31 ottobre 2019

Il barbiere di Siviglia (16) - "Ah, se è ver"

Scritto da Christian

Ho già scritto di come il lunghissimo recitativo nel primo atto in cui si spiegano le premesse della storia mi lasci perplesso: si tratta di quasi sette-otto minuti senza musica orchestrale. Qualcosa di simile accade nella seconda metà del secondo atto: con l'eccezione del temporale (un brano soltanto strumentale), del terzetto “Ah, qual colpo inaspettato” e della breve licenza finale, il resto dell'opera prevede soltanto recitativi secchi, ai quali è affidato il compito di narrare gli ultimi colpi di scena e di tirare le fila della vicenda. Questa strana situazione, a dire il vero, è esacerbata dalla consuetudine di eliminare la grande aria del Conte “Cessa di più resistere” con il suo rondò finale “Il più lieto, il più felice”, ritenuta troppo lunga e poco consona al resto dell'opera (ne parleremo più avanti). A compensare almeno in parte, invece, c'è un brano aggiuntivo scritto dallo stesso Rossini per Rosina, quando si era già consolidato l'uso di far cantare questa parte a un soprano anziché a un contralto. Ma andiamo per ordine.

Don Bartolo ha richiamato Don Basilio, che era stato mandato via di casa incerimoniosamente durante il quintetto precedente, e ha ottenuto da lui la conferma dei suoi sospetti: Don Alonso era un impostore, un inviato del Conte d'Almaviva o forse – come sospetta il maestro di musica – il Conte in persona. Per anticipare le mosse del rivale, il tutore decide di passare all'azione e di affrettare le proprie nozze con Rosina: ordina così a Basilio di convocare la sera stessa il notaio per stipulare il contratto di matrimonio.

Partito Basilio, Don Bartolo decide di mostrare a Rosina il biglietto d'amore che ha ricevuto in precedenza dal finto Don Alonso. Qui il tutore mette in pratica il suggerimento che gli aveva dato lo stesso Almaviva (far credere alla ragazza che il Conte si prende gioco di lei, e che aveva affidato per gioco il suo biglietto a un'altra amante). Rosina interpreta invece la cosa in altro modo: Lindoro la sta corteggiando soltanto per conto del potente Almaviva, in braccio al quale la vuole condurre. Ferita e sbigottita, la ragazza medita vendetta. E per ripicca accetta di sposare il vecchio tutore, rivelandogli anche l'intenzione di Lindoro e di Figaro – in possesso della chiave dell'inferriata alla finestra – di giungere a prenderla quella sera stessa. A questa notizia Bartolo si accommiata, deciso a chiamare le guardie per far arrestare gli intrusi.

(La frase di Bartolo “Don Alonso e il barbiere congiuran contro voi: non vi fidate. In potere del Conte d'Almaviva vi vogliono condurre...” non ha molto senso, visto che il tutore non sa di Lindoro e non ha motivo di credere che Rosina non desideri proprio il Conte come amante).

In questo punto si colloca l'aria aggiuntiva (“Ah, se è ver – L'innocenza di Lindoro”) composta da Rossini attorno al 1820 per il soprano Joséphine Fodor-Mainvielle, che interpretava Rosina in occasione di una rappresentazione a Parigi, quando si stava già consolidando l'uso di far cantare questa parte a un soprano anziché a un contralto. Pur raramente conservato negli allestimenti tradizionali dell'opera (viene invece eseguito talvolta come brano da concerto), questo numero è utile per dare maggior spazio e spessore ai turbamenti della ragazza, che manifesta i propri dubbi e si domanda se Lindoro, in fondo, possa essere innocente (“Ma forse, ahimè, Lindoro avrà perduto / questo dell'amor mio pegno soave”).


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano (“Dunque voi Don Alonso”).

BARTOLO (introducendo Don Basilio)
Dunque voi Don Alonso
non conoscete affatto?

BASILIO
Affatto.

BARTOLO
Ah, certo il Conte lo mandò.
Qualche gran tradimento
qui si prepara.

BASILIO
Io poi dico che quell'amico
era il Conte in persona.

BARTOLO
Il Conte?

BASILIO
Il Conte.
(La borsa parla chiaro.)

BARTOLO
Sia chi si vuole, amico,
dal notaro vo' in questo punto andare;
in questa sera
stipular di mie nozze io vo' il contratto.

BASILIO
Il notar? siete matto?
Piove a torrenti, e poi
questa sera il notaro è impegnato con Figaro;
il barbiere marita sua nipote.

BARTOLO
Una nipote? Che nipote?
Il barbiere non ha nipoti.
Ah, qui v'è qualche imbroglio.
Questa notte i bricconi me la voglion far.
Presto, il notaro qua venga sull'istante.
(gli dà una chiave)
Ecco la chiave del portone:
andate, presto, per carità.

BASILIO
Non temete; in due salti io torno qua.
(parte)

BARTOLO
Per forza o per amore
Rosina avrà da cedere. Cospetto!
Mi viene un'altra idea. Questo biglietto
(cava dalla tasca il biglietto datogli dal Conte)
che scrisse la ragazza ad Almaviva
potria servir che colpo da maestro!
Don Alonso, il briccone,
senza volerlo mi diè l'armi in mano.
Ehi, Rosina, Rosina, avanti, avanti;
(Rosina dalle sue camere entra senza parlare.)
del vostro amante io vi vò dar novella.
Povera sciagurata! In verità
collocaste assai bene il vostro affetto!
Del vostro amor sappiate
ch'ei si fa gioco in sen d'un'altra amante.
Ecco la prova.
(Le dà il biglietto.)

ROSINA (con doloroso stupore)
(Oh cielo! il mio biglietto!)

BARTOLO
Don Alonso e il barbiere congiuran
contro voi; non vi fidate.
Nelle braccia del Conte d'Almaviva
vi vogliono condurre.

ROSINA
(In braccio a un altro!
Che mai sento ah, Lindoro! ah, traditore!
Ah sì! vendetta e vegga,
vegga quell'empio chi è Rosina.)
Dite signore, di sposarmi
voi bramavate...

BARTOLO
E il voglio.

ROSINA
Ebben, si faccia!
Io son contenta! ma all'istante.
Udite: a mezzanotte qui sarà l'indegno
con Figaro il barbier; con lui fuggire
per sposarlo io voleva.

BARTOLO
Ah, scellerati!
Corro a sbarrar la porta.

ROSINA
Ah, mio signore!
Entran per la finestra. Hanno la chiave.

BARTOLO
Non mi muovo di qui.
Ma e se fossero armati? Figlia mia,
poiché tu sei sì bene illuminata
facciam così. Chiuditi a chiave in camera,
io vo a chiamar la forza;
dirò che son due ladri, e come tali,
corpo di Bacco! l'avrem da vedere!
Figlia, chiuditi presto; io vado via.
(parte)

ROSINA
Quanto, quanto è crudel la sorte mia!

Clicca qui per il testo di "Ah, se è ver che in tal momento".

ROSINA
Ma forse, ahimè, Lindoro avrà perduto
questo dell'amor mio pegno soave.
Troppo il poter d'un vivo amore ei sente!
Oh, me lo dice il cor: egli è innocente!

Ah, se è ver che in tal momento
ti scordasti, oh Dio, di me,
il rimorso, il pentimento,
mi ritorni la tua fé.
Se innocente è il caro bene
qual maggior felicità:
più non sento le mie pene.
Di più il cor bramar non sa.

L'innocenza di Lindoro
deh, tu svela, amor pietoso.
Per te l'alma avrà riposo,
per te il cor giubilerà!
Ah, se riede il caro bene,
qual maggior felicità!




Maria Bayo (Rosina)


Marinella Devia

Annick Massis

Furibondo per essere stato ingannato, Don Bartolo decide di passare al contrattacco: ordina al servo Ambrogio di andare a richiamare Don Basilio, per vederci meglio a proposito della situazione precedente (“Don Basilio sa certo qualche cosa”), e all'anziana domestica Berta di mettersi di guardia davanti alla porta, prima di cambiare subito idea e piazzarcisi lui stesso.

In scena rimane dunque Berta da sola, che ha l'occasione di commentare la situazione e di lanciarsi in una breve aria un po' marginale rispetto al centro dell'azione, nella quale lamenta le sofferenze dell'amore e confessa di non esserne immune nemmeno lei, nonostante l'età (“Poverina, anch'io lo sento...”).

Resta il dubbio su chi sia l'oggetto, non esplicitato, degli slanci amorosi di Berta: alcuni allestimenti suggeriscono Ambrogio, mentre altri (compreso il film di Jean-Pierre Ponnelle) lasciano intendere che si tratti dello stesso Bartolo. E la cosa è curiosa, visto che – come abbiamo già detto – il personaggio di Berta non esisteva nella commedia di Beaumarchais o nell'opera di Paisiello (il suo ruolo era rivestito dal “Giovinetto”, un vecchio domestico di sesso maschile), dove invece la governante della casa era Marcellina, sempre assente dalla scena ma che ritroveremo nel sequel “Le nozze di Figaro”: e lì scopriremo che ha avuto una tresca proprio con Bartolo.

In una posizione un po’ defilata rispetto al fuoco drammatico principale (che nella scena precedente aveva toccato uno dei suoi apici), librettista e compositore collocano quella che nel linguaggio dell’epoca si era soliti chiamare «aria del sorbetto», ossia riservata a un personaggio secondario, la quale sia come difficoltà esecutive che come sostanza musicale non può certo competere con i brani solistici dei protagonisti. L’aria di Berta, serva di Bartolo, presenta formalmente una semplice struttura tripartita di tipo A-B-A (con la sezione B alla tonalità della dominante) che è piuttosto consueta in questo tipo di brani; Rossini però non rinuncia a dotare il pezzo (che istituzionalmente sarebbe un po’ ai margini) di una certa caratterizzazione e di una apprezzabile eleganza musicale. La melodia sillabata sulle crome staccate e la modulazione verso do diesis (terzo grado della tonalità d’impianto) sono le armi musicali che utilizza il compositore per ritrarre la vecchia serva che pure sente anch’ella un tardivo pizzicore amoroso; ne esce un quadretto musicale scorrevole ed elegante; ideale intermezzo tra l’impegnativa scena precedente e gli avvenimenti che di qui a breve porteranno l’intreccio allo scioglimento.
(Stefano Piana)
Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano (“Ah! Disgraziato me!”).

BARTOLO
Ah! Disgraziato me!
Ma come? Ed io non mi accorsi di nulla!
Ah! Don Basilio sa certo qualcosa.
Ehi! Chi è di là? Chi è di là?
(compare Ambrogio)
Senti, Ambrogio:
corri da Don Basilio qui rimpetto,
digli ch'io qua l'aspetto,
che venga immantinente,
che ho gran cose da dirgli
e ch'io non vado perché... perché...
perché ho di gran ragioni.
Và subito.

(Ambrogio parte ed entra Berta.)

BARTOLO
(a Berta)
Di guardia tu piantati alla porta, e poi...
No, no, non me ne fido. Io stesso ci starò.
(parte)

BERTA
Che vecchio sospettoso!
Vada pure, e ci stia finché crepi.
Sempre gridi e tumulti in questa casa;
si litiga, si piange, si minaccia,
non v'è un'ora di pace
con questo vecchio avaro, brontolone!
Oh, che casa! Oh, che casa in confusione!

Clicca qui per il testo de "Il vecchiotto cerca moglie".

BERTA
Il vecchiotto cerca moglie,
vuol marito la ragazza;
quello freme, questa è pazza.
Tutti e due son da legar.
Ma che cosa è questo amore
che fa tutti delirar?
Egli è un male universale,
una smania, un pizzicore
un solletico, un tormento.
Poverina, anch'io lo sento,
né so come finirà.
Oh, vecchiaia maledetta!
Son da tutti disprezzata,
e vecchietta disperata
mi convien così crepar.




Gabriella Corsaro (Berta)


Susana Cordon

Daniela Dessì

21 ottobre 2019

Il barbiere di Siviglia (14) - "Don Basilio!"

Scritto da Christian

La comparsa di Don Basilio in casa di Bartolo è del tutto inaspettata, e dà origine a un quintetto che interrompe di colpo il flusso degli eventi, lasciando sconcertati gli altri personaggi. Serve certo a movimentare la trama ma, se non ci fosse, l'azione fluirebbe con naturalezza dalla scena precedente a quella successiva in cui Figaro si appresta a fare la barba al padrone di casa.

Nelle opere buffe primo-ottocentesche era consuetudine porre a metà circa dell’atto secondo un ensemble di una certa consistenza, ed è quel che accade qui: compositore e librettista organizzano un quintetto che è accomunato al finale primo dall’utilizzo abile e intensivo di quei livelli multipli scenico-musicali di cui è permeata l’opera.
(Stefano Piana)
Il Conte, nei finti panni di Don Alonso, aveva raccontato a Bartolo che Don Alonso era malato (oltre che “occupato col curiale”, ovvero con il notaio che dovrebbe stipulare il contratto di matrimonio, in un verso del libretto che in fase di composizione è stato poi tagliato da Rossini, generando un'incongruenza con la successiva domanda dello stesso Bartolo a Basilio: “E il curiale?”). E con una certa fatica si era conquistato la fiducia del tutore, che adesso vede messa a repentaglio dall'arrivo di colui che in teoria dovrebbe essere a letto (per non parlare del fatto che bisogna evitare che Basilio dimostri di non conoscere affatto il suo “sostituto”). Prima Figaro e poi il Conte stesso cercano così di intrufolarsi nel dialogo fra Bartolo, che chiede al maestro di musica notizie sul suo stato di salute, e il confuso Basilio, che non comprende il motivo di tali domande.

Almaviva approfitta del fatto di aver detto in precedenza al tutore “Don Basilio nulla sa di quel foglio”, lasciando intendere di averlo tagliato fuori dalla presunta macchinazione ai danni del Conte, e persuade Bartolo che è meglio allontanare l'inatteso ospite per non complicare le cose.

Insieme a Figaro, il Conte cerca di convincere allora Basilio di essere veramente malato (“Siete giallo come un morto!”, con l'accompagamento di una musica “dal raffinato e ironico descrittivismo”, per non parlare della “descrizione musicale del battito impazzito del polso misurato da Figaro”) e, come ultima risorsa, gli passa di soppiatto una borsa piena di denaro per esortarlo ad andarsene in silenzio. Pur non comprendendo la situazione, il maestro di musica accetta finalmente di prendere congedo, non prima di un'interminabile sequenza di saluti (“Buona sera, mio signore”) da parte di tutti (e con Rosina, Figaro e il Conte sempre più impazienti), compresa una coda comica che vede una breve ricomparsa di Basilio quando ormai ciascuno credeva che se ne fosse definitivamente andato.
Don Basilio non è certo il tipo da farsi convincere così agevolmente ad abbandonare il campo, soprattutto in una situazione nella quale nulla gli è chiaro. Il Conte, Figaro e Rosina impiegheranno difatti tutto il cantabile del quintetto per congedarlo nella maniera più fintamente educata possibile. [...] Se nella prima parte del brano dominano tali cerimoniosi saluti in punta di fioretto, nella conclusione sembra avere il sopravvento la stizza, dipinta musicalmente dalle veloci terzine di semicrome di Rosina e Figaro sotto le quali un Bartolo che sino ad ora non ha proferito un suono ripete per conto suo quel «Buonasera» quasi sul serio: segno che non deve aver capito molto della situazione.
(Stefano Piana)

Clicca qui per il testo di "Don Basilio!".

ROSINA
Don Basilio!

CONTE
(Cosa veggo!)

FIGARO
(Quale intoppo!)

BARTOLO
Come qua?

BASILIO
Servitor di tutti quanti.

BARTOLO
(Che vuol dir tal novità?)

ROSINA
(Ah, di noi che mai sarà?)

CONTE E FIGARO
(Qui franchezza ci vorrà.)

BARTOLO
Don Basilio, come state?

BASILIO (stupito)
Come sto?

FIGARO (interrompendo)
Or che s'aspetta?
Questa barba benedetta
la facciamo sì o no?

BARTOLO (a Figaro)
Ora vengo!
(a Basilio)
E il Curiale?

BASILIO (stupito)
Il Curiale?

CONTE (interrompendo, a Basilio)
Io gli ho narrato
che già tutto è combinato.
(a Bartolo)
Non è ver?

BARTOLO
Sì, tutto io so.

BASILIO
Ma, Don Bartolo, spiegatevi...

CONTE (come sopra, a Bartolo)
Ehi, Dottore, una parola.
(a Basilio)
Don Basilio, son da voi.
(a Bartolo)
Ascoltate un poco qua.
(Fate un po' ch'ei vada via,
ch'ei ci scopra ho gran timore:
della lettera, signore,
ei l'affare ancor non sa.)

BARTOLO
(Dite bene, mio signore;
or lo mando via di qua.)

ROSINA
(Io mi sento il cor tremar!)

FIGARO
(Non vi state a disperar.)

BASILIO
(Ah, qui certo v'è un pasticcio;
non l'arrivo a indovinar.)

CONTE (a Basilio)
Colla febbre, Don Basilio,
chi v'insegna a passeggiar?

BASILIO (stupito)
Colla febbre?

CONTE
E che vi pare?
Siete giallo come un morto.

BASILIO
Come un morto?

FIGARO (tastando il polso a Basilio)
Bagattella!
Cospetton! Che tremarella!
Questa è febbre scarlattina!

BASILIO
Scarlattina!

CONTE (dà a Basilio una borsa di soppiatto)
Via, prendete medicina,
non vi state a rovinar.

FIGARO
Presto, presto, andate a letto.

CONTE
Voi paura inver mi fate.

ROSINA
Dice bene, andate a letto.

TUTTI
Presto, andate a riposar.

BASILIO (stupito)
(Una borsa! Andate a letto!
Ma che tutti sian d'accordo?)

TUTTI
Presto, a letto!

BASILIO
Eh, non son sordo!
Non mi faccio più pregar.

FIGARO
Che color!

CONTE
Che brutta cera!

BASILIO
Brutta cera?

CONTE, FIGARO E BARTOLO
Oh, brutta assai!

BASILIO
Dunque vado...

TUTTI
Vada, vada!
Buona sera, mio signore,
presto, andate via di qua.
(Maledetto seccatore!)
Pace, sonno e sanità.

BASILIO
Buona sera, ben di core,
poi diman si parlerà.
Non gridate, ho inteso già.
(parte)

FIGARO
Orsù, signor Don Bartolo.

BARTOLO
Son qua.
(Bartolo siede, Figaro gli cinge al collo un asciugatoio disponendosi a fargli la barba; durante l'operazione Figaro va coprendo i due amanti.)
Stringi, bravissimo.

CONTE
Rosina, deh, ascoltatemi.

ROSINA
Vi ascolto, eccomi qua.
(siedono fingendo studiar musica)

CONTE (a Rosina, con cautela)
A mezzanotte in punto
a prendervi qui siamo:
or che la chiave abbiamo
non v'è da dubitar.

FIGARO (distraendo Bartolo)
Ahi! ahi!

BARTOLO
Che cos'è stato?

FIGARO
Un non so che nell'occhio!
Guardate, non toccate,
soffiate, per pietà.

ROSINA
A mezzanotte in punto,
anima mia, t'aspetto.
Io già l'istante affretto
che a te mi stringerò.

(Bartolo si alza e si avvicina agli amanti.)

CONTE
Ora avvertir vi voglio,
cara, che il vostro foglio,
perché non fosse inutile
il mio travestimento...

BARTOLO (scattando)
Il suo travestimento?
Ah, ah! bravo, bravissimo!
Sor Alonso, bravo! bravi!
E pace... e gioia...
Bricconi, birbanti!
Ah, voi tutti quanti
avete giurato
di farmi crepar!
Su, fuori, furfanti,
vi voglio accoppar.
Di rabbia, di sdegno
mi sento crepar.

ROSINA, CONTE E FIGARO
La testa vi gira;
ma zitto, dottore,
vi fate burlar.
Tacete, tacete,
non serve gridar.
(L'amico delira,
intesi già siamo,
non v'è a replicar.)
(partono)




Teresa Berganza (Rosina), Luigi Alva (Conte), Hermann Prey (Figaro),
Enzo Dara (Bartolo), Paolo Montarsolo (Basilio)
dir: Claudio Abbado (1971)


Anna Bonitatibus, Raul Giménez, Leo Nucci,
Alfonso Antoniozzi, Riccardo Zanellato

Cecilia Molinari, Nicola Alaimo, Maxim Mironov,
Carlo Lepore, Michele Pertusi


Con l'uscita di scena di Don Basilio, il quintetto tecnicamente non si conclude ma prosegue, trasformandosi in un quartetto che riprende l'azione da dove l'inopportuno arrivo del maestro di musica l'aveva interrotta. Figaro si appresta a fare la barba a Bartolo, mentre sullo sfondo Almaviva e Rosina possono continuare a progettare la loro fuga d'amore (“A mezzanotte in punto a prendervi qui siamo”). Questa scena ci permette finalmente di vedere il barbiere impegnato nel mestiere che gli dà il titolo (a lui e all'intera opera), e inoltre presenta sulla scena i quattro personaggi principali della storia: per questo motivo è una di quelle scelte più frequentemente in schizzi, dipinti, illustrazioni e locandine.
Due scenette contemporanee ma separate richiedono musicalmente due tratteggi diversi: da una parte una grandinata di semicrome dei violini primi accompagna il barbiere nell’esercizio più autentico delle sue funzioni; dall’altra un placido passaggio di semiminime legate all’unisono degli archi sul pedale di fagotti e contrabbassi sorregge gli scambi di battute degli innamorati e getta una piccola pennellata di mistero notturno in una scena movimentatissima e tutt’altro che romantica.
(Stefano Piana)

Il Conte, in particolare, vorrebbe approfittare del momento per informare la ragazza, prima che sia troppo tardi, del fatto di essere stato costretto a consegnare il suo biglietto al tutore. Ma non ci riuscirà. Bartolo, approfittando di una distrazione di Figaro (che già in precedenza era riuscito a sviare momentaneamente la sua attenzione), riesce a captare le parole con cui Almaviva conferma di essere travestito e comprende finalmente di essere di fronte a un inganno. L'esplosione d'ira è immediata, tanto che Figaro e il Conte sono costretti a fuggire prima che quest'ultimo abbia avuto la possibilità di spiegare ogni cosa a Rosina.
L’ira del tutore è tale che costui non riesce nemmeno ad imbastire una melodia vera e propria; le sue sono una sorta di esclamazioni musicali la cui intensità va mano a mano crescendo sino a trasformarsi in una sequela di crome martellanti sillabate. Sembra quasi che Rossini sublimi progressivamente i rimproveri di Bartolo in una sorta di flusso da cui si dipana l’implacabile raffica di suoni retoricamente organizzata che costituisce la stretta del quintetto. La sequela viene ripresa dagli altri dapprima sottovoce, poi in alternanza con Bartolo, infine da tutti e quattro assieme, in un brano dove sembra che gli unici frammenti melodici degni di questo nome siano affidati alla sola orchestra, la quale da parte sua, con le furiose volate di semicrome dei violini, finisce per gettare benzina sul fuoco. Le crome terzinate cantate a perdifiato finiscono per investire l’intera stretta ed estendersi al di sopra della struttura formale (che pure prevede le due classiche ripetizioni) quasi dissimulandola. L’ira devastante di Bartolo sembra non conoscere requie e chiude un quintetto che per la complessa, raffinata e magistrale realizzazione musicale ha davvero pochi paragoni.
(Stefano Piana)

14 ottobre 2019

Il barbiere di Siviglia (13) - "Contro un cor"

Scritto da Christian

Guadagnatosi in qualche modo la fiducia di Bartolo, il finto Don Alonso ha l'occasione di impartire una lezione di musica a Rosina, naturalmente sempre sotto l'occhio vigile del tutore. La ragazza, vedendo il Conte, riconosce subito in lui l'amato Lindoro (evidentemente è più fisionomista di Bartolo: potenza dell'amore!) e accetta di stare al gioco. L'aria che si offre di cantare – bellissima e ricca di infiorettature – si presume essere tratta da “L'inutil precauzione”, quel “nuovo dramma in musica” cui la ragazza aveva già accennato nel primo atto (e che non è altro che il sottotitolo dello stesso “Barbiere”):

Contro un cor che accende amore
di verace, invitto ardore,
s'arma invan poter tiranno
di rigor, di crudeltà.
D'ogni assalto vincitore
sempre amor trionferà.
Su un generico testo da opera seria (ma che allude palesemente alla sua condizione), Rosina intona un’aria doppia in cui si diverte a sfoggiare un numero esorbitante di artifici vocali, accompagnata da un’orchestra che si limita quasi agli interventi strettamente necessari (in partitura sono notate due battute per pianoforte, probabilmente suonato dal finto Don Alonso in scena, come un’indicazione a completare la parte all’impronta). Tra il cantabile e la cabaletta, approfittando di un colpo di sonno di Bartolo, i due amanti riescono a scambiare alcune parole su una musica che abbandona le colorature e diviene direttamente espressiva, persino teneramente melodica. Il dialogo, interrotto dal risveglio di Bartolo, prosegue anche nella cabaletta, quasi nascosto dal frastuono dell’orchestra nel ponte che unisce le due ripetizioni, sino ad arrivare alla conclusione, con quell’appello all’amato inserito in maniera davvero abile da Rosina nel flusso dell’aria, ancora una volta evidenziato dal compositore che appresta una parte vocale sillabica e espressiva accompagnata da pochi accordi in piano dell’orchestra, in evidente contrasto con le parti precedenti e successive.
(Stefano Piana)
Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano (“Venite, signorina”).

BARTOLO (conducendo Rosina)
Venite, signorina. Don Alonso,
che qui vedete, or vi darà lezione.

ROSINA (vedendo il Conte)
Ah!

BARTOLO
Cos'è stato?

ROSINA
È un granchio al piede.

CONTE
Oh nulla:
sedete a me vicin, bella fanciulla.
Se non vi spiace, un poco di lezione,
di Don Basilio invece, vi darò.

ROSINA
Oh, con mio gran piacer la prenderò.

CONTE
Che volete cantare?

ROSINA
Io canto, se le aggrada,
il rondò dell'Inutil Precauzione.

BARTOLO
E sempre, sempre in bocca
l'Inutil Precauzione!

ROSINA
Io ve l'ho detto:
è il titolo dell'opera novella.

BARTOLO
Or bene, intesi; andiamo.

ROSINA
Eccolo qua.

CONTE
Da brava, incominciamo.

(Il Conte siede al pianoforte e Rosina canta accompagnata dal Conte; Bartolo siede ed ascolta.)

Clicca qui per il testo di "Contro un cor che accende amore".

ROSINA
Contro un cor che accende amore
di verace, invitto ardore,
s'arma invan poter tiranno
di rigor, di crudeltà.
D'ogni assalto vincitore
sempre amor trionferà.
(Bartolo si assopisce)
Ah Lindoro, mio tesoro,
se sapessi, se vedessi!
Questo cane di tutore,
ah, che rabbia che mi fa!
Caro, a te mi raccomando,
tu mi salva, per pietà.

CONTE
Non temer, ti rassicura;
sorte amica a noi sarà.

ROSINA
Dunque spero?

CONTE
A me t'affida.

ROSINA
E il mio cor?

CONTE
Giubilerà.

(Bartolo si sveglia)

ROSINA
Cara immagine ridente,
dolce idea d'un lieto amore,
tu m'accendi in petto il core,
tu mi porti a delirar.



Joyce DiDonato (Rosina), Juan Diego Florez (Conte)
dir: Maurizio Benini (2007)


Maria Ewing (Rosina), Max-René Cosotti (Conte)
dir: Sylvain Cambreling (1981)


Maria Callas


Anna Bonitatibus


Teresa Berganza

Cecilia Bartoli


Trattandosi, nella finzione scenica, di musica diegetica (se trascuriamo l'accompagnamento orchestrale), sin dall'epoca di Rossini è invalsa l'abitudine, da parte di alcune prime donne, di sostituire questo brano con altre arie da concerto a loro più consone (tipicamente “pezzi di bravura”) e dalle provenienze più disparate: si passa da variazioni su “La biondina in gondoleta” a “Il bacio” di Luigi Arditi, da arie di Verdi a canzoni popolari americane. Questo capitava sopratutto quando l'interprete era un soprano (mentre Rossini aveva inizialmente scritto il ruolo di Rosina per un contralto). Persino la prima Rosina in assoluto, Gertrude Righetti Giorgi, in occasione della ripresa dell'opera a Bologna nel 1816 aveva deciso di utilizzare un brano alternativo, "La mia pace, la mia calma", di autore ignoto (potrebbe essere lo stesso Rossini). Negli ultimi decenni, comunque, sembra tornato in pianta stabile il rispetto filologico per il brano originale.



Concetta D'Alessandro (Rosina) canta "La mia pace, la mia calma"


Al termine del canto di Rosina, Don Bartolo definisce l'aria che ha appena udito “assai noiosa” (in effetti si era anche assopito per un momento durante l'esecuzione, permettendo ai due aspiranti amanti di scambiarsi qualche rapida parola), e aggiunge: “la musica ai miei tempi era altra cosa”. Trattandosi del personaggio negativo dell'opera, è fuor di dubbio che questa frase sia una frecciatina che Rossini e il suo librettista lanciano ai “parrucconi” rimasti ancorati agli stilemi del passato e incapaci di apprezzare le novità che venivano introdotte in quegli anni (fra questi, se vogliamo, c'erano anche i fan di Paisiello che boicottarono la prima esecuzione del “Barbiere”).

La scena comica che segue, in cui il tutore si propone di cantare a sua volta, sembra quasi collidere con la prudenza e la riverenza mostrata nella prefazione del libretto (l'Avvertimento al pubblico) nei confronti del “tanto celebre Paisiello”. Citando infatti Caffariello (pseudonimo di Gaetano Majorano, “un celebre sopranista attivo tra il 1726 e il 1755, che interpretò opere dei più famosi compositori di allora quali Pergolesi, Leo, Hasse, Porpora e tanti altri, rappresentanti di quell’opera napoletana della quale Paisiello può essere in qualche modo considerato l’erede e l’epigono”, come spiega Piana), Bartolo si lancia nell'interpretazione di una canzonetta buffa e di poche pretese, “Quando mi sei vicina”, durante la quale si premura persino di cambiare il nome femminile Giannina in Rosina, precisandolo, pur di fare un goffo e sdolcinato omaggio alla sua pupilla.

Clicca qui per il testo del recitativo che segue ("Bella voce! Bravissima!").

CONTE
Bella voce! Bravissima!

ROSINA
Oh! mille grazie!

BARTOLO
Certo, bella voce,
ma quest'aria, cospetto, è assai noiosa;
la musica a' miei tempi era altra cosa.
Ah! quando, per esempio,
cantava Caffariello,
quell'aria portentosa...
(provandosi di rintracciare il motivo)
la, ra, la...
sentite, Don Alonso: eccola qua.

Quando mi sei vicina,
amabile Rosina...
(interrompendo)
L'aria dicea Giannina,
(con vezzo verso Rosina)
ma io dico Rosina.
Quando mi sei vicina,
amabile Rosina,
il cor mi brilla in petto,
mi balla il minuetto.

(Entra Figaro col bacile sotto il braccio, e si pone dietro Bartolo imitando il ballo con caricatura.)

BARTOLO (avvedendosi di Figaro)
Bravo, signor barbiere,
ma bravo!

FIGARO
Eh, niente affatto:
scusi, son debolezze.

BARTOLO
Ebben, guidone,
che vieni a fare?

FIGARO
Oh bella!
Vengo a farvi la barba: oggi vi tocca.

BARTOLO
Oggi non voglio.

FIGARO
Oggi non vuol? Domani
non potrò io.

BARTOLO
Perché?

FIGARO (lascia sul tavolino il bacile e cava un libro di memoria)
Perché ho da fare
a tutti gli ufficiali
del nuovo reggimento barba e testa...
alla marchesa Andronica
il biondo parrucchin coi maroné...
al contino Bombé
il ciuffo a campanile...
purgante all'avvocato Bernardone
che ieri s'ammalò d'indigestione...
e poi... e poi... che serve?
(riponendosi in tasca il libro)
Doman non posso.

BARTOLO
Orsù, meno parole.
Oggi non vò far barba.

FIGARO
No? Cospetto!
Guardate che avventori!
Vengo stamane: in casa v'è l'inferno.
Ritorno dopo pranzo: oggi non voglio.
(contraffacendolo)
Ma che? M'avete preso
per un qualche barbier da contadini?
Chiamate pur un altro, io me ne vado.
(riprende il bacile in atto di partire)

BARTOLO
Che serve? a modo suo;
vedi che fantasia!
Va in camera a pigliar la biancheria.
(si cava dalla cintola un mazzo di chiavi per darle a Figaro, indi le ritira)
No, vado io stesso.
(parte)

FIGARO
Ah, se mi dava in mano
il mazzo delle chiavi, ero a cavallo.
(a Rosina)
Dite: non è fra quelle
la chiave che apre quella gelosia?

ROSINA
Sì, certo; è la più nuova.

BARTOLO (rientrando)
(Ah, son pur buono
a lasciar qua quel diavolo di barbiere!)
Animo, va tu stesso.
(dando le chiavi a Figaro)
Passato il corridor, sopra l'armadio
il tutto troverai.
Bada, non toccar nulla!

FIGARO
Eh, non son matto. (Allegri!)
Vado e torno. (Il colpo è fatto.)
(parte)

BARTOLO (al Conte)
È quel briccon, che al Conte
ha portato il biglietto di Rosina.

CONTE
Mi sembra un imbroglion di prima sfera.

BARTOLO
Eh, a me non me la ficca...
(Si sente di dentro un gran rumore come di vasellame che si spezza.)
Ah, disgraziato me!

ROSINA
Ah, che rumore!

BARTOLO
Oh, che briccon! Me lo diceva il core.
(parte)

CONTE (a Rosina)
Quel Figaro è un grand'uomo;
or che siam soli, ditemi, o cara:
il vostro al mio destino
d'unir siete contenta?
Franchezza!

ROSINA (con entusiasmo)
Ah, mio Lindoro,
altro io non bramo.
(si ricompone vedendo rientrar Bartolo e Figaro)

CONTE
Ebben?

BARTOLO
Tutto mi ha rotto;
sei piatti, otto bicchieri, una terrina.

FIGARO (mostrando di soppiatto al Conte la chiave della gelosia che avrà rubata dal mazzo)
Vedete che gran cosa! Ad una chiave
se io non mi attaccava per fortuna,
per quel maledettissimo
corridor così oscuro,
spezzato mi sarei la testa al muro.
Tiene ogni stanza al buio, e poi, e poi...

BARTOLO
Oh, non più.

FIGARO
Dunque andiam.
(al Conte e Rosina)
Giudizio.

BARTOLO
A noi.
(Si dispone per sedere e farsi radere. In quella entra Basilio.)




Alessandro Corbelli (Bartolo)


Alfonso Antoniozzi

Elia Fabbian


Mentre canta, Bartolo si accompagna con la danza. E non si accorge che proprio in quel momento entra Figaro, che alle sue spalle lo scimmiotta in maniera irriverente. Quando se ne avvede (anche perché Rosina, come probabilmente il pubblico in sala, scoppia a ridere), interrompe il canto e prende il barbiere a male parole (“guidone”, ossia furfante). Figaro riesce a convincerlo a farsi fare la barba, spiegandogli che il giorno successivo sarà troppo impegnato, leggendo da un taccuino i suoi molteplici impegni (una lista che, purtroppo, non è musicata da Rossini: ne sarebbe nata un'aria da “catalogo” stupenda!):
Perché ho da fare
a tutti gli ufficiali del nuovo reggimento
barba e testa...
Alla Marchesa Andronica
il biondo perucchin coi maroné...
Al contino Bombé
il ciuffo a campanile...
Purgante all'avvocato Bernardone
che ieri s'ammalò d'indigestione...
L'ostinato Bartolo cede, e affida a Figaro il mazzo delle chiavi di casa affinché vada in camera a prendere la biancheria. Il barbiere ne approfitta per trafugare la chiave che apre la gelosia (cioè la persiana) della finestra di Rosina, dalla quale lui e il Conte intendono introdursi più tardi. E con abilità (spaccando stoviglie e facendo un frastuono tale da richiamare Bartolo) concede anche ai due innamorati ulteriori momenti per stare da soli. Almaviva riesce così a ottenere la conferma dell'interessamento di Rosina, che si dichiara pronta a sposarlo, ma ancora non riesce a raccontarle di essere stato costretto a consegnare al tutore il biglietto che lei gli aveva inviato.

Bartolo e Figaro fanno infatti ritorno. Il barbiere comunica fra le righe ai suoi complici di aver completato la missione, dicendo contemporaneamente in faccia al tutore che gli sta sottraendo la chiave (“ad una chiave se io non mi attaccava per fortuna...”)! Si appresta poi a fare la barba al padrone di casa: ma proprio in questo momento, del tutto inaspettato, fa la sua apparizione il presunto malato Don Basilio.

7 ottobre 2019

Il barbiere di Siviglia (12) - "Pace e gioia"

Scritto da Christian

L'inizio del secondo atto (ambientato a inizio pomeriggio, dopo gli eventi caotici della mattina) sembra voler riproporre pari pari lo scenario del finale del primo, come se il fallimento del piano precedente non avesse affatto scoraggiato il Conte dai suoi propositi di farsi accogliere in casa per poter rimanere da solo con l'amata Rosina. Lo vediamo infatti presentarsi nuovamente travestito davanti al portone di Don Bartolo: questa volta i panni da lui indossati sono quelli di Don Alonso, improbabile maestro di musica giunto fin lì per dare lezione alla ragazza in sostituzione di Don Basilio (che dice essere “malato”), del quale scimmiotta l'abito (da prete gesuita) e i modi servili. L'apparizione di Almaviva sotto queste false vesti giunge improvvisa e inaspettata non solo per Bartolo ma anche per lo spettatore, il quale – a differenza del caso precedente – non ha assistito al momento in cui l'inganno è stato congegnato (e dunque non sappiamo se anche stavolta, come è probabile, questo sia il frutto di una “invenzione prelibata” di Figaro, oppure se è tutta farina del sacco del Conte, che ha già dimostrato di non essere uno sprovveduto).

Don Alonso (già la terza falsa identità assunta da Almaviva nel corso dell'opera, dopo quelle di Lindoro e del soldato ubriaco!) si annuncia con un “untuoso salmodiare ecclesiastico” (“Pace e gioia sia con voi”), che ripete decine e decine di volte, esasperando il povero Don Bartolo con effetti estremamente comici. Ancora una volta siamo di fronte a una scena decisamente poco realistica (Almaviva avrebbe tutto l'interesse a guadagnarsi la fiducia e il favore di Bartolo, anziché indisporlo così nei propri confronti), ma si sa che l'utilizzo della ripetizione e delle vie ossessive è uno dei metodi più efficaci per raggiungere la comicità. La scena può anche essere letta in chiave satirica, per prendersi gioco delle eccessive riverenze e formalità di alcune cerchie ecclesiastiche. Don Bartolo (che non riconosce minimamente il Conte, anche se fra sé e sé commenta: “Questo volto non m'è ignoto”) cerca inizialmente di rispondere a tono e con gentilezza, ma finisce ben presto per perdere la pazienza (“Che noia! Ma basta!”).

Come negli altri casi, a un travestimento scenico equivale per Rossini un analogo travestimento musicale: pochi tocchi, quelli della noiosa e untuosa nenia con cui saluta Bartolo (con quel monotono pedale dei contrabbassi), bastano per disegnarne musicalmente il profilo. Librettista e compositore rendono scenicamente ancor più evidente il travestimento che nasconde questo cantilenante inciso (ripetuto talmente tante volte da spazientire Bartolo) facendo in modo di introdurre ancora una volta quel doppio livello scenico-musicale presente in maniera così massiccia nel finale dell’atto precedente: la nenia è infatti interrotta a più riprese da un a parte nel quale i personaggi esprimono i loro veri pensieri e i loro reali obiettivi, e per il quale Rossini utilizza musica completamente diversa, dal ritmo assai più rapido, sulla quale il Conte, quasi riprendendo la sua dignità musicale, riesce addirittura a distendersi in ampie frasi cantabili. [...] L’irresistibile comicità di questo scambio è di conio quasi surreale.
(Stefano Piana)
Terminato il duetto (ma molti allestimenti prolungano la “tortura” del saluto anche nelle prime battute del recitativo, con ulteriori effetti comici), Almaviva/Don Alonso si presenta finalmente al suo interlocutore. Visti i precedenti, il sospettoso Bartolo non sembra disposto a fidarsi di uno sconosciuto. Per conquistare la sua fiducia, il Conte è allora costretto a improvvisare, giocandosi un'altra carta: gli mostra il biglietto ricevuto da Rosina e afferma di esserne entrato in possesso per caso, nella stessa locanda in cui alloggerebbe Almaviva. Suggerisce dunque a Bartolo di sfruttare il biglietto per mettere in cattiva luce il Conte agli occhi di Rosina (fingendo che il nobiluomo lo abbia passato, come segno di scherno, a un'altra sua amante): e la trovata sembra piacere al dottore, che pure in precedenza aveva rifiutato simili consigli da Basilio (ma la proposta di Alonso coinvolgerebbe solo Rosina, non l'intera opinione pubblica, e dunque richiede meno tempo e sforzi per essere attuata). Su questo espediente drammatico si baserà gran parte dell'azione del secondo atto. Naturalmente Bartolo non sa nulla di “Lindoro”, e ignora anche che il soldato ubriaco fosse proprio il Conte, convinto che si trattasse semplicemente di qualcuno da lui inviato “per esplorar della Rosina il core”.

Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano (“Ma vedi il mio destino!”).

BARTOLO
Ma vedi il mio destino! Quel soldato,
per quanto abbia cercato,
niun lo conosce in tutto il reggimento.
Io dubito... eh, cospetto! Che dubitar?
Scommetto che dal conte Almaviva
è stato qui spedito quel signore
ad esplorar della Rosina il core.
Nemmen in casa propria
sicuri si puo' star! Ma io...
(Battono.)
Chi batte?
Ehi, chi e' di là?
Battono, non sentite?
In casa io son; non v'è timore, aprite.

Clicca qui per il testo di "Pace e gioia sia con voi".

CONTE (vestito da maestro di musica)
Pace e gioia sia con voi.

BARTOLO
Mille grazie, non s'incomodi.

CONTE
Gioia e pace per mill'anni.

BARTOLO
Obbligato in verità.
(Questo volto non m'e' ignoto,
non ravviso, non ricordo.
Ma quel volto... ma quel volto...
non capisco, chi sarà?)

CONTE
(Ah, se un colpo è andato a vuoto
a gabbar questo balordo,
un novel travestimento
più propizio a me sarà.)
Gioia e pace, pace e gioia!

BARTOLO
Ho capito. (Oh! ciel! che noia!)

CONTE
Gioia e pace, ben di core.

BARTOLO
Basta, basta, per pietà!
(Ma che perfido destino!
Ma che barbara giornata!
Tutti quanti a me davanti!
Che crudel fatalità!)

CONTE
(Il vecchion non mi conosce:
oh, mia sorte fortunata!
Ah, mio ben! Fra pochi istanti
parlerem con libertà.)

Clicca qui per il testo del recitativo che segue ("Insomma, mio signore").

BARTOLO
Insomma, mio signore,
chi è lei si può sapere?

CONTE
Don Alonso,
professore di musica
ed allievo di Don Basilio.

BARTOLO
Ebbene?

CONTE
Don Basilio sta male, il poverino,
ed in sua vece...

BARTOLO (in atto di partire)
Sta mal? Corro a vederlo!

CONTE (trattenendolo)
Piano, piano.
Non è mal così grave.

BARTOLO
(Di costui non mi fido.)
(risoluto)
Andiam, andiamo.

CONTE
Ma signore...

BARTOLO (brusco)
Che c'è?

CONTE (tirandolo a parte)
Voleva dirvi...

BARTOLO
Parlate forte.

CONTE (sottovoce)
Ma...

BARTOLO (sdegnato)
Forte, vi dico.

CONTE (sdegnato anch'esso e alzando la voce)
Ebben, come volete,
ma chi sia Don Alonso apprenderete.
(in atto di partire)
Vo dal conte Almaviva...

BARTOLO (trattenendolo con dolcezza)
Piano, piano.
Dite, dite, v'ascolto.

CONTE (a voce alta e sdegnato)
Il Conte...

BARTOLO
Piano, per carità.

CONTE (calmandosi)
Stamane nella stessa locanda
era meco d'alloggio, ed in mie mani
per caso capitò questo biglietto
(mostrando un biglietto)
dalla vostra pupilla a lui diretto.

BARTOLO (prendendo il biglietto e guardandolo)
Che vedo! È sua scrittura!

CONTE
Don Basilio
nulla sa di quel foglio: ed io, per lui
venendo a dar lezione alla ragazza,
volea farmene un merito con voi,
perché con quel biglietto...
(mendicando un ripiego con qualche imbarazzo)
si potrebbe...

BARTOLO
Che cosa?

CONTE
Vi dirò:
s'io potessi parlare alla ragazza,
io creder verbigrazia le farei
che me lo die' del conte un'altra amante,
prova significante
che il conte di Rosina si fa gioco.
E perciò...

BARTOLO
Piano un poco.
Una calunnia! Oh bravo!
Degno e vero scolar di Don Basilio!
(lo abbraccia, e mette in tasca il biglietto)
Io saprò come merita
ricompensar sì bel suggerimento.
Vo a chiamar la ragazza;
poiché tanto per me v'interessate,
mi raccomando a voi.

CONTE
Non dubitate.
(Bartolo entra nella camera di Rosina)
L'affare del biglietto
dalla bocca m'è uscito non volendo.
Ma come far? Senza d'un tal ripiego
mi toccava andar via come un baggiano.
Il mio disegno a lei
ora paleserò; s'ella acconsente,
io son felice appieno.
Eccola. Ah, il cor sento balzarmi in seno.




Luigi Alva (Conte), Enzo Dara (Bartolo)
dir: Claudio Abbado (1971)


David Kuebler, Carlos Feller

Raul Giménez, Alfonso Antoniozzi