31 maggio 2011

La traviata (12) - "Amami, Alfredo!"

Scritto da Christian


“Amami, Alfredo,
amami quant'io t'amo!
Addio!”


È difficile dire quale sia il brano più celebre de "La traviata", un'opera che di melodie indimenticabili ne offre a bizzeffe. Il brindisi "Libiamo ne' lieti calici"? La cabaletta "Sempre libera degg'io"? Le arie di Alfredo "Un dì felice, eterea" e "De' miei bollenti spiriti"? La romanza "Di Provenza il mar, il suol"? Il duetto "Parigi, o cara"? Lo struggente "Addio del passato?" La scelta, come si vede, è ampia. Ma c'è una frase musicale che, seppur brevissima, rappresenta uno dei passaggi più commoventi e caratteristici di quest'opera, al punto da essere anticipata sin dall'inizio, nel preludio: è "Amami, Alfredo", che Violetta intona nel momento in cui sta dicendo addio al suo amato (all'insaputa di lui), nel bel mezzo del secondo atto. Sia le parole sia la melodia sono state riutilizzate innumerevoli volte dal mondo del cinema (da "Il gattopardo" di Luchino Visconti a "E la nave va" di Federico Fellini), della televisione e della canzone. Un esempio per tutti: il finale di "Pretty Woman" (film che in fondo può essere considerato una "Traviata" a lieto fine) con Richard Gere e Julia Roberts:


Ma torniamo alla trama. Lasciata da Giorgio Germont, Violetta si accinge a scrivere due missive: della prima non ci viene rivelato il destinatario (è probabilmente per il barone Douphol, al quale chiede di accompagnarla quella sera alla festa da Flora). La seconda – una lettera d'addio – è per Alfredo, cui vuol far credere di essere stata nuovamente irretita dalla passione per la bella vita e per gli amanti parigini. Ma non appena ha terminato di scriverla, è sorpresa dal ritorno di Alfredo, al quale dissimula le sue intenzioni. Prima di fuggire nel giardino e da lì, con il calesse, a Parigi, lancia un disperato e lancinante grido d'amore e gli dà l'addio per l'ultima volta.

Clicca qui per il testo del brano.

VIOLETTA
Dammi tu forza, o cielo!
(siede, scrive, poi suona il campanello)

ANNINA
Mi richiedeste?

VIOLETTA
Sì, reca tu stessa
questo foglio...

ANNINA
(ne guarda il destinatario e se ne mostra sorpresa)
Oh!

VIOLETTA
Silenzio! Va' all'istante.
(Annina parte)
Ed ora si scriva a lui.
Che gli dirò?
Chi men darà il coraggio?
(scrive e poi suggella)

ALFREDO
(entrando)
Che fai?

VIOLETTA
(nascondendo la lettera)
Nulla.

ALFREDO
Scrivevi?

VIOLETTA
(confusa)
Sì... No...

ALFREDO
Qual turbamento!
A chi scrivevi?

VIOLETTA
A te.

ALFREDO
Dammi quel foglio.

VIOLETTA
No, per ora.

ALFREDO
Mi perdona,
son io preoccupato.

VIOLETTA
(alzandosi)
Che fu?

ALFREDO
Giunse mio padre...

VIOLETTA
Lo vedesti?

ALFREDO
Ah, no; severo scritto mi lasciava.
Però l'attendo.
T'amerà in vederti.

VIOLETTA
(molto agitata)
Ch'ei qui non mi sorprenda...
Lascia che m'allontani... Tu lo calma...
(mal frenando il pianto)
Ai piedi suoi mi getterò, divisi
ei più non ne vorrà.
Sarem felici.
Perché tu m'ami, Alfredo, non è vero?

ALFREDO
Oh, quanto! Perché piangi?

VIOLETTA
Di lagrime avea d'uopo.
Or son tranquilla.
(sforzandosi)
Lo vedi? Ti sorrido... lo vedi?
Or son tranquilla. Ti sorrido.
Sarò là, tra quei fior,
presso a te sempre.
Amami, Alfredo,
amami quant'io t'amo!
Addio!
(corre in giardino)



Stefania Bonfadelli (Violetta), Scott Piper (Alfredo)


Maria Callas, Giuseppe Di Stefano


Renata Tebaldi, Gianni Poggi


Angela Gheorghiu, Frank Lopardo

Anna Netrebko, Rolando Villazón

27 maggio 2011

La traviata (11) - "Dite alla giovine"

Scritto da Christian

Violetta ha dunque accettato di farsi da parte per il bene della famiglia di Alfredo, come richiestole da Giorgio Germont, rinunciando alla propria felicità e riscattando così il proprio passato "indegno" in favore di un'altra fanciulla, "pura come un angelo" (personaggio che peraltro nell'opera non comparirà e di cui non sapremo nemmeno il nome). E tutto questo avverrà alla completa insaputa di Alfredo. Nell'aria "Dite alla giovine", flebile e dolcissima, spiega al padre del suo amato che questa rinuncia la porterà alla morte: Germont, pur consapevole di averle chiesto un grande sacrificio, la esorta invece – non senza ipocrisia – a continuare a vivere e le assicura che il cielo la ricompenserà: addirittura la abbraccia come una figlia (com'è cambiato il suo atteggiamento rispetto a quello che aveva quando era entrato in casa!). Prima di andarsene, l'uomo le suggerisce di dire semplicemente ad Alfredo che non lo ama più, ma Violetta sa bene che questo non sarebbe sufficiente. La soluzione è diversa: accetterà l'invito dell'amica Flora di tornare a Parigi per una nuova festa, fingendo di ricadere nelle tentazioni della vita mondana e dissoluta che aveva abbandonato. Ma non rivela questa sua decisione a Germont, pregandolo soltanto di rivelare la verità ad Alfredo quando tutto sarà finito, in modo che sappia, anche se in ritardo, che lei lo ha davvero amato ("Morrò! La mia memoria / non fia ch'ei maledica").

Clicca qui per il testo di "Dite alla giovine".

VIOLETTA
Ah!
Dite alla giovine
sì bella e pura
ch'avvi una vittima
della sventura,
cui resta un unico
raggio di bene
che a lei il sacrifica
e che morrà!

GERMONT
Piangi, o misera!
Supremo, il veggo,
è il sacrifizio
ch'ora ti chieggo.
Sento nell'anima
già le tue pene;
coraggio e il nobile
cor vincerà.

Clicca qui per il testo di "Morrò! La mia memoria".

VIOLETTA
Morrò! La mia memoria
non fia ch'ei maledica,
se le mie pene orribili
vi sia chi almen gli dica.

GERMONT
No, generosa, vivere,
e lieta voi dovrete,
mercè di queste lagrime
dal cielo un giorno avrete.

VIOLETTA
Conosca il sacrifizio
ch'io consumai d'amor,
che sarà suo fin l'ultimo
sospiro del mio cor.

GERMONT
Premiato il sacrifizio
sarà del vostro amor;
d'un opra così nobile
sarete fiera allor.


Maria Callas, Ugo Savarese


Anna Moffo, Robert Merrill


Renata Scotto, Sesto Bruscantini


Angela Gheorghiu, Leo Nucci


Renée Fleming, Bruno Caproni

Anna Netrebko, Thomas Hampson


Il duetto fra Violetta e Germont è una delle parti dell'opera che furono maggiormente rivisitate da Verdi dopo il "fiasco" della prima rappresentazione del 1853 (al riguardo, c'è da precisare che recentemente molti storici e musicologi hanno voluto ridimensionare la portata di questo insuccesso, attribuendolo più a una percezione dello stesso Verdi che a una reale insoddisfazione del pubblico; pubblico che, è vero, rimase un po' freddo e non gradì particolarmente l'interpretazione dei cantanti, soprattutto del baritono e del tenore, ma apprezzò comunque l'opera e la musica del compositore).

21 maggio 2011

La traviata (10) - "Pura siccome un angelo"

Scritto da Christian

Nessun racconto, e tanto meno un melodramma, può dirsi completo se sulla strada dei protagonisti non insorgono avversari e difficoltà. Finora l'amore di Violetta e Alfredo sembra aver superato ogni ostacolo (le tentazioni della vita mondana, la gelosia del barone Douphol) con grande facilità, ma ecco che sulla scena irrompe il vero avversario della coppia: non un rivale in amore ma il padre di Alfredo, Giorgio Germont, rappresentante della società borghese e portatore dei valori morali e familiari dell'epoca. Anche se il personaggio esce dalla penna di Alexandre Dumas, è lecito pensare che Verdi vedesse in lui l'ombra di Antonio Barezzi, suo mecenate ma soprattutto suo ex suocero (era il padre della sua prima e defunta moglie, Margherita), che non vedeva per nulla di buon occhio la nuova relazione del compositore con Giuseppina Strepponi e non perdeva occasione per esternare in pubblico la propria riprovazione per la loro convivenza.

Ma torniamo al dramma. Partito Alfredo al termine dell'aria precedente, Violetta torna in casa e dice alla governante Annina che attende una visita: si tratta di un uomo d'affari con il quale dovrebbe concludere la vendita delle sue proprietà. Al suo posto, non invitato, arriva invece Germont, padre di Alfredo, il terzo personaggio principale dell'opera. L'uomo si scaglia subito e con veemenza contro Violetta, accusandola di portare alla rovina il figlio: ma cambia atteggiamento quando si rende conto di non trovarsi di fronte a una profittatrice avida e dissoluta, come pensava e come la reputazione della ragazza lasciava intendere, bensì a una donna orgogliosa e innamorata che nutre per Alfredo sentimenti autentici e che per lui ha deciso di cambiare vita. Violetta gli mostra anche l'atto che sta stipulando per la vendita dei propri beni, convincendolo di non voler affatto farsi mantenere dalla sua famiglia.

Tutto risolto? Neanche per sogno. Germont spiega a Violetta che deve comunque chiederle il grande sacrificio di farsi da parte e di abbandonare il figlio. Alfredo, le rivela, ha infatti una sorella che dovrebbe contrarre matrimonio a breve: e il fatto che lui conviva con una mantenuta getta discredito su tutta la famiglia, macchiandone il buon nome e impedendo di fatto le nozze. Il presente di Violetta sarà dunque anche redento, come lo stesso Germont riconosce, ma il suo passato continua a condannarla agli occhi dei "benpensanti". Nella bellissima aria "Pura siccome un angelo", e nel duetto che ne segue, il vecchio supplica dunque Violetta di rinunciare ad Alfredo. Inizialmente la ragazza accetta di tirarsi indietro, pensando che possa bastare una separazione momentanea; ma quando l'uomo le spiega che l'addio fra lei e Alfredo dovrà essere definitivo, la donna si dispera e cerca di opporsi, illustrandogli la forza della sua passione e mettendolo anche al corrente della sua malattia ("Non sapete quale affetto / vivo, immenso m'arda in petto?"). Ma Germont, giocando tutte le sue carte – l'appello ai buoni sentimenti ("Siate di mia famiglia / l'angiol consolatore!"), un pragmatico realismo ("Un dì, quando le veneri"), e naturalmente molta retorica ("È Dio che ispira, o giovine, / tai detti a un genitor") – la convince a rinunciare a una felicità effimera per un bene più grande.

La parte di Germont (scritta per baritono) offre al suo interprete la possibilità di cimentarsi con brani molto belli, dai toni pacati e nobili e dalle melodie dolci e cantabili: oltre a questa aria, la più celebre sarà "Di Provenza il mar, il suol", nel prosieguo del secondo atto.

Clicca qui per il testo del brano.

GERMONT
Pura siccome un angelo
Iddio mi diè una figlia;
se Alfredo nega riedere
in seno alla famiglia,
l'amato e amante giovane,
cui sposa andar dovea,
or si ricusa al vincolo
che lieti ne rendea.
Deh, non mutate in triboli
le rose dell'amor!
Ai preghi miei resistere
non voglia il vostro cor.

VIOLETTA
Ah, comprendo,
dovrò per alcun tempo
da Alfredo allontanarmi...
Doloroso fora per me... Pur...

GERMONT
Non è ciò che chiedo.

VIOLETTA
Cielo! Che più cercate?
Offersi assai!

GERMONT
Pur non basta.

VIOLETTA
Volete che per sempre a lui rinunzi?

GERMONT
È d'uopo!

VIOLETTA
Ah no! Giammai!
Non sapete quale affetto
vivo, immenso m'arda in petto?
Che né amici, né parenti
io non conto tra i viventi?
E che Alfredo m'ha giurato
che in lui tutto io troverò?
Non sapete che colpita
d'altro morbo è la mia vita?
Che già presso il fin ne vedo?
Ch'io mi separi da Alfredo?
Ah, il supplizio è sì spietato,
che morir preferirò!

GERMONT
È grave il sacrifizio,
ma pur tranquilla uditemi.
Bella voi siete e giovane.
Col tempo...

VIOLETTA
Ah, più non dite...
V'intendo.
M'è impossibile...
Lui solo amar vogl'io!

GERMONT
Sia pure, ma volubile
sovente è l'uom.

VIOLETTA
Gran Dio!

GERMONT
Un dì, quando le veneri
il tempo avrà fugate,
fia presto il tedio a sorgere.
Che sarà allor? Pensate,
per voi non avran balsamo
i più soavi affetti,
poiché dal ciel non furono
tai nodi benedetti.

VIOLETTA
È vero!

GERMONT
Ah, dunque sperdasi
tal sogno seduttore.
Siate di mia famiglia
l'angiol consolatore!
Violetta, deh, pensateci,
ne siete in tempo ancor.
È Dio che ispira, o giovine,
tai detti a un genitor.

VIOLETTA
(con estremo dolore)
Così alla misera,
ch'è un dì caduta,
di più risorgere
speranza è muta!
Se pur beneficio
le indulga Iddio,
l'uomo implacabile
per lei sarà.


Leo Nucci, Angela Gheorghiu


Thomas Hampson, Anna Netrebko


Robert Merrill, Joan Sutherland

Renato Bruson, Katia Ricciarelli

14 maggio 2011

La traviata (9) - "O mio rimorso! O infamia!"

Scritto da Christian

Alfredo ha appena finito di magnificare l'amore di Violetta quando rientra in casa Annina, la domestica della ragazza nonché governante tuttofare: da lei, affannata perché di ritorno da Parigi, apprende che Violetta sta vendendo le sue proprietà (compresi i cavalli e i cocchi) per procurarsi il denaro necessario a vivere in campagna , ora che non è più "foraggiata" dai suoi amanti (come il Barone). Dai cieli più alti Alfredo ripiomba così sulla Terra, rendendosi conto delle necessità concrete e quotidiane che i suoi trasporti amorori e i suoi voli pindarici gli avevano fatto del tutto dimenticare (a differenza di Violetta, che è sì innamorata ma non ha così la testa fra le nuvole). Sentendosi ferito nell'orgoglio nello scoprire che ora è lui il mantenuto, Alfredo precipita nello sconforto: afferma che d'ora in avanti penserà lui alle questioni economiche, chiede ad Annina di quanto denaro c'è bisogno ("Mille Luigi", è la risposta) e congeda la domestica spiegandole che sarà lui stesso ad andare a Parigi per sistemare i debiti. La cabaletta (tipica aria in due parti, con una struttura ripetuta e in tempo assai rapido) con cui dice a sé stesso che "laverà quest'onta" è agitata e furibonda, finanche esagerata: sembra quasi che debba vendicare una questione di sangue. Ma in Alfredo, come abbiamo visto (e come vedremo poi), tutto è sopra le righe e senza freni: l'amore, la vergogna, l'orgoglio.

Clicca qui per il testo del brano.

ALFREDO
O mio rimorso! O infamia!
Io vissi in tale errore!
Ma il turpe sogno a frangere
il ver mi balenò.
Per poco in seno acquetati,
o grido dell'onore;
m'avrai securo vindice;
quest'onta laverò.
O mio rossor! O infamia!
Ah sì, quest'onta laverò.


Nicolai Gedda


Alfredo Kraus


Luciano Pavarotti

Francisco Araiza

9 maggio 2011

La traviata (8) - "De' miei bollenti spiriti"

Scritto da Christian

Il secondo atto, il più lungo dell'opera, è diviso in due quadri che si svolgono nello stesso giorno ma in luoghi diversi. Si tratta dell'atto centrale e – se vogliamo – più importante di questo melodramma, quello che mette in scena il sacrificio d'amore di Violetta (il primo atto serviva a presentare i personaggi, il terzo ad accomiatarcene: ma la vera azione drammatica è tutta qui). Sono passati alcuni mesi (almeno "tre lune") dalla scena precedente, e scopriamo subito che alla fine Violetta ha ceduto alle profferte d'amore di Alfredo e ha abbandonato la vita da cortigiana. I due amanti si sono trasferiti nella casa di campagna della ragazza, lontani dalle tentazioni della vita mondana di Parigi. Nella celebre aria "De' miei bollenti spiriti", in un tripudio di felicità, Alfredo (che sta tornando da una battuta di caccia) rende esplicita tutta la sua idealizzazione dell'amore che Violetta gli ha donato: le ardite metafore si sprecano ("Dell'universo immemore io vivo quasi in ciel"), e anche per questo, poi, ripiombare sulla Terra sarà ancora più doloroso.

Clicca qui per il testo del brano.

ALFREDO
Lunge da lei per me non v'ha diletto!
Volaron gia' tre lune
dacchè la mia Violetta
agi per me lasciò, dovizie, onori,
e le pompose feste
ove, agli omaggi avvezza,
vedea schiavo ciascun di sua bellezza.
Ed or contenta in questi ameni luoghi
tutto scorda per me.
Qui presso a lei io rinascer mi sento,
e dal soffio d'amor rigenerato
scordo ne' gaudii suoi tutto il passato.

De' miei bollenti spiriti
il giovanile ardore
ella temprò col placido
sorriso dell'amore!
Dal dì che disse: vivere
io voglio a te fedel,
dell'universo immemore
io vivo quasi in ciel.



Giuseppe Di Stefano


Placido Domingo


Richard Tucker

Luciano Pavarotti

4 maggio 2011

La traviata (7) - Amore o piacere?

Scritto da Marisa

Amore o piacere? Tutto il dramma e l'evoluzione di Violetta ruotano intorno a questo conflitto. Superficialmente in genere noi assimiliamo le due esperienze e crediamo che coincidano, ma non è così; e Violetta, con intuito femminile, lo sa bene, tanto che fino ad ora si è tenuta ben lontano dal potere di Eros, dedicandosi e scegliendo il terreno più controllabile del piacere.
Eros è una divinità molto potente. Lo incontriamo in Esiodo e nell'orfismo come il primo e fondamentale principio. Nato dalla Notte dalle nere ali e dal Caos, incarna ed è all'origine di tutte le ulteriori potenzialità, come a dire che tutta l'espansione dell'universo è retta dall'amore, concetto che arriva fino a Dante che identifica Dio stesso come “Amor che muove il sole e l'altre stelle”. Afrodite, più tardi nella mitologia classica, incarnerà il desiderio erotico e userà il figlio Cupido come suo messaggero. Ma questa è già una differenziazione e una parcellizzazione del più grande ed indiviso respiro del primordiale archetipo dell'Eros.
Nelle parole di Alfredo che cominciano a far breccia nell'anima di Violetta (quell'amor ch'è palpito dell'universo) ritroviamo una concezione così alta dell'amore da ricordare quella originaria e risveglia un appassionato desiderio di ritrovare l'unione mistica con il tutto, aprendosi attraverso il dono di sé a un rapporto che trascende e supera l'interesse del proprio Io.
Ed è qui che nasce il conflitto, perché per aprirsi a un amore autentico bisogna sempre rinunciare a qualcosa legato al proprio tornaconto egoistico: e in questo è già implicita la via del sacrificio in quanto necessario superamento di una visione egocentrica a vantaggio di una più allargata, in cui l'Io è immerso come in un oceano.

Tutti i grandi amanti sanno bene che devono sacrificare qualcosa se vogliono accedere a un livello più alto. Tristano mette una spada tra sé e Isotta, e i Cavalieri dediti all'amor cortese partono per le più alte imprese da dedicare alla propria dama serbando il suo ricordo come il bene più prezioso. Nel Tantrismo, che è una delle massime vette raggiunte dall'oriente nella via dell'esperienza iniziatica attraverso l'eros, tutto il processo è retto dall'evoluzione della Kundalini, l'energia erotica e sessuale che, come un grande serpente, giace acciambellato alla radice della spina dorsale e deve essere risvegliato per innalzarsi e aprire i Chakra superiori: l'energia sessuale deve cioè evolvere verso forme sempre più alte e spirituali. Una parte del puro e semplice desiderio sessuale deve prima o poi essere sacrificato a vantaggio di un sentimento più elevato e globale, che prenda in considerazione tutta la persona e non solo il proprio piacere. Capiamo quindi le resistenze di Violetta e il suo indugiare cercando di inebriarsi nelle gioie del piacere a cui è abituata, piacere legato all'eccitazione del momento e alla sollecitazione dei sensi ma che non ha niente a che fare con il trasporto dell'anima, che ora la raggiunge per la prima volta e di cui presagisce però già l'altra faccia: quella del sacrificio.