27 novembre 2016

Carmen (5) - Habanera

Scritto da Marisa



E veniamo ad uno dei centri nevralgici di tutta l'opera, quello che è il manifesto di Carmen, il suo biglietto di presentazione, e che racchiude una vera e propria filosofia dell'amore e della personalità di Carmen stessa, perché si può già dire che lei è tutta qui e rimarrà “fedele” a questa concezione dell'amore fino alla fine, lei che apparentemente è il simbolo della leggerezza e dell'infedeltà...

L’amour est un oiseau rebelle
Que nul ne peut apprivoiser,
Et c’est bien en vain qu’on l’appelle,
S’il lui convient de refuser.
Rien n’y fait, menace ou prière,
L’un parle bien, l’autre se tait;
Et c’est l’autre que je préfère,
Il n’a rien dit, mais il me plaît.

L’amour est enfant de Bohême,
Il n’a jamais connu de loi;
Si tu ne m’aimes pas, je t’aime;
Si je t’aime, prends garde à toi!
L'amore è un uccello ribelle
Che nessuno può addomesticare,
Invano lo si chiama,
Se gli va di rifiutare.
Nulla serve, minaccia o preghiera,
L'uno parla bene, l'altro tace;
Ed è l'altro ch'io preferisco,
Nulla ha detto, ma mi piace.

L’amore è figlio di zingari,
mai ha conosciuto legge;
se tu non m’ami, io t’amo;
se io t’amo, attento a te!
Alla richiesta appassionata ma giocosa dei giovanotti che l'aspettano, Carmen risponde con una canzone che è diventata una delle più celebri e popolari definizioni dell'amore di tutto il repertorio lirico, pari forse solamente all'ispirato canto di Alfredo ("La Traviata") sull'amore come “palpito dell'universo intero”. Sono due concezioni completamente diverse dell'amore, su cui vale la pena di riflettere, perché ambedue sgorgano dal profondo dell'animo umano e indirizzano i comportamenti e i destini di tutti.

L'amore di cui parla Carmen è subito definito da un'immagine precisa: un "uccello ribelle", che nessuno può mai addomesticare, va e viene dove e quando gli pare e si concede o rifiuta senza alcun vero motivo razionale, anzi sembra proprio il contrario: meno lo si prega e più è probabile la scelta.
Quello che lo caratterizza è quindi la volatilità (è un uccello!), l'imprevedibilità, la capricciosità e la gratuità. La cosa più interessante è che Carmen non parla di sé stessa ma dell'amore, e implicitamente riconosce di essere anche lei soggetta a questo inesorabile tiranno. Non vi si identifica ma ne è l'interprete fedele, ha accettato pienamente le sue regole e la sua volatilità.

Dietro questa concezione e questo vissuto dell'amore – che in quanto vissuto ha naturalmente le sue conseguenze – c'è una precisa immagine mitologica e quindi un modello archetipico riscontrabile sia nella nostra tradizione greco-romana che in quella orientale: la figura di Eros-Cupido, l'alato (l'uccello!) figlio di Afrodite che colpisce a occhi bendati con il suo arco – a suo capriccio e piacimento – gli uomini, le donne e persino gli dei (non escluso il grande padre Zeus, vittima più volte del capriccioso figlio alato), facendoli innamorare in modo imprevedibile e spesso catastrofico, come la vicenda di Elena e il suo rapimento da parte di Paride insegna in modo esemplare, avendo scatenato la guerra più celebre dell'antichità! Solo tre dee, Atena, Artemide e Estia, chiedono ed ottengono il privilegio di non cadere vittime di Eros-Cupido, rimanendo vergini e libere di eseguire i propri compiti senza interferenze da parte di eccessivi coinvolgimenti amorosi. Ma questi sono aspetti verginali della psiche che andrebbero approfonditi in altra sede.

In oriente questa parte è affidata a Kama, dio dell'amore e del piacere, raffigurato come un avvenente giovane che, a cavallo di un pappagallo multicolore, armato di un arco fatto di canna da zucchero, scaglia le sue frecce che sulla punta hanno un fiore nel cuore dei mortali e degli immortali. Egli è il figlio prediletto di Brahma (nasce direttamente dal suo cuore), ma sua madre è la bella Lakshmi, dea della fortuna e moglie di Vishnù. Kama ha come moglie Rati, la dea della passione, ed è patrono delle belle Aspara, le ninfe celesti che lui utilizza per sedurre i cuori di tutti. Con simili strumenti tenta inutilmente di distogliere il principe Siddharta (che sarebbe diventato il grande Buddha proprio in seguito a questa vittoria) dalla sua meditazione e concentrazione interiore alla ricerca della liberazione da ogni desiderio che lo tenesse legato alla catena del dolore. La vicenda della lotta tra il Buddha e Kama e le sue seduzioni è diventata il modello e il motivo portante di tutto il Buddismo: il costante impegno per l'uomo che vuole raggiungere lo stato di libertà interiore e di “illuminazione” a non abbassare la guardia rispetto ai continui tentativi di Kama, il divino seduttore, per ridurre gli uomini schiavi delle passioni e della voluttà.

Sia Eros che Kama hanno una versione più sublime e più antica: sono ambedue divinità che risalgono alle origini della creazione e rappresentano quell'anelito primordiale che rende possibile ogni forma di vita; il desiderio e l'amore come fonte prima della possibilità dell'espansione dell'intero universo. Ed è quest'aspetto che intuisce Alfredo e rende il suo amore per Violetta così vitale e “trasformante” facendola passare da semplice cortigiana a donna pervasa da un amore in grado di reggere ogni sacrificio.
Tra queste due sponde archetipiche si distende tutta la gamma delle infinite modalità di esprimersi dell'amore umano, dagli impulsi più effimeri alle passioni più durature e sublimi e che, attraverso le più svariate vicende, caratterizzano i vari stili d'amore.
Carmen è sicuramente dominata dal primo aspetto, il più irrazionale, e non prova nemmeno per un istante ad immaginare che ci si potrebbe sottrarre alla sua capricciosità, anzi di questo dominio fa la sua bandiera e vi fonda una filosofia di libertà. Vedremo di che libertà si tratta e dove tende, anche se ad occhi chiusi...

La seconda strofa del canto di Carmen accentua l'aspetto trasgressivo dell'amore come lo conosce lei e lo propone definendolo “figlio di Bohème” che “mai ha conosciuto leggi”, essendo nomade e fuori da ogni contesto normativo e istituzionalizzato, proprio come gli zingari di cui lei stessa fa parte.
Nonostante l'apparente leggerezza, ribadita dall'estrema volubilità che riprende l'immagine dell'uccello che vola lontano quando lo si invoca e che invece ritorna quando ormai non lo si cerca più, Carmen mette in guardia colui su può cadere il suo amore (“e se io t'amo, sta attento a te!"), un avvertimento che non va preso alla leggera. Ecco dove si insinua la prima spina, il primo veleno in tanta dolcezza e grazia!

Clicca qui per il testo di "L'amour est un oiseau rebelle".

CARMEN
L’amour est un oiseau rebelle
que nul ne peut apprivoiser,
et c’est bien en vain qu’on l’appelle,
s’il lui convient de refuser.
Rien n’y fait, menace ou prière,
l’un parle bien, l’autre se tait;
et c’est l’autre que je préfère:
il n’a rien dit, mais il me plaît.
L’amour! etc.

CHŒUR
L’amour est un oiseau rebelle, etc.

CARMEN
L’amour est enfant de bohème,
il n’a jamais connu de loi:
Si tu ne m’aimes pas, je t’aime;
si je t’aime, prends garde à toi! etc.

CHŒUR
Prends garde à toi! etc.
L’amour est enfant de bohème, etc.

CARMEN
L’oiseau que tu croyais surprendre
battit de l’aile et s’envola –
l’amour est loin, tu peux l’attendre;
tu ne l’attends plus, il est là!
Tout autour de toi vite, vite,
il vient, s’en va, puis il revient –
tu crois le tenir, il t’évite,
tu crois l’éviter, il te tient.
L’amour! etc.

CHŒUR
Tout autour de toi, etc.

CARMEN
L’amour est enfant de bohème,
il n’a jamais connu de loi,
Si tu ne m’aimes pas, je t’aime;
si je t’aime, prends garde à toi!
Si tu ne m’aimes pas, je t’aime, etc.

CHŒUR
Prends garde à toi! etc.
L’amour est enfant de bohème, etc.

CARMEN
L’amore è un uccello ribelle
che nessuno potrà mai addomesticare,
ed è davvero inutile chiamarlo,
se lui preferisce sottrarsi.
Niente lo smuove, minaccia o preghiera,
uno parla bene, l’altro tace;
ed è l’altro che io preferisco:
non ha detto niente, ma mi piace.
L’amore! ecc.

CORO
L’amore è un uccello ribelle, ecc.

CARMEN
L’amore è un piccolo zingaro,
non ha mai conosciuto legge alcuna:
Se tu non mi ami, io ti amo;
se io ti amo, stai attento a te! ecc.

CORO
Stai attento a te! ecc.
L’amore è un piccolo zingaro, ecc.

CARMEN
L’uccello che tu credevi di catturare
con un colpo d’ali è volato via –
l’amore è lontano, tu puoi aspettarlo;
non l’aspetti più, eccolo là!
Tutto intorno a te, veloce veloce,
viene, se ne va, poi torna –
tu credi di tenerlo, lui ti evita,
tu credi di evitarlo, lui ti tiene.
L’amore! ecc.

CORO
Tutto intorno a te, ecc.

CARMEN
L’amore è un piccolo zingaro,
non ha mai conosciuto legge alcuna:
Se tu non mi ami, io ti amo;
se io ti amo, stai attento a te!
Se tu non mi ami, io ti amo, ecc.

CORO
Stai attento a te!
L’amore è un piccolo zingaro, ecc.



Elena Obraztsova
dir: Carlos Kleiber (1978)



Elina Garanča
dir: Yannick Nézet-Séguin (2009)



Maria Callas


Agnes Baltsa


Angela Gheorghiu

Marilyn Horne


Il termine "Habanera" (o "Havanaise", alla francese) indica una danza popolare di origine cubana – da cui il nome, che deriva dalla città dell'Avana – dal ritmo lento, simile al tango. Per comporre la sua, Bizet si ispirò a quello che credeva essere un motivo popolare spagnolo, "El Arreglito", ignorando invece che si trattava di una canzone originale di Sebastián Iradier (1809-1865, autore anche della celebre "La paloma"). Quando se ne rese conto, il compositore aggiunse una nota alla partitura vocale per riconoscere la fonte.


"El Arreglito" (di Sebastián Iradier)
Roser Ferrer-Morató (soprano), Cecílio Tieles (piano)


Il brano è talmente celebre, che non stupisce che si possano trovare alcune varianti... "particolari":


Céline Dion

Amadeus Electric Quartet

23 novembre 2016

Carmen (4) - Il desiderio mimetico

Scritto da Marisa

L'entrata in scena di Carmen è già un capolavoro scenico, preceduta come abbiamo visto da un geniale allestimento preparatorio in cui tutti gli elementi sono tesi ad un evento, quasi una rivelazione. C'è la folla che passeggia, i soldati che guardano svogliatamente i passanti, i ragazzini che giocano... Ma nell'apparente indifferenza di questa attenzione “sospesa”, si intuisce che il vero motivo dell'attesa, l'apparizione che dovrà soddisfare questa incerta e sonnolenta inquietudine, è qualcos'altro. Forse non si sa esattamente cosa, ma è nell'aria: e solo all'entrata di Carmen trova il suo punto di coagulazione, il suo centro. Anche la fugace comparsa di Micaëla è preparatoria (per contrasto): è la ragazza dalle lunghe trecce, dalla gonna blu e viso pulito che, saggiamente pudica, si sottrae agli equivoci inviti dei soldati per tornare solo dopo il cambio della guardia per incontrare Don José. Ma sarà già troppo tardi...
Forse solo l'entrata in scena di Lohengrin, il misterioso e luminoso cavaliere sulla navicella trainata dal cigno, supera tanta sospesa attesa; ma nell'opera di Wagner l'evento è chiaramente soprannaturale e l'atmosfera altamente religiosa, mentre qui si tratta pur sempre di una donna fin troppo umana e per di più una semplice sigaraia, nient'altro che una zingara...

Zuniga, il giovane ufficiale che solo da due giorni è arrivato a Siviglia, coglie subito l'atmosfera di attesa dei soldati e chiede informazioni sull'edificio in cui lavorano le sigarettaie e, cosa più importante per un uomo giovane, se sono carine... L'unico che non partecipa all'attesa e che non sa nemmeno rispondere alla domanda di Zuniga è proprio Don José, che viene immediatamente scusato dal sagace osservatore con l'esplicita ammissione che il suo cuore è già occupato da Micaëla. Ma subito suona la campana che segnala la fine del lavoro nello stabilimento e l'uscita delle giovani operaie e l'attenzione di tutti si concentra sulle ragazze che escono spavaldamente con una sigaretta in bocca e cantando in modo provocatorio. In questa cornice di desiderio già attivato Carmen si fa aspettare ancora un po' (“Ma noi non vediamo ancora la Carmencita!”).

Ed eccola finalmente!

Carmen! sui tuoi passi tutti ci accalchiamo!
Carmen! sii gentile: almeno rispondici,
E dicci in che giorno ci amerai!
Carmen, dicci in che giorno ci amerai!
Così l'accolgono i giovanotti che fanno cerchia intorno a lei.

Fermiamoci un attimo a osservare la scena: tanti giovani uomini che desiderano la stessa donna!
Il cerchio del desiderio maschile viene presentato senza mezzi termini o ipocrisie, anzi quasi come un innocente e dovuto omaggio, un gioco, una danza intorno a un centro vitale.

In questa scena possiamo riconoscere uno dei meccanismi fondamentali della psiche collettiva, individuato e descritto in modo assolutamente esaustivo in tutta la sua lunga vita, ma soprattutto nell'importante saggio “La violenza e il sacro”, dal grande antropologo René Girard: quello che è alla base del desiderio mimetico.
A noi piace credere che i nostri desideri siano del tutto soggettivi (il “mio” desiderio!) e che ci identifichino in quanto individui e singolarità adulte, ma spesso non è così, anzi si parte proprio dal contrario e, solo con un lungo e spesso difficile lavoro, si possono enucleare e coltivare quei desideri che permettono di dare alla personalità il tocco dell'individualità e uno sviluppo originale. Lungi dal sapere bene cosa si desidera, consciamente o inconsciamente (almeno con quella parte dell'inconscio che è personale), l'uomo – dice Girard – vive il desiderio in una incertezza così nebulosa da dover dipendere dall'altro, spesso dal rivale, per indirizzare il proprio desiderio verso una meta:
Una volta soddisfatti i suoi bisogni primordiali, e talvolta anche prima, l'uomo desidera intensamente, ma non sa esattamente cosa, poiché è l'essere che egli desidera, un essere di cui si sente privo e di cui alcun altro si sente fornito. Il soggetto attende dall'altro che gli dica ciò che si deve desiderare, per aquistare tale essere. Se il modello, già dotato a quanto pare di un essere superiore, desidera qualcosa, non può trattarsi d'altro che di un oggetto capace di conferire una pienezza d'essere più totale. Non è con le parole, è col suo stesso desiderio che il modello indica al soggetto l'oggetto supremamente desiderabile. Ritorniamo così a un'idea antica ma le cui implicazioni sono forse misconosciute; il desiderio è essenzialmente mimetico, è ricalcato sul desiderio mimetico; elegge lo stesso oggetto di questo modello.
In breve, ci dice lo studioso, noi continuiamo a desiderare quello che desiderano gli altri, come è facilissimo osservare nei bambini. Da adulti ci vergogniamo ad ammetterlo e forse riusciamo veramente a rimuoverlo, ma lo sanno e lo sfruttano benissimo gli operatori della pubblicità e gli esperti del marketing! Il desiderio mimetico è all'origine e il cemento di ogni sviluppo sociale, della stessa socialità e cultura, nella sua accezione positiva di creare modelli di sviluppo e educazione del gusto, ma è anche causa prima di tensioni e conflitti terribili, se mal conosciuto e, quando il controllo scappa di mano, le conseguenze diventano pericolosissime. Se tutti desiderano la stessa cosa (lo stesso tenore di vita, lo stesso successo, la stessa donna...), anche se il modello sembra democratico e persino – impegnando in una competizione proficua – auspicabile ed evolutivo, prima o poi le rivalità, sostenute da invidie e risentimenti, scoppieranno in modo disastroso e distruttivo. Sono le due facce della stessa medaglia...
Il “conosci te stesso” per diventare sé stessi è stato soppiantato quasi totalmente da “guarda quello che desidera chi è avanti a te” e “diventa quello che la società richiede per avere più visibilità e successo”, indipendentemente dalle tue vere inclinazioni e possibilità. È evidente che le frustrazioni sono dietro l'angolo...

Ma torniamo alla “Carmen” e alla sua entrata in scena. Qui il desiderio mimetico viene amplificato tanto da rendere l'oggetto del desiderio quasi una dea che a suo capriccio può elargire l'amore quando e a chi vuole ("Quando ci amerai?"). Sembra che gli uomini accettino talmente questa situazione da non pretendere alcuna rivendicazione personale, e quindi non c'è nessun conflitto. Come si può essere rivali se la scelta cade indifferentemente sull'uno o sull'altro, indipendentemente dal proprio fascino o qualità, esclusivamente a seconda del capriccio della dea? Proprio l'amplificazione del modello lo rende innocuo e lo trasforma in un gioco dove nessuno impegna seriamente i propri sentimenti e il proprio destino. Sarà l'unico che non partecipa al gioco e al cerchio del desiderio mimetico intorno alla donna, quel Don José così in disparte e fuori dal coro, che cadrà nella rete pericolosa di un innamoramento individuale: e questo ne segnerà inesorabilmente il destino.

In un'altra opera assistiamo a qualcosa di analogo, qualcosa che ci mostra il cerchio del desiderio mimetico maschile attivato dal fascino di una donna, ed è la scena evocata da Musetta, nella "Bohème", per ingelosire Marcello:
Quando men vo soletta per la via,
la gente sosta e mira
e la bellezza mia tutta ricerca in me
da capo a pie'...

Ed assaporo allor la bramosia
sottil, che da gli occhi traspira
e dai palesi vezzi intender sa
alle occulte beltà.
Così l'effluvio del desìo tutta m'aggira,
felice mi fa!
Ma la differenza salta subito agli occhi, perché in quel caso non c'è la diretta rappresentazione dell'effetto magnetico della seduzione ma solo il ricordo dell'effetto nel tentativo, peraltro riuscito, di riconquistare Marcello proprio attraverso il desiderio che anche gli altri provano. E soprattutto manca la spavalda indifferenza di Carmen. Musetta, pur nei suoi alti e bassi e nei suoi tradimenti, conserva per Marcello un posto speciale nel cuore, mentre Carmen, dopo ogni amore, si sbarazza completamente dell'affetto precedente e ritorna assolutamente libera.

Un altro esempio tratto dal mondo della musica che mi viene in mente come perfetta esemplificazione del desiderio mimetico è la celebre coreografia di Maurice Béjart per il Bolero di Ravel: una pedana, preferibilmente rossa e sopraelevata (la coreografia fu pensata inizialmente per Duška Sifnios, ma è stata portata alla perfezione dal pupillo Jorge Donn, immortalato in tale ruolo nell'omonimo film di Lelouch), dove un bellissimo uomo danza entro un cerchio di altri uomini che nel progressivo incalzare della musica si stringono sempre di più, in un anelito sempre più impetuoso...

Clicca qui per il testo di "Mais nous ne voyons pas la Carmencita!".

LES SOLDATS
Mais nous ne voyons pas la Carmencita!

(Entre Carmen.)

LES CIGARIÈRES ET LES JEUNES GENS
La voilà! La voilà!
Voilà la Carmencita!
(Elle a un bouquet de cassie à son corsage et une fleur de cassie au coin de la bouche. Des jeunes gens entrent avec Carmen. Ils la suivent, l’entourent, lui parlent. Elle minaude et coquette avec eux. Don José lève la tête. Il regarde Carmen puis se remet tranquillement à travailler.)

LES JEUNES GENS
Carmen! sur tes pas, nous nous pressons tous!
Carmen! sois gentille, au moins réponds-nous
et dis-nous quel jour tu nous aimeras!

CARMEN (regardant Don José)
Quand je vous aimerai?
Ma foi, je ne sais pas.
Peut-être jamais, peut-être demain;
mais pas aujourd’hui, c’est certain.

I SOLDATI
Ma non vediamo la Carmencita!

(Entra Carmen.)

LE SIGARAIE E I GIOVANI
Eccola! Eccola!
Ecco la Carmencita!
(Ha un mazzolino di gaggìa sul corsetto e un fiore di gaggia sull’angolo della bocca. Dei giovani entrano con Carmen. La seguono, la circondano, le parlano. Lei li intrattiene con lusinghe e civetterie. Don José alza la testa. Guarda Carmen e poi si rimette a lavorare tranquillamente.)

I GIOVANI
Carmen! Tutti ci affrettiamo a seguire i tuoi passi!
Carmen! Sii gentile, almeno rispondici
e dicci se un giorno ci amerai!

CARMEN (guardando Don José)
Quando vi amerò?
Proprio non lo so.
Forse mai, forse domani;
ma non oggi, questo è certo.



Elena Obraztsova (Carmen)
dir: Carlos Kleiber (1978)

20 novembre 2016

Carmen (3) - Il preludio e l'attesa

Scritto da Christian


Preludio
dir: Claudio Abbado (1977)

Preludio
dir: Michel Plasson (2003)

Dopo un preludio che combina tre riconoscibili temi musicali che ritorneranno poi nel corso dell'opera (quello scoppiettante dell'ingresso dei toreri, il motivo cantabile del toreador e quello drammatico che rappresenta il destino, legato al fiore di gaggia ed a Carmen stessa), il primo atto si apre mostrandoci una piazza di Siviglia, nel sud della Spagna. "A destra, la porta della manifattura di tabacco. In fondo, un ponte praticabile. A sinistra, il corpo di guardia e una rastrelliera con le lance dei dragoni", recita il libretto.

Un gruppo di soldati, in attesa del cambio della guardia, trascorre il tempo osservando i passanti della piazza e commentando il loro pittoresco aspetto. All'apparizione di Micaëla, la ragazza di campagna giunta fin lì in cerca di Don José, gli uomini si radunano intorno a lei incuriositi. Il sergente (o brigadiere, a seconda delle traduzioni) Moralès le spiega che José giungerà fra poco, appunto al momento del cambio della guardia, e nel frattempo la invita a restare in loro compagnia. La ragazza, semplice ma non ingenua, li ringrazia e declina l'offerta ("Ritornerò, è più saggio. / Ritornerò, quando la guardia montante / sostituirà la guardia smontante", dice ripetendo la frase musicale dello stesso Moralès e dei soldati).

Dopo un'altra breve scena (una "pantomima" riguardante un vecchio con la sua giovane sposa e l'amante di questa) che viene spesso tagliata dagli allestimenti, la guardia montante fa infine il suo arrivo, accompagnata da un coro e dalla marcia dei bambini che giocano a fare il verso ai soldati ("una banda di piccoli monelli, che si sforzano di camminare a grandi passi per marciare alla cadenza dei dragoni"). Con la nuova guardia arrivano anche Don José e il tenente Zuniga. Mentre le sentinelle vengono rilevate, Moralès informa José che una ragazza lo ha cercato, e lui intuisce che "deve essere Micaëla".

Nel dialogo che segue (ricordo che esistono diverse versioni e diversi allestimenti della "Carmen", in alcuni dei quali i numeri musicali sono separati da dialoghi – com'era nella tradizione dell'opéra-comique – e in altri invece da recitativi che veicolano le stesse informazioni in modo più sintetico), Zuniga si informa sull'edificio che ospita la fabbrica del tabacco e sulle sigaraie andaluse che vi lavorano. Mentre ne discorre con Don José (che ha così l'occasione di raccontare di sé e delle sue semplici origini navarrine non solo al suo superiore, ma al pubblico), suona la campana che annuncia la fine del turno di lavoro. Le sigaraie escono sulla piazza (intonando il loro coro "La cloche a sonné"), riempitasi nel frattempo di giovanotti che attendevano questo momento, mentre José, "del tutto indifferente a quell'andirivieni", si siede in disparte a sistemare una catena per attaccarci la sua spilla (o una cinghia per il fucile, in altre traduzioni).

Le prime scene dell'opera mostrano dunque la pigra, quotidiana routine della città, con i bei tre cori (quello dei soldati, quello dei monelli e quello delle sigaraie) che la vivacizzano a malapena. Ma tutto è già apparecchiato per la dirompente apparizione di Carmen.

Clicca qui per il testo di "Sur la place chacun passe".

Au lever du rideau, une quinzaine de soldats (Dragons du régiment d’Alcala), sont groupés devant le corps-de-garde. Les uns assis et fumant, les autres accoudés sur le balustrade de la galerie. Mouvement de passants sur la place. Des gens pressés, affairés, vont, viennent, se rencontrent, se saluent, se bousculent, etc.

LES SOLDATS
Sur la place
chacun passe,
chacun vient, chacun va;
drôles de gens que ces gens-là!

MORALÈS
À la porte du corps de garde,
pour tuer le temps,
on fume, on jase, l’on regarde
passer les passants.

LES SOLDATS ET MORALÈS
Sur la place, etc.

(Depuis quelques minutes Micaëla est entrée. Jupe bleue nattes tombant sur les épaules, hésitante, embarrassée, elle regarde les soldats avance, recule, etc.)

MORALÈS
Regardez donc cette petite
qui semble vouloir nous parler.
Voyez, elle tourne, elle hésite.

LES SOLDATS
À son secours il faut aller!

MORALÈS (à Micaëla)
Que cherchez-vous, la belle?

MICAËLA
Moi, je cherche un brigadier.

MORALÈS
Je suis là, voilà!

MICAËLA
Mon brigadier à moi s’appelle
Don José… Le connaissez-vous?

MORALÈS
Don José? Nous le connaissons tous.

MICAËLA
Vraiment! Est-il avec vous, je vous prie?

MORALÈS
Il n’est pas brigadier dans notre compagnie.

MICAËLA (désolée)
Alors, il n’est pas là?

MORALÈS
Non, ma charmante, il n’est pas là.
Mais tout à l’heure il y sera,
il y sera quand la garde montante
remplacera la garde descendante.

LES SOLDATS ET MORALÈS
Il y sera, etc.

MORALÈS
Mais en attendant qu’il vienne,
voulez-vous, la belle enfant,
voulez-vous prendre la peine
d’entrer chez nous un instant?

MICAËLA
Chez vous?

LES SOLDATS ET MORALÈS
Chez nous.

MICAËLA
Non pas, non pas.
Grand merci, messieurs les soldats.

MORALÈS
Entrez sans crainte, mignonne,
je vous promets qu’on aura,
pour votre chère personne,
tous les égards qu’il faudra.

MICAËLA
Je n’en doute pas; cependant
je reviendrai, c’est plus prudent.
Je reviendrai quand la garde montante
remplacera la garde descendante.

LES SOLDATS ET MORALÈS
Il faut rester car la garde montante
va remplacer la garde descendante.

MORALÈS
Vous resterez!

MICAËLA
Non pas! non pas!

LES SOLDATS ET MORALÈS (entourant Micaëla)
Vous resterez!

MICAËLA
Non pas! non pas! non! non! non!
Au revoir, messieurs les soldats!
(Elle s’échappe et se sauve en courant.)

MORALÈS
L’oiseau s’envole,
on s’en console.
Reprenons notre passe-temps
et regardons passer les gens.

LES SOLDATS
Sur la place
chacun passe, etc.

All’alzarsi della tela, una quindicina di soldati (dragoni del reggimento di Alcala) sono raggruppati innanzi al corpo di guardia, fumando o appoggiati coi gomiti sulla balaustra della galleria. Via vai di passanti sulla piazza. Persone indaffarate, di fretta, vanno, vengono, si incontrano, si salutano, si urtano, ecc.

I SOLDATI
Sulla piazza
ognuno passa,
l’uno viene, l’altro va;
Che gente strana, questa qua!

MORALÈS
Alla porta del quartiere,
per ammazzare il tempo
fumiano, ciarliamo, guardiamo
la gente che passa.

I SOLDATI E MORALÈS
Sulla piazza, ecc.

(Da qualche istante Micaëla è entrata. Gonna azzurra e trecce sulle spalle, esitante, imbarazzata, guarda i soldati, avanza, si ritrae, ecc.)

MORALÈS
Guardate un po’ quella piccina
che sembra volerci parlar.
Vedete, si volta, esita.

I SOLDATI
Noi la dobbiamo aiutare!

MORALÈS (a Micaëla)
Che cercate, o bella?

MICAËLA
Io cerco un brigadiere.

MORALÈS
Eccomi, sono qua!

MICAËLA
Il mio brigadiere si chiama
Don José… Voi lo conoscete?

MORALÈS
Don José? Lo conosciamo tutti.

MICAËLA
Davvero? È qui con voi, per favore?

MORALÈS
Non è brigadiere nella nostra compagnia.

MICAËLA (con dolore)
Allora non c’è?

MORALÈS
No, o mia bella, non c’è.
Ma tra poco ci sarà,
quando la guardia che monta
sostituirà la guardia che smonta.

I SOLDATI E MORALÈS
Ci sarà, ecc.

MORALÈS
Ma finché aspettiamo che venga,
volete, bella bambina,
volete per cortesia
entrare un momento da noi?

MICAËLA
Da voi?

I SOLDATI E MORALÈS
Da noi.

MICAËLA
No, no.
Grazie mille, signori soldati.

MORALÈS
Entrate senza timore, piccola,
vi prometto che avremo,
per la vostra cara persona,
tutti i riguardi che si devono.

MICAËLA
Non ne dubito; tuttavia
ritornerò, è più prudente.
Tornerò quando la guardia che monta
sostituirà la guardia che smonta.

I SOLDATI E MORALÈS
Restate finché la guardia che monta
sostituirà la guardia che smonta.

MORALÈS
Rimanete!

MICAËLA
No! no!

I SOLDATI E MORALÈS (circondando Micaëla)
Rimanete!

MICAËLA
No! no! no! no! no!
Arrivederci, signori soldati!
(Scappa e si salva correndo.)

MORALÈS
L’uccellino se n’è volato via,
consoliamoci.
Riprendiamo i nostri passatempi
e guardiamo la gente che passa.

I SOLDATI
Sulla piazza
ognuno passa, ecc.



"Sur la place chacun passe"
Hans Helm (Moralès), Isobel Buchanan (Micaëla)
dir: Carlos Kleiber (1978)

Clicca qui per il testo di "Avec la garde montante".

On entend au loin, très au loin, une marche militaire, clairons et fifres. C’est la garde montante qui arrive. Le vieux monsieur et le jeune homme échangent une cordiale poignée de main. Salut respectueux du jeune homme à la dame. Un officier sort du poste. Les soldats du poste vont prendre leurs lances et se rangent en ligne devant le corps de garde. Les passants à droite forment un groupe pour assister à la parade. La marche militaire se rapproche, se rapproche… La garde montante débouche enfin venant de la gauche et traverse le pont. Deux clairons et deux fifres d’abord. Puis une bande de petits gamins qui s’efforcent de faire de grandes enjambées pour marcher au pas des dragons. Aussi petits que possible les enfants. Derrière les enfants, le lieutenant Zuniga et le brigadier don José, puis les dragons avec leurs lances.

CHŒUR DES GAMINS
Avec la garde montante,
nous arrivons, nous voilà.
Sonne, trompette éclatante!
Taratata, taratata!
Nous marchons la tête haute
comme de petits soldats,
marquant sans faire de faute,
une, deux, marquant le pas.
Les épaules en arrière
et la poitrine en dehors,
les bras de cette manière
tombant tout le long du corps.
Avec la garde montante, etc.
(La garde montante va se ranger à droite en face de la garde descendante. Les officiers se saluent de l’épée et se mettent à causer à voix basse. On relève les sentinelles.)

MORALÈS (à Don José)
Une jeune fille charmante
vient de nous demander
si tu n’étais pas là.
Jupe bleue et natte tombante.

JOSÉ
Ce doit être Micaëla.
(La garde descendante passe devant la garde montante. Les gamins en troupe reprennent la place qu’ils occupaient derrière les tambours et les fifres de la garde montante.)

CHŒUR DES GAMINS (reprise)
Et la garde descendante
rentre chez elle et s’en va,
sonne, trompette éclatante!
Taratata, taratata!
Nous marchons la tête haute
comme de petits soldats, etc.
(Soldats, gamins et curieux s’éloignent par le fond; chœur, fifres et clairons vont diminuant. L’officier de la garde montante, pendant ce temps, passe silencieusement l’inspection de ses hommes. Quand le chœur des gamins a cessé de se faire entendre, les soldats rentrent dans le corps de garde. Don José et Zuniga restent seuls en scène.)

Si ode in lontananza, molto in lontananza, una marcia militare di trombette e pifferi. Sta arrivando la guardia che monta. Il vecchio signore e il giovanotto si scambiano una cordiale stretta di mano, Saluto rispettoso del giovane alla dama. Un ufficiale esce dal posto. I soldati vanno a prendere le loro lance e si mettono in riga davanti al corpo di guardia. I passanti a destra si ammassano in gruppo per assistere alla parata. La marcia militare si avvicina, si avvicina… Infine la guardia che monta sbuca da sinistra e attraversa il ponte. Prima due trombe e due pifferi. Poi una banda di monelli che si sforzano di fare delle grandi falcate per stare al passo dei dragoni. Bambini il più possibile piccoli. Dietro ai bambini, il tenente Zuniga e il brigadiere Don Josè, poi i dragoni con le lance.


CORO DI MONELLI
Con la guardia che monta,
arriviamo, eccoci qua!
Suona, tromba squillante!
Taratata, taratata!
Noi camminiamo a testa alta
come piccoli soldati,
marciando senza fare errori,
uno, due, marcando il passo.
Le spalle indietro
e il petto in fuori,
le braccia così,
lungo il corpo.
Con la guardia che monta, ecc.
(La guardia che monta va a mettersi a destra di fronte alla guardia che smonta. Gli ufficiali si salutano con la spada e chiacchierano a voce bassa. La sentinella viene cambiata.)

MORALÈS (a Don José).
Una bella ragazza
è venuta a chiederci
se tu eri qui.
Gonna azzurra e lunga treccia.

JOSÉ
Dev’essere Micaëla.
(La guardia che smonta passa innanzi alla guardia che monta. l monelli in riga riprendono il postoche occupavano al loro apparire, dietro i tamburi e i pifferi della guardia che smonta.)

CORO DI MONELLI (ripresa)
E la guardia che smonta
torna a casa e se ne va,
suona, tromba squillante!
Taratata, taratata
Noi camminiamo a testa alta
come piccoli soldati, ecc.
(Soldati, monelli e spettatori si allontanano dal fondo: coro, pifferi e trombe si sperdono gradatamente. L`ufficiale della guardia che monta, durante questo tempo. passa silenziosamente in rassegna i suoi soldati. Quando il coro dei monelli non è più udibile i soldati rientrano nel corpo di guardia. Don José e Zuniga restano soli sulla scena.)

Clicca qui per il testo del recitativo che segue.

ZUNIGA
C’est bien là, n’est-ce pas,
dans ce grand bâtiment,
que travaillent les cigarières?

JOSÉ
C’est là, mon officier,
et bien certainement
on ne vit nulle part filles aussi légères.

ZUNIGA
Mais au moins sont-elles jolies?

JOSÉ
Mon officier, je n’en sais rien,
et m’occupe assez peu de ces galanteries.

ZUNIGA
Ce qui t’occupe, ami,
je le sais bien:
une jeune fille charmante,
qu’on appelle Micaëla,
jupe bleue et natte tombante.
Tu ne réponds rien à cela?

JOSÉ
Je réponds que c’est vrai…
je réponds que je l’aime!
Quant aux ouvrières d’ici,
quant à leur beauté, les voici!
Et vous pouvez juger vous-même.

ZUNIGA
È lì, in quel grande edificio,
che lavorano le sigaraie,
non è vero?

JOSÉ
È lì, tenente, e di sicuro
non si sono mai viste da nessuna parte
ragazze tanto leggere.

ZUNIGA
Ma almeno sono graziose?

JOSÉ
Tenente, non ne so nulla,
e mi interesso assai poco a queste galanterie.

ZUNIGA
Ciò che ti interessa, amico,
lo so ben io:
una bella ragazza,
che si chiama Micaëla,
gonna azzurra e lunga treccia.
Che mi dici?

JOSÉ
Dico che è vero…
Dico che le voglio bene!
In quanto alle operaie di qua,
in quanto alla loro bellezza, eccole!
Potete giudicare voi stesso.




"Avec la garde montante"
Hans Helm (Moralès), Placido Domingo (Don José)
dir: Carlos Kleiber (1978)



"Avec la garde montante"
dal film "L'Opéra imaginaire" (1993) di Pascal Roluin



"Sur la place chacun passe"
dir: Georg Solti (1973)

"Avec la garde montante"
dir: Michel Plasson (2003)

Clicca qui per il testo di "La cloche a sonné".

(La place se remplit de jeunes gens qui viennent se placer sur le passage des cigarières. Les soldats sortent du poste. Don José s’assied sur une chaise, et reste là fort indifférent à toutes ces allées et venues, travaillant à son épinglette.)

JEUNES GENS
La cloche a sonné; nous, des ouvrières
nous venons ici guetter le retour;
et nous vous suivrons, brunes cigarières,
en vous murmurant des propos d’amour!
(À ce moment paraissent les cigarières, la cigarette aux lèvres.)

LES SOLDATS
Voyez-les! Regards impudents,
mines coquettes,
fumant toutes du bout des dents
la cigarette.

LES CIGARIÈRES
Dans l’air, nous suivons des yeux
la fumée, la fumée,
qui vers les cieux
monte, monte par fumée.
Cela monte gentiment
à la tête, à la tête,
tout doucement
cela vous met l’âme en fête!
Le doux parler des amants,
c’est fumée!
Leurs transports et leurs serments,
c’est fumée!

Dans l’air, nous suivons des yeux
la fumée, etc.

(La piazza si riempie di giovani che si appostano nel punto in cui passano le sigaraie. I soldati escono dal loro posto. Don José si siede su una sedia, e rimane là a lavorare alla sua spilla, completamente indifferente a tutto quel viavai.)

GIOVANI
La campana ha suonato; noi veniamo qui
a osservare le operaie che tornano;
e vi seguiremo, brune sigaraie,
sussurrandovi parole d’amor!
(Allora compaiono le sigaraie, con la sigaretta sulle labbra.)

I SOLDATI
Guardatele! Sguardi impudenti,
arie civettuole,
fumando tutte la sigarette
in punta di denti.

LE SIGARAIE
Nell’aria, noi seguiamo con lo sguardo
il fumo, il fumo
che sale verso cielo,
sale a volute.
Sale piano
alla testa, alla testa,
dolcemente,
vi mette l’animo in festa!
Le dolci parole degli amanti,
sono fumo!
I loro trasporti e i loro giuramenti,
sono fumo!

Nell’aria, noi seguiamo con lo sguardo
il fumo, ecc.



"La cloche a sonné"
dir: Carlos Kleiber (1978)



"La cloche a sonné"
dir: Georg Solti (1973)

"La cloche a sonné"
dir: Claudio Abbado (1978)

17 novembre 2016

Carmen (2) - Verso una lettura di “Carmen”

Scritto da Marisa

Lungi dalla pretesa di una impossibile e inesauribile spiegazione, questo vuole essere un tentativo di accostamento al mondo così scottante e pericoloso della “Carmen” cercando di dare forma e qualche chiave di lettura a tale magmatico materiale, che continua ad affascinare e coinvolgere ogni spettatore che abbia la ventura di avvicinarsi ad esso.

Tra tutti i grandi che sono stati “stregati” da Bizet, sicuramente spicca Nietzsche, raffinato musicista egli stesso, che proprio dall'ascolto della Carmen ha maturato il suo distacco definitivo da Wagner con uno di quei capovolgimenti assoluti e drammatici che caratterizzano l'evoluzione sia umana che artistica del tormentato filosofo. Il bisogno di staccarsi dall'atmosfera nordica, estremamente idealizzata, brumosa e avvolgente del mondo wagneriano e da un rapporto troppo stretto col maestro idolatrato in gioventù, fa sì che Nietzsche identifichi nell'essenzialità e asciuttezza di Bizet il nuovo ideale musicale e la giusta tensione per affrontare l'animo umano con le sue passioni e i suoi drammi con lucidità e onestà, senza sbavamenti e illusorie idealizzazioni.
Ne “Il caso Wagner”, dopo aver liquidato nell'introduzione l'esperienza wagneriana (con una certa ingiustizia che indica però il suo bisogno di andare oltre gli attaccamenti precedenti) con la frase “La più grande esperienza della mia vita fu una guarigione. Wagner appartiene semplicemente alle mie malattie”, nel maggio 1888, da Torino, scrive:

Ho udito ieri – lo credereste? – per la ventesima volta il capolavoro di Bizet. Ancora una volta persistetti in un soave raccoglimento, ancora una volta non fuggii. Questa vittoria sulla mia impazienza mi sorprende. Come rende perfetti una tale opera! Nell'udirla si diventa noi stessi un “capolavoro”. – E realmente, ogni volta che ascoltavo la Carmen, mi sembrava di essere più filosofo, un miglior filosofo di quanto non fossi solito credere; ero diventato così longanime, così felice, così indiano, così sedentario... Stare seduto cinque ore. Prima tappa della santità! – Posso dire che l'orchestra di Bizet è quasi l'unica che ancora io sopporti? Quell'altra orchestra che oggi è alle stelle, quella wagneriana, brutale, artificiosa e “incolpevole” a un tempo, che parla in tal modo a tutti insieme i tre sensi dell'anima moderna – quanto mi è nociva questa orchestra wagneriana! La chiamo scirocco. Comincio a sudare in maniera fastidiosa. Il mio tempo buono se ne è andato. Questa musica invece mi sembra perfetta. Si avvicina leggera, morbida, con cortesia. È amabile, non fa sudare. “Il bene è leggero, tutto ciò che è divino corre con piedi delicati”: principio primo della mia estetica. Questa musica è malvagia, raffinata, fatalistica; malgrado ciò essa resta popolare – ha la raffinatezza di una razza, non quella di un individuo. È ricca, è precisa. Costruisce, organizza, porta a compimento: con ciò essa è in antitesi alla musica tentacolare, alla “melodia infinita”. Si sono mai uditi sulle scene accenti tragici più dolorosi? E in che modi essi vengono raggiunti! Senza smorfie! Senza battere moneta falsa! Senza la menzogna del grande stile! – Infine, questa musica considera intelligente, persino come musicista, l'ascoltatore...
E ancora:
Questa musica è serena; ma non di una serenità francese o tedesca. La sua serenità è africana: essa ha su di sé la fatalità, la sua felicità è breve, improvvisa, senza remissione. Invidio Bizet per aver avuto il coraggio di questa sensibilità che fino ad oggi non aveva ancora un linguaggio nella musica colta d'Europa – il coraggio di questa sensibilità meridionale, più abbronzata, più riarsa... Che senso di benessere ci danno i gialli pomeriggi della sua felicità! [...] Finalmente l'amore, l'amore ritradotto nella natura! Non l'amore di una “vergine superiore”! Nessun sentimentalismo tipo Senta! Sibbene l'amore come fatum, come fatalità, cinico, innocente, crudele – e appunto in ciò natura! L'amore che nei suoi strumenti è guerra, nel suo fondo è l'odio mortale dei sessi! – Non conosco alcun altro caso, in cui la tragica ironia che costituisce l'essenza dell'amore si sia espressa in maniera tanto vigorosa, abbia trovato una formulazione tanto terribile, come nell'ultimo grido di Don José, con cui si chiude l'opera: “Sì, sono io che l'ho uccisa! / Ah, mia Carmen. Mia Carmen adorata!”. Una tale concezione dell'amore, (l'unica che sia degna del filosofo) è rara: essa mette in risalto tra mille un'opera d'arte. Giacché in media gli artisti fanno come tutti, e anche peggio – essi misconoscono l'amore. Anche Wagner l'ha misconosciuto. Credono di essere disinteressati in esso per il fatto che vogliono il vantaggio di un altro essere, spesso contro il proprio vantaggio. Ma in cambio vogliono possedere quest'altro essere... Persino Dio non fa eccezione a questo proposito. Egli è lontano dal pensare “E se ti amo, a te che importa?” – diventa tremendo quando non lo si riama...
Le parole di Nietzsche sono oltremodo significative, non solo come testimonianza di una profonda comprensione dell'opera di Bizet, ma soprattutto del come ci si possa identificare, seppure inconsciamente (ma non so ovviamente se in questo caso l'operazione sia tanto inconscia...), con tale opera per “uccidere” un amore che ossessiona e da cui bisogna assolutamente distaccarsi per proseguire la propria vita. Certo, sarebbe meglio e più auspicabile sotto tutti gli aspetti che le separazioni avvenissero senza spargimenti di sangue, ma non sempre i temperamenti passionali riescono a controllarsi e l'identificazione è tanto forte da non poter più fare nessun salto simbolico... (ma di questo parleremo alla fine dell'opera!).
Certamente Nietzsche ha ucciso il maestro tanto amato e venerato solo con la penna, ma quanto dolore e quanta autodistruzione e mutilazione questo passaggio ha comportato! Sicuramente egli ha cercato di uccidere anche una parte di sé, tramutando l'amore in odio, ma da qualche parte è sempre rimasta una grande nostalgia per quegli anni così felici dell'amicizia col grande maestro, se ancora nell'agosto del 1882, secondo la testimonianza di Lou Salomé, piange guardando in direzione della casa di Wagner a Tribschen, sul lago di Lucerna.

Mi vengono in mente le parole di un altro grande, Oscar Wilde, anche lui profondo esperto dei dolori dell'amore, che sono state riprese come leitmotiv nel film “Querelle” da Fassbinder:
Eppure ogni uomo uccide la cosa che ama,
Vorrei che ognuno lo sapesse:
c'è chi lo fa con uno sguardo crudele,
e chi con una parola gentile,
il vigliacco lo fa con un bacio,
chi ha il coraggio con una lama sottile!
C'è chi l'amore l'uccide in gioventù,
e chi lo fa in tarda età;
c'è chi ama così poco e chi davvero troppo,
c'è chi paga e chi vende,
c'è chi uccide tra le lacrime,
e chi senza battere ciglio.
Perché ognuno uccide la cosa che ama,
ma non tutti poi vanno a morire.
Non tutti...

(da “La ballata del carcere di Reading")      

14 novembre 2016

Carmen (1) - Introduzione

Scritto da Christian

Carmen
Opera in quattro atti
Libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy
Musica di Georges Bizet

Prima rappresentazione: Parigi (Opéra-Comique),
3 marzo 1875

Personaggi e voci:
- Carmen (mezzosoprano), zingara
- Don José (tenore), sergente
- Escamillo (basso-baritono), toreador
- Micaëla (soprano), contadina
- Zuniga (basso), tenente
- Moralès (baritono), sergente
- Frasquita (soprano), zingara
- Mercédès (soprano), zingara
- Lillas Pastia (ruolo parlato), oste
- Il Dancairo (baritono), contrabbandiere
- Il Remendado (tenore), contrabbandiere
- Una guida (ruolo parlato)
- Coro: Soldati, giovani, popolani, sigaraie, zingare, zingari, venditori ambulanti


Andata in scena soltanto tre mesi prima della sua morte, l'ultima opera di Georges Bizet (che dunque non ebbe la possibilità di assistere all'enorme successo che, nel giro di pochi anni, avrebbe riscontrato nei teatri d'Europa e di tutto il mondo) non è soltanto uno dei titoli più celebri del repertorio lirico, ma ha il merito di aver dato la luce a un personaggio che come pochi altri ha saputo colpire l'immaginario popolare.

Etichettata di volta in volta come una figura proto-femminista (indipendente e indomabile, che rivendica la libertà di amare chi desidera) o come un Don Giovanni al femminile (che non rinnega sé stessa nemmeno di fronte alla morte), in realtà Carmen – l'orgogliosa zingara che seduce l'ingenuo soldato Don José, spingendolo a disertare (e ad abbandonare Micaëla, la sua promessa sposa), prima di lasciarlo a sua volta per il torero Escamillo, causandone la gelosia omicida – rompe una lunga tradizione del melodramma, quella secondo cui i personaggi femminili dovevano essere soltanto di due tipi: ragazze innocenti e virtuose (ovvero "buone"), o donne perfide e senza cuore (ovvero "cattive"). Carmen è invece una figura più ambigua e vitale, reale e passionale, con tutti i pregi e i difetti della vita vera, e rappresenta un diverso tipo di amore, che non segue né le regole del cuore né quelle della ragione. Se aggiungiamo che le sue vicende hanno come sfondo un milieu proletario, "amorale" e al di fuori della legge, possiamo capire perché il pubblico conservatore dell'epoca rimase inizialmente spiazzato, non accettando o non riuscendo a comprendere l'improvviso "verismo" di cui l'opera è permeata (metto il termine fra virgolette perché naturalmente questa corrente artistica era ancora da venire: ma non c'è dubbio che "Carmen" precorra la tendenza che porterà, per esempio, ai personaggi di Puccini).

Dopo la prime rappresentazioni, in effetti, le critiche furono per lo più negative e il pubblico parigino mostrò, nel migliore dei casi, indifferenza. Fu soltanto quando lo spettacolo venne messo in scena all'estero (a partire da Vienna, pochi mesi dopo la morte di Bizet) che la "Carmen" cominciò a essere riconosciuta come un'opera eccelsa. Fu ammirata in particolare da Tchaikovsky (che la definì "un capolavoro nel più completo senso della parola, una di quelle rare opere che rispecchiano le aspirazioni di un'intera generazione", con una musica "così affascinante nella sua semplicità, così piena di vitalità, così sincera"), Brahms (che, dispiaciuto di non aver potuto conoscere Bizet, affermò che "sarebbe andato fino in capo al mondo per poter abbracciare il compositore della Carmen") e persino Wagner (che al termine di una performance a Vienna, dichiarò "Grazie a Dio, finalmente qualcuno con delle idee"). A Parigi tornò in scena nel 1883, e da allora la sua fama non ha fatto altro che crescere. Non si contano, naturalmente, le riletture teatrali, musicali e cinematografiche: ma di queste parleremo in un post successivo.

L'opera era stata commissionata a Bizet dal Theatre National de l’Opéra-Comique, uno dei principali teatri lirici di Parigi. Il soggetto, scelto dallo stesso compositore, è tratto da una novella di Prosper Mérimée, pubblicata nel 1845, che Bizet aveva probabilmente letto durante il suo soggiorno a Roma (1858-60), ma ne modifica sostanzialmente storia e personaggi: in particolare, si basa soltanto sulla terza delle quattro parti in cui è divisa la novella, omettendone vari elementi, eliminando alcuni personaggi (come il marito di Carmen) e introducendone di nuovi (Micaëla) o accrescendone il ruolo (il toreador Escamillo). Il testo di Mérimée era ispirato a una vicenda di cronaca che gli era stata raccontata durante un viaggio in Spagna, nel 1830, ma l'idea di trasformare la protagonista in una zingara è farina del sacco dello scrittore, ispirato forse dal poema "Gli zingari" di Puškin (1824), che lui stesso più tardi tradurrà in francese. A realizzare il libretto dell'opera furono chiamati Henri Meilhac e Ludovic Halévy, collaboratori frequenti di Offenbach (i due si dividevano il lavoro in maniera ben precisa: Meilhac scriveva i dialoghi dei recitativi, Halévy – che fra l'altro era anche cugino della moglie di Bizet, Geneviève – si occupava dei versi dei numeri musicali). L'enorme successo dell'opera farà sì che quasi tutte le versioni e gli adattamenti successivi della storia (in particolare quelli cinematografici) si baseranno sul libretto di Meilhac e Halévy più che sul romanzo di Mérimée.

La composizione tenne occupato Bizet per quasi due anni, dal gennaio 1873 fino all'estate 1874 (con diverse interruzioni e ritardi dovuti, fra le altre cose, anche alle perplessità da parte dei vertici del teatro a proposito della natura "scandalosa" del libretto: Halévy dovette rassicurarli che la storia e i personaggi di Mérimée sarebbero stati "edulcorati"), anche se ancora nell'ottobre del 1874, durante le prove, il compositore avrebbe effettuato modifiche e alterazioni alla partitura (e persino al libretto, modificando l'ordine di alcune sequenze e riscrivendo di mano propria i versi di alcuni brani, compresa la celebre "Habanera"). Di fatto, esistono diverse versioni della partitura, nessuna delle quali "definitiva": basti pensare che quella pubblicata per la prima volta nel 1875 differisce da quella usata per la premiere. Dopo la morte di Bizet, vennero introdotte ulteriori modifiche (per esempio, l'uso di recitativi – ovvero con un accompagnamento musicale – al posto dei dialoghi che nella versione originale – come da tradizione dell'opéra comique – separavano un brano dall'altro), e tuttora i musicologi dibattono su quale sia l'edizione, se pure ne esiste una, che maggiormente rispecchia le intenzioni originali dell'autore.

La musica è ricchissima di colori, temi e melodie, alcune delle quali diventate ormai immortali (la "Habanera", la canzone del toreador). Per produrre la necessaria atmosfera spagnoleggiante, Bizet (che non aveva mai visitato la penisola iberica) si ispirò ad alcune melodie folkloristiche o che riteneva tali (in particolare, la "Habanera" è debitrice alla canzone "El Arreglito" di Sebastián Iradier) oppure al ritmo e alle strumentazioni del flamenco (come nel caso della "Seguidilla"). Ciò nonostante, l'impronta francese rimane comunque evidente ("Questa è un'opera francese, non spagnola. [...] Le influenze esterne, anche se contribuiscono indubbiamente all'atmosfera unica, rappresentano solo un piccolo ingrediente dell'intera musica", ha commentato il musicologo Winton Dean).


Alcune delle incisioni più celebri:















Link utili:

Articolo su Wikipedia in inglese
Articolo su Wikipedia in italiano
Libretto (in francese e in italiano)
Partitura