14 ottobre 2019

Il barbiere di Siviglia (13) - "Contro un cor"

Scritto da Christian

Guadagnatosi in qualche modo la fiducia di Bartolo, il finto Don Alonso ha l'occasione di impartire una lezione di musica a Rosina, naturalmente sempre sotto l'occhio vigile del tutore. La ragazza, vedendo il Conte, riconosce subito in lui l'amato Lindoro (evidentemente è più fisionomista di Bartolo: potenza dell'amore!) e accetta di stare al gioco. L'aria che si offre di cantare – bellissima e ricca di infiorettature – si presume essere tratta da “L'inutil precauzione”, quel “nuovo dramma in musica” cui la ragazza aveva già accennato nel primo atto (e che non è altro che il sottotitolo dello stesso “Barbiere”):

Contro un cor che accende amore
di verace, invitto ardore,
s'arma invan poter tiranno
di rigor, di crudeltà.
D'ogni assalto vincitore
sempre amor trionferà.
Su un generico testo da opera seria (ma che allude palesemente alla sua condizione), Rosina intona un’aria doppia in cui si diverte a sfoggiare un numero esorbitante di artifici vocali, accompagnata da un’orchestra che si limita quasi agli interventi strettamente necessari (in partitura sono notate due battute per pianoforte, probabilmente suonato dal finto Don Alonso in scena, come un’indicazione a completare la parte all’impronta). Tra il cantabile e la cabaletta, approfittando di un colpo di sonno di Bartolo, i due amanti riescono a scambiare alcune parole su una musica che abbandona le colorature e diviene direttamente espressiva, persino teneramente melodica. Il dialogo, interrotto dal risveglio di Bartolo, prosegue anche nella cabaletta, quasi nascosto dal frastuono dell’orchestra nel ponte che unisce le due ripetizioni, sino ad arrivare alla conclusione, con quell’appello all’amato inserito in maniera davvero abile da Rosina nel flusso dell’aria, ancora una volta evidenziato dal compositore che appresta una parte vocale sillabica e espressiva accompagnata da pochi accordi in piano dell’orchestra, in evidente contrasto con le parti precedenti e successive.
(Stefano Piana)
Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano (“Venite, signorina”).

BARTOLO (conducendo Rosina)
Venite, signorina. Don Alonso,
che qui vedete, or vi darà lezione.

ROSINA (vedendo il Conte)
Ah!

BARTOLO
Cos'è stato?

ROSINA
È un granchio al piede.

CONTE
Oh nulla:
sedete a me vicin, bella fanciulla.
Se non vi spiace, un poco di lezione,
di Don Basilio invece, vi darò.

ROSINA
Oh, con mio gran piacer la prenderò.

CONTE
Che volete cantare?

ROSINA
Io canto, se le aggrada,
il rondò dell'Inutil Precauzione.

BARTOLO
E sempre, sempre in bocca
l'Inutil Precauzione!

ROSINA
Io ve l'ho detto:
è il titolo dell'opera novella.

BARTOLO
Or bene, intesi; andiamo.

ROSINA
Eccolo qua.

CONTE
Da brava, incominciamo.

(Il Conte siede al pianoforte e Rosina canta accompagnata dal Conte; Bartolo siede ed ascolta.)

Clicca qui per il testo di "Contro un cor che accende amore".

ROSINA
Contro un cor che accende amore
di verace, invitto ardore,
s'arma invan poter tiranno
di rigor, di crudeltà.
D'ogni assalto vincitore
sempre amor trionferà.
(Bartolo si assopisce)
Ah Lindoro, mio tesoro,
se sapessi, se vedessi!
Questo cane di tutore,
ah, che rabbia che mi fa!
Caro, a te mi raccomando,
tu mi salva, per pietà.

CONTE
Non temer, ti rassicura;
sorte amica a noi sarà.

ROSINA
Dunque spero?

CONTE
A me t'affida.

ROSINA
E il mio cor?

CONTE
Giubilerà.

(Bartolo si sveglia)

ROSINA
Cara immagine ridente,
dolce idea d'un lieto amore,
tu m'accendi in petto il core,
tu mi porti a delirar.



Joyce DiDonato (Rosina), Juan Diego Florez (Conte)
dir: Maurizio Benini (2007)


Maria Ewing (Rosina), Max-René Cosotti (Conte)
dir: Sylvain Cambreling (1981)


Maria Callas


Anna Bonitatibus


Teresa Berganza

Cecilia Bartoli


Trattandosi, nella finzione scenica, di musica diegetica (se trascuriamo l'accompagnamento orchestrale), sin dall'epoca di Rossini è invalsa l'abitudine, da parte di alcune prime donne, di sostituire questo brano con altre arie da concerto a loro più consone (tipicamente “pezzi di bravura”) e dalle provenienze più disparate: si passa da variazioni su “La biondina in gondoleta” a “Il bacio” di Luigi Arditi, da arie di Verdi a canzoni popolari americane. Questo capitava sopratutto quando l'interprete era un soprano (mentre Rossini aveva inizialmente scritto il ruolo di Rosina per un contralto). Persino la prima Rosina in assoluto, Gertrude Righetti Giorgi, in occasione della ripresa dell'opera a Bologna nel 1816 aveva deciso di utilizzare un brano alternativo, "La mia pace, la mia calma", di autore ignoto (potrebbe essere lo stesso Rossini). Negli ultimi decenni, comunque, sembra tornato in pianta stabile il rispetto filologico per il brano originale.



Concetta D'Alessandro (Rosina) canta "La mia pace, la mia calma"


Al termine del canto di Rosina, Don Bartolo definisce l'aria che ha appena udito “assai noiosa” (in effetti si era anche assopito per un momento durante l'esecuzione, permettendo ai due aspiranti amanti di scambiarsi qualche rapida parola), e aggiunge: “la musica ai miei tempi era altra cosa”. Trattandosi del personaggio negativo dell'opera, è fuor di dubbio che questa frase sia una frecciatina che Rossini e il suo librettista lanciano ai “parrucconi” rimasti ancorati agli stilemi del passato e incapaci di apprezzare le novità che venivano introdotte in quegli anni (fra questi, se vogliamo, c'erano anche i fan di Paisiello che boicottarono la prima esecuzione del “Barbiere”).

La scena comica che segue, in cui il tutore si propone di cantare a sua volta, sembra quasi collidere con la prudenza e la riverenza mostrata nella prefazione del libretto (l'Avvertimento al pubblico) nei confronti del “tanto celebre Paisiello”. Citando infatti Caffariello (pseudonimo di Gaetano Majorano, “un celebre sopranista attivo tra il 1726 e il 1755, che interpretò opere dei più famosi compositori di allora quali Pergolesi, Leo, Hasse, Porpora e tanti altri, rappresentanti di quell’opera napoletana della quale Paisiello può essere in qualche modo considerato l’erede e l’epigono”, come spiega Piana), Bartolo si lancia nell'interpretazione di una canzonetta buffa e di poche pretese, “Quando mi sei vicina”, durante la quale si premura persino di cambiare il nome femminile Giannina in Rosina, precisandolo, pur di fare un goffo e sdolcinato omaggio alla sua pupilla.

Clicca qui per il testo del recitativo che segue ("Bella voce! Bravissima!").

CONTE
Bella voce! Bravissima!

ROSINA
Oh! mille grazie!

BARTOLO
Certo, bella voce,
ma quest'aria, cospetto, è assai noiosa;
la musica a' miei tempi era altra cosa.
Ah! quando, per esempio,
cantava Caffariello,
quell'aria portentosa...
(provandosi di rintracciare il motivo)
la, ra, la...
sentite, Don Alonso: eccola qua.

Quando mi sei vicina,
amabile Rosina...
(interrompendo)
L'aria dicea Giannina,
(con vezzo verso Rosina)
ma io dico Rosina.
Quando mi sei vicina,
amabile Rosina,
il cor mi brilla in petto,
mi balla il minuetto.

(Entra Figaro col bacile sotto il braccio, e si pone dietro Bartolo imitando il ballo con caricatura.)

BARTOLO (avvedendosi di Figaro)
Bravo, signor barbiere,
ma bravo!

FIGARO
Eh, niente affatto:
scusi, son debolezze.

BARTOLO
Ebben, guidone,
che vieni a fare?

FIGARO
Oh bella!
Vengo a farvi la barba: oggi vi tocca.

BARTOLO
Oggi non voglio.

FIGARO
Oggi non vuol? Domani
non potrò io.

BARTOLO
Perché?

FIGARO (lascia sul tavolino il bacile e cava un libro di memoria)
Perché ho da fare
a tutti gli ufficiali
del nuovo reggimento barba e testa...
alla marchesa Andronica
il biondo parrucchin coi maroné...
al contino Bombé
il ciuffo a campanile...
purgante all'avvocato Bernardone
che ieri s'ammalò d'indigestione...
e poi... e poi... che serve?
(riponendosi in tasca il libro)
Doman non posso.

BARTOLO
Orsù, meno parole.
Oggi non vò far barba.

FIGARO
No? Cospetto!
Guardate che avventori!
Vengo stamane: in casa v'è l'inferno.
Ritorno dopo pranzo: oggi non voglio.
(contraffacendolo)
Ma che? M'avete preso
per un qualche barbier da contadini?
Chiamate pur un altro, io me ne vado.
(riprende il bacile in atto di partire)

BARTOLO
Che serve? a modo suo;
vedi che fantasia!
Va in camera a pigliar la biancheria.
(si cava dalla cintola un mazzo di chiavi per darle a Figaro, indi le ritira)
No, vado io stesso.
(parte)

FIGARO
Ah, se mi dava in mano
il mazzo delle chiavi, ero a cavallo.
(a Rosina)
Dite: non è fra quelle
la chiave che apre quella gelosia?

ROSINA
Sì, certo; è la più nuova.

BARTOLO (rientrando)
(Ah, son pur buono
a lasciar qua quel diavolo di barbiere!)
Animo, va tu stesso.
(dando le chiavi a Figaro)
Passato il corridor, sopra l'armadio
il tutto troverai.
Bada, non toccar nulla!

FIGARO
Eh, non son matto. (Allegri!)
Vado e torno. (Il colpo è fatto.)
(parte)

BARTOLO (al Conte)
È quel briccon, che al Conte
ha portato il biglietto di Rosina.

CONTE
Mi sembra un imbroglion di prima sfera.

BARTOLO
Eh, a me non me la ficca...
(Si sente di dentro un gran rumore come di vasellame che si spezza.)
Ah, disgraziato me!

ROSINA
Ah, che rumore!

BARTOLO
Oh, che briccon! Me lo diceva il core.
(parte)

CONTE (a Rosina)
Quel Figaro è un grand'uomo;
or che siam soli, ditemi, o cara:
il vostro al mio destino
d'unir siete contenta?
Franchezza!

ROSINA (con entusiasmo)
Ah, mio Lindoro,
altro io non bramo.
(si ricompone vedendo rientrar Bartolo e Figaro)

CONTE
Ebben?

BARTOLO
Tutto mi ha rotto;
sei piatti, otto bicchieri, una terrina.

FIGARO (mostrando di soppiatto al Conte la chiave della gelosia che avrà rubata dal mazzo)
Vedete che gran cosa! Ad una chiave
se io non mi attaccava per fortuna,
per quel maledettissimo
corridor così oscuro,
spezzato mi sarei la testa al muro.
Tiene ogni stanza al buio, e poi, e poi...

BARTOLO
Oh, non più.

FIGARO
Dunque andiam.
(al Conte e Rosina)
Giudizio.

BARTOLO
A noi.
(Si dispone per sedere e farsi radere. In quella entra Basilio.)




Alessandro Corbelli (Bartolo)


Alfonso Antoniozzi

Elia Fabbian


Mentre canta, Bartolo si accompagna con la danza. E non si accorge che proprio in quel momento entra Figaro, che alle sue spalle lo scimmiotta in maniera irriverente. Quando se ne avvede (anche perché Rosina, come probabilmente il pubblico in sala, scoppia a ridere), interrompe il canto e prende il barbiere a male parole (“guidone”, ossia furfante). Figaro riesce a convincerlo a farsi fare la barba, spiegandogli che il giorno successivo sarà troppo impegnato, leggendo da un taccuino i suoi molteplici impegni (una lista che, purtroppo, non è musicata da Rossini: ne sarebbe nata un'aria da “catalogo” stupenda!):
Perché ho da fare
a tutti gli ufficiali del nuovo reggimento
barba e testa...
Alla Marchesa Andronica
il biondo perucchin coi maroné...
Al contino Bombé
il ciuffo a campanile...
Purgante all'avvocato Bernardone
che ieri s'ammalò d'indigestione...
L'ostinato Bartolo cede, e affida a Figaro il mazzo delle chiavi di casa affinché vada in camera a prendere la biancheria. Il barbiere ne approfitta per trafugare la chiave che apre la gelosia (cioè la persiana) della finestra di Rosina, dalla quale lui e il Conte intendono introdursi più tardi. E con abilità (spaccando stoviglie e facendo un frastuono tale da richiamare Bartolo) concede anche ai due innamorati ulteriori momenti per stare da soli. Almaviva riesce così a ottenere la conferma dell'interessamento di Rosina, che si dichiara pronta a sposarlo, ma ancora non riesce a raccontarle di essere stato costretto a consegnare al tutore il biglietto che lei gli aveva inviato.

Bartolo e Figaro fanno infatti ritorno. Il barbiere comunica fra le righe ai suoi complici di aver completato la missione, dicendo contemporaneamente in faccia al tutore che gli sta sottraendo la chiave (“ad una chiave se io non mi attaccava per fortuna...”)! Si appresta poi a fare la barba al padrone di casa: ma proprio in questo momento, del tutto inaspettato, fa la sua apparizione il presunto malato Don Basilio.