per il testo del brano.

GERONIMO
Se fiato in corpo avete,
Sì, sì, la sposerete.
Un bambolo non sono,
Veder ve la farò.

CONTE
Se mi ascoltate un poco,
si calmerà quel fuoco;
Ma poi se vi ostinate,
anch'io mi ostinerò.

GERONIMO
La sposerete, amico.

CONTE
Io non la sposerò.

GERONIMO
Sì, sì, sì, sì, io dico.

CONTE
Io dico: no, no, no.

GERONIMO, CONTE
Con questo uom frenetico
sfiatare non mi vo'.
(Si mettono a sedere, uno da una parte e l'altro dall'altra.)

GERONIMO
(Ora vedete che bricconata!
Chi se l'avrebbe mai immaginata;
Questa è un'azione – da mascalzone:
Ed al suo impegno non dee mancar.)

CONTE
(Ora vedete che uom bilioso!
Come s'accende, com'è impetuoso!
Non vuol sentire – quel che vo' dire,
d'aggiustamento non vuol parlar!)

GERONIMO
(Vediamo un poco se ci ha pensato.)
(Si alza)

CONTE
(Vediamo un poco se si è calmato.)
(Si alza)

GERONIMO
Ebben, signore, la sposerete?

CONTE
Ebben, signore, m'ascolterete?
Il mio discorso vi può calmar.

GERONIMO
Via, dite pure quel che vi par.

CONTE
Se invece di Elisetta
mi date la cadetta,
cinquanta mila scudi
vi voglio rilasciar.

GERONIMO
Quest'è per quel ch'io sento,
quell'accomodamento
che voi vorreste far?
Lasciatemi, mio caro,
lasciatemi pensar.
(Va di nuovo a sedere)

CONTE
Vi lascio, sì, pensar.

GERONIMO
(Qua risparmio del bell'oro,
Qua si salva anche il decoro;
Col baratto – che vien fatto,
sì, signor, che bene andrà.)

CONTE
(Va l'amico ruminando,
al risparmio va pensando;
il boccone – è da ghiottone,
né scappar lo lascerà.)

GERONIMO
Ci ho pensato, ci ho pensato.
(Si alza)

CONTE
Sentiremo, sentiremo.
(Si alza)

GERONIMO
Il baratto, sì, faremo,
Ma con patto ch'Elisetta
ancor essa accorderà.

CONTE
S'è per questo, vado in fretta
a far sì che m'odierà.

GERONIMO, CONTE
Siamo, siamo accomodati:
ritorniam di buon umore.
Abbracciamoci di cuore,
e speriam felicità.
(Geronimo parte)


Come sapete, in genere il primo video che pubblico è sempre dedicato all'interpretazione dell'opera in cui Francis Travis dirige l'orchestra della Svizzera italiana; non è un caso, visto che considero questo allestimento come di grande valore.
Però stavolta vorrei fare un cambiamento. Infatti, dedico questo post alla memoria di Dietrich Fischer-Dieskau, grande baritono tedesco scomparso circa tre settimane fa. Magari alcuni di voi se lo ricorderanno per averlo visto nei video pubblicati da Christian nei post relativi alle Nozze di Figaro, dove Fischer-Dieskau ha interpretato il ruolo del Conte d'Almaviva nella fortunata registrazione sotto la direzione d'orchestra di Böhm e la regia di Ponnelle. Qui alcuni dati essenziali tratti da Wikipedia, per chi volesse leggere informazioni più approfondite su di lui.

Per quel che ci interessa, nel video seguente il grande baritono interpreta il ruolo di Geronimo.


Dietrich Fischer-Dieskau e Alberto Rinaldi


Enrico Fissore e Roberto Coviello


Carlos Feller e Claudio Nicolai

Concludo in bellezza con un video tratto dall'allestimento recentemente apparso su Rai 5:


Sesto Bruscantini e Franco Calabrese