21 maggio 2011

La traviata (10) - "Pura siccome un angelo"

Scritto da Christian

Nessun racconto, e tanto meno un melodramma, può dirsi completo se sulla strada dei protagonisti non insorgono avversari e difficoltà. Finora l'amore di Violetta e Alfredo sembra aver superato ogni ostacolo (le tentazioni della vita mondana, la gelosia del barone Douphol) con grande facilità, ma ecco che sulla scena irrompe il vero avversario della coppia: non un rivale in amore ma il padre di Alfredo, Giorgio Germont, rappresentante della società borghese e portatore dei valori morali e familiari dell'epoca. Anche se il personaggio esce dalla penna di Alexandre Dumas, è lecito pensare che Verdi vedesse in lui l'ombra di Antonio Barezzi, suo mecenate ma soprattutto suo ex suocero (era il padre della sua prima e defunta moglie, Margherita), che non vedeva per nulla di buon occhio la nuova relazione del compositore con Giuseppina Strepponi e non perdeva occasione per esternare in pubblico la propria riprovazione per la loro convivenza.

Ma torniamo al dramma. Partito Alfredo al termine dell'aria precedente, Violetta torna in casa e dice alla governante Annina che attende una visita: si tratta di un uomo d'affari con il quale dovrebbe concludere la vendita delle sue proprietà. Al suo posto, non invitato, arriva invece Germont, padre di Alfredo, il terzo personaggio principale dell'opera. L'uomo si scaglia subito e con veemenza contro Violetta, accusandola di portare alla rovina il figlio: ma cambia atteggiamento quando si rende conto di non trovarsi di fronte a una profittatrice avida e dissoluta, come pensava e come la reputazione della ragazza lasciava intendere, bensì a una donna orgogliosa e innamorata che nutre per Alfredo sentimenti autentici e che per lui ha deciso di cambiare vita. Violetta gli mostra anche l'atto che sta stipulando per la vendita dei propri beni, convincendolo di non voler affatto farsi mantenere dalla sua famiglia.

Tutto risolto? Neanche per sogno. Germont spiega a Violetta che deve comunque chiederle il grande sacrificio di farsi da parte e di abbandonare il figlio. Alfredo, le rivela, ha infatti una sorella che dovrebbe contrarre matrimonio a breve: e il fatto che lui conviva con una mantenuta getta discredito su tutta la famiglia, macchiandone il buon nome e impedendo di fatto le nozze. Il presente di Violetta sarà dunque anche redento, come lo stesso Germont riconosce, ma il suo passato continua a condannarla agli occhi dei "benpensanti". Nella bellissima aria "Pura siccome un angelo", e nel duetto che ne segue, il vecchio supplica dunque Violetta di rinunciare ad Alfredo. Inizialmente la ragazza accetta di tirarsi indietro, pensando che possa bastare una separazione momentanea; ma quando l'uomo le spiega che l'addio fra lei e Alfredo dovrà essere definitivo, la donna si dispera e cerca di opporsi, illustrandogli la forza della sua passione e mettendolo anche al corrente della sua malattia ("Non sapete quale affetto / vivo, immenso m'arda in petto?"). Ma Germont, giocando tutte le sue carte – l'appello ai buoni sentimenti ("Siate di mia famiglia / l'angiol consolatore!"), un pragmatico realismo ("Un dì, quando le veneri"), e naturalmente molta retorica ("È Dio che ispira, o giovine, / tai detti a un genitor") – la convince a rinunciare a una felicità effimera per un bene più grande.

La parte di Germont (scritta per baritono) offre al suo interprete la possibilità di cimentarsi con brani molto belli, dai toni pacati e nobili e dalle melodie dolci e cantabili: oltre a questa aria, la più celebre sarà "Di Provenza il mar, il suol", nel prosieguo del secondo atto.

Clicca qui per il testo del brano.

GERMONT
Pura siccome un angelo
Iddio mi diè una figlia;
se Alfredo nega riedere
in seno alla famiglia,
l'amato e amante giovane,
cui sposa andar dovea,
or si ricusa al vincolo
che lieti ne rendea.
Deh, non mutate in triboli
le rose dell'amor!
Ai preghi miei resistere
non voglia il vostro cor.

VIOLETTA
Ah, comprendo,
dovrò per alcun tempo
da Alfredo allontanarmi...
Doloroso fora per me... Pur...

GERMONT
Non è ciò che chiedo.

VIOLETTA
Cielo! Che più cercate?
Offersi assai!

GERMONT
Pur non basta.

VIOLETTA
Volete che per sempre a lui rinunzi?

GERMONT
È d'uopo!

VIOLETTA
Ah no! Giammai!
Non sapete quale affetto
vivo, immenso m'arda in petto?
Che né amici, né parenti
io non conto tra i viventi?
E che Alfredo m'ha giurato
che in lui tutto io troverò?
Non sapete che colpita
d'altro morbo è la mia vita?
Che già presso il fin ne vedo?
Ch'io mi separi da Alfredo?
Ah, il supplizio è sì spietato,
che morir preferirò!

GERMONT
È grave il sacrifizio,
ma pur tranquilla uditemi.
Bella voi siete e giovane.
Col tempo...

VIOLETTA
Ah, più non dite...
V'intendo.
M'è impossibile...
Lui solo amar vogl'io!

GERMONT
Sia pure, ma volubile
sovente è l'uom.

VIOLETTA
Gran Dio!

GERMONT
Un dì, quando le veneri
il tempo avrà fugate,
fia presto il tedio a sorgere.
Che sarà allor? Pensate,
per voi non avran balsamo
i più soavi affetti,
poiché dal ciel non furono
tai nodi benedetti.

VIOLETTA
È vero!

GERMONT
Ah, dunque sperdasi
tal sogno seduttore.
Siate di mia famiglia
l'angiol consolatore!
Violetta, deh, pensateci,
ne siete in tempo ancor.
È Dio che ispira, o giovine,
tai detti a un genitor.

VIOLETTA
(con estremo dolore)
Così alla misera,
ch'è un dì caduta,
di più risorgere
speranza è muta!
Se pur beneficio
le indulga Iddio,
l'uomo implacabile
per lei sarà.


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