20 dicembre 2020

I miti nel flauto magico/5 - Orfeo, Pan e Krishna

Scritto da Marisa



Il tema centrale di tutta l'opera, e da cui essa prende il nome stesso, riguarda la musica e il suo potere. Non si può perciò non pensare ad Orfeo, il divino cantore che con la sua lira, donatagli dal padre Apollo, affascinava tutti gli esseri, umani e animali, le piante e persino le rocce e anche gli dei. La musica di Orfeo aveva il potere di instaurare il paradiso in terra, perché anche le belve si ammansivano e, per udire il suo canto, tutto si fermava in ascolto rapito...

La dama che consegna il flauto d'oro a Tamino ne decanta così le proprietà: “Il flauto magico ti proteggerà, ti sosterrà nelle maggiori sventure. Con questo puoi ritenerti onnipotente, puoi mutare le passioni umane, il triste diverrà lieto, l'amore conquisterà lo scapolo”. È il potere della musica! Che essa sia una consolazione non è mai messo in dubbio, ma che abbia un potere così esteso lo abbiamo forse dimenticato. Eppure, a ben riflettere, l'avventura umana deve l'uscita dallo stato ferino e l'inizio della civilizzazione e soprattutto l'addolcimento dei costumi proprio alla scoperta della musica, a quei primi tentativi ritmici di accompagnare una qualche attività (di caccia o di richiamo) con suoni, percussioni o voce ritmata... Il formarsi dell'attività simbolica, che è il vero contrassegno della civiltà, prima ancora che con la pittura o la parola evocativa di miti e leggende, inizia con la musica, di cui già si intravedevano le differenti ed enormi potenzialità: dai ritmi incalzanti per darsi coraggio e potenziare l'aggressività per fini bellici, ai canti magici per propiziarsi la caccia, a quelli solenni dei riti religiosi e i canti epici per tramandare le imprese, fino alle modulazioni più dolci per cantare l'amore e la nostalgia. Tutta la gamma delle emozioni e dei sentimenti si è dispiegata e potenziata con l'accompagnamento musicale.

Nella mitologia greca il primato tra gli dei spetta ad Apollo, il dio raffigurato sempre con la lira, signore delle arti e padre-protettore delle Muse; e tra gli umani, per suo esplicito dono, ad Orfeo, modello e precursore di ogni artista. Ma non è da dimenticare Pan, il potente dio-capro, signore della natura, che con il suo flauto di canne, la siringa (dal nome della ninfa di cui era innamorato e che fuggì trasformandosi in canna) percorreva i boschi suonando e seducendo le ninfe, mentre tutta la natura era in ascolto... E proprio in Apollo e Pan possiamo intravedere gli archetipi dei due tipi di musica che ritroviamo nell'opera di Mozart: uno più lirico ed elevato spiritualmente (il flauto d'oro consegnato al principe) e l'altro più agreste e vicino alla natura (i campanelli d'argento consegnati a Papageno, che peraltro suona proprio una siringa). C'è' sempre un padre all'origine dello strumento musicale sacro. Per Orfeo si tratta di Apollo; per Tamino, come ci viene rivelato nel secondo atto, il flauto è stato intagliato dal padre di Pamina, “in un'ora magica, dalla radice più profonda di una quercia millenaria, fra lampi e tuoni, tempesta e scrosci”. Ma invece che del sacro legno, il flauto che arriva nelle mani del giovane è d'oro, una trasmutazione alchemica che conserva comunque il simbolismo paterno e solare.

L'evento centrale del mito di Orfeo è la sua discesa agli inferi dopo la morte della sposa Euridice, per ottenere da Ade e Persefone, le divinità del regno dei morti, la possibilità di riportarla in vita. Il cantore affida tale inaudita richiesta proprio alla capacità che ha la sua musica di incantare e commuovere tutti. Sappiamo che Orfeo ottiene ciò che ha chiesto, ma la condizione posta di non voltarsi fino all'uscita non viene ottemperata, ed Euridice rimane per sempre nel regno dei morti. Come nel “Flauto magico”, la musica quindi accompagna e protegge un viaggio pericoloso nel regno oscuro. L'impresa di Orfeo non raggiunge il fine inizialmente desiderato, la resurrezione di Euridice (cosa comunque impossibile), ma porta al superamento del dolore, l'elaborazione del lutto con l'ultimo saluto all'amata, e la trasformazione di Orfeo stesso, in quanto dopo il suo ritorno nel mondo dei vivi egli vivrà appartato e si dedicherà ad instaurare i misteri orfici, misteri iniziatici importantissimi nell'antichità, a cui aderivano personaggi intellettuali di prim'ordine come Pitagora. Guidato dalla musica, si è compiuto quindi un vero e proprio percorso iniziatico che, come tale, include sempre una morte e rinascita, un viaggio agli inferi e l'uscita verso la luce.



Tamino ottiene di percorrere il suo viaggio agli inferi non solo con l'aiuto del flauto ma, dopo aver vinto la prova del silenzio, in compagnia della donna amata, e torna alla luce per realizzare quell'unione con la sposa che è il vero modello di una nuova possibilità di relazione, in cui il femminile e il maschile non sono solo legati da un legame biologico-sessuale ma da un'autentica concordia d'anima e unione spirituale, avendo già insieme superate le prove più dure: il terrore delle belve che rappresentano quegli aspetti ferini sempre pronti ad inghiottire e distruggere la coscienza, le pulsioni più pericolose della psiche inconscia (le tre belve di Dante!) e i pericoli legati alla sfera del fuoco e dell'acqua, i substrati psichici delle passioni che bruciano e i laghi paludosi e minaccianti della depressione.

Altra figura mitica per approfondire il potere della musica è la divinità induista Krishna, raffigurato spesso nell'atto di suonare il flauto, accompagnato da Radha, la sua innamorata. Su Wikipedia leggiamo:

"Krishna, ottavo avatara di Visnù, o aspetto originario del dio stesso, è qui raffigurato come Krishna Veṇugopāla, ovvero Krishna suonatore di flauto (veṇu) e pastore delle mucche (gopāla). Ha una corona regale (kirīṭa mukuṭa) con penne di pavone (mayūrapattra) che simboleggiano l'immortalità, richiamata anche dal pavone in basso a destra della figura. Il pavone simboleggia l'immortalità in quanto il suo progenitore nacque da una piuma di Garuḍa. La ghirlanda di Krishna è una ghirlanda di fiori (tulasī) ed è composta da cinque filari di fiori che rappresentano i cinque sensi dell'uomo. La sua postura è la ardhasamasthānaka pādasvastika, la postura a gambe incrociate con il piede destro che tocca con le punte delle dita il terreno mostrando leggerezza e calma e appoggiandosi alla mucca posta dietro di lui. Alla sinistra di Krishna, la sua eterna paredra, l'innamorata Rādhā, che simboleggia l'anima individuale eternamente legata al Dio. Dietro Krishna, l'immagine di una mucca, Surabhī, che vive nel paradiso di Krishna, Goloka. La mucca è dispensatrice di beni e per questo è sacra e non può essere uccisa. Sono le mucche che dopo la morte degli uomini consentono loro di attraversare un fiume sotterraneo (il Vaitaraṇī) pieno di coccodrilli per giungere all'altra riva dove disporranno di un nuovo corpo per la successiva reincarnazione. Krishna è vestito di giallo (pitāṁbara) colore della divinità solare che illumina il cosmo; la sua pelle è invece blu, o nera, sia per indicarne la pervasività nello spazio, sia per segnalarlo come manifestazione dell'Essere supremo nell'attuale era del kali (kaliyuga), essendo le altre tre precedenti ere contrassegnate da manifestazioni della divinità rispettivamente bianca, rossa e gialla (questi colori delle manifestazioni delle divinità delle differenti ere corrispondono ai quattro colori dei varṇa)."

La figura di Krishna è molto complessa e interessante e, per alcuni versi, ricorda quella di Cristo (la nascita miracolosa incarnata nell'umanità, l'infanzia perseguitata, l'amore come mezzo di redenzione...), ma si amplia immensamente diventando, nella Bhagavad Gita, il Dio assoluto, padrone di tutti i mondi e di tutte le ere, il Supremo Assoluto che continuamente si manifesta e si nasconde... Ma a noi qui interessa per il suo rapporto con la musica come suonatore di flauto, lo strumento che utilizza per incantare le Gopi che simboleggiano le anime degli uomini distratti nelle occupazioni mondane e che lui vuole sedurre per riportarle all'unico amore degno di riscattare e liberare dall'egoismo e dalle sofferenze terrene: quello divino. Krishna è soprattutto il Dio della gioia e della concezione della vita come gioco, colui che insegna ad attraversare la vita adempiendo in pieno il proprio compito senza però appropriarsene dei vantaggi e liberandosi da ogni attaccamento.